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PROVINCE, UNA RIVOLUZIONE… A META’

E così la montagna ha partorito il topolino. Il consiglio dei ministri ha approvato il decreto sul riordino delle province. Un provvedimento, ha detto il ministro Patroni Griffi, coerente con i modelli europei. Si passerà, se mai accadrà  - visto i numerosi e pesanti ricorsi già in atto da parte delle regioni – dalle attuali 86 province nelle regioni a statuto ordinario a 51, comprensive delle città metropolitane.

Il processo è irreversibile, ha detto sempre il ministro, trattandosi di un provvedimento di tipo “ordinamentale e strutturale nella logica avviata con la spending review”.

Ora, verrebbe da dire, meglio poco che niente, se non fosse che un taglio così fatto servirà a poco e niente, anzi, più a niente che a poco.  Certo, il fermo divieto di emolumenti per le cariche presso gli organi comunali e provinciali e l’abolizione degli assessorati sono da salutare positivamente, così come gli organi politici che dovranno avere sede esclusivamente nelle città capoluogo. 

Così come l’auspicio che, in base al nuovo assetto, il riordino delle province sarà il primo tassello di una riforma più ampia che prevederà la riorganizzazione degli uffici territoriali di governo, prefetture, questure, motorizzazione civile etc etc.

Ma è troppo poco e, soprattutto, non farà risparmiare quanto si sarebbe potuto abolendole tutte. Le province sono enti inutili, costano 17 miliardi di euro l’anno. Perché non abolirle drasticamente, facendo risparmiare molti soldi pubblici? E’ mancato questo coraggio ed il risultato è il frutto di un compromesso al ribasso.

E’ storia nota agli amici e lettori di questo blog. L’abolizione delle province è stato uno dei nostri cavalli di battaglia, per il quale ci siamo battuti in parlamento, ricevendo un chiaro NIET dalle altre forze politiche e questo è il risultato tecnico: una rivoluzione… a metà.

PROVINCE, IO NON TAGLIO E TU?

Abolizione delle province, scatta l’ora X. Entro mercoledì prossimo, in virtù della spending review, sul tavolo del governo dovranno arrivare le proposte delle regioni. Quante province intendete abolire voi? Il balletto è già cominciato.

Lombardia. Oggi si doveva decidere, ma con la crisi della regione la proposta non è stata neanche discussa. Il Cal, consiglio autonomie locali, aveva indicato deroghe a Sondrio, Monza e Mantova e l’accorpamento di Lecco, Como e Varese. Ma il Formigoni pre-crisi aveva tuonato: "presenteremo il ricorso alla Corte costituzionale contro la legge di riordino delle province e delle loro funzioni".

Lazio e Campania. Il Lazio ha già fatto ricorso, mentre la Campania, ieri, ha fatto sapere che non intende presentare alcuna proposta di riordino al governo, bensì una richiesta di deroga per Benevento.

Basilicata. Ha votato per il mantenimento di Matera, che in realtà doveva essere assorbita da Potenza.

Emilia Romagna. Oggi il consiglio regionale dovrebbe ratificare la decisione della giunta che riduce le province da 9 a 4. Su Piacenza pende, però, il referendum promosso dalla città, che non vuole sentir parlare di annessioni con la rivale Parma e ha chiesto ai suoi concittadini di passare in Lombardia.

Puglia e Abruzzo. In Puglia non è stata presa ancora nessuna decisione, l’Abruzzo, 4 province per un milione di abitanti, annuncia decisioni per domani.

Campanilismi, vecchie rendite di potere, corsi e ricorsi storici, come ai tempi dell’età dei comuni. Su chi non opererà i virtuosi tagli pende la minaccia del governo: taglio ai fondi, ma con l'aria che tira non fa paura a nessuno.

C’era solo una cosa da fare ed era quella suggerita nella proposta di legge presentata da Italia dei Valori e puntualmente cassata da tutti gli altri partiti. Le province vanno abolite. Punto. A capo. Così a capo non si andrà mai. Sarà sempre un punto e virgola.

SULLE PROVINCE NOI NON MOLLIAMO

Riprendiamo le fila di un discorso che noi non abbiamo dimenticato, anzi. Mi riferisco al taglio delle province, sul quale noi non abbiamo fatto e non facciamo un solo passo indietro. Qualcun altro, forse, sì. Mentre il presidente del Consiglio, Mario Monti, annuncia di voler continuare sulla strada dell’abolizione delle province – come previsto nella manovra “Salva Italia” - l’Upi, l’unione delle province italiane, propone di ridurle da 108 a 60, con un risparmio di 5 miliardi di euro.

La palla, ovviamente, passerà al Parlamento, come è giusto e doveroso che sia ma si preannunciano già nubi all’orizzonte. E’ accaduto, pochi giorni fa, in commissione Affari Costituzionali della Camera, dove i partiti hanno svelato le carte in gioco e sono carte che giocano al ribasso.

Sì perché se, a parole, sono tutti bravi a parlare di tagli alle province, nei fatti tutti manovrano per andare nella direzione esattamente opposta.

Insomma, in Parlamento c’è chi parla con lingua biforcuta e nelle commissioni si ripropongono vecchi giochini gattopardeschi affinché, alla fine della fiera, nulla cambi. La scena si è svolta il 7 febbraio scorso, alla prima riunione del Comitato ristretto della I Commissione. Sapete cosa è accaduto? Che siamo stati gli unici a insistere per l'abolizione delle province. Il Pd ha proposto di creare, al posto delle province, le cosiddette “aree vaste”, una vera e propria astuzia costituzionale, un modo come un altro per non abolirle. Il Pdl, invece, ha proposto di trasformarle in enti di secondo livello, altra astuzia per non cancellarle.

Insomma, a destra e a manca, in entrambi i casi soluzioni pasticciate che di fatto mirano a lasciare le cose cosi' come stanno. Questo in barba alle promesse fatte in campagna elettorale e alle 400 mila firme di cittadini che, con una proposta di iniziativa popolare, hanno chiesto l'abolizione delle province.

Noi continuiamo lungo la nostra strada: sulle province chiediamo una misura draconiana. Vanno abolite perché sono inutili e costose e continueremo a svelarvi gli altarini segreti.