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La politica miope

Riporto l'intervista rilasciata oggi al quotidiano La Stampa
Nessuna "pregiudiziale negativa a prescindere". Ma solo quando "si sarà fatta chiarezza anche sul nuovo modello elettorale" avverte il capogruppo dell'Idv alla Camera Massimo Donadi, "saremo in grado di esprimere un giudizio compiuto" sulla bozza di riforme costituzionali messa a punto da Pd, Pdl e Terzo Polo".

La legge elettorale, quindi, come parametro di valutazione?
"Partiamo da un presupposto: se la prospettiva è un proporzionale senza alleanze chiare e senza indicazione del premier noi non siamo d'accordo, perché rende impossibile governare. Del resto, venuta meno l'anomalia di Berlusconi, c'è la possibilità di assicurare finalmente al Paese un bipolarismo normale. E invece dobbiamo ancora fare i conti con la miopia delle forze politiche italiane". 

Miopia in che senso?
"Nel senso che non guardano al futuro ma solo alle scadenze elettorali più prossime. Secondo uno schema che sembra volto a confermare gli equilibri di forze presenti oggi in Parlamento". 

Ma ciò si lega alle riforme costituzionali?
"Prendiamo, ad esempio, l'ampliamento dei poteri del premier: è strettamente connesso al modello elettorale. E' difficile pensare ad una riforma efficace se non si conosce il modello elettorale in cui calarla".

E sulla riduzione dei parlamentari?
"Noi siamo per il dimezzamento, perché è la soluzione migliore per abbattere i costi ma anche per garantire un sistema snello, funzionale e proporzionato. La bozza è un compromesso al ribasso, ma a volte il meglio è nemico del bene e non saremo certo noi a dire di no".

Vale la stessa linea sull'introduzione del bicameralismo eventuale?
"Qui entriamo in un altro ambito e consideriamo il nodo non ancora sciolto. Si deve andare verso il Senato federale o battere la strada del bicameralismo eventuale? Questo secondo modello è indubbiamente più farraginoso. Riteniamo sia più rigoroso e razionale proseguire sulla strada di un Senato federale competente per tutti i provvedimenti di rilevanza regionale".

 

L'ESTATE DELLA VERITÀ

Sulla "Stampa" di ieri, Massimo Gramellini faceva un'analisi di come il "cazzeggio" mediatico politico sia stato spazzato via dall'austera serietà che il momento di crisi impone. Analizzava il modo, brusco quasi, in cui gli eurobond hanno preso il posto del bunga bunga. Gramellini fa, come sempre, un'analisi attenta ed intelligente che, senza critiche troppo esplicite, dà la misura di ciò che è stata la politica in questi anni di governo Berlusconi e, a leggere con attenzione, trae tutte le amare conseguenze di una realtà che pure esisteva, ma che il governo del bunga bunga e dell'ottimismo spinto e forsennato ha tentato di tenere nascosta ai cittadini. Il Parlamento ha passato settimane e settimane a discutere sterilmente di questioni personali del premier, con le opposizioni, Italia dei Valori in primis, che tentavano di puntare il dito su quelli che erano e sono i veri problemi del Paese e il governo, Berlusconi e Tremonti in testa, che continuavano a dire che la crisi si sarebbe superata senza grosse difficoltà e che l'Italia non era messa poi così male. Ora che la realtà ha presentato il suo conto ed anche il Cavaliere in persona ha dovuto ammettere la gravità del momento, con tanto di esternazioni degne di melodramma, la constatazione che si è tornati alla serietà nel dibattito è d'obbligo e verrebbe quasi da sentirsi sollevati, se non fosse per il fatto che il tutto si è verificato con grave ritardo, tanto da sbattere in faccia ai cittadini improvvisamente una verità che si auguravano meno nera. Ma questa è la politica delle frottole, quella nella quale il governo Berlusconi è numero uno, la trita e ritrita politica dei cieli azzurri e dei bambini sorridenti. Ora che i cieli sono oscurati da nuvoloni neri, che la stampa, anche quella politica, è tornata ad occuparsi di argomenti seri, lasciando finalmente da parte i festini di Berlusconi, ora che proprio non c'è più spazio per le bugie, cosa farà il signor Cavaliere? Intanto cerca di mettersi a posto la coscienza nei confronti degli italiani e di rabbonire i suoi elettori in particolare, urlando alla necessità di modifiche nella manovra. E dopo, mi chiedo, cosa gli rimarrà da fare? Dopo che si sarà bruciato anche le ultime cartucce dal fucile delle bugie che così bene sa manovrare, come si regolerà? Il nostro augurio è che, almeno quando si troverà all'ultimo degli angoli, abbia quel minimo di senso di responsabilità che non ha mai dimostrato e si ritiri in buon ordine, ammettendo, una volta per tutte, che la sua epoca è finita e lasciando un'Italia economicamente, moralmente e istituzionalmente zoppicante a mani più competenti.

QUATTRO DOMANDE A BERLUSCONI

Editoriale di Massimo GramelliniEditoriale di Massimo GramelliniPubblico l'articolo di Massimo Gramellini di oggi che credo commenti al meglio l'intervista fatta ieri dal direttore del Tg1 a Silvio Berlusconi. Lascio a voi ogni riflessione.

Altre domande?

1. Presidente, negli ultimi due anni l’Italia ha tenuto alto l’argine della stabilità dei conti, come hanno riconosciuto l’Europa e il Fondo Monetario Internazionale. Ora è il momento di tornare a crescere. In che modo?

2. Molti analisti affermano che l’Italia è ancora un Gulliver, ovvero un gigante bloccato da lacci e laccioli. Lei è sceso in politica nel 1994 promettendo la rivoluzione liberale. Per dare una scossa alla nostra economia è arrivato il momento di andare fino in fondo?

3. Proprio su questi temi lei ha fatto una proposta all’opposizione che ha risposto che non è credibile. Ma dietro questo rifiuto, secondo lei, aleggia il partito della patrimoniale, la vecchia ricetta che per risolvere i conti della nostra economia punta sempre sulla scorciatoia dell’aumento della pressione fiscale?

Domande dure, niente da dire. Di quelle che lavorano ai fianchi l’interlocutore, specie nel caso in cui soffra di solletico. A volte capita di leggerle anche sui giornali, ma sussurrate all’ora di cena sul primo canale della tv di Stato fanno tutto un altro effetto. Pur intimidito dalla prospettiva di trovarmi al cospetto di un superuomo che teneva entrambe le mani sopra la cartina geografica del mondo intero, al posto dell’intervistatore del Tg1 avrei approfittato della storica circostanza per rivolgere a Berlusconi una domanda ancora più insidiosa.

4. Presidente, come va?

La Stampa – Massimo Gramellini

ENRICHETTO, PER NON DIMENTICARE

Alla vigilia di Natale, un giorno che mi sembra particolarmente indicato, voglio portare alla vostra memoria una vicenda che mi sta particolarmente a cuore, perché parla la lingua della realtà, quella grave, dolorosa e ingiusta realtà cui la politica degli ultimi anni ci ha portato. Non so quanti di voi ricorderanno il caso di Enrichetto, Enrico Gallo all’anagrafe, “55 anni e un cuore di bambino” aveva scritto di lui Massimo Gramellini portando la questione all’attenzione della stampa. Me ne sono occupato diverse volte su questo blog, sono andato a trovarlo in carcere, ad Asti, spinto quasi più da spirito umano che politico, tanto è grave l’ingiustizia dell’intera vicenda che lo riguarda. Per chi non dovesse ricordare, provo a riassumere in breve. Dietro le sbarre Enrichetto ci era finito per essere andato a comprare un salamino sotto casa, mentre era agli arresti domiciliari a scontare la pena per guida in stato di ebbrezza. Guida di bicicletta. Ne era uscito qualche settimana dopo la mia visita, con grande sollievo mio e di tutte le persone che gli si sono affezionate all’interno e fuori dal carcere. E veniamo ad oggi. Già, perché la storia continua. Enrichetto non potrà rimanere a casa sua, che oltre tutto mi informano essere un sottotetto senza elettricità e senza vetri alle finestre. Ora dovrà tornare in carcere per scontare quella pena per la quale era evaso dai domiciliari. Una sorta di li semilibertà che lo costringe a passare la notte in carcere, per uscirne la mattina alle 7 ed arrivare a casa non prima di mezzogiorno dopo un viaggio in pullman e un altro in treno, cosa che, per altro, da solo non è in grado di fare. Il problema, però, è che il Comune non ha i soldi per provvedere a farlo accompagnare. Quest’uomo, in sostanza, condannato prima per esser andato in bicicletta dopo qualche bicchiere e dopo per essere uscito per comprare un salame, ora non è nelle condizioni pratiche di scontare la pena che gli è stata inflitta. Questa è l’Italia. Il paese di Berlusconi, dei festini e di Ruby rubacuori. Il paese del governo ballerino e della giustizia a comando. Il Paese dove la bontà d’animo è dettata dall’aurea regola del 90-60-90. Ed allora, mi domando, dal momento che il presidente del Consiglio parla tanto di bontà d’animo, perché, per una volta e fino a che è in suo potere, non muove anche solo un dito per questa, che è una giusta causa? Perché non aiuta chi davvero lo merita, in quanto vittima di un ingranaggio infernale che salva i criminali veri e schiaccia le persone deboli?

Vi auguro con tutto il cuore Serene Festività

ENRICHETTO TORNA A CASA

Enrico Gallo all’anagrafe, ‘Enrichetto’ per tutti, ‘Cheyenne’ per se stesso, è uscito dal carcere qualche giorno fa. Ci era finito per essere andato a comprare un salamino mentre era agli arresti domiciliari per guida in stato d’ebbrezza. Guida di bicicletta…Ricorderete questa storia, ne ho scritto più volte, ne ho parlato in Aula col ministro Alfano e sono anche andato a trovarlo. Enrichetto, un bambino di 55 anni, si è fatto due mesi dentro, trattato benissimo da tutto il personale  del carcere di Asti, come lui stesso ha tenuto a precisare. Ho preso a cuore questa vicenda, per la sua evidente ingiustizia di fondo e perché rappresenta il paradosso più sferzante di questa Italia: Enrichetto in carcere, i criminali veri fuori. I potenti nel nostro Paese non pagano. Mentre lo Stato si mostra inflessibile contro i deboli. Uno stato così è uno stato miserabile. Dal punto di vista politico mio impegno sarà per rendere un po’ di giustizia a chi si trova in carcere senza aver commesso reati socialmente pericolosi. Ci sono troppi ‘enrichetti’ nelle patrie galere. Rigore nella lotta al crimine e tolleranza zero verso i delinquenti non sono in contraddizione con il senso di umanità. Ci sono migliaia di persone attualmente in carcere che non ci dovrebbero stare. E ce ne sono troppe, invece, a piede libero che meriterebbero la guardina. Anche questo è un impegno politico. Tornando alla vicenda di Enrichetto, penso che non appena mi sarà possibile andrò di nuovo a trovarlo. Stavolta sarà a casa sua, che mi dicono essere un tetto senza elettricità e senza vetri alle finestre. Enrichetto è diventato – potenza dei media…- un caso nazionale dopo gli articoli della Stampa. Ora ha tante persone che si occupano di lui e che hanno messo in moto una vera macchina della solidarietà. Nel caso ci fosse bisogno di fare qualcos’altro per lui mi attiverò e vi farò sapere.

GOVERNO DI LARGHE INTESE? MAI

Questa mattina su La Stampa  è stata pubblicata un’intervista al sottoscritto che, nella sintesi un po’ superficiale e arruffata del giornalista, arriva a travisare completamente il mio pensiero. Per questo, ho inviato una lettera di smentita al quotidiano torinese che ribadisce la mia posizione, chiedendo la rettifica in merito a quanto pubblicato. La pubblico qui di seguito, in modo tale che sia dipanato ogni dubbio su cosa il sottoscritto pensa realmente dei governi di larghe intese:

Ho letto, con profondo stupore la mia intervista a sua firma, pubblicata sull’edizione de “La stampa” di oggi, nella quale il mio pensiero e le mie parole risultano profondamente snaturate, al punto che a leggerla sono il primo a non essere d’accordo con quanto avrei detto. Non ho mai, e sottolineo mai, parlato di governo di larghe intese. Come lei sicuramente ben sa, governo di larghe intese è un governo che mette insieme l’intero arco costituzionale (è l’idea di Casini e Bersani, i quali non a caso contemplano che il candidato premier di questo ipotetico governo di larghe intese possa essere l’attuale ministro Tremonti), per fare tutti insieme una serie di riforme a 360 gradi, in un ambito temporale che si avvicina a quello residuo della legislatura. Di questo non le ho mai parlato, ritengo il governo di larghe intese una sciagura per il Paese e quindi è evidente che ho detto l’esatto contrario. Quello che le ho detto è quanto segue:  alla sua prima domanda se ero favorevole ad un governo tecnico, le ho risposto che trovo il dibattito sul punto una perdita di tempo, in quanto al momento, non vi è alcuna possibilità di trovare in parlamento i numeri che sostengano questa ipotesi. Ho aggiunto che, proprio per questo, oltre che per togliere spazio di manovra politica a terzi e quarti poli, il centrosinistra avrebbe il dovere di occuparsi di altro e cioè di costruire la casa comune, la nuova coalizione, che rappresenti l’alternativa di governo. Con una successiva domanda, lei mi chiedeva cosa avrebbe fatto Italia dei Valori qualora i numeri per un governo tecnico, che oggi non ci sono, ci fossero in futuro. Le ho risposto che qualora ci fossero i numeri in parlamento per modificare, prima di tornare al voto, questa pessima legge elettorale saremmo dei pazzi a non sostenere questa possibilità. Poiché i rapporti sempre intercorsi tra di noi e la mia profonda stima nei suoi confronti non mi lasciano alcun dubbio sulla buona fede di quanto accaduto, sono certo che non vi sarà alcuna difficoltà da parte sua a pubblicare una rettifica che, con la presente lettera, cortesemente le sollecito.