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IL CAPOLAVORO DELLA GELMINI

Com’è solerte Maria Stella Gelmini. E’ bastato un articolo pubblicato sul giornale di famiglia – famiglia Berlusconi, s’intende- per far scattare gli ispettori. C’erano simboli politici in una scuola pubblica. No, no - che avete capito? - non sto parlando di Adro, ma di Livorno.  Questi i fatti. Ieri il Giornale ha pubblicato in prima pagina ‘Altro che Adro, a scuola sventola la bandiera rossa’. E poi, nelle pagine interne, la foto del vessillo comunista su un vecchio muro. Immediato l’intervento del ministro, che ha ‘ordinato un’ispezione nella scuola dell’infanzia San marco di Livorno. Il provvedimento – recita il comunicato del dicastero- si è reso indispensabile per verificare la notizia per cui sarebbe presente nell’istituto una bandiera del Partito dei Comunisti Italiani. La scuola è un’istituzione pubblica che deve garantire a tutti un’educazione imparziale ed autonoma rispetto a qualsiasi orientamento politico”. Quest’ultima parte è un capolavoro. Di comicità naturalmente. Se fosse vera la metà delle cose scritte, se la Gelmini le pensasse davvero così, il caso Adro non sarebbe mai esistito. Avrebbe mandato gli ispettori con la stessa immediatezza e la faccenda sarebbe stata risolta in un batter di ciglia. La prima considerazione da fare è quasi banale: ci sono due pesi e due misure per la Gelmini. I simboli leghisti possono restare dove sono, i simboli di altri partiti vanno rimossi. In ogni caso il ministro ha fatto una bella gaffe. I simboli comunisti non erano affissi sulla scuola, ma su un edificio poco distante, precisamente sul vecchio muro del teatro dove nel 1921 nacque il Partito Comunista Italiano. Il sindaco, Alessandro Cosimi, le ha risposto in modo impeccabile e tra le altre cose ha detto ‘al posto degli ispettori ci mandi i soldi’. Una figuraccia non da poco. Ecco cosa succede a fidarsi delle notizie pubblicate dal duo Feltri-Sallusti, gli agit prop di Berlusconi. Il ministro ha mostrato il suo vero volto ed ha confermato che vuole fare del ministero una succursale del Pdl. Mai nella storia della Repubblica il ministero dell’istruzione era sceso così in basso. Del resto nessun presidente del Consiglio si sarebbe mai sognato di nominare un ministro come la Gelmini. Un altro effetto perverso del berlusconismo.

FANGO AD OROLOGERIA. FERMIAMOLI!

 

E’ agghiacciante la sequenza. 15 settembre 2010. Emma Marcegaglia, all’inaugurazione del nuovo quartier generale della Diesel, dichiara: " Basta litigare e occuparsi di beghe interne. Facciamo le riforme serie che servono al Paese. L'Italia vive un momento di politica brutta che per mesi ha parlato di cognati, amanti e appartamenti: non e' questo che ci interessa". E’ finita la luna di miele tra il governo e Confindustria. Anche per gli industriali, la misura è colma. 16 settembre 2010. Alessandro Sallusti, direttore de il Giornale, scrive nel suo editoriale: “Con buona pace della Marcegaglia, i sondaggi dicono che i cittadini non si rassegnano ai silenzi e alle bugie sull’affaire monegasco”. Lo stesso giorno, il vicedirettore Porro, invia un sms al portavoce della Marcegaglia: “Ciao Rinaldo. Domani super pezzo giudiziario sugli affari della family Marcegaglia”. Passano poche ore e Porro invia un secondo sms: “Spostati i segugi da Montecarlo a Mantova”. Il portavoce chiede se sia vero o una boutade. Porro risponde: “Eh, un po’ è vero, un po’ è vero”. Porro replica accusando la Marcegaglia di non aver mai avuto un rapporto con il Giornale. C’è tempo anche per un insulto alla presidente di Confindustria. Il portavoce della Marcegaglia chiama Crippa, il suo omologo in Mediaset, e gli esprime la sua preoccupazione per i toni e i contenuti. Crippa risponde: “Devi chiamare subito Confalonieri. Se parte Feltri va avanti due settimane”. Emma Marcegaglia, avvisata dal suo portavoce, chiama Confalonieri che a sua volta chiama Feltri. Passa qualche minuto e Confalonieri rassicura il presidente di Confindustria: tutto a posto, il Giornale desisterà e ribadisce anche lui la necessità e l’opportunità che la Marcegaglia rilasci un’intervista al Giornale. 22 settembre 2010. Porro invia un sms al portavoce del presidente di Confindustria: “W il Conf”. Viva la Confindustria, o viva il Confalonieri? Fate voi. Porro chiama il portavoce della Marcegaglia: “La signora se vuole gestire i rapporti con noi deve sapere gestire”. E poi aggiunge: “Dobbiamo cercare di capire come disinnescare in maniera reciprocamente vantaggiosa nel senso delle notizie, delle informazioni, della collaborazione”. Come ha detto monsignor Fisichella, per giustificare le bestemmie del premier, bisogna contestualizzare. Bene. Ecco il contesto: Lario, Boffo, Mesiano, Marrazzo, Fassino, Caldoro, Fini. La libertà di informazione non c’entra nulla in questa vicenda. C’è altro in ballo. Ebbene, io mi chiedo cosa deve succedere di più perché si alzi in questo paese un moto di indignazione corale? Cosa altro serve perché si fermi questa spregevole, infame macchina del fango?