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MAI PIU' UN CASO ENRICHETTO

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Ieri sono andato in visita al carcere di Asti a trovare Enrichetto, di cui abbiamo parlato nel post del 3 agosto. 55 anni, un omino piccolo piccolo, carnagione chiara, barbetta lunga e incolta, piuttosto rada. Occhi azzurri. Aveva una camicia viola a fiori larga e un jeans legato in vita da un filo. E ciabatte ai piedi. Il meglio dei vestiti puliti che la solerzia degli agenti di polizia penitenziaria e' riuscito a trovare per quest'uomo rimasto ragazzino. Ci ha accolto con una frase scioccante 'ordinatemi una cassa da morto'. Poi si e' rinfranco, ha riso tanto, ha raccontato barzellette. E' un po' il 'beniamino', diciamo cosi', del personale carcerario. Consentitemi a questo punto di elogiare l'efficienza, la professionalita' e la grande umanita' di tutti coloro che lavorano in quel carcere. Dalla direttrice ai poliziotti penitenziari, agli assistenti sociali, ai medici e paramedici. Intendiamoci, Enrichetto non e' un privilegiato, queste persone cercano di riservare a tutti i detenuti lo stesso trattamento. E adesso che hanno un problema drammatico di sovraffollamento con tre detenuti per ogni cella, di nove metri quadri, la direttrice le sta pensando tutte per cercare di fargli trascorrere solo la notte tutti insieme in cella. Nel rispetto delle normative di sicurezza, naturalmente. Enrichetto e' diventato, anche grazie all'interessamento dei media, in particolare del quotidiano La Stampa, un caso nazionale. E, a ruota, politico. Almeno in questa occasione devo ringraziare il ministro della giustizia Alfano, che, come ha confermato la direttrice, si e' interessato alla vicenda. La buona notizia e' che tra una decina di giorni Enrichetto sara' libero. Uscira' quando avra' finito di scontare la pena per guida di bicicletta in stato d'ebbrezza. E non e' una battuta. Dopo dovra' affrontare un processo per tentata evasione. Si' perche' era uscito di casa, dove era agli arresti domiciliari, per andare a comprare un salamino. Ci attiveremo per garantirgli un'adeguata assistenza legale, qualora non l'abbi avuta sino ad oggi. C'e' una notizia, invece, molto brutta. Spike, il suo adorato cane, che lui chiamava anche 'bambino', e' morto, investito da un'auto. E lui ancora non lo sa. Una perdita terribile per Enrichetto. I suoi animali sono la sua famiglia. E non e' un'esagerazione, credetemi. Per quest'uomo bambino dal cuore grande, incapace di capire il valore dei soldi, che pero' intende meglio di noi il valore della vita, l'esistenza e' sacra. Anche quella di insetti e lombrichi,che cerca di evitare quando va in bici. ci attiveremo anche per regalargli un nuovo miglior amico. Ma cio' su cui vorrei chiamarvi a riflettere di più' e' che Enrichetto e' un fortunato perche' qualcuno si e' accorto di lui. Sono parole di chi lavora li'. Ma le carceri italiane sono piene di enrichetti di cui nessuno si accorgera' mai. E il loro destino e' uno dei nostri impegni politici.

CASO ENRICHETTO E LO STATO VIGLIACCO

Dopo avere parlato con Massimo Gramellini ho deciso di andare al carcere di Asti dove Enrichetto è recluso. Giovedì mattina sarò in carcere per andare a trovarlo. Come uomo e come politico farò tutto quello che è in mio potere per aiutarlo. 

Vorrei che leggeste l’articolo di Massimo Gramellini sulla Stampa di oggi:

Enrichetto ha 55 anni e un cuore di bambino. Gira in bicicletta, estate e inverno, nascosto sotto un cappello con la coda che i bambini veri si divertono a tirare. Un giorno in cui pedala troppo a zig-zag viene fermato per guida in stato di ebbrezza. Due mesi agli arresti domiciliari, come uno della Cricca. Enrichetto. A lui sta persino bene, basta non gli tolgano il suo cane e il suo cappello. Una mattina si alza con la voglia di un salame. Ricorda di averlo visto nella vetrina del macellaio, prima del suo arresto, chissà se c’è ancora. Esce per andare a controllare. Una vicina che si è autoassegnata l’incarico di fare la guardia lo intercetta attraverso lo spioncino e avverte i carabinieri. Allarme, il prigioniero è evaso! Enrichetto torna a casa col salame, tutto contento, ma sulla porta trova le guardie. Adesso giace nell’infermeria del carcere astigiano di Quarto. Rifiuta il cibo, come chi si sta lasciando morire. La sua non è una protesta. E’ che gli è venuta la malinconia. Sa che a settembre lo condanneranno per evasione e a lui non sembra giusto, ecco. Tutto perché una volta è salito in bici un po’ brillo e un’altra volta è uscito di casa per comprare un salame. Per favore, Enrichetto, ricomincia a mangiare. Ti prometto che un giorno instaureremo la repubblica del buonsenso, dove le leggi non saranno più il trastullo dei potenti e la trappola dei semplici. E se nel frattempo qualche magistrato chiudesse un occhio sui tuoi efferati delitti, a casa ci sono un cane, un cappello e un salame che ti aspettano per festeggiare.

Non è possibile ignorare il fatto che le carceri italiane siano piene di persone come ‘Enrichetto’. E che invece uomini potenti e importanti, che hanno commesso reati gravi, riescano sempre a scamparla. Una palese ingiustizia di uno Stato che non sempre riesce ad essere equo e giusto. Lo Stato italiano da troppo tempo è forte con i deboli e debole con i forti. I reati dei grandi poteri finanziari raramente vengono puniti. Anzi mai. Finanzieri, politici e colletti bianchi la fanno franca, anche se hanno gettato sul lastrico migliaia di famiglie o hanno disonorato il loro Paese. Mentre Bernard Madoff negli Stati Uniti è stato condannato a 150 anni di carcere, Calisto Tanzi, in Italia, fa una vita normale e si gode le sue ricchezze. Alla faccia delle famiglie che hanno perso tutto per le spericolate operazioni che hanno portato al crack Parmalat. La depenalizzazione del reato di falso in bilancio è un’anomalia italiana che ha, di fatto, aperto la strada all’impunità per i reati dei colletti bianchi. I tempi lunghissimi della nostra giustizia, poi, fanno il resto. E mentre un poveraccio come Enrichetto rischia la morte in carcere per un salamino, gente come Balducci, il detenuto Balducci, capo della presunta cricca, se la spassa agli arresti domiciliari nella sua villa con piscina a Montepulciano. Questa è l’Italia di Berlusconi. Questa è l’Italia che si deve cambiare. La qualità, la forza l’autorevolezza di una democrazia si dimostrano anche dalla capacità di essere più severi con chi, da ruoli di potere, è chiamato a maggiori responsabilità. Un paese davvero democratico deve avere il coraggio di sbattere in galera i delinquenti della cricca e magari di gettare via la chiave, ma è un atto di vigliaccheria tenere in carcere gente come Enrichetto. O anche come le migliaia di tossicodipendenti (non gli spacciatori naturalmente) di cui sono pieni gli istituti penitenziari. Uno Stato giusto queste persone le manderebbe a curarsi, non le chiuderebbe dietro le sbarre. Non vogliamo lo Stato di Berlusconi, non vogliamo più uno Stato vigliacco e ingiusto. E continueremo a batterci per cambiarlo.