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GOVERNO GIU’ DAL PONTE! LO DICE IDV

Ieri, nell’Aula di Montecitorio, si è consumata una vera e propria guerra all’ultimo “eventualmente” sul Ponte di Messina, opera inutile, faraonica, una mostruosità più utile a soddisfare gli appetiti di qualche furbo disonesto e di qualche lobbies affaristica che ad avvantaggiare il Paese, il Sud e la Sicilia.

In breve la cronistoria di quanto accaduto, a voi le considerazioni finali. Il mio gruppo parlamentare ha presentato, a prima firma del collega Antonio Borghesi, una mozione per salvare il settore del trasporto pubblico locale, rimasto senza un becco di un euro in seguito agli indiscriminati tagli del governo ai trasferimenti alle regioni. Nella nostra mozione impegnavamo il governo “a reperire le risorse economiche necessarie anche eventualmente alla soppressione dei finanziamenti per la realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina”.

Era ed è, per noi, una questione di buon senso: in un momento come questo, è prioritario garantire diritti ai cittadini contribuenti come il trasporto pubblico o finanziare opere mastodontiche, inutili e faraoniche che non servono a niente e a nessuno? Il viceministro Misiti tentenna, inciampa, cade e si rialza ma Borghesi non molla e, alla fine, la mozione messa ai voti passerà con 284 si e 238 astenuti. Da quel momento, è cominciata la guerra di nervi a colpi di dichiarazioni stampa tra Misiti e Matteoli, il ministro delle Infrastrutture. “Parla a titolo personale”, dice Matteoli di Misiti. “La posizione del governo è netta, quella di Misiti ancor di più: il ponte si farà” risponde Misiti, alla fine di un’estenuante giornata. Sarà. Ma, ancora una volta, come accaduto per la mozione Irisbus, sono andati sotto, hanno combinato un bel pasticcio perché appesi ad un filo. Intanto, Italia dei Valori gongola e si gode la vittoria, non perché è nostra ma perché è una vittoria del buonsenso, in nome dei cittadini. Abbiamo costretto il governo allo stop ai finanziamenti per il Ponte, quello celebrato in pompa magna da Silvio. Li abbiamo buttati giù dal ponte. Per ora, è quello di Messina. Per il futuro, non tanto prossimo, si vedrà...

COMPRAVENDITE DA MERCATO BOARIO

Berlusconi sta pagando le sue cambiali politiche, lo dimostrano gli incarichi di governo regalati ieri dopo aver incassato la fiducia. Hanno tutti poco di che gioire. Esultano ma è la gioia degli stolti, di chi fa finta di niente ma sa che la fine è imminente. Sono appesi ad un filo. Ieri, Berlusconi ha dato vita al più triste spettacolo mai visto, un vergognoso mercato delle vacche. Siamo disgustati, non ci sono altre parole per esprimere lo sdegno. L’obiettivo delle opposizioni era ieri di dimostrare che la maggioranza è sgangherata, accidentata e si tiene insieme solo con lo scotch. Non ha speranza, non ha idee, né un progetto e che per avere i numeri deve aprire al rialzo il mercato. Ci siamo riusciti. Ci dicono che abbiamo fallito il colpo? Abbiamo troppo rispetto per le istituzioni per scendere così in basso. La verità è che ieri l’opposizione ha messo il dito nella loro piaga, ovvero l’incertezza dei numeri. Erano topi in trappola, intimoriti e paurosi. Gradasse le rivendicazioni a fiducia incassata ma la paura nelle fila della maggioranza si percepiva chiaramente. Ieri hanno ottenuto la fiducia, tra mille difficoltà, mettendo in campo azioni non degne di un parlamento e di un governo, indegne per le istituzioni di questo paese e per la democrazia. Se sentono di aver vinto è bene che sappiano che la loro è una fiducia di Pirro. Nel 280 a.c., Pirro, re dell’Epiro, sconfisse i romani a Eraclea e ad Ascoli Satriano ma sostenendo perdite così alte da essere incolmabili. Si narra che, dopo la battaglia, gli eserciti si separarono e Pirro rispose così ad uno che gli esternava la gioia per la vittoria: “Un’altra vittoria così e sono rovinato”. La storia insegna. I Romani, dopo aver condotto con valore la guerra contro Pirro ed averlo costretto ad abbandonare l'Italia insieme al suo esercito, continuarono a combattere e sottomisero tutte le popolazioni che si erano schierate dalla parte di quest'ultimo. (Polibio, Storie, I, 6, 7).