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IMPEGNI PER IL 2013: FARE EQUITA' SOCIALE

Risolvere l'emergenza sociale. Questa è la priorità di governo indicata dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e questa sarà la priorità che dovrà avere il futuro governo di centrosinistra. Dobbiamo lavorare per ripristinare quell'equità sociale che nell'ultimo anno non ha trovato posto nell'agenda di governo.

Quell'equità sociale senza cui l'Italia rischia di collassare, perché non si può pensare a salvare le banche e nel frattempo martoriare le fasce più deboli della società. E' un sistema folle, ingiusto e che comunque non dà prospettive sostenibili a lungo termine. Abbiamo disperato bisogno di rimettere in moto l'intera macchina del sistema Italia. E per farlo non si può seguire unicamente la strada del rigore.

Dobbiamo recuperare risorse lì dove vengono sprecate e gestite secondo logiche clientelari e di parte. Dobbiamo ridare al Paese la speranza di una società più giusta, che sappia coniugare il necessario rigore con la giustizia sociale e la crescita. Se andiamo verso l'Europa, ed è ciò che auspichiamo, allora facciamolo anche culturalmente. Approdiamo a un bipolarismo politico che non si riduca a una sterile lotta tra tifoserie. E anche questo Napolitano ce lo ha ricordato.

Pensiamo ad una società in cui sia bello vivere, che non mortifichi gli onesti e che dia respiro e possibilità a quelle persone, e ne abbiamo tante, che hanno l'entusiasmo e le capacità per far crescere il nostro Paese. Il centrosinistra è deciso a portare a compimento questo programma. Un centrosinistra che oggi più che mai è ampio, solido e coeso nel comune intento di salvare l'Italia da quelle sabbie mobili in cui ci sentiamo intrappolati. Possiamo farlo, siamo un grande Paese. E non dobbiamo scordarlo mai. Buon anno Italia.

PORTO AVANTI I VALORI DI SEMPRE

Proprio ora che la nave affonda? Ma non si era accorto di niente? Perché non dimettersi anche da parlamentare? Troppe volte mi sono state rivolte queste domande, a cui ho sempre risposto cercando di chiarire la mia posizione. Tuttavia, c’è ancora qualcuno che continua a chiedermi spiegazioni. Non in molti, devo essere sincero, se paragonati a quanti hanno espresso rispetto per la mia decisione e quanti altri mi hanno rivolto con entusiasmo un “sono con te”. Ma non avendo nulla da nascondere ed essendo in pace con la coscienza, ci tengo a chiarire nuovamente, e una volta per tutte, le ragioni della mia scelta. Una scelta quanto mai sofferta, ma necessaria.

La mia uscita, prima dal gruppo e poi dal partito dell’Italia dei valori, non ha niente a che vedere con la puntata di Report. È stata una decisione politica. Dopo otto mesi passati a cercare di trattenere con le unghie e con i denti il partito in cui ho sempre creduto dentro il centrosinistra, mi sono dovuto arrendere: l’Idv è cambiata (anzi, Di Pietro ha cambiato l’Idv) e non possiamo permetterci di investire ancora del tempo prezioso a dare capocciate contro i muri. I valori su cui abbiamo fondato l’Idv devono trovare voce ed espressione in un nuovo progetto politico, democratico, aperto alla partecipazione e saldamente ancorato alla coalizione di centrosinistra.

Perché, da aprile ad oggi, l’Italia dei Valori ha distrutto quanto aveva costruito nei dieci anni precedenti. Gli italiani hanno votato un’Italia dei valori alleata del centrosinistra, che con il Pd voleva addirittura fare gruppi unitari a Camera e Senato e che come primo atto politico della legislatura votò Napolitano Presidente della Repubblica, allora definito da Di Pietro “un servitore della Repubblica e uomo fedele alle istituzioni”.

Se parliamo di coerenza, non sono io quello che ha cambiato idea rispetto agli impegni presi con gli elettori. Gli attacchi, talora giustificati, ma forsennati nei toni, al Presidente della Repubblica ci hanno isolato da tutti. È stato definitivamente reciso ogni rapporto con il Pd. Si è inseguito Grillo nel tentativo di cavalcare la protesta ed il malumore. Si è addirittura accarezzata (e forse non ancora abbandonata) l'ipotesi di cambiare simbolo per correre da soli alle elezioni con una lista radicale ed antagonista. E nel frattempo si è cercato di spegnere ogni confronto e ogni dissenso, incapaci di superare la dimensione dell'uomo solo al comando.

Non è quello per cui ho lavorato ed in cui credo. Per questo ho deciso di uscire da una Idv molto diversa da quella che ho contribuito a fondare. E lo ribadisco: non ho mai messo in dubbio l’onestà di Antonio Di Pietro. Di Pietro è stato l’unico, e ribadisco l’unico, che si è sempre opposto a Berlusconi e alla sua politica. Per questo avrà sempre il mio rispetto e la mia stima.

Ma chi fa politica ha il dovere di andare al di là dei sentimenti e delle valutazioni personali. Per questo, da oggi guardo avanti e lavoro, assieme a tante altre persone impegnate, alla costruzione di un nuovo soggetto politico, che porti avanti con orgoglio le battaglie per la legalità che ho sempre condotto e che voglio continuare a portare avanti. Dentro un centrosinistra riformista e di governo.

E lasciatemi dire una cosa: potevo starmene zitto e tranquillo, nel mio ruolo di capogruppo alla Camera, e quindi con ogni probabilità candidato eletto nel prossimo Parlamento, ma sentivo che così avrei tradito le mie convinzioni e la mia coscienza. Mi sono dimesso da capogruppo, ho lasciato l’Idv e con essa ogni garanzia. Non entro nel Pd, come qualcuno maliziosamente voleva far pensare, e con questa scelta gioco tutto, rimettendo agli elettori il giudizio sul progetto a cui sto lavorando. In un Paese dove nessuno si dimette mai da nulla, non voglio il plauso di nessuno, ma il rispetto, questo sì, credo di meritarlo.

 

AUTO BLU, IL PRIVILEGIO CHE RESISTE

C'è inchiesta e inchiesta. Quelle fatte bene, quelle fatte male e quelle fatte per altre finalità, più o meno dichiarate o lecite. Capita anche che uno stesso quotidiano possa pubblicare un'inchiesta ben fatta e una decisamente appannata. Capita oggi a il Giornale che parte con un duro attacco al Quirinale (male) e uno alle auto blu dello Stato (bene). La tesi è che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, anche nel suo discorso di fine anno, abbia chiesto agli italiani di affrontare sacrifici per il futuro dei nostri figli, mentre la presidenza della Repubblica non abbia fatto nessuna riduzione di spesa. In realtà, il Quirinale i tagli alle spese li ha fatti. Nel luglio scorso, il Capo dello Stato ha annunciato di rinunciare all'adeguamento del suo stipendio all'indice dei prezzi al consumo. Non solo. Oltre al blocco dello stipendio di Napolitano, risparmi per lo Stato arriveranno anche dalla riduzione delle pensioni del Quirinale.  Sempre l'estate scorsa, infatti, il Capo dello Stato ha firmato anche i decreti per l'applicazione del contributo di solidarieta' sulle pensioni e per la riforma delle pensioni di anzianita', completando cosi' l'attuazione dei tagli del 5 e del 10% delle retribuzioni e delle pensioni, del blocco delle progressioni automatiche e della riduzione delle spese per beni e servizi, previsti dalle manovre economiche di quest'anno e dell'anno scorso. Nei prossimi anni, quindi, il Colle restituira' al ministero dell'Economia 15.048.000 euro. Infine, a meta' dicembre, il Colle gia' dal gennaio 2008 ha introdotto il regime contributivo per tutto il personale assunto a partire da quella data, bloccando inoltre "ogni forma di indicizzazione per le pensioni di qualsiasi importo maturate al 31 dicembre 2007 fino a tutto il 2013, nonche' a riformare i requisiti necessari per il collocamento in quiescenza di tutto il personale in servizio, anche anticipando per alcuni aspetti quanto stabilito successivamente dall'ordinamento generale".Sulle auto blu dello Stato, il Giornale fa invece bingo. Il ministero della Funzione pubblica, sei mesi fa, annunciò il censimento delle auto blu di tutta la pubblica amministrazione. Ogni amministrazione pubblica avrebbe dovuto comunicare all'amministrazione centrale il numero delle auto blu in dotazione. Ebbene, il censimento è un mezzo flop. Su 10.354 amministrazioni cui è stato spedito il questinario, solo in 4.627 hanno risposto. 5.727 amministrazione hanno fatto come le tre scimme, non vedo, non sento, non parlo. Morale della favola? In Italia, nonostante decreti, censimenti obbligatori, circolari, norme e direttive, non si riesce proprio a sapere quante auto blu scorrazzano in giro. Male i ministeri dell'Interno, Giustizia e Difesa, le Asl e i comuni non capoluogo. Male il Sud, maglia nera al Lazio. Dai tagli alle auto blu si potrebbero risparmiare milioni di euro - Italia dei Valori lo ha proposto nella sua contromanovra e nell'ultimo decreto Salva Italia - forse è per questo che qualche amministrazione ed ente fa orecchie da mercanti. Qualcuno ha tagliato, altri invece hanno tagliato facendo il gioco delle tre carte: tutto cambi affinchè nulla cambi davvero. Morale della favola: sono 71.662 le auto blu in Italia, 800 milioni i km effettuati con benzina a carico dei cittadini, 1.2 i miliardi di euro spesi per il personale, soltanto 600 milioni per gli autisti. Il nuovo ministro della Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, ha detto di voler procedere nel solco tracciato dal suo precedessore ma ad oggi dice che esiste ancora una certa confusione nella conoscenza degli usi delle auto pubbliche. Ministro, faccia luce lei. Ha il potere di farlo. Mettiamo una volta per tutte fine a questo assurdo e inaccettabile privilegio.

 

IL PARLAMENTO RIAPRA I BATTENTI ORA!

L'incontro tra le parti sociali e le opposizioni, cui ho preso parte con il presidente Di Pietro, è stato importante e proficuo. E' emerso un quadro preoccupante, drammatico ma soprattutto è emersa con assoluta evidenza l'incapacità e l'inerzia del governo che ha rinviato tutto a settembre. Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, unitamente a tutte le altre parti sociali e sindacati, hanno sottolineato l'assoluta necessità ed urgenza di prendere provvedimenti ora, già a partire dalle prossime settimane. Italia dei Valori si è presentata all'incontro con una proposta concreta, una proposta di legge che, per molti aspetti e linee guida, ricalca la proposta delle parti sociali. Lo abbiamo messo sul tavolo, offrendolo sia alle parti sociali che agli altri partiti di opposizione. Ancora oggi, nonostante le dichiarazioni rese dal Presidente del Consiglio dei ministri alle Camere e l'incontro tra le parti sociali ed il governo di ieri, le turbolenze sui mercati finanziari continuano a colpire pesantemente la borsa ed i titoli del debito pubblico italiani. E' evidente che i mercati finanziari giudicano inadeguato, insufficiente, e comunque poco credibile, il piano di azzeramento del deficit varato dal Governo con il decreto legge sulla manovra. Le stesse parti sociali hanno sottolineato la necessità di adottare, con carattere di assoluta immediatezza, nuove e più incisive misure strutturali che rendano plausibile e sostenibile nel Paese il raggiungimento dell'obiettivo dell'azzeramento del deficit entro il 2014 e il presidente della Banca Centrale Europea, Jean-Claude Trichet, ha invocato la necessita' che l'Italia adotti con urgenza misure strutturali di riforma finalizzate al risanamento dei conti pubblici. Noi abbiamo messo la nostra proposta sul tavolo delle parti ed abbiamo chiesto ai presidenti dei due rami del Parlamento, Schifani e Fini, di convocare con urgenza, già a partire dalla prossima settimana, le rispettive assemblee, procedendo alla calendarizzazione della nostra proposta di legge e di analoghi disegni di legge di altre forze politiche o di iniziativa governativa. Non c'è tempo per aspettare. Settembre è troppo lontano. Bisogna agire subito, ora. Per questo oggi, rinnoviamo a tutte le forze politiche e al governo di esaminare il nostro disegno di legge, che va nella direzione auspicata dalle forze sociali, ma siamo pronti a misurarci con qualunque proposta e da chiunque provenga purché efficace. Ci auguriamo che, già a partire dalle prossime ore, arrivino proposte concrete anche dalle altre forze di opposizione e soprattutto dal governo. Il momento è drammatico e se il Governo non risponderà a questo appello, allora il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dovrà davvero considerare il da farsi, perché un governo inerme, che non agisce di fronte ad una situazione di emergenza economica e finanziaria come questa, è un governo che va rimosso.

12 E 13 GIUGNO: 4 SI’ PER CAMBIARE L’ITALIA

 Dunque, quel pericoloso comunista che siede sul soglio di San Pietro ha detto che l’energia non deve danneggiare l’uomo e il creato. Robe da pazzi! Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica, arbiter elegantiarum delle istituzioni andrà a votare, mentre il presidente del consiglio diserterà le urne. Ognuno ha lo stile istituzionale che si dà. Quantomeno strano e bizzarro quello del presidente del Consiglio. L’Economist, quel brogliaccio comunista di chiara fama, a dieci anni dal famoso “unfit to lead Italy” ha dedicato al premier un’altra copertina con un titolo ancora più magniloquente “ha fottuto un intero paese”. Due fotografie, una di ieri e una di oggi, impietose per verità e giustizia che stabiliscono il traid d’union di 17 anni di berlusconismo: inefficienza, immobilismo, istitutizioni piegate all'interesse di un uomo solo. Una per tutte, la fantomatica accelerazione sul fisco annunciata dal presidente del Consiglio “riforma entro l’estate”. Mentre il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, un attimo dopo l’annuncio vuoto del premier, utile solo a infastidire ulteriormente gli italiani e ad arricchire il suo score personale di fanfarate, ha commentato lapidario e sarcastico: “io non devio di un centimetro”. La querelle sui ministeri al Nord è diventata roba da operetta, difficile da vendere per esaltare gli animi il prossimo 19 giugno sulla spianata di Pontida. Su questo quadro, penoso e patetico di un governo senza più spinta né mordente, si staglia la mobilitazione straordinaria in favore dei referendum, che avrà il suo clou questa sera a piazza del Popolo. Ma sono mille le piazze, le iniziative pacifiche, le invasioni pacifiche, le feste, le scacchiere umane e persino la corsa “nudi per quattro sì” che stanno riempiendo le strade del paese. Domenica 12 e lunedì 13 giugno, abbiamo una straordinaria opportunità: possiamo decidere, con quattro sì, di restituire dignità a questo paese, tutelare l’ambiente e disegnare un futuro migliore per i nostri figli. Non perdiamo questa straordinaria occasione di democrazia e libertà!