marzo 2010

Gasparri-La Russa in Fascisti su Marte

Gasparri e La Russa su 'Fascisti su Marte'Gasparri e La Russa su 'Fascisti su Marte'

Sbagliare è umano, perseverare è diabolico. Nel caso dei nostri fascisti su Marte, Gasparri e La Russa, è grottesco. Delle loro accuse infamanti e deliranti risponderanno in Tribunale. Accusare una forza politica ed il suo leader di essere i mandanti politici di bombe e proiettili all’indirizzo degli avversari, non è solo il tentativo patetico e disperato di raccattare qualche voto al fotofinish. Siamo abituati alla verbosità insolente di questi due camerati, mascherati da moderati in giacca e cravatta, stavolta però hanno oltrepassato il limite della decenza. Se un ministro ed il presidente del gruppo parlamentare di maggioranza al Senato arrivano a pronunciare un’accusa così infame nei confronti di un partito dell’opposizione denota non solo che sono sull’orlo di una crisi di nervi. D’altronde, la scarsa affluenza alle urne sembra confermare foschi presagi per il Pdl. E’ la dimostrazione che sono una banda di personaggi inqualificabili disposti a tutto pur di lucrare un minimo di consenso. E’ la prova che sono una banda di spregiudicati pronta a criminalizzare un partito dell’opposizione, pur di intercettare qualunque voto, anche quello che trova la sua unica ragione di vita nel clima da guerra civile e allarme sociale. A questo punto ci domandiamo quale relazione abbiano questi personaggi con la democrazia, con la politica, con il confronto civile e se, soprattutto, siano adeguati a rivestire gli alti ruoli istituzionali che sono stati chiamati a ricoprire. In campagna elettorale ci hanno riempito la testa con il ridicolo e patetico slogan dell’amore che vince sull’odio e sull’nvidia, e poi con odio e con invidia, come cani rabbiosi e disperati, hanno messo in atto un vero e proprio linciaggio politico, a colpi di manganello e olio di ricino, ai danni di Italia dei Valori. Nessuna sorpresa, le purghe fanno parte del Dna di Gasparri e La Russa e non ci spaventano, ci danno la forza per andare avanti. Anzi, siamo sicuri che, come la censura che hanno inflitto al paese in questa campagna elettorale, anche le infamità e bugie costruite ad arte e seminate con livore gli torneranno indietro come il più micidiale e feroce dei boomerang.

DALLE ORE 15.00, POTRAI SEGUIRE LA DIRETTA STREAMING “IDV, Speciale Exit poll”.

IL PD RECITI IL MEA CULPA

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Non abbiamo l’abitudine di dire che abbiamo vinto anche quando è vero il contrario. Abbiamo il vizietto della verità. Se ci fermassimo a guardare in casa nostra, potremmo usare toni trionfalistici, vista l’eccellente affermazione di Italia dei Valori. Ma la giornata di ieri impone una seria riflessione nel centrosinistra che, pur mostrando timidi cenni di ripresa rispetto ai suoi momenti più bassi, è uscito sconfitto da questa tornata di elezioni regionali. Abbiamo perso il Lazio ed il Piemonte mentre in Calabria ed in Campania siamo alla disfatta. Italia dei Valori ha fatto bene, anzi di più. Siamo cresciuti nel Lazio (8,6 %), nelle rosse Umbria (8,3%) e Toscana (9,4%) , in Liguria (8,4%) , nelle Marche (9,1%)e  in Basilicata (9,9%). Altrettanto bene siamo andati in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Campania, Puglia e Calabria. Un partito che mostra di essere sempre più radicato nel territorio e che porta in dote al Partito Democratico un ricco bottino di voti, destinati ad essere inutili per governare in futuro, se il maggior partito della coalizione di centrosinistra non avvia una seria riflessione al suo interno. Il responso delle urne è chiaro. Il Pd deve capire che la vera sfida politica è dentro al centrosinistra. Serve costruire un’alternativa che possa essere vincente ma pensare di farlo con accordicchi tra sigle e partiti, con alleanze alchemiche costruite a tavolino, come quella con l’Udc, non serve a dare un futuro a questo centrosinistra. Dalla Calabria alla Campania, dobbiamo cogliere il segnale che gli elettori ci hanno inviato forte e chiaro. Serve il coraggio di cambiare, di scegliere volti nuovi credibili, di avviare un serio rinnovamento etico della classe dirigente dei partiti, soprattutto al Sud dove il Pd è uscito sconfitto dall’esperienza amministrativa. Finché il Partito Democratico non affronterà l’evidente questione morale esplosa al suo interno e non procederà con la conseguente bonifica delle varie baronie, il centrosinistra non andrà da nessuna parte. Finché non deciderà di anteporre gli interessi dei cittadini a quelli dei vari notabili di partito, saremo costretti a guardare l’avanzata del centrodestra per i prossimi anni. Finché non sarà in grado di costruire un’alleanza naturale sui valori, sui programmi e sulle idee, i cittadini continueranno sempre di più a rifugiarsi nel voto alla lista Grillo che, a differenza di IdV, che è un partito di centrosinistra nel centrosinistra che vuole costruire un’alternativa credibile, denuncia un malessere evidente che non si può ignorare. Rinnovamento è a parola d’ordine per il futuro del centrosinistra. Ieri si è chiuso un ciclo ed è tempo di aprirne uno nuovo basato su un progetto, su un programma, su una classe dirigente di specchiata onorabilità e moralità. Basta con accordicchi che durano il tempo di una stagione o a candidature forzate o disperate. Se vogliamo tornare a vincere serve ripartire da qui.

QUALI RIFORME HANNO IN TESTA?

riformeriforme

Sono tre anni che, il giorno dopo le elezioni, va in scena lo stesso rituale. Il centrodestra dice facciamo le riforme ed il Partito democratico risponde subito “si grazie”. Mi sfugge questa logica. Io ritengo che, alla domanda facciamo le riforme, la risposta giusta sia “quali riforme?”. Perché se le riforme che hanno in mente sono la liquidazione della giustizia e dei magistrati, se è il presidenzialismo per celebrare il delirio di onnipotenza di Berlusconi che brama il Colle più di ogni altra cosa, dire subito di sì non solo è sbagliato ma è una colossale scemenza e con questo centrodestra non  c’è nulla di cui ben sperare. Non siamo preclusi concettualmente alle riforme. Se, nei prossimi tre anni, si apre una discussione seria sulla riforma fiscale, invertendo la tendenza attuale che avvantaggia pochi a danno di molti, se la maggioranza intende superare il bicameralismo perfetto, riducendo contestualmente il numero dei parlamentari, se si pensa ad un federalismo fiscale serio e responsabile, e non a quello egoista e secessionista che ha in testa la Lega, allora noi ci siamo e vogliamo esserci. Ma non si può dire subito di sì, senza conoscere le carte in tavola. Mi domando. Agli italiani frega qualcosa di eleggere direttamente il capo dello Stato? E se a qualcuno comunque fregasse, è questa la priorità? Oppure, hanno bisogno di un governo che metta finalmente mano ai loro problemi, come il lavoro, la disoccupazione, la riforma delle pensioni, la riduzione dei tempi della giustizia e lo snellimento della burocrazia? Se il Partito democratico pensa di scendere a patto con il centrodestra sulle riforme che interessano a Berlusconi, e non al Paese, vuol dire che non ha capito la lezione che arriva forte e chiara dalle urne. Basta alchimie, basta costruire, come dice bene oggi Ezio Mauro su la Repubblica, il meccano delle alleanze. Bisogna mettersi ventre a terra. I partiti devono uscire dalle loro rocche eburnee, dalle stanze dorate dei bottoni, buttarsi in mezzo alla gente e sporcarsi le mani con i loro problemi. Solo così si potrà pensare di tornare a vincere un giorno. I prossimi tre anni saranno forse più difficili di quelli che sono già trascorsi. Le insidie saranno numerosissime e acquattate dietro ogni angolo, nascoste nelle pieghe dei provvedimenti che presenteranno. In tutto questo, noi non possiamo rimanere a guardare o semplicemente a limitare il danno. Dobbiamo inchiodarli alle loro responsabilità. E se è vero che l’agenda la stabilisce il governo è vero anche che possiamo disturbare il manovratore, indicando una nuova direzione da prendere e andare porta a porta a spiegarla alla gente. Dobbiamo impegnare il tempo che resta a scrivere un programma di governo, a gettare le basi per la costruzione di un’alternativa possibile e bussare nelle case degli italiani per spiegare cosa abbiamo in mente e nel cuore. Non possiamo perdere altro tempo. Non possiamo rimanere a guardare mentre l’onda verde cresce  e si radica anche al centro Italia, colmando un vuoto lasciato dal centrosinistra per colpa di un Pd che sull’immigrazione e sulla legalità si ostina a parlare una lingua diversa rispetto a quella degli italiani. Non possiamo lasciare a Berlusconi quel poco che ci rimane, solo perché il Pd non mostra il coraggio di fare pulizia nella sua classe dirigente. Dobbiamo costruire insieme un nuovo centrosinistra, a cominciare dalla ricerca di un candidato premier credibile, che non necessariamente deve essere espressione di nomenclature o frutto di alchimie e fusioni a freddo. Bisogna ritrovare la passione. Noi ce l’abbiamo. Se il Pd ce l’ha batta un colpo ma non alla porta di Berlusconi.