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SACE, ALTRI 90 GIORNI PER AUMENTARE GLI STIPENDI

Scandalosa Sace, parte seconda. Ricordate? E’ storia di due giorni fa, denunciata su questo blog. Eravamo venuti in possesso di un documento, il verbale del Cda della Sace. In quel documento, sul quale abbiamo presentato un’interpellanza al presidente del Consiglio, si riporta che il consiglio di amministrazione dell’agenzia di credito all’esportazione ha aumentato, nel dicembre scorso, gli stipendi dell’amministratore delegato e del presidente del Cda. Avevamo anche scoperto che alla Sace c’è un Comitato per la Remunerazione, composto dai membri del Cda che decide gli aumenti… per il Cda.

Le cifre, le ricorderete, sono da capogiro. L’amministratore delegato, un compenso fisso annuo di 355.000 euro che tra componenti variabili e variabili legate al raggiungimento degli obiettivi, sfiora il milione di euro. Il presidente del Cda, 200 mila euro che tra premi e caratteri variabili sfiora i 500mila euro l’anno. Non male, ma lo scandalo non finisce qui. Stavolta a soprenderci è il governo.

La Sace, così come Invitalia, Anas, Consap, Consip, Evav, Ferrovie, Fintecna, Gse, Ipzs, Italia Lavoro, è una società non quotata in Borsa, interamente controllata dallo Stato, attraverso il ministero dell’Economia. Nel maxi-emendamento al Decreto Milleproroghe, approvato al Senato due giorni fa e trasmesso ieri alla Camera, è stato inserito un emendamento che, di fatto, rinvia di altri 90 giorni, ovvero al 31 maggio 2012, “l’obbligo per le società non quotate, controllate dal ministero dell’Economia, di fissare i compensi massimi ai quali il Cda di queste società devono far riferimento, secondo criteri di oggettività e trasparenza, per la determinazione degli emolumenti da corrispondere” (DL 201/2011, cosiddetto Salva-Italia).

Fuori dal burocratese, si imponeva una stretta su certi eccessi negli stipendi dei manager pubblici. Si imponeva, appunto, perché il tutto è stato rinviato al 31 maggio prossimo venturo, con l’arrivo della primavera. E sapete perché? Siccome sono tante le società interessate, si rende necessario “consentire un’indispensabile e approfondita valutazione delle caratteristiche delle medesime”.

Invece di fare pulizia si proroga e si concedono altri tre mesi, durante i quali tutto può accadere, alla Sace e dintorni. Noi, intanto, abbiamo già preparato un emendamento per bloccare la proroga e fissare un tetto massimo agli stipendi di questi manager. Sarà battaglia.

MILLEPROROGHE, QUEL PASTICCIACCIO BRUTTO CONTRO LA COSTITUZIONE

E alla fine con un milleproroghe indegno pasticcio fu, nel metodo e nel merito. Nel merito: non era mai accaduto nella storia della Repubblica che un provvedimento giungesse all’esame dell’Aula, senza il vaglio del Senato e della Camera. Non era mai accaduto nella storia della Repubblica che un governo ed una maggioranza facessero strame della Costituzione in modo così palese e volgare. Opposizioni umiliate, Parlamento vilipeso nelle sue funzioni e prerogative. Nel merito: le misure del milleproroghe, ovvero un delirio di aggravio per le tasche dei cittadini, favori a lobby e società di proprietà del premier e ad aumentare i costi della politica. Nello specifico: il regalo agli allevatori che hanno violato la legge imposto dalla Lega, il consistente regalo alle banche, il favore reso a Mediaset, con la norma  sul divieto di incroci fra stampa e tv, la nuova tassa sul cinema, in base alla quale le agevolazioni fiscali a favore dei produttori cinematografici saranno pagate dagli spettatori, la tassa sulle calamità naturali, che prevede che le regioni vittime di catastrofi dovranno aumentare le tasse ai cittadini. Per non parlare dell'aumento di consiglieri comunali ed assessori nelle grandi città, chiesto da Alemanno per mantenere in piedi la sua giunta. Questo fino a lunedì. Poi, l’intervento di Napolitano, di una durezza senza precedenti: il decreto milleproroghe presenta profondi e irreparabili vizi di costituzionalità. In Aula, una maggioranza imbambolata che non sa che pesci prendere. Italia dei Valori è la prima a chiedere di interrompere una discussione farsa, di porre fine alla presa dei fondelli della democrazia. Le altre opposizioni si accodano alla nostra richiesta. Ieri, martedì, arriva in Aula il ministro dell’Economia Tremonti che annuncia la disponibilità del Governo a modificare il decreto milleproroghe, modifiche irrilevanti nei fatti, che lasciano in piedi tutte le questioni da noi denunciate, ovvero, banche, tassazione dei fondi di investimento, tutta una serie di misure sbagliate che non hanno avuto un iter parlamentare. Ieri, dopo ore ed ore di imbarazzanti stop and go, il governo presenta un maxiemendamento e annuncia di porre la fiducia. Berlusconi non ci mette la faccia, si sfila e scarica la palla sul ministro dell’Economia. Nella sostanza, niente è cambiato. Il Governo ha sostanzialmente ignorato l’appello del Colle, costringendo il Parlamento al voto di fiducia su un provvedimento che rimane palesemente e irrimediabilmente incostituzionale. Nonostante il monito di Napolitano, viene ancora calpestata la democrazia parlamentare. Il governo e la maggioranza hanno utilizzato un provvedimento di proroga dei termini per presentare una sorta di “pseudo-finanziaria”, vietata dalla Costituzione. Questa è la democrazia ai tempi di Berlusconi.