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VENDOLA SI’ O VENDOLA NO?

Nichi VendolaNichi Vendola

Ci sono due o tre cose che, a mio parere, rendono la discesa in campo di Niki Vendola paradossale. Il governatore della Puglia, perché questo è stato chiamato per il momento a fare, si candida a leader del centrosinistra senza un programma, senza un progetto, senza un’idea concreta per il Paese. Offre solo il suo corpo mediatico, senza dubbio fortemente carismatico, come mezzo per la conquista del consenso intorno a sé. Parla di narrazione, di sparigliamenti, di gare feconde, di nuova speranza in moto, di fiammate violente, di nuovo ossigeno da portare nell’obitorio della politica. Parole seducenti, suggestive, a forte impatto evocativo ed emozionale ma che, al netto della fascinazione, rimangono effimeri apparati retorici, roboanti e barocchi. C’è molto, troppo, Berlusconi, in questa paradossale discesa in campo di Vendola, in questo suo singolare modo di porsi in campo a fare il leader. Ai cieli azzurri e ai bambini felici di Silvio, Niki sostituisce la gramsciana connessione sentimentale con il popolo, le fabbriche di Niki, come luoghi di eruzione di buona politica, ma il modello offerto dai due è identico:  leaderismo allo stato puro senza idee né programmi. Quando, invece, al di là degli effetti speciali, si cercano frammenti di contenuti ed un’idea su cui ragionare e lavorare, crolla l’impalcatura. Come il tentativo compiuto da Vendola di mettere sullo stesso piano Carlo Giuliani, Falcone e Borsellino. Carlo Giuliani è un giovane ragazzo che ha perso la vita e che merita tutto il nostro rispetto e cordoglio, ma definire eroe chi partecipava ad un’azione violenta e che è stato colpito mentre si avventava a volto coperto contro un carabiniere brandendo un estintore, è francamente inaccettabile. Soprattutto, se si mettono sullo stesso piano Falcone e Borsellino, servitori dello Stato, massacrati dalla mafia che combattevano da una vita con intransigenza, coraggio e abnegazione totale di se stessi. Oppure, per fare un altro esempio, quando, in un’intervista di qualche giorno fa, discettando di economia, proponeva di sostituire tout court il modello di competizione capitalistica con quello della cooperazione che, per quanto sia importante e tuttora attualissimo, è una proposta che fa cadere le braccia e che, per dirla come Niki, è davvero il modo più vecchio che c’è nel mondo occidentale per pensare di dare una speranza di futuro a questo paese. Per queste ragioni, sono convinto che la candidatura di Vendola sarebbe disastrosa per il centrosinistra. E’ sicuramente oggi l’esponente più credibile, più moderno e carismatico di una sinistra radicale che rappresenta, però, una componente significativa ma nettamente minoritaria del centrosinistra, non certo un leader che possa guidare una coalizione capace di aggregare la maggioranza assoluta degli italiani. Sarò all’antica ma per me prima viene il programma, inteso nel senso nobile di una visione condivisa di sviluppo del Paese e dopo viene il leader che deve essere la persona capace di impersonare al meglio quel progetto e quelle idee. Per me, la proposta di governo alternativo del centrosinistra non parte dall’ostentazione del corpo carismatico di un leader ma dal coraggio e dalla generosità di partiti, movimenti, società civile, associazioni che finalmente scelgano di parlare con sincerità al paese e, così come fece Prodi nel ’96 – chiedendo sacrifici per portare l’Italia nell’euro – sappiano proporre al Paese una via d’uscita concreta dalle secche nelle quali si trova oggi.