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ROMA, UN COLPO AL CUORE DELL'ITALIA

 La capitale di uno Stato rappresenta lo Stato stesso. La pagina che dell'Italia si sta scrivendo in questi utimi giorni è illegibile, nera da far paura. L'omicidio che ha colpito Roma al cuore pochi giorni fa mette in ginocchio il Paese intero. E in allarme. Ieri solo una breve riflessione, oggi concedetemi un tentativo di approfondimento, tenendomi sempre lontano dal dare colpe o attribuire responsabilità politiche. Non posso, però, da cittadino italiano e da parlamentare, fare a meno di domandarmi se sarebbe stato possibile evitare questo inaudito atto di criminalità. Forse semplicemente illuminando quella strada che ora rimane deserta perché la gente è terrorizzata e dove "i lampioni erano spenti da settimane e nessuno veniva ad aggiustarli", come dice uno degli abitanti del quartiere di Tor Pignattara? Forse trovando un modo per limitare l'uso di armi e droga al cui eccesso Alemanno attribuisce la colpa, scaricando le responsabilità sulle forze dell'ordine? Forse tentando di fornire maggiori risorse alle stesse forze dell'ordine, quelle risorse su cui il governo Monti si ripromette di stringere un focus, come dice oggi a Repubblica il ministro Cancellieri? Ritengo che lavorando su tutto ciò si farebbe già un gran passo avanti, ma lavorandoci concretamente e non continuando sulla strada demagogica del si deve e non si deve fare, del bisogna o del sarebbe giusto. La politica deve curare gli interessi dei cittadini e ai cittadini bisogna garantire sicurezza e lavoro. In questo momento agli italiani manca l'una e l'altro. Sciogliere questi nodi è un passo indispensabile per ridare un futuro al Paese.

SINDACI E GOVERNATORI AL SOLDO DI B.

“Meno tagli ai comuni ma non ci basta”, “Invoca la linea dura, basta con le follie dei lumbard”, “pronto a portare in piazza disabili e anziani”, “il ministro dell’Economia non può commissariare il Pdl”, “governo autoritario ha perso la bussola, pronti a manifestare”, “ormai è uno scontro istituzionale, anche il Pdl si deve ribellare”; “è incompetenza oppure è stata una trappola”, “via i vertici Pdl primarie subito”. Sono i titoli di alcune interviste di fuoco, rilasciate, pensate un po’, da autorevoli esponenti di Pdl e Lega. Precisamente il sindaco di Roma Gianni Alemanno, la presidente del Lazio Renata Polverini, il governatore lombardo Roberto Formigoni. Personaggi politici forti, di primo piano, che ambiscono anche alla guida del centrodestra. Di certo non esponenti dell’opposizione che lanciano prevedibili (e assolutamente giusti) strali contro il governo Berlusconi. Se alle parole fossero seguiti i fatti, Berlusconi avrebbe dovuto dimettersi un secondo dopo gli attacchi di questi big del Pdl. Ma la coerenza, nella politica italiana, è come una chimera. Le parole restano lì, appese ad una pagina di giornale, ma non producono alcun effetto concreto. Un gioco delle parti che da un lato priva la politica di credibilità, dall’altro indispone giustamente i cittadini. Di fronte a questa manovra iniqua che mette in ginocchio gli enti locali, tutte le forze politiche con un minimo senso di responsabilità istituzionale, avrebbero dovuto opporsi con decisione, evitando, peraltro, anche il ridicolo e penoso balletto del governo sul testo. Invece no. Qualche intervista, qualche riposizionamento, appelli, critiche, minacce, ma zero fatti. "E io pago" avrebbe detto Totò. A pagare saranno come sempre i cittadini, soprattutto quelli meno abbienti. La riduzione dei tagli da 6 a 4 miliardi di euro agli enti locali assomiglia ad una presa in giro, perché renderà comunque impossibile la fornitura di servizi essenziali ai cittadini. Quindi la manovra metterà le mani nelle tasche degli italiani due volte. La prima per tassazione diretta, la seconda per l’aumento dei costi dei servizi. Per questo i sindaci e presidenti di regione di Pdl e Lega, sono ipocriti due volte. La prima quando criticano il governo, la seconda quando, nelle segrete stanze, lo sostengono. Un gioco delle parti offensivo verso tutti gli italiani, che, non solo dovranno pagare i costi di una crisi che il governo non ha saputo affrontare, ma sono anche presi in giro.

C’E’ DA SPOSTARE UN MINISTERO

Quel ministero là devi metterlo qua. Questo ministero qua devi metterlo là. E’ con portafoglio? Il balletto sullo spostamento dei ministeri è una parodia della canzone di Francesco Salvi ‘C’è da spostare una macchina’, già di suo una parodia. Pensare che sia un programma di governo è davvero un insulto all’intelligenza degli italiani. Se questa è la grande mossa elettorale che Berlusconi aveva in mente per recuperare il distacco al ballottaggio di Milano, allora vuol dire che è davvero alla frutta. Incapace anche solo di fare quelle assurde promesse (peraltro mai mantenute) alle quali aveva abituato gli italiani. E che per anni, complice il suo dominio mediatico, avevano anche una certa presa sull’opinione pubblica. La realtà è che siamo davanti ad un governo bollito, spaccato, senza idee, che ha paralizzato l’Italia. Mentre loro discutono se spostare un paio di ministeri al Nord (tanto per accontentare la Lega) l’Istat presenta il suo rapporto annuale sulla situazione del Paese. Una fotografia impietosa, drammatica, che descrive un’Italia che arranca, che rimane sempre più indietro rispetto all’Europa. Un italiano su quattro è povero, la disoccupazione giovanile galoppa (mezzo milione di disoccupati in più under 30), diminuisce il potere d’acquisto delle famiglie ed il Pil cresce meno di tutti gli altri stati europei. Da una parte la mistificazione berlusconiana (va tutto bene, spostare i ministeri aiuterà il Nord), dall’altra la realtà, che non ha bisogno di essere spiegata ai lettori di questo blog. Da una parte Moratti e con lei Bossi e Berlusconi. E la Santanché e La Russa e i corifei di una litania ormai stanca. Dall’altra Pisapia e il centrosinistra, un progetto di società, idee per affrontare il declino. Da una parte Lettieri e Nicola Cosentino, Nick O’Mericano, accusato di essere il referente politico dei Casalesi, dall’altra De Magistris e la società civile napoletana. Il ciclo politico di Berlusconi è finito, la riscossa (dell’Italia non delle opposizioni) e la nuova fase politica ripartono dai ballottaggi e dai referendum. Sta a noi decidere il nostro futuro.

AGGIUNGI UN POSTO ALL'ATAC

Manifesto Idv contro la parentopoli di AlemannoManifesto Idv contro la parentopoli di AlemannoAggiungi un posto all’Atac (o all’Ama) che c’è un amico in più. Un parente in più. Una cubista in più. Un’amante, un’amica, un raccomandato di ferro. Insomma chiunque possegga il pass politico giusto per entrare nella pubblica amministrazione senza concorso. Meglio se fascista…L’Atac e l’Ama di Roma sono, rispettivamente, le municipalizzate dei trasporti pubblici e della nettezza urbana. E sono in questi giorni al centro di uno scandalo battezzato parentopoli’. 12.000 dipendenti la prima, 7.000 la seconda. La procura e la Corte dei Conti indagano, il Campidoglio trema, perché la lista dei politici e dei manager coinvolti è lunga. Molto lunga. Ci sono, tra gli altri, Vincenzo Piso (coordinatore regionale Pdl); Gianni Sammanco (Pdl); Adalberto Bertucci (ex amministratore delegato Atac); Marco Marsilio (deputato Pdl); Stefano De Lillo (senatore Pdl); Sergio Marchi (assessore alla mobilità di Roma); Marco Visconti (consigliere comunale Pdl); Francesco Aracri (deputato Pdl); Giancarlo Marinelli (caposcorta di Alemanno); Giorgio Simeoni (deputato Pdl); Antonio Tajani (eurodeputato Pdl). Oltre a 18 sindacalisti, di tutte le sigle, e addirittura diversi esponenti della galassia neofascista e dell’estrema destra capitolina. Sarebbero 1400 le assunzioni sospette all’Atac, azienda che ha perdite per 120 milioni. Una vergogna nazionale che avrebbe dovuto immediatamente far saltare i vertici delle due società e provocare una valanga di dimissioni politiche. Invece, come sempre accada in Italia, ormai patria europea del malcostume, si fa finta di niente e si continua ad andare avanti. Oggi il sindaco Alemanno, che a Roma ormai chiamano ‘Lupomanno’,  si è difeso dicendo che le assunzioni sospette sono solo 85, ha attaccato le giunte precedenti, ed ha detto che  un’apposita commissione scriverà nuove regole per le assunzioni. Complimenti per la tempestività. Ah, scusate, dimenticavo la chicca: "Io – è sempre ‘Lupomanno’ che parla - vorrei capire perché si è creato un caso Roma. Stranamente in questo momento escono articoli non solo su parentopoli ma anche su altri argomenti. Non so se questa attenzione e' legata alle voci di miei impegni di carattere nazionale, che io smentisco categoricamente". Tradotto dal politichese: smettete di attaccarmi, non voglio fare il vice di Berlusconi né il leader del centrodestra. A chi sarà rivolto il messaggio non lo sappiamo. Agli ex amici ora con Fini? A nemici interni al Pdl? Boh, fatti suoi. Ha paura della macchina del fango, ma non si assume la responsabilità politica del marciume che è stato prodotto dalla sua amministrazione. Quel che colpisce di queste affermazioni è la gravità del messaggio: smettete di attaccarmi perché io non ho un ruolo nelle vicende nazionali, e non voglio occuparmene. Sto a Roma a fare il sindaco, non mi tirate in ballo. Un messaggio nello stile della malavita, obliquo, contorto eppure diretto. Chi sa capisce. Ma non solo: colpisce anche la dimensione dello scandalo di parentopoli ed il suo ‘essere sistema’. Da quanto si legge dai giornali, è impressionante la ragnatela di sottopotere che sta dietro all’assunzione di personale nelle municipalizzate. Ancora una volta il settore pubblico è utilizzato come un bacino clientelare, per sistemare amici ed amici di amici. Con due conseguenze, entrambe pesanti per i cittadini: aumento dei costi e peggioramento del servizio. Ma Lupomanno si preoccupa di lanciare messaggi occulti. E di far togliere i manifesti di Italia dei  Valori dalla città, come denunciato dal nostro segretario regionale. Si vergogni.