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CHI E’ IL VERO LEADER?

Bersani si conferma il vero leader democratico di questa campagna elettorale. Mentre le altre forze politiche scadono nel populismo e nelle false promesse pur di entrare nel prossimo Parlamento, Bersani dimostra serietà e senso di responsabilità per il Paese parlando con onestà agli elettori e insistendo sulla necessità di un dibattito tv tra tutte le forze in campo. In un Paese democratico è così che dovrebbe essere condotta una campagna elettorale.

Chi non dimostra democrazia con il proprio comportamento non può far credere di volerla portarla nel Paese. La coalizione di centrosinistra è l’unica che si è fondata su un comune programma di intenti e che è capace di rappresentare un rinnovamento per l’Italia. Berlusconi, con le sue promesse, sarebbe capace di portare il Paese di nuovo sull’orlo del baratro. Per fortuna non sarà in grado di farlo, perché gli italiani non si sono dimenticati della catastrofe causata dalle sue politiche, catastrofe che poi hanno dovuto pagare a caro prezzo con le manovre del governo Monti.

Poi c’è Grillo, che continua a sottrarsi a qualsiasi confronto con le altre forze in campo e ad allontanare i giornalisti. Mi dispiace, e lo dico sinceramente, per i militanti del M5S che credono nel rinnovamento prospettato dal loro leader. Ma quale rinnovamento può portare una forza politica che si fonda ancora sul leaderismo e sul personalismo? La vera rivoluzione è dare finalmente avvio alla Terza Repubblica, abbandonando i vecchi schemi e facendo spazio a quei movimenti veramente democratici che sono gli unici in grado di far seguire alle parole i fatti.

CHI OSTACOLA LO SVILUPPO

I problemi vanno affrontati, non giustificati. Oggi Berlusconi ci ha dato l’ennesima prova di ottusità e arretratezza. Ha detto: “Quando grandi gruppi come Eni, Enel o Finmeccanica trattano con Paesi che non sono complete e perfette democrazie ci sono delle condizioni che bisogna accettare per vendere i propri prodotti. Tangenti? Sono commissioni chieste in quei Paesi, le democrazie come la nostra queste cose non le fanno”. Queste parole fanno venire i brividi. E non è un fatto di voler essere moralisti, come dice Berlusconi, ma di non accettare di piegarsi alla corruzione, ovunque essa sia.

Se alla guida della nostra civiltà ci fossero stati personaggi come il Cavaliere non avremmo conquistato un singolo diritto. Come dire: se la schiavitù esiste, che ci possiamo fare? Siamo un Paese dell’Europa del 2013 e non possiamo accettare simili ragionamenti. E non lo possiamo fare soprattutto in questo momento, in cui l’Italia deve intraprendere un serio percorso di sviluppo e modernizzazione. Vediamo che oggi ci sono forze in campo che non possono rappresentare questo progetto. E in questo quadro, accanto a Berlusconi, si staglia sempre più chiaramente la figura di Grillo.

La somiglianza tra Grillo e Berlusconi, infatti, è sempre più sconcertante. Chi da una parte e chi dall’altra, i due sono così estremi che alla fine si toccano. Ieri abbiamo visto il sindaco 5 Stelle di Mira cacciare dalla giunta un’assessore perché incinta, oggi sentiamo Berlusconi giustificare le tangenti per il solo fatto che esistano. Queste logiche sono ingiustificabili e vanno combattute sia sul fronte politico che su quello culturale. Grillo e Berlusconi sono ostacoli a quel processo di sviluppo e modernizzazione che l’Italia, oggi più che mai, deve perseguire con decisione e rapidità. E la coalizione di centrosinistra si riconferma l’unica forza attualmente in campo capace di rappresentare e perseguire coerentemente questo processo.

EVITIAMO LA TRAPPOLA

C’è qualcosa in questa campagna elettorale che non torna. Lo avvertiamo tutti. Le buffonate stanno prendendo il sopravvento sull’informazione responsabile. Ovviamente primo motore di questo sistema è Silvio Berlusconi, che, però, come vediamo, ha fatto scuola. Il primo a rimetterci di credibilità è stato Monti, che ha definitivamente lasciato i suoi panni di professore per quelli del (mal riuscito) populista. Chi invece regge la sfida con il Cavaliere è senza dubbio Grillo, che con il suo linguaggio comico e denigratorio riesce egregiamente a smuovere la pancia degli italiani facendo leva sulla rabbia e sull’insoddisfazione.

L’unico leader che dimostra di non cedere a questo infimo gioco al ribasso è Bersani. E, paradossalmente, c’è chi confonde quest’onestà con l’assenza di polso. A questo punto la domanda da porsi è una sola: l’Italia, oggi, di cosa ha bisogno per migliorare? Di bassi istinti o di un serio programma di sviluppo? L’ho già detto e lo ribadisco: alle urne dovremo scegliere tra la pillola blu e la pillola rossa, proprio come nel film Matrix, ovvero tra vivere addormentati in un mondo di menzogne oppure affrontare la realtà.

La coalizione di centrosinistra, formata da Pd, Sel e Centro democratico, è l’unica a sostenere compatta un serio programma di riforme che porti benefici concreti a lungo termine. Ed è l’unica che potrà dare vita un governo ampio e stabile, che è quello che gli italiani vogliono e che l’Europa ci chiede. Penso che gli elettori siano stufi, oggi più che mai, di essere presi in giro. E il centrosinistra si riconferma l’unica forza in campo a rivolgersi al Paese con chiarezza e onestà. Noi non vogliamo far leva sulla pancia degli italiani, ma sul loro senso di responsabilità per il futuro. Non cadiamo nella trappola della gara a chi la spara più grossa, e spero che le urne premino questo senso di responsabilità, che è il punto di snodo fondamentale per ripartire col piede giusto.

CENTRO DEMOCRATICO PER CRESCERE E INNOVARE

Centro Democratico è la forza liberal del centrosinistra che, nel rispetto del necessario rigore, punta sui temi dimenticati dal governo dei tecnici: la crescita, l’innovazione, la solidarietà. La coalizione di centrosinistra –Pd, Sel, Cd - esprime diverse sensibilità, ognuna delle quali è una ricchezza per il Paese. Non solo nel centrosinistra non si ‘silenzia’ nessuno, ma, al contrario, si ascoltano le proposte e le richieste dei cittadini, si presta attenzione ai problemi dell’economia reale, delle imprese e dei lavoratori. Solo il centrosinistra può rilanciare l’Italia dal punto di vista economico, sociale e culturale. Questo per quanto ci riguarda. Permettetemi altre brevi considerazioni. Ieri è stata una giornata nera dal punto di vista del rispetto dei principi democratici. Mario Monti ha chiesto a Bersani di silenziare  quelli che ritiene degli estremisti. Si può essere d’accordo o meno con Fassina, ma ritenerlo un estremista è tanto ridicolo quanto sciocco. Beppe Grillo, invece, quel sincero democratico, ha attaccato l’intera terza rete della Rai, auspicandone la chiusura. Perché? Per un servizio del tg3 che non gli era piaciuto. Complimenti mr. Beppe. Gli regalerò un libro di Voltaire, il filosofo che diceva ‘non condivido ciò che dici ma sono pronto a morire perché tu possa dirlo’. E finalmente, sempre, ieri, qualcuno si è accorto che Monti ci ha preso gusto ad andare in tv. Un po’ troppo spesso, come ha sottolineato la commissione di Vigilanza. Meglio tardi che mai.

LA DEMOCRAZIA PARTE DAI PARTITI

Chi non ha democrazia al proprio interno non può produrla nel Paese. È solo a partire dal rispetto di questa verità tanto semplice quanto inconfutabile che i partiti potranno ridare davvero fiducia e speranza al Paese. Ormai i partiti padronali, basati sul carisma dell’uomo della provvidenza, stanno rivelando tutta la loro inconsistenza, la loro fragilità. Anche Grillo, che proprio della democrazia si era fatto baluardo e primo difensore (voleva addirittura farci credere di essere rimasto l’unico), ci ha rivelato il suo vero volto. Difendere la democrazia con la dittatura. Chi vuole prendere in giro?

Il Movimento 5 Stelle sta diventando il prototipo più riuscito dei partiti padronali, tradendo la sua impostazione originaria, orizzontale. Sarà la più grande delusione degli italiani di questa tornata elettorale. La mia più profonda solidarietà va ai consiglieri Favia e Salsi, che purtroppo subiscono sulla loro pelle quella che si sta dimostrando una regola della non-democrazia italiana: i partiti padronali non sono capaci di evolvere verso forme di democrazia e partecipazione interna.

Ecco perché è nato Diritti e Libertà, perché pensiamo che se non partiamo noi per primi dalla democrazia, allora sarà davvero difficile restituirla al Paese. Questa Seconda Repubblica, dilaniata da ‘ghe pensi mi’ e salvatori della Patria, è una pagina della nostra storia da chiudere oggi, al più presto, che non superi le prossime elezioni.

Dalla democrazia e dalla coerenza dei movimenti politici che parteciperanno alle elezioni dovrà partire la modernizzazione anche politica ed istituzionale del Paese. Tocca alla politica per prima, perché solo la politica potrà dare avvio a quelle riforme strutturali che la nostra Italia oggi ci chiede. Diritti e Libertà  ha accettato la sfida. A chi vorrà unirsi a noi, do appuntamento in prima linea. Perché se, come dice Grillo, c’è una guerra, è una guerra per la democrazia, i diritti e la libertà.

C'E' POSTA DAL MESSICO

Mi ha stupito ricevere questa mattina una lettera da parte dell’ambasciatore del Messico. Ruíz-Cabañas, infatti, mi ha voluto segnalare che il paragone tra Pancho Villa ed Emiliano Zapata da una parte e Di Pietro e Grillo dall’altra non era forse il più idoneo a descrivere l’”effervescente periodo che vive l’Italia attualmente”. La lettera è stata scritta il 5 novembre, ma anche se ne prendo visione solo oggi ci tengo a chiarire le motivazioni alla base di quel paragone e, naturalmente, scusarmi se con ciò abbia creato un fraintendimento.
Villa e Zapata sono stati due grandi eroi messicani, hanno dedicato la loro vita a condurre battaglie per il benessere del popolo. Due figure di grande spirito e coraggio, a cui va il mio rispetto e la mia ammirazione. Ma tornando al paragone che ho usato, riguardo all’ipotesi di trovarci, dopo le elezioni, Di Pietro al Quirinale e Grillo presidente del consiglio, in quel momento mi riferivo a un ben preciso episodio, ovvero quando nel 1914, dopo che i due eroi messicani entrarono trionfanti a Città del Messico, Zapata si rifiutò di sedersi sulla poltrona presidenziale.
La sua motivazione fu: “Non combatto per questo. Combatto per le terre, perché le restituiscano”. Niente da obiettare, Zapata fece molto per il suo popolo. Ma oggi l’Italia ha bisogno di sicurezza, di programmi chiari e condivisi. I principi e la passione, in questo momento, servono a ben poco, se poi al governo non c’è nessuno che li sappia tradurre in una serie di azioni concrete, capaci di cambiare fattivamente la vita delle persone. Chi mi conosce sa che ho sempre condiviso molti dei principi che accomunano Movimento 5 Stelle e Italia dei valori. In primis anticorruzione, giustizia ed etica pubblica. Ma lasciarsi trasportare unicamente sulla spinta delle emozioni oggi come oggi è troppo rischioso. Serve lucidità e raziocinio, a maggior ragione vista l’attuale situazione di instabilità.
Ad essere in dubbio non è il rispetto delle persone che a vario titolo ho tirato in ballo in quel paragone, ma la scelta di mettere al governo e nelle nostre istituzioni persone scelte sull’onda delle emozioni, che oggi nel nostro paese sono spesso mal di pancia e delusione. Ai vertici dello Stato devono andare persone con passione, coraggio e sani principi, sì, ma io sono convinto che l’Italia meriti di più: persone che, una volta al governo, si siedano su quella poltrona, con tutto il rispetto e la responsabilità dell’incarico che gli hanno dato i cittadini, e diano una forma tangibile a quei principi e a quegli ideali per i quali si sono battuti.

NULLA DI PERSONALE

Non è una questione personale. E’ politica. E basta. Non vorrei che il confronto all’interno dell’Italia dei Valori si riducesse ad un fatto personale tra me e Di Pietro. Contro il presidente Idv non ho umanamente e personalmente nulla e vorrei che fosse chiaro a tutti. C’è in ballo il futuro e il ruolo di Italia dei Valori, non certo il rapporto personale tra me e Di Pietro.

Da mesi c’è nel partito un dibattito aperto sulle alleanze. L’intervista di ieri di Di Pietro al Fatto, però, ha cambiato le carte in tavola, anzi, le ha scoperte, ed ha provocato due effetti politici devastanti, a mio avviso: il primo è una pietra tombale su qualsiasi possibilità di accordo col Pd. Il secondo è il superamento di Idv per dar vita a un soggetto politico che si presenterebbe alle elezioni facendo una corsa solitaria o una improbabile alleanza con Grillo.

Cosa rimarrebbe? Una formazione isolata o succube di altri ispirata dalla demagogia e dal radicalismo minoritario. Insomma, non proprio due temi su cui sorvolare politicamente. Di Pietro ha cancellato, in un’intervista, un percorso di dodici anni senza dire nulla a nessuno. Ha rinnegato le decisioni del congresso e dell’ultimo esecutivo nazionale, che si erano espressi per l’alleanza con Pd e Sel. Ha stracciato il documento firmato dall’ufficio di presidenza solo poche ore prima. E’ chiaro che il problema è esclusivamente politico.

Nel partito ci sono due linee tra loro evidentemente incompatibili, una guarda al centrosinistra, una a Grillo. Io rispetto la nostra storia e non la svendo per seguire una deriva populista e lavoro per costruire una credibile alternativa di governo per il dopo-Monti. Spaccare il centrosinistra significa riconsegnare l’Italia nelle mani dei tecnici o, nella migliore delle ipotesi, arretrare la spinta riformista e progressista dopo vent’anni di berlusconismo. C’è bisogno di ricostruire, di rilanciare, di assumersi le responsabilità di governo per cambiare finalmente questo paese.

Da dodici anni l’Italia dei Valori è saldamente ancorata al centrosinistra. Con Pd e Sel governiamo in regioni ed enti locali. Con loro abbiamo la responsabilità storica di tornare a governare il Paese e riformarlo. Chi straccia la foto di Vasto e impedisce al centrosinistra di governare si assume una responsabilità storica.

Altra cosa è Grillo. Rispetto i suoi elettori, ma non lo seguo, mi dispiace. Non sono un opportunista. Non svendo tutto ciò in cui ho creduto e per cui ho lavorato tanti anni solo per inseguire il populismo di chi vorrebbe portare l’Italia fuori dall’Europa. Sono questi i temi del confronto e mi auguro che a prevalere sia il senso di responsabilità.  

IL CENTROSINISTRA RIPARTE DA VASTO

 Ripartiamo da Vasto. Il lungo esecutivo di ieri è stato proficuo, si è chiuso con la stesura di un documento unitario in cui il passaggio politico fondamentale è l'impegno a rilanciare l'alleanza di centrosinistra: l'esecutivo nazionale Idv 'ribadisce la volontà di Idv di costruire insieme alle forze politiche e sociali riformiste di centrosinistra, una coalizione basata su un programma di governo comune e che sia alternativo alla deleteria esperienza dei precedenti governi Berlusconi ed anche alle politiche dell'attuale governo Monti ed in tal senso dà mandato pieno al presidente ed all'ufficio di presidenza del partito di ricercare (nei modi, nei tempi, e con le forme che l'agenda politica e le linee guida fondamentali del partito oggi illustrate dal presidente ed approvate permetteranno) ogni percorso utile a raggiungere l'obiettivo con il coinvolgimento attivo dei mondi utili della società civile'. Scripta manent.

E', per quanto mi riguarda, una grande soddisfazione politica. Ma, si sa, in politica, occorre cautela. Perché si realizzi il prgetto di dare al Paese un governo riformista e progressista, a questo documento dovrà seguire un'azione politica coerente e conseguente. Questo non significa mettere da parte il proprio programma ed i propri valori, anzi. Significa essere pronti al confronto, ben sapendo che su legalità, diritti e lavoro non siamo disposti a fare sconti, né ad accettare compromessi al ribasso. Il nostro programma è avanzato e dovrà essere la base per una discussione proficua. Italia dei Valori dovrà essere pronta a dare il proprio costruttivo contributo per rilanciare l'unica alleanza alternativa alle destre e ad un nuovo esecutivo tecnico. In molti lavorano, anche all'interno del Pd, per far restare Monti a Palazzo Chigi.

Noi siamo assolutamente contrari. Ma per non prestare involontariamente il fianco a manovre di questo tipo, ordite dai cosiddetti poteri forti di questo paese, dobbiamo inviare segnali chiari ed inequivocabili di apertura ed affidabilità. Per questo ho proposto all'esecutivo di sottoscrivere la dichiarazione d'intenti del Pd, che contiene passaggi pienamente condivisibili. E poi presentare il nostro candidato, naturalmente Antonio Di Pietro, alle primarie di coalizione.

Vogliamo essere protagonisti del cambiamento ed andare al governo per realizzare un programma avanzato aul lavoro, sui diritti, sulla legalità. Dopo venti anni di Berlusconi e berlusconismo, l'Italia ha bisogno di aprire un nuovo ciclo politico, economico e sociale. Italia dei Valori ha una responsabilità storica e non può sottrarvisi.

LA MIA INTERVISTA A "LA ZANZARA"

Pubblico la versione integrale della mia intervista a La Zanzara, la trasmissione radiofonica di Radio24, andata in onda lo scorso 12 settembre.

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D. E’ migliorato qualcosa nei rapporti con Di Pietro oppure continua a considerarlo, come nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera ad agosto, uno che scodinzola dietro a Grillo?

R. In quell’intervista ho detto tante cose che riconfermo, ancora oggi, dalla prima all’ultima parola. Ovviamente, questo epiteto dello scodinzolante è  quello che ha colpito di più ed è l’unico, devo dire la verità e in quel momento era anche un po’ arrabbiato, aggettivo che ritirerei. Anche perché, più che altro, dà la sensazione sbagliata, ovvero, che io abbia un problema personale con Di Pietro. Il problema, invece, è soltanto di scelte politiche.

D. C’è stato qualche cambiamento. Lei potrebbe anche lasciare Italia dei Valori?

R. No assolutamente, io non ci penso proprio. Ho intenzione di fare una battaglia fino in fondo dentro al mio partito, perché credo che oggi ci stiamo giocando davvero la possibilità di avere nella prossima legislatura, da qui a sei mesi, un governo di centrosinistra. Io credo che il Paese ne abbia bisogno, per rilanciare l’economia, per ottenere insieme due cose fondamentali: giustizia sociale, equità e attenzione al lavoro. Io credo che alcune scelte del nostro partito non siano state giuste e abbiano reso più difficile questa alleanza, più lontana anche la prospettiva di un governo di centrosinistra, che per me in questo momento è il valore più importante per il Paese.

D. Ma ormai, caro Donadi, la partita delle alleanze mi sembra persa.

R. Sarò ottimista per natura ma credo che i sei mesi che abbiamo ancora davanti prima della campagna elettorale se c’è la volontà davvero di cambiare, se c’è la volontà di mettersi a lavorare e costruire, di smetterla tutti – perché questo è un po’ il passatempo in generale  soprattutto dalle parti del centrosinistra di demolire tutto, i rapporti, ogni rapporto di coalizione – in sei mesi si può davvero costruire un’altra Italia.  La settimana prossima, noi abbiamo un incontro importante a Vasto e io andrò li per ripetere le stesse cose senza fare sconti, magari mettendo da parte quella parola scodinzolante, della quale non sono poi tanto contento.

D. Se lei ha detto che il problema resta  la decisione di dimettersi c’è, perché da quando lei ha parlato Di Pietro si è addirittura radicalizzato, in alcuni momenti, anche nei confronti di Monti. Oggi ha detto:affidare di nuovo il governo a Monti è come affidare a Dracula un’infermeria.

R. E’ un espressione forte per esprimere un concetto politico molto chiaro. Monti secondo noi, e su questo io sono completamente d’accordo con Di Pietro, ha fatto molto in termini di prestigio internazionale, ma ha fatto scelte di politica nazionale che non hanno di sicuro contribuito a migliorare la situazione. Lui dice che è peggiorata temporaneamente, a nostro avviso alcune politiche sono state proprio sbagliate e comunque tutte sono state socialmente inutili.

D. Scusi allora quale è il dissenso con Di Pietro? Di Pietro è d’accordo sul ricucire con il partito democratico o è questa la partita?

R. E’ questo il punto. A me pare che tutto quello che il nostro partito, Di Pietro in testa, ha fatto negli ultimi mesi vada nel senso di un progressivo allontanamento dal partito democratico, dall’alleanza. Io credo davvero che, se questa è l’intenzione, sia un errore storico e gravissimo. Perché paradossalmente oggi la scelta di Italia dei Valori di non fare tutto quello che è nelle nostre possibilità per stringere l’alleanza con gli altri partiti del centrosinistra, è un po’ un comportamento che agevola, in qualche modo, il verificarsi di quello che non vogliamo. E’ evidente che quanto più l’alleanza di centrosinistra è debole, non ha i numeri per vincere le elezioni , è condizionata – non voglio dire da ricatti perché ricatti non sono, ma sicuramente dalle intenzioni di Casini che nulla hanno a che vedere con gli obiettivi del centrosinistra, è una coalizione debole che rischia di riconsegnare il paese proprio a quel Monti bis che noi non vogliamo.

D. Donadi, ma il Pd appoggia Monti.

R. Certo che il Pd appoggia Monti, ci mancherebbe altro. Ma mi pare che sia una cosa assolutamente ormai acquisita che il partito democratico ha presentato con Bersani una Carta di intenti che è un manifesto nel quale io credo tutti i partiti di centrosinistra , Italia dei Valori compresa, si ritrovi. E’ una buona agenda per l’Italia e non è l’agenda di Monti. Il partito democratico ha sostenuto fino a qui Monti perché, per senso di responsabilità, ha ritenuto di contribuire al sostegno di un governo che dal loro punto di vista…

D. Secondo lei ha fatto bene? Mi dica la verità.

R. La risposta non è per eluderla ma è davvero complessa ma netta. Devo, però, usare venti secondi. Negli stessi giorni, nelle stesse settimane in cui noi abbiamo dato il governo del Paese in mano a Monti , in Spagna, e mi pare che la spagna non stia meglio di noi, sono andati a votare. Questo teorema, per cui, o Monti o morte, non era vero. C’era qualcosa di vero però. Che a differenza della Spagna, in Italia il centrosinistra, che oggi non esiste, non esisteva neanche un anno fa. Quindi, il motivo per cui era difficile andare a votare non era perché c’era la crisi ma perché non c’era un’offerta politica vera, credibile, in Italia e all’estero. E siamo messi male anche oggi, non è che siamo messi meglio.

D. Fare il governo Monti, però, è stato necessario, questo lo ammette. E’ stato il male minore?

R. No guardi, noi era da qualche mese che con il Pd e Sel stavamo lavorando ad un programma. A mio avviso, ancora una volta, se ci fosse stata la volontà politica si sarebbe potuto fare. Comunque, guardi, io rispetto la scelta politica. I nostri toni sembrano di mancare di rispetto nei confronti di chi vorremmo poi come alleato.. Il video con gli zombie, le espressioni aggressive verso le persone con le quali vuoi governare e lavorare insieme, sembra forma ma in politica è sostanza, perché alla fine contano anche i rapporti umani.

Noi dovremmo fare un passo indietro rispetto alla nostra volontà di affermare le nostre idee, le nostre posizioni, anche la nostra autonomia, quindi essere un po’ meno liberi nel senso di dire in ogni momento qualunque cosa, ma iniziare a lavorare nell’interesse del Paese per costruire una coalizione.

D. Senta Donadi, ma se tutto ciò non accade, lei può pensare di uscire da Italia dei Valori?

R. No guardi. Ricordo una cosa, di qualche mese fa, durante la conferenza stampa fra Di Pietro e Vendola – la politica ormai scorre così velocemente che quella conferenza stampa ormai sembra già passato remoto. Vendola disse noi non ci stiamo in coalizione se non c’è Italia dei Valori. Alla domanda di un giornalista, che era identica alla sua di adesso, Vendola diede una risposta molto saggia e vera: in politica le subordinate uccidono la principale.

Io non ho nessuna intenzione di andarmene da Italia dei Valori,  perché sono convinto che alla fine prevarrà il senso di responsabilità e la volontà di assumersi la responsabilità di governare questo paese.

D. Diversi esponenti del suo partito, Di Pietro in primis, ne hanno dette di tutti i colori su Napolitano, sul Pd. Ormai non si può più tornare indietro.

(intervento del secondo giornalista, David Parenzo). I primi a non voler tornare indietro sono proprio quelli del Partito democratico. O lei dice chiaramente a Tonino “Ah Toni’, stai a sbaglia’ strategia amico mio.

R. L’ho detto chiaramente, molte volte.

D. Ma i comportamenti di Di Pietro potrebbero favorire anche il ritorno di Berlusconi o la vittoria del centrodestra?

R. Torno a ripetere, Italia dei Valori fuori dalla coalizione di centrosinistra indebolisce la coalizione di centrosinistra e determina quindi due conseguenze quasi automatiche. La prima è che si tornerà a fare la grande coalizione, e quindi che il premier sarà ancora Monti. La seconda è che all’interno della Grande coalizione ci sarà pure Berlusconi con il suo partito a continuare a fare i suoi affari.

D. Dica chiaramente a di Pietro che favorisce Berlusconi. Questa è la realtà, con i suoi atteggiamenti.

R. Non è che favorisce Berlusconi. C’è il salto di un passaggio che è un po’ una forzatura. Questo non è assolutamente vero. E’ vero che se Italia dei Valori non fa la sua parte, e fino a qui non l’ha fatta appieno, nel contribuire alla nascita di una coalizione nella quale prima di tutto ci deve essere da parte di entrambi, anche del Pd che troppo spesso si ricordano delle intemperanze di Di Pietro e dimenticano le intemperanze nei nostri confronti che non sono mai mancate.

D. Senta Donadi, il nome dal simbolo. Oggi Di Pietro ha detto che non va tolto. Secondo lei va tolto?

R. Oggi Di Pietro ha detto delle cose importantissime. A me il leaderismo che impregna tutta la politica italiana non mi piace, a cominciare da Casini che toglie il nome dal simbolo fa un po’ ridere. O andiamo davvero verso un nuovo modello di partito….

D. Però in nome va tolto o no?

R. Prima si toglie meglio è. Capisco poi il ragionamento di convenienza elettorale, per cui è un marchio e quindi un valore elettorale. Ma ribadisco: il problema non si risolve togliendo o mettendo il nome. Se è un partito personale resta tale anche se toglie il nome dal simbolo. Oggi purtroppo a parte il partito democratico, che a volte soffre anche di eccesso di democrazia, tutti i partiti che governano la scena politica italiana sono partiti personali. Tutti, proprio tutti. Io credo che anche questa sia una battaglia da fare, perché credo che questi partiti personali abbiano fatto ormai il loro tempo.

D. E’ sbagliato dare del fascista a Grillo?

R. Prima risposta, è sbagliato, ma significa anche non comprendere che Grillo in realtà è soltanto un tramite di milioni di italiani che esprimono rabbia e disagio.

D. Ma lei se dovesse scegliere tra votare Casini o Grillo chi voterebbe? Dica la verità.

R. Casini.

D. Perché, come considera Grillo?

R. Grillo lo considero una persona che porterà in Parlamento delle persone per caso. Senza un progetto politico serio per il Paese, senza una classa politica esperta e competente in grado di governare il Paese nel momento più difficile degli ultimi 150 anni. Per cui, se mi chiede se preferisco essere governato da una forza opposta alla mia ma che ha serietà e competenza, piuttosto che da una forza per la quale posso avere molta più simpatia ma che ritengo del tutto incompetente a governare.

D. Ma preferirebbe addirittura anche il Pdl a Grillo?

R. Guardi, grazie al Cielo questa è un’eventualità che gli italiani hanno scongiurato da tempo.

D. Però il Pdl è più responsabile di Grillo.

R. Questa è una provocazione e non sono così farlocco da caderci. Io le rispondo che a governare deve andare il centrosinistra, proprio per evitare che ci vadano da un lato i populismi e le demagogie di Berlusconi, dall’altra l’inesperienza al potere di Grillo.

D. Ma anche in Grillo c’è demagogia…

R. Guardi, ribadisco, la si può chiamare in tanti modi. Io credo che Grillo forse non meriti neanche tutte queste attenzioni, ma che meritino molte più attenzioni i milioni di italiani che attraverso Grillo mandano a dire ai partiti “guardate che oggi voi fate schifo, vogliamo qualcosa di profondamente diverso, vogliamo un ricambio forte”, che in fondo è il messaggio che in modo più evoluto e raffinato porta avanti anche Renzi. E’ il disagio di alcuni italiani che ritengono la politica incapace di gestire i problemi del Paese.

D. Ingroia parla troppo?

R. Io credo che i magistrati dovrebbero parlare con le loro sentenze, non concedendo interviste a tutti i giornali, televisioni e feste di partito. Detto questo, credo anche che in Italia troppo spesso i magistrati che conducono indagini difficili e delicate, in particolare quelle che riguardano gli interessi della politica, sono lasciati soli, dalle istituzioni e dai mezzi di informazione. Detto questo, secondo me Ingroia sbaglia perché con questo suo iperattivismo mediatico finisce lui stesso per contribuire a indebolire le sue indagini.

D. Qualcuno le ha chiesto di andare nel Partito democratico? Ha ricevuto offerte da altri partiti? Lei andrebbe mai nel Pd?

Io ho solo un partito che si chiama Italia dei Valori, nel quale mi trovo benissimo e che ho contribuito a fondare assieme a Di Pietro quindici anni fa e nel quale voglio continuare a lavorare.

D. Per lei Di Pietro che cosa è? Un padre, un leader di partito un amico? Tra queste tre cose quale sceglie.

R. Un leader di partito.

Pd si desti, cantiere con Idv e Sel

Tag: grillo , Idv , Pd , Sel

Il voto in Francia, Grecia, Germania e Italia ha sconvolto il quadro politico ed aperto nuovi scenari in Europa e in Italia. La politica del rigore imposta dalla cancelliera Merkel è stata bocciata senza appello. Hollande si candida a guidare una nuova Europa, più attenta ai cittadini, meno schiava della finanza. Se fallirà nel suo obiettivo è difficile prevedere che l’Unione possa restare così com’è. E sarebbe un guaio per tutti, a cominciare dall’Italia.

Guardando a casa nostra, invece, il messaggio è stato netto e chiaro: c’è voglia di rottura col passato, di rinnovamento e soprattutto di una nuova politica. Il Pdl è stato spazzato via, raggiungendo percentuali da cespuglio. La Lega ha perso in Nord. Il centro tiene ma dimostra che lì non si vince. Solo il centrosinistra ha ottenuto buoni risultati, ma non c’è da gioire perché hanno votato solo 6 persone su 10.

Una disaffezione comprensibile e giustificata, attesa persino. Così come l’expolit di Grillo, che con il suo Cinque Stelle è ora una forza politica a tutti gli effetti. Sottovalutare il fenomeno Grillo o, peggio, cercare di demonizzarlo o ridicolizzarlo è un’idiozia. Si può certo discutere dei suoi toni e del suo posizionamento, ma le istanze che porta avanti sono sentite e giuste. Derubricarlo a macchietta populista, come si fece con Bossi agli inizi degli anni ’90, dimostrerebbe anche l’incapacità di analizzare ciò che sta avvenendo nella società.

Per me il voto a Grillo è un fattore positivo e di novità. Ora, però, è il momento di ricostruire il Paese. E pensare seriamente al rilancio economico e all’innovazione. Solo il centrosinistra può farlo. L’alleanza Pd-Idv-Sel è la base da cui ripartire. Tutti lo sanno e per questo cercano di bloccare l’operazione. La critica che più spesso si sente è ‘ma non riusciranno a governare, faranno la fine dell’Unione di Prodi’. Che baggianata ( e non fatemi diventare volgare).

I partiti, partitini, movimenti, gruppuscoli, atomi, uomini-partito, corti dei miracoli, dell’Unione erano decine, per cui era impossibile metterli d’accordo. Ma c’è dell’altro: Berlusconi comprava i senatori. L’Unione cadde anche per quello. Un’alleanza vera, come quella che Idv propone, si fonda su un programma di governo e su quello si deve cominciare a lavorare immediatamente. Rinnoviamo l’invito a Bersani e Vendola, per costruire subito un nuovo cantiere per il governo del Paese.