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LIBIA, SIA IL PARLAMENTO A DECIDERE
Berlusconi - Gheddafi
30 agosto 2010, Gheddafi: “saluto il grande coraggio del mio grande amico Silvio Berlusconi”. 23 dicembre 2010, Berlusconi: “Io sono legato da amicizia vera con il presidente libico Gheddafi”. Ora, tutto è cambiato: dai baciamani e genuflessioni, siamo passati ai raid e alle bombe. Non sembra passata una settimana ma un’era geologica. Siamo di fronte a quello che si può a buona ragione definire un voltafaccia disgustoso e imbarazzante da parte del Governo. Fino a sei mesi fa, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, baciava le mani al dittatore libico e fino a due giorni fa c'era chi sperava che Gheddafi riuscisse a tornare in sella, a danno del suo popolo. Per quindici anni, anche dalle parti del centrosinistra, si è fatto a gara per coprire, tollerare e negare la verità sul Rais libico, ovvero quello che era risaputo ma che qualcuno finge di scoprire solo ora: Gheddafi era ed è un dittatore. Questo Governo ha avvallato, coperto e autorizzato le malefatte di un regime sanguinario. Questo Governo ha firmato con la Libia un trattato vergognoso ed Italia dei Valori è stata una delle poche forze in Parlamento a votare contro. Noi abbiamo detto no e abbiamo preso le distanze, a differenza di questo governo e di questa maggioranza, da un dittatore che ha instaurato un regime oppressivo e sanguinario. Ma ora che c’è un popolo che chiede aiuto, che facciamo, ci giriamo dall’altra parte? Assistiamo inermi al massacro di civili che sta avvenendo a poche centinaia di chilometri dalle nostre coste? Sarebbe sbagliato. Io credo che il nostro Paese debba fare pienamente la sua parte per liberare il popolo libico dall’oppressione di un regime sanguinario che non rispetta i diritti umani, da sempre, non da oggi. Dobbiamo fare la nostra parte, appoggiando ogni azione necessaria, anche diretta ed attiva, purché il nostro aiuto, a differenza della linea Sarkozy, sia mantenuto nei limiti dell’articolo 11 della nostra Costituzione e della risoluzione Onu. In questo momento, di fronte alle evidenti spaccature di un governo poco credibile, di fronte ad una Lega incapace di guardare al di là del proprio naso e dei piccoli interessi di bottega, è necessario coinvolgere il Parlamento, informarlo e aggiornarlo passo dopo passo sulle decisioni anche e soprattutto di natura militare, per evitare gli errori del passato. Non possiamo essere noi a far saltare un regime, né tantomeno ad autorizzare una guerra ma non possiamo restare a guardare e voltare le spalle al popolo libico che ci chiede aiuto. Sono giorni terribili, ha scritto oggi Concita De Gregorio nel suo editoriale, ma bisogna starci dentro.



SE IL BUNGA BUNGA DIVENTA LEGGE
Alfano - BerlusconiIl bunga bunga non è un rituale sessuale che Berlusconi ha imparato da Gheddafi (guida politica e maestro di vita a quanto pare…). O, meglio, non è solo questo. Il bunga bunga è un sistema politico, un metodo di gestione del potere, un’idea di Stato. E’ una categoria politica fondata sulla prevaricazione nonviolenta, sulla corruzione morale e monetaria, sullo sfruttamento godereccio del potere, sull’irresponsabilità e sull’immunità. E rischia di diventare anche un valore culturale, uno stile di vita, basti pensare alle madri che spingevano le figlie a concedersi agli appetiti del drago per diventare le favorite del sultano. E rischia di diventare legge, con la riforma della giustizia. Una riforma addirittura ‘epocale’ per Silvio Berlusconi, unico capo del governo al mondo che deve affrontare tre processi. Di epocale ci sarebbe solo il passaggio dallo Stato di diritto a quello del Bunga Bunga perché la sua approvazione segnerebbe la sconfitta della legalità. Il testo della riforma non è ancora ufficiale, ma dalle anticipazioni giornalistiche non promette nulla di buono. Il progetto di Berlusconi è sempre lo stesso: una riforma punitiva che sottometta la magistratura alla politica. Vuole vincere in questo modo la sua guerra personale contro la magistratura italiana. E la riforma sarebbe la sua ‘arma fine di mondo’. Si va allo scontro finale, dunque, perché il Sultano di Arcore sa che deve giocarsi il tutto per tutto. E Bossi, in cambio di qualche altro posto nel governo e dell’approvazione di un federalismo raccogliticcio che aumenta le tasse e ingigantisce le pastoie burocratiche, ha dato il suo placet. Svelato il disegno, ora è il momento della verità per le opposizioni. Combattere una battaglia strenua per impedire l’approvazione di una controriforma della giustizia o cedere allo sfondamento dell’amico di Gheddafi e trasformare l’Italia nella repubblica del bunga bunga. Mi viene in mente il film di Woody Allen, ‘Il dittatore dello stato libero di Bananas’. Ma quella era una commedia, la situazione italiana è drammaticamente seria. Anche per questo è importante andare a votare ai referendum. Berlusconi teme, in particolare, quello sul legittimo impedimento ed infatti il governo non vuole dare ai cittadini la possibilità di votare il 29 maggio, a costo di dilapidare un patrimonio di 350 milioni di euro. Una follia, soprattutto in periodo di crisi economica.



NON DISTURBARE IL DITTATORE MENTRE MASSACRA
“Tutti dovrebbero rallegrarsi della nuova amicizia tra Italia e Libia sancita dal Trattato di Bengasi: e' stata chiusa una ferita ed e' iniziata una vita nuova”. Indovinate di chi sono queste parole? Ma del nostro premier Silvio Berlusconi, naturalmente. Era il 30 agosto e i due cenavano allegramente insieme. Berlusconi cantò anche una canzone… Oggi, invece, Gheddafi massacra il suo stesso popolo e fino a pochi giorni fa Berlusconi non voleva ‘disturbarlo’. ‘Disturbarlo’, proprio così’. Come quando non si chiama un amico che sta riposando perché ha fatto tardi la sera…Lo sdegno della comunità internazionale, le parole del presidente della Repubblica e le pressioni delle opposizioni, hanno costretto anche Berlusconi ed il governo italiano a condannare il dittatore libico. D’altronde, come si fa a condannare un amico? Il feroce Gheddafi, infatti, è qualcosa di più di un capo di stato estero con cui l’Italia ha rapporti diplomatici. E’ l’inventore del Bunga Bunga (così dice Ruby Rubacuori, la nipote di Mubarak) , un maestro di vita, altro che dittatore…Ed è anche un modello politico perché da quarant’anni tiene in pungo il suo paese. La rivolta in Libia è la cartina al tornasole della nostra inconsistenza sul palcoscenico internazionale. Abbiamo accolto Gheddafi come fosse il più grande statista del mondo, gli abbiamo concesso di accamparsi nel centro di Roma e di fare i suoi show offensivi senza fiatare, anzi…, ma soprattutto gli abbiamo dato un mare di soldi, cinque miliardi di dollari, per la firma del trattato Italia Libia, e ci siamo fatti garanti della Libia presso l’Unione Europea ed abbiamo taciuto sulla drammatica situazione dei diritti umani in Libia. Errori su errori. I flussi migratori verso l’Italia non si sono fermati, ma proseguono ad ondate e ieri, addirittura, il dittatore di Tripoli nel suo folle discorso ha accusato l’Italia di armare i rivoltosi. Diciamoci la verità, il governo Berlusconi ha fatto precipitare il prestigio ed il peso internazionale dell’Italia. Non contiamo più nulla, neanche nello scacchiere mediterraneo, dove, fino a qualche anno fa, eravamo fondamentali. Anche per questo bisogna mandare a casa Berlusconi, l’amico dei dittatori sanguinari.



MARONI VERGOGNOSO E DISUMANO
Roberto Maroni, il ministro dell’Interno targato Lega che sprizza disumanità da ogni poro. “Pensavano fossero migranti”. Così il titolare del Viminale ha liquidato la faccenda ieri, giustificando sostanzialmente i libici e le loro raffiche di mitra sparate ad altezza uomo contro un peschereccio italiano, colpevole di apparire come una nave di clandestini. Al di là del fatto gravissimo che sono stati sparati colpi contro un’imbarcazione di cittadini italiani e sulla quale tra l’altro erano presenti anche alcuni nostri militari come osservatori – già tanto dovrebbe bastare al governo italiano per chiedere una ferma condanna da parte del paese responsabile e non semplici e banali scuse - contro un’imbarcazione di clandestini è lecito sparare? Per Maroni, ovvero colui che dovrebbe sovraintendere alla sicurezza nel nostro paese, in terra, aria e acqua, se sei o anche solo sembri un clandestino hai diritto ad una sventagliata di mitra? Tanto sarebbe bastato, in un paese normale di fronte a parole tanto gravi, per chiedere le dimissioni del ministro dell’Interno, evidentemente inadatto a guidare un dicastero così delicato ed importante. Invece, nessuno nel governo non solo non ha sentito il dovere morale e politico di condannare senza se e senza le parole di Maroni ma neanche di prenderne più genericamente le distanze, neanche quei tanti parlamentari cattolici del Pdl, a corrente alternata nella difesa dei valori cristiani, pronti a genuflettersi al Vaticano e al razzismo vergognoso al Carroccio, il vero padrone di questo Governo, ma a fregarsene quando in gioco c’è la vita di persone, colpevoli di essere immigrati. Per quanto mi riguarda, Maroni può tenersi stretta la sua licenza di uccidere ed usarla come e quando crede per aizzare le folle durante le feste in Padania, o i raduni del Carroccio a base di ampolle e riti celtici. Quando in gioco c’è il mio paese non accetto azioni e parole becere. Per questo, Italia dei Valori presenterà al più presto una mozione che impegni il Governo a rivedere il trattato con la Libia, affinché nell’azione di respingimento dei clandestini venga garantito il rispetto dei diritti umani. Siamo pronti a portare la questione anche alla Corte di Giustizia Europea.



GHEDDAFI, SPETTACOLO OLTRE OGNI LIMITE




GLI AFFARI DI BERLUSCONI COL DITTATORE




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