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UNA VERGOGNA 5.5 MILIONI A GUARGUAGLINI

Guarguaglini si è dimesso, dopo un regno incontrastato lungo dieci anni. Travolto dagli scandali e dalle inchieste giudiziarie che lo riguardano. L’accusa è quella di aver creato un sistema di fondi neri e di aver elargito e dato ordini per dare denaro a politici e partiti. Ieri la notizia delle dimissioni di Guarguaglini ed il passaggio ad Orsi, amministratore delegato dell’ex presidente.

Una scelta, quella del Cda che sorprende e lascia perplessi perché in piena continuità con il passato: perché Guarguaglini va a casa e chi, fino a ieri era amministratore delegato sotto la sua presidenza, fa un passo avanti? Quale è la ratio? Dove è la logica? Che fine hanno fatto le ragioni di verità e trasparenza? Non solo.

Per la fine del suo decennato Guarguaglini, dopo aver ridotto Finmeccanica con un'esposizione debitoria di oltre un miliardo di euro ed aver fatto perdere al titolo in Borsa il 46 per cento in meno di un anno, riceve una liquidazione, tra buonuscita e clausola di non concorrenza, di 5,5 milioni di euro. Ora, tralasciando per un istante la questione giudiziaria, che già di per sé imporrebbe una seria riflessione, in un paese normale, la liquidazione di un manager di Stato dovrebbe essere legata indissolubilmente ai risultati raggiunti. Non in Italia.

Piccola ma succosa digressione. Il Governo Prodi, su richiesta ed insistenza di Italia dei Valori, che ne fece una sua battaglia di principio nella scorsa legislatura, impose un tetto agli stipendi dei manager pubblici. Il Governo Berlusconi, con un decreto legislativo, ha non solo cancellato il tetto agli stipendi dei manager pubblici ma ha anche respinto la nostra proposta di legare indissolubilmente la liquidazione dei manager pubblici ai risultati raggiunti. Chiusa parentesi, torniamo al punto.

Una liquidazione di 5.5 milioni di euro a chi ha messo in ginocchio un’azienda fiore all’occhiello nel settore difesa e aerospazio, è una vergogna. Per questo, martedì, in Aula, Italia dei Valori non solo chiederà che tutto il Cda di Finmeccanica venga azzerato ma che si faccia tabula rasa anche su queste liquidazioni inconcepibili, indecenti, immorali. Serve cambiare anche queste regole per ridare slancio al Paese, rimetterla sui binari della crescita e della legalità.

Guargaglioffo

Parola d’ordine: discontinuità. Abbiamo dato la fiducia al governo Monti e continueremo a dare il nostro contributo (condizionato alla bontà dei provvedimenti che arriveranno in Aula) per il consolidamento della sua azione di governo, ma dobbiamo rilevare che siamo in presenza del primo vero snodo su cui il nuovo esecutivo si gioca buona parte della sua credibilità: la vicenda Finmeccanica.

Il nuovo governo ha l’opportunità di dimostrare un’inversione di rotta sui temi dell’etica pubblica e della legalità rispetto al precedente esecutivo. E’ evidente che i vertici Finmeccanica vanno azzerati. Guarguaglini deve andare a casa, su questo non ci piove. E con lui l’intero vertice della grande azienda controllata dallo Stato. Ma non basta: si deve tagliare tutta la parte ‘marcia’ dell’impresa per permetterle di tornare leader nel mondo.

Attendiamo il governo al varco e valuteremo con estrema attenzione. Sono scelte che peseranno come macigni sulla nostra considerazione. Non si può pensare di risanare l’economia con manager di Stato che hanno fatto della corruzione uno stile di vita professionale. Serve una vera svolta nella gestione della cosa pubblica, che parte proprio dalla nomina dei nuovi vertici. Per troppi anni le cricche hanno prosperato all’ombra di un governo Berlusconi tollerante, se non complice, nei confronti di un certo modo di fare, illegale e dannoso per l’ economia reale e per i conti dello Stato.

La Corte dei Conti da anni lancia allarmi sulla corruzione. Le cifre sono spaventose, si bruciano ogni anno qualcosa come 60 miliardi di euro. Se l’Italia vuole rialzare la testa deve combattere questa battaglia senza quartiere contro i ladri. Soprattutto i ladri di Stato, che, talvolta addirittura mascherati da civil servant fanno i propri sporchi affari. Questa gente che si arricchisce con i soldi pubblici sulle spalle dei cittadini onesti, nei paesi dove la parola ‘legalità’ ha un senso, non guida grandi aziende, ma sta in galera. E, soprattutto, non viene protetta dai vertici politici.

FURBI E FURBETTI DEL QUARTIERINO

C'è Pierfrancesco Guarguaglini, presidente di Finmeccanica, che non molla la poltrona. Stupefacente, se non fosse drammaticamente grottesco. C’è un’iscrizione nel registro degli indagati e il sospetto dei pm di una sua “complicità” nel sistema di tangenti. Sotto accusa anche sua moglie, amministratore delegato di una controllata di Finmeccanica, che già di per sé rappresenta un’anomalia grande come una casa.

C’è Silvia S., operatrice sanitaria all’ospedale Sant’Orsola di Bologna che, in 9 anni, ha lavorato solo sei giorni. Si è inventata malattie e finte gravidanze ma quel che è più grave è che in 9 anni il Policlinico dove lavorava, e che ora l’ha licenziata, non s’era mai accorto di nulla, neanche il benché minimo sospetto. C’è un collegio medico che non ha mai disposto un controllo. C’è una sequela di medici compiacenti, invece, che le hanno firmato centinaia di certificati falsi. Ci sono funzionari e addetti del fisco che non si sono mai preoccupati di controllare il suo stato di famiglia di madre con figli a carico, tutti inventati, consentendoli di detrarli dalle tasse.

Cosa hanno in comune Pierfrancesco e Silvia? Nulla apparentemente ma tanto a ben guardare, ed è quel tanto che guasta l’Italia onesta. Entrambi sono il simbolo del disprezzo delle regole e della legalità, rappresentanti di un sistema perverso fatto di connivenze e scambio di favori.

La corruzione, in Italia, costa 60 miliardi di euro l'anno. Ci sono già due proposte di legge dell'Idv. Se cominciassimo da qui, presidente Monti, saremmo già un bel pezzo avanti.