Taggati con: Emilio Fede

MATTEO RENZI, IL ROTTAMARCORE

E così il rottamatore Renzi, il giovane, è andato ad Arcore e su Facebook è scoppiato il caso Renzi. Molte e molto dure le critiche in casa Pd al sindaco di Firenze, 'reo' di aver preso parte ad un pranzo con Silvio Berlusconi nella di lui dimora privata. Lui, dal canto suo, non ha mancato di sottolineare le sue ragioni in difesa del suo gesto. Ha raccontato che hanno pranzato assieme ed erano solo loro due, lui ed il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, non c’erano né Emilio FedeLele Mora. Dice di essere andato ad Arcore per perorare la causa di Firenze e sostenere la legge speciale per la città. A chi lo ha attaccato duramente ha ribadito che non c’erano altri scopi segreti. Solo in un paese malato, ha detto il sindaco di Firenze, si può pensare che ci sia qualcosa sotto. Premesso che ho sempre guardato a Renzi e ai rottamatori con grande simpatica, perchè in questo paese di inamovibili rappresentano la volontà di dare una scossa per liberare gli alberi dai frutti troppo maturi, questa volta non condivido del tutto il suo gesto. Io faccio il sindaco di Firenze, ha detto Renzi, lui il presidente del Consiglio. Appunto. E’ proprio qui che avverto una nota stonata. Un sindaco quando incontra un presidente del Consiglio non lo fa nella sua residenza privata, ad Arcore, ma a palazzo Chigi, nella sede istituzionale del Governo. E soprattutto, non lo fa pochi giorni prima il voto di sfiducia, quando tutte le opposizioni stanno sostenendo uno sforzo titanico per chiudere definitivamente l’epoca del berlusconismo che ha fatto danni inenarrabili a questo povero Paese. Non ho dubbi che il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che ha provocato più di qualche mal di pancia al segretario del Pd Pierluigi Bersani e a tutta la nomenclatura del Partito democratico, abbia avuto motivi nobili e finalità altamente istituzionali ma scegliere di andare ad Arcore, in questo momento, significa scendere sul piano di quel berlusconismo che ha il suo motore e credo nella confusione dei ruoli, delle istituzioni che confonde pubblico e privato. Sicuramente, come scrive oggi Massimo Gramellini su la Stampa, Renzi appartiene all'attualità e gli altri al museo del Novecento ma, non sarà politicamente sexy dirlo, lo stile come rispetto delle regole e della distinzione dei ruoli è una condizione imprescindibile in politica, è la regola aurea e se l'attualità del centrosinistra passa attraverso il modello Berlusconi, allora vorrebbe dire che abbiamo trovatomagari un nuovo leader ma non siamo riusciti ad uscire dalle secche del leaderismo e personalismo in politica. Per questo, pur ribadendo la mia stima ai rottamatori, stavolta la scelta di Matteo Renzi di andare ad incontrare il presidente del Consiglio nella sua residenza privata e non nella più opportuna sede di palazzo Chigi è un segnale bruttissimo. E' una questione non secondaria di stile e se questo è quello dei rottamatori, spiace dirlo ma viene voglia di dire "niente di nuovo sotto il sole". Cambiano le generazioni ma lo stile resta lo stesso, anzi peggiora. Perché, almeno fino ad oggi, mai nessun alto esponente del Partito democratico avevano varcato i cancelli della residenza privata del presidente del Consiglio.

LA REPUBBLICA DEL 'BUNGA BUNGA'

La Repubblica del 'Bunga Bunga'La Repubblica del 'Bunga Bunga'Un’altra minorenne, un altro contesto a dir poco ambiguo e torbido. Star e starlette tv, ministre, parlamentari ed il settantanovenne Emilio Fede nel ruolo zelante di procacciatore di amicizie particolari, questa volta con l’ausilio del reuccio dei vip, Lele Mora. Ancora una volta, una minorenne, l’egiziana Ruby, che dipinge la fotografia impietosa di un premier che, nella sua residenza privata, fa il rito del bunga bunga con giovani e belle ragazze compiacenti che, in cambio del privilegio concesso dal premier, ricevono regali dal presidente del Consiglio, gioielli e gadget trash tra cui l’imperdibile tshirt “meno male che Silvio c’è”. Il punto non è il privato del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi che, per senso di pudicizia, derubrichiamo a perversioni senili di un uomo ricco e dissoluto. Il punto è che ci troviamo di fronte ad un presidente del Consiglio di cui non sappiamo, forse neanche lui sa, di quali pressioni, condizionamenti, ricatti sia stato, è o sarà vittima. Quanti lenoni, quante ragazze, quante star e starlette televisive, quante escort possono ricattarlo in qualsiasi momento compromettendo il suo ruolo istituzionale, fino ad arrivare ad infangare lo Stato e comprometterne l’immagine e la sicurezza. Quante favorite o favoriti del Re, in cambio dei loro servigi, hanno chiesto o chiederanno favori in cambio? Quanti affari tra l’Italia ed altri stati sono stati conclusi in virtù del bunga bunga arcoriano? Questo è il vero nodo politico-istituzionale dell’ennesima e squallida puntata del film “Le perversioni di Silvio”, un mix inquietante tra pochade francese, sit-com americana, cinema pecoreccio italiano anni settanta e tragedia greca. La domanda è: un presidente del Consiglio, che telefona in una questura della Repubblica, interviene in qualità di presidente del Consiglio per proteggere e coprire una minorenne che ha rubato gioielli in casa altrui, mente nell’esercizio delle sue funzioni abusando del prestigio del suo ruolo istituzionale, nel fare tutto questo è condizionato soltanto dal suo livello ormonale, o da pressioni, minacce o ricatti di terze persone? Fino a che punto i ricatti di cui potrebbe essere vittima possono condizionarne ruolo e attività? Fino a dove si è già spinto? Una cosa è certa: siamo di fronte ad un presidente del Consiglio, vittima o carnefice in questo caso particolare poco importa, ormai inadeguato a guidare il Paese, che ogni giorno di più compromette il suo ruolo di presidente del Consiglio, ostaggio di quei fantasmi e di quei mostri che lui stesso ha creato negli ultimi venti anni, fantasmi che, in questa vicenda, sono più in carne che ossa.

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