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DIVORZIO BREVE, UNA QUESTIONE DI CIVILTA’

 Oggi l’Aula di Montecitorio inizierà l’esame della proposta di legge sul “divorzio breve”, che accorcia i tempi della separazione legale - un anno per coppie senza figli minori, due anni per le coppie con figli minori - necessari per richiedere lo scioglimento del matrimonio.

Italia dei Valori è favorevole ad un accorciamento dei tempi. Su temi, quali i diritti civili, il Parlamento si mostra troppe volte in ritardo. Sono molte le ragioni che ci spingono ad essere favorevoli. Provo a sintetizzarle. Non ne voglio fare un campo di battaglia ideologica e rispetto le opinioni di tutti. Ma sono sempre stato convinto che il legislatore, rispetto a temi come questi, debba avere un approccio laico, ispirato alla scrittura di buone leggi in favore dei cittadini.

Innanzitutto, partiamo da alcuni dati oggettivi e incontrovertibili: solo l’1 per cento delle coppie separate poi ci ripensa e torna sui suoi passi. Per questo, tre anni, nella migliore delle ipotesi, sono un tempo eccessivamente lungo per chi vuole, ad esempio, regolarizzare nuove situazioni affettive sorte nel frattempo. Ridurre, dunque, da tre a un anno è un passo in avanti significativo, che accoglie le istanze di molti cittadini che vivono non solo le difficoltà affettive provocate dalla fine di un matrimonio, ma anche quelle burocratiche e tempi troppo lunghi della giustizia civile. Non voglio svilire l’istituto del matrimonio, un’unione tra due persone che si basa su profondi valori. Ma cessate le condizioni di amore, l’attesa e le lungaggini burocratiche subìte da chi vive già con sofferenza la fine di una relazione, significa accanirsi ingiustificatamente.

Altro dato. Da diversi anni a questa parte, sta aumentando quel fenomeno del cosiddetto turismo divorzile. Ovvero, molti cittadini italiani, per evitare lungaggini burocratiche e un’attesa che a volte diventa soffocante, vanno a divorziare all’estero, dove i tempi di attesa sono molto più brevi. Insomma, dopo il turismo procreativo, sta esplodendo in Italia quello divorzile, a causa di una legislazione italiana troppo rigida, anacronistica, che non dà le risposte che servono.

Durante il governo Prodi, si è andati molto vicini all’approvazione di una legge che riducesse  i tempi  e semplificasse le procedure. Poi, al momento del voto in Aula, il voto trasversale cattolico rispedì la legge in commissione, seppellendola per sempre.

Stavolta, nessuna crociata. Non si ergano steccati ideologici. Non è una questione religiosa ma di civiltà. E di chiarezza.

COSTI POLITICA: DIAMOCI UN TAGLIO MA VERO

Oggi, sul sito del ministero della Funzione Pubblica, sono stati resi noti i risultati dell'indagine della commissione presieduta da Giovannini, presidente dell'Istat. La commissione, istitutita nel luglio scorso, aveva il compito di comparare gli stipendi dei parlamentari italiani a quelli europei per operare eventuali adeguamenti. Dai risultati emerge che i parlamentari italiani ricevono un'indennità superiore rispetto ai loro colleghi tedeschi, inglesi e spagnoli ma i meccanismi e i criteri per il calcolo delle indennità parlamentari nei vari paesi sono talmente diversi da renderli imparagonabili. Attendiamo sviluppi dalla Commissione, augurandoci che non finisca con un nulla di fatto.

Nell'attesa, sui costi della politica, possiamo dire un bel po' di cose perché Italia dei Valori non ha mai tentennato e non si è mai tirata dietro, anzi, ha spesso corso in solitaria. Due esempi su tutti: la riduzione del numero dei parlamentari, l'abolizione dei vitalizi e quello delle province. Se le istituzioni, come è giusto che sia, devono diventare palazzi di vetro è giusto che si proceda quanto prima a fare un bella azione di pulizia nella giungla di regolamenti, norme, leggine e codicilli vari che ostacolano l'operazione di trasparenza e confronto. E' lì, infatti, in quella giungla di norme sovrapposte ed incomprensibili, che si annidano mille insidie.

Tutto questo, però non basta. Se si vuole affrontare la questione seriamente, occorre agire a 360 gradi. Si devono affrontare anche altri dolorosi capitoli di sprechi e privilegi che regnano sovrani nella pubblica amministrazione: province, enti inutili, auto blu, acquisti di beni e servizi, regioni e province a statuto speciale, stipendi dei manager pubblici e via discorrendo.

Si proceda, dunque, con coraggio, senza inutili cacce alle streghe ma con buonsenso e determinazione. Bandita l'ipocrisia o i finti aggiustamenti, la Camera e il Senato, d'altronde, sta già procedendo in tal senso. Noi abbiamo le nostre proposte  all'insegna dell'equita', della serieta' e della trasparenza, ferme nelle commissioni, che sono l'unica via per riconquistare la fiducia dei cittadini e ridare dignita' alla politica e le mettiamo sul tavolo. Chi ha buone orecchie ci ascolti.

PERCHE' VOTIAMO NO A QUESTA MANOVRA

Noi il governo Monti lo abbiamo voluto. Abbiamo votato con convinzione la fiducia perché questo governo potesse nascere. Lo abbiamo detto dall’inizio con grande chiarezza: la stangata, di cui si fa un gran parlare, era ed è qualcosa di cui purtroppo l’Italia non poteva e non può fare a meno, per le condizioni disperate in cui dieci anni di governo “non-governo” Berlusconi ci ha portato. Se il Pdl e la Lega avessero fatto anche solo due anni e mezzo fa le riforme e i tagli che servivano, oggi staremmo molto meglio.

Ieri a "Porta a Porta", in una suddivisione surreale, mi sono trovato seduto accanto all’onorevole Reguzzoni, capogruppo alla Camera della Lega Nord partito che, pur avendo governo il Paese fino a ieri e per dieci lunghi anni, andando a braccetto con Berlusconi e assecondandone tutte le richieste ad personam, oggi cerca di ricostruirsi la verginità perduta.

Vorrei spiegare perché, invece, ero seduto io lì, tra quella che nella semplificazione politica e giornalistica era la parte dell’opposizione, ovvero spiegare le ragioni del nostro no alla manovra del governo Monti.

Abbiamo votato no perché convinti che un’altra manovra era possibile farla, ugualmente rigorosa, ugualmente seria, a saldi invariati, e cioè che non rendesse un centesimo di meno rispetto a quello che l’Europa ci chiedeva. Una manovra che contenesse più equità sociale e che soprattutto distribuisse, in maniera più giusta, i sacrifici che non si potevano evitare.

Così non è stato. Non c’è stato nessun margine di trattativa con il governo affinché venissero accolti i nostri emendamenti. In questa manovra mancano troppe cose: a partire dalla lotta all’evasione fiscale, dall’equità e dall’asta sulle frequenze tv. Qualche passo significativo c’è pur stato ma non sufficiente a nostro avviso. Lo avevamo detto. “Daremo il nostro voto affinché il governo Monti possa nascere ma poi valuteremo nel merito ogni singolo provvedimento”.

Abbiamo esaminato, lavorato sodo sulla manovra ma giudicandola fortemente depressiva e ingiusta oggi votiamo no. Ciò non significa che, in futuro, faremo mancare il nostro voto positivo qualora dovessimo ritenere un provvedimento giusto e sacrosanto. Questa è la nostra coerenza.

Discorso mister B? Dittatorello

SULL’AVENTINO PER L’ONORE DELL’ITALIA

L'onorevole Borghesi ed io seguiamo l'intervento di Berlusconi dallo studio GUARDA IL VIDEO

Da solo. Oggi, Silvio Berlusconi parlerà da solo. Come chi ha sempre ragione. Come chi ragione non ha ma se la deve dare per forza. Come l’ultimo giapponese. Come l’ultimo dei dittatorelli. Come quella caricature patetiche di tiranni chiusi nel bunker prima dell’assalto finale che lanciano vaneggianti proclami ad un popolo che ormai non li ascolta più, che impartiscono ordini ad un esercito in rotta e a generali pronti alla resa. Parlerà ai suoi lacchè, ai suoi zerbini senza dignità. Parlerà a chi non è stato ancora comprato ed alza il prezzo per questa 53esima fiducia.  Oggi, l’Aula vuota di Montecitorio nei banchi dell’opposizione unita renderà l’immagine plastica della sua condizione di tristissimo e patetico presidente sul viale del tramonto, a caccia continua di un voto per rimanere in piedi. Noi saremo fuori dall’Aula. Non lo ascolteremo perché questa fiducia è diversa dalle altre, questa fiducia è il nostro Aventino. Noi saremo in mezzo alla gente, in piazza, nell’Aventino orgoglioso e fiero delle opposizioni unite. Sentiamo forte il dovere di garantire l’onore e l’onorabilità delle istituzioni democratiche di questo Paese, umiliate e vilipese da Silvio Berlusconi. Come ha già scritto Simplicio, saremo tutti fuori, per spiegare che il Paese reale non sta dentro.

SI APRE LA CRISI

La Camera sta decretando la fine del governo Berlusconi, che ha iniziato la legislatura con la più ampia maggioranza mai avuta da un governo in Parlamento e si è ridotto a fare la conta dei presenti ad ogni votazione. La Camera è per Berlusconi il Senato di Prodi nella passata legislatura. La maggioranza si è balcanizzata, frammentata, rarefatta, e ieri Berlusconi è dovuto venire in Aula a votare come l’ultimo dei peones. La bocciatura del rendiconto del bilancio dello Stato è un fatto di una gravità inaudita, senza precedenti. Un governo di persone per bene si sarebbe già dimesso. E’ intervenuto Napolitano con un comunicato politicamente durissimo:

"Ho finora sempre preso imparzialmente atto della convinzione espressa dal governo e dai rappresentanti dei gruppi parlamentari che lo sostengono circa la solidità della maggioranza che attraverso reiterati voti di fiducia ha confermato il suo appoggio all'attuale esecutivo. Ma la mancata approvazione, da parte della Camera, dell'articolo 1 del Rendiconto Generale dell'Amministrazione dello Stato, e, negli ultimi tempi, l'innegabile manifestarsi di acute tensioni in seno al governo e alla coalizione, con le conseguenti incertezze nell'adozione di decisioni dovute o annunciate, suscitano interrogativi e preoccupazioni i cui riflessi istituzionali non possono sfuggire. La questione che si pone è se la maggioranza di governo ricompostasi nel giugno scorso con l'apporto di un nuovo gruppo sia in grado di operare con la costante coesione necessaria per garantire adempimenti imprescindibili come l'insieme delle decisioni di bilancio e soluzioni adeguate per i problemi più urgenti del paese, anche in rapporto agli impegni e obblighi europei. E' ai soggetti che ne sono costituzionalmente responsabili, Presidente del Consiglio e Parlamento che spetta una risposta credibile”.

E’ evidente anche dalle parole del presidente della Repubblica, che il governo non può più pensare di cavarsela con un ennesimo voto di fiducia. E’ evidente che le tensioni politiche nel centrodestra hanno paralizzato lo svolgimento dell’azione di governo ed hanno reso difficoltoso per la cosiddetta maggioranza ogni passaggio parlamentare. Nel solo mese di settembre il governo è stato battuto alla Camera ben otto volte, portando il totale a circa novanta nel corso della legislatura. La mancanza quasi sistematica di una maggioranza parlamentare impedisce all’esecutivo di proseguire efficacemente nell’azione di governo. Questa situazione di stallo è un grave danno per l’Italia, che sta attraversando una grave crisi economica e non può permettersi un governo azzoppato dai numeri e dai problemi politici. Con le parole del presidente della Repubblica si è di fatta aperta la crisi, che ora va formalizzata. Il Governo ne prenda atto e si presenti al Colle dimissionario.

PARLAMENTO, IL LAVORO PREMIA IDV

C’è gruppo e gruppo. Deputato e deputato. Openpolis è un gruppo di ricerca che monitora l’attività parlamentare valutando la produttività dei gruppi parlamentari e dei singoli deputati. Ebbene, oggi il rapporto di Openpolis, diche che i gruppi parlamentari di Camera e Senato dell’Italia dei Valori sono i più produttivi del Parlamento. Alla Camera dei Deputati il nostro indice è 224,3, seconda la Lega, ferma a 142,7. Al Senato 257,2, segue l’Udc, con 190,6. Lungi da me voler celebrare qui oggi, sul mio blog, i fasti dell’Italia dei Valori. Traggo spunto da questa classifica, che non nascondo mi inorgoglisce e non poco, per fare alcune considerazioni. Non c’è solo il riconoscimento al nostro lavoro svolto, sia alla Camera come al Senato. Questi dati indicano, con ragionevole equilibrio, non solo la quantità ma anche la qualità del lavoro svolto dall’Italia dei Valori nei due rami del Parlamento. I dati di Openpolis non vanno presi per verità assoluta, certo, non sono una classifica esatta, va bene, ma senz’altro un indicatore attendibile di quanto lavoro si fa. E in un Parlamento bloccato dall’immobilismo del governo e della maggioranza il nostro risultato brilla ancor di più per eccellenza ma non solo. I dati di Openpolis smentiscono clamorosamente tutte quelle voci, e sono tante, che da sempre ci accusano di essere una forza di opposizione che sa solo protestare in piazza. Nelle condizioni date, Italia dei Valori, invece, si attesta come forza politica che lavora sodo nelle istituzioni. Ricordo qui, a voi e non solo, che Italia dei Valori è stata l’unica forza di opposizione in Parlamento, che si è presa la briga di presentare una controrelazione di minoranza alla Finanziaria. Ogni volta che abbiamo criticato una legge, infatti, non ci siamo limitati alla parte destruens, ma abbiamo proposto l’alternativa, la pars costruens, ovviamente puntualmente ignorata dalla maggioranza. Il Pdl vorrebbe metterci all’angolo, a noi più di tutti, facendo credere alla gente che siamo quelli dell’opposizione fine a se stessa. Non è così, e Openpolis lo dimostra. Un plauso speciale al collega ed amico Antonio Borghesi, vicepresidente del nostro gruppo parlamentare, che vince la palma d’oro di Montecitorio con uno score di 780. E’ il parlamentare con l’indice di produttività più elevato. Merita un plauso, perché insieme a tutto il gruppo ha coniugato quantità e qualità. Orgogliosi di questo risultato, stimolo ad andare avanti e a fare di più e meglio. A cominciare dalla battaglia referendaria che ci ha visto soli protagonisti assoluti e chi ci impegnerà, anima e corpo, in questa primavera di rinascita. 

IL DEPUTATO VA DOVE LO PORTA LA PENSIONE

MontecitorioMontecitorioCari amici, oggi osserveremo il parlamentare, nel suo ambiente naturale, il Palazzo. Questa razza, che ama pascolare tra il Transatlantico e la buvette, ha nel suo Dna il rito della transumanza. Da tempo, però, gli osservatori più attenti sono preoccupati perché il rito della transumanza ha assunto ritmo frenetico e proporzioni che non si erano mai riscontrate neppure in molti decenni di studio della specie. Alcuni ipotizzano addirittura sia dovuta ai cambiamenti climatici. In realtà, da una ricerca che ho condotto in prima persona, studiandone molti esemplari e raccogliendo un grandissimo numero di dati e riscontri, posso affermare con certezza che ad aver sconvolto le placide abitudini del parlamentare non sono i cambiamenti climatici bensì i cambiamenti pensionistici. Ora mi spiego. Dalla scorsa legislatura, in un apprezzabile quanto raro sforzo anti-privilegi, la Camera dei Deputati si è mossa nella direzione che i cittadini auspicavano da decenni, rendendo molto più stringenti le regole per ottenere la pensione di parlamentare. Mentre prima, infatti, per avere la pensione bastava maturare due anni e mezzo di permanenza alla Camera, sommati anche in più di un mandato, dalla scorsa legislatura, su iniziativa della coalizione di centrosinistra, per maturare la pensione è necessario che il parlamentare rimanga in carico per cinque anni, ovvero per l’intero corso del mandato, non essendo più possibile cumulare i cinque anni in più legislature. Quello che non si era sufficientemente considerato è che il parlamentare, a parte il breve periodo della transumanza, è fondamentalmente uno stanziale, poco incline ai cambiamenti, soprattutto quanto questi comportano il trasloco da Montecitorio. Ecco allora che di fronte alla prospettiva di una seconda legislatura, dopo quella 2006-2008, che sta per finire anzitempo e, quindi, come la precedente, senza pensione, l’istinto primario alla conservazione della specie ha portato fino ad oggi ben 120 parlamentari a zompare agili e veloci da un gruppo all’altro e da uno schieramento all’altro, a seconda di chi – bada ben, bada ben - settimana per settimana, a volte giorno per giorno, dava maggiori garanzie di portare a termine il mandato. Ecco che allora, di fronte all’ipotesi di un governo tecnico, giudicata molto probabile, Fini fa il pieno di parlamentari per il suo nuovo gruppo. Qualora il governo fosse caduto, vi sarebbero state sicuramente mandrie di parlamentari pronti a intervenire passando dal centrodestra al Terzo Polo, cementando questa nuova maggioranza e garantendole i numeri per arrivare a fine legislatura. Vi ricordate che nei giorni in cui si parlava della probabile caduta di Berlusconi nessuno pronunciava la parola elezioni? Perché, da quando il sistema per il raggiungimento della pensione è cambiato, la parola elezioni, che a dire il vero non è mai piaciuta più di tanto al parlamentare, ora provoca delle vere e proprie epidemie allergiche, con rosacee pruriginose violente nei palazzi del potere. Fallito, dunque, questo tentativo, grazie ai quattrini di Berlusconi e agli errori del Terzo Polo, è tornato ad essere il presidente del Consiglio il cavallo sul quale puntare per mantenere in vita la legislatura. Ed ecco quindi la transumanza all’indietro, con il ritorno al pur sempre confortevole ovile berlusconiano. La morale della favola? Più dell’amor per l’ideale pote’ il digiuno dalla pensione. Triste ma vero: il parlamentare va dove lo porta la pensione.

LA CAPORETTO DEL PDL SARA' IN PARLAMENTO

Camera dei DeputatiCamera dei DeputatiPrendo spunto dall’intervista di Paolo Flores d’Arcais al Corriere della Sera di oggi. Invita le opposizioni ad abbandonare il parlamento e a dar vita ad un governo ombra. Suggerisce un nuovo giuramento della Pallacorda. A parte la suggestione del richiamo storico, non sono assolutamente d’accordo. La strada giusta, a mio avviso, va nella direzione opposta. Più presenza ed attività parlamentare perché ci sono le condizioni per rendere ogni voto, ogni discussione, una Caporetto per la maggioranza. C’è una strana illusione ottica nel Paese, secondo cui l’opposizione è impotente e non ha i numeri alla Camera per far cadere il governo. E’ vero il contrario. Faccio un esempio: nella commissione Bilancio, la supposta maggioranza è minoranza. In quella commissione si possono approvare proposte ed emendamenti da mandare poi al voto in Aula, dove sovente il centrodestra di governo è sotto coi numeri. In queste condizioni li potremmo costringere non solo a discutere e modificare le loro proposte, consentendo al Parlamento di riprendere le sue funzioni peraltro, ma anche ad approvare nostri emendamenti e proposte di legge. Per far questo,però, serve la volontà politica. Troppo spesso, purtroppo, le dichiarazioni roboanti rese in sala stampa cozzano con un atteggiamento morbido e remissivo in aula e nelle commissioni. Il vero problema, dunque, è in una certa parte dell’opposizione, che non vuole davvero mandare a casa Berlusconi. Non ora almeno, perché dopo non saprebbe cosa fare. Con chi allearsi, con quale leader, con quale programma. Per questo preferisce vivacchiare, costringendo il Paese a prolungare la sua agonia politica. Invierò una lettera ai miei colleghi capigruppo di Pd, Udc, Fli (che trovate anche in allegato) per invitarli ad un incontro e studiare una strategia comune. La mia idea è presentare due o tre importanti proposte di legge per affrontare la crisi economica e sociale che investe l’Italia e portarle prima in commissione e poi in Aula. Allora vedremo chi ha i numeri. E vedremo quanto resisterà il Pdl, che ha bisogno di continue ‘trasfusioni’ di  cosiddetti ‘responsabili’ per non diventare minoranza.

DEPUTATI FANNULLONI... PER FORZA!

Aula MontecitorioAula Montecitorio Tranquilli che adesso arrivano i 'responsabili' a sostenere il governo. Tutto si sistemerà e si faranno le riforme. Manco fossero il settimo cavalleggeri…Tutte balle, non cambierà nulla e continuerà a non esserci nessuno a governare l’Italia. Questa è la verità. Si continuerà, come oggi, ad approvare ratifiche di trattati insignificanti e mozioni di poca importanza. Leggi niente perché l’esecutivo è in stallo. Il parlamento non lavora perché il governo è assente. E se il governo è assente non c’è speranza che il Parlamento assolva il suo compito. Passano i mesi, aumentano gli articoli della stampa pieni di indignazione per le Camere che non sono messe nelle condizioni di lavorare, ma nulla cambia. Anche noi abbiamo denunciato questa situazione. Ho anche pubblicato una foto del Transatlantico vuoto, ma, rispetto a prima, se possibile, la situazione è addirittura peggiorata. In questa settimana il parlamento non ha fatto quasi nulla, si è votato solo per un paio d’ore martedì, e solo per la ratifica di un trattato. E nelle prossime settimane andrà ancora peggio. A gennaio si discuterà in Aula una sola proposta di legge, quella dell’Italia dei Valori per l’abolizione delle province. Ho già una vaga idea di come andrà a finire…L’abolizione delle province è nel programma elettorale di tutti i partiti, o quasi. E’ stato un cavallo di battaglia di Berlusconi e del Pdl, ma è stata già affossata una volta (sempre nostra la proposta). Tra un po’ ci sarà il bis, una vera presa per i fondelli ai danni degli italiani che hanno creduto alle promesse da marinai di certi politici del Pdl. Vergogna. Ma su questo tornerò, ora voglio continuare ad affrontare il problema serissimo del parlamento italiano che non lavora. O meglio, non è che i deputati sono scansafatiche (non tutti  lmeno…) è che l’attività legislativa è inesistente, le Camere sono paralizzate. E’ chiaro che in queste condizioni non è possibile andare avanti. L’Italia è un paese che non legifera più, il governo si limita a vivacchiare senza prendere decisioni. La poltrona, che garantisce una rendita di potere e una certa impunità, è più importante di tutto il resto. E per tutto il resto intendo gli interessi dei cittadini. E dire che l’Italia è in declino, vista la drammatica congiuntura economica, è un gentile eufemismo. I media di regime, sordi e ciechi, continuano a propinarci una verità di comodo: non si può andare al voto anticipato perché questo metterebbe a rischio l’Italia sui mercati internazionali. Non è vero. E’ una bugia. Ciò che mette davvero a rischio di speculazioni finanziarie il nostro paese è proprio la debolezza di un governo che non c’è. Con il voto si potrebbe uscire da questa impasse ed avere un vero governo al posto di un esecutivo moribondo che attende solo l'ora della propria fine. L’Italia ha bisogno di una scossa politica per uscire dalla crisi economica che brucia imprese e posti di lavoro e certamente non può continuare a concedersi il lusso di avere un parlamento di deputati fannulloni per forza.