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MARIA STELLA NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE

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Oggi m’improvviso cuoco come Brunetta. La ricetta del potere berlusconiano: prendete delle menzogne e spargetene in quantità nello studio televisivo; naturalmente assicurandovi prima la presenza di un conduttore compiacente, ribaltate la realtà, impedite agli interlocutori di dire verità scomode et voilà, il gioco è fatto. Semplice no? La puntata di ieri sera di porta a Porta (guarda il video), in cui mi confrontavo col ministro Gelmini, è esemplificativa. Il ministro dell’Istruzione (mah…) Maria Stella Gelmini, che per cultura e competenza non potrebbe neanche insegnare in una scuola, è invece una vera campionessa nell’arte della mistificazione. Di fronte alle critiche puntuali sulla riforma universitaria e alla valutazione politica di quanto pubblicato da WikiLeaks ha reagito mentendo con una disinvoltura straordinaria. Veramente in maniera imbarazzante. Ha descritto una realtà che non esiste, manco fosse Alice nel paese delle meraviglie. In maniera ammirevole ha cercato di negare l’evidenza, parlando con slogan e frasi fatte (scritte chissà da chi) e con tono monocorde ha illustrato i pregi di una riforma universitaria pessima che riporta il Paese a trent’anni fa. L’ha descritta come una legge contro i baroni e gli sprechi. E perché, noi per caso siamo favorevoli a baroni e sprechi? Ha screditato le rivelazioni di wikileaks affermando che erano false, dette da funzionari di terz’ordine sfigati, repressi e magari pure un po’ invidiosi. Peggio di un Capezzone qualunque ha impedito una discussione sullo stato di salute del premier e sulla scarsa considerazione che hanno di lui gli altri paesi. Insomma il ministro ha agito come un automa messo lì a fare la testa di legno. Io non penso che lei possa davvero credere a quello che dice. A meno di voler pensare che sia completamente incapace di intendere e di volere, sa benissimo cos’è la sua riforma, perché è stata fatta e quali gravi conseguenze ha sull’università e la ricerca. Ha recitato una parte E’ evidente che il governo ha paura e che non vuole che si parli di certe cose, neanche nei talk show. Forse è un segno che siamo già in campagna elettorale e questo è stato solo un assaggio. Se è così, dovremo prendere provvedimenti affinché la competizione elettorale si svolga nel rispetto delle regole democratiche, perché una vittoria di Berlusconi consegnerebbe il Paese al declino e all’ingovernabilità.

SOLO I RICCHI ANDRANNO A SCUOLA

GelminiGelminiArticolo 34 della Costituzione: “i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”. Non è più così, non sarà più così in futuro. I ministri Tremonti e Gelmini, come scrive oggi la Repubblica, hanno decretato la fine dell’istituto delle borse di studio universitarie, nato nel 1946, negando di fatto un diritto sacrosanto garantito dalla Costituzione a tutti i cittadini. Il fondo per le borse di studio, ad ottobre di questo anno, per volere dell’ineffabili Giulio e Maria Stella, è passato da 246 milioni di euro a 25,7, con un taglio di circa il 90%. Hanno lasciato le briciole, quel tanto che basta per non perdere completamente la faccia. Nel 2012 sarà anche peggio: il fondo sarà tranciato di un’altra abbondante metà arrivando a scarsi 13 milioni di euro. Cosa vuol dire questo? Che dal prossimo anno, per otto studenti su dieci, meritevoli e con famiglie dal reddito basso – che sono sempre di più vista la crisi - non ci saranno più soldi, acuendo ancora di più le distanze tra Nord e sud Italia. Sì perché essendo il nostro sistema universitario molto regionalizzato, mentre alcune regioni del Nord come Piemonte, Toscana ed Emilia Romagna potranno garantire ancora tale diritto, le altre saranno brutalmente colpite. Alla faccia di un federalismo equo e solidale. Nasce così la scuola ai  tempi di “Berlusconi, Tremonti e Gelmini”, quella dove il merito non conta niente, dove la Costituzione è un libro per nostalgici, ed ogni principio e diritto sacro e inviolabile non segue più lo spirito dei padri costituenti del buon padre di famiglia che si prende cura dei più deboli ma il nuovo dio indiscusso, Re denaro, che a tutto vede e provvede. Ha fatto di tutto la Gelmini pur di assecondare le esigenze di cassa di Tremonti fregandosene del ruolo di ministro per l’Istruzione della Repubblica: ha tagliato i fondi alla scuola, ha ridotto il tempo pieno, ha fatto una riforma che riforma non è, ha cancellato le graduatorie di ricercatori e soppresso alcuni atenei. Proprio oggi, si alza forte nel Paese il lamento del rettore del Politecnico di Torino, un fiore all’occhiello della nostra istruzione universitaria, che rischia di finire in ginocchio per colpa dei tagli.  Non paga, supinamente ai voleri del ministro dell’Economia, cancella un diritto fondamentale che, dal 1946 ad oggi, ha accompagnato l’evoluzione democratica e scolastico di questo Paese. Molti degli scrittori, degli scienziati, degli artisti, dei medici che danno lustro oggi al nostro Paese non avrebbero mai potuto studiare senza borse di studio. Se questo è il Paese che vogliono, noi diciamo no. E chiediamo al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, massimo garante della Costituzione, di fermare queste mani scellerate.

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UNIVERSITA’, LA CONTROPROPOSTA IDV

 

Nell’Italia paralizzata dalle beghe interne al governo, almeno una riforma vedrà la luce e sarà quella dell’Università. Niente da dire. Un paese che mette al centro l’istruzione è un paese che sceglie di puntare al domani. Peccato soltanto che la riforma in questione, che pure pone problemi legittimi, li affronti nella maniera sbagliata, dal primo all’ultimo. L’Italia dei Valori darà voto negativo al testo e proverò a spiegarvi perché. L’università, insieme con la scuola, è il luogo dove si crea il futuro. Per creare una società culturalmente valida, alla base degli organi d’istruzione deve esserci la qualità degli insegnanti, che deve essere valutata e premiata, perché è la sola variabile che determina il rendimento degli studenti, come comprovato ormai da innumerevoli ricerche condotte in tutto il mondo. La riforma Gelmini va in direzione esattamente opposta a tale obiettivo. Già, perché il testo peggiora ulteriormente l’attuale situazione, già di per sé grave, in termini di vantaggio per le baronie locali. E’ fondamentale, invece, liberalizzare la scelta degli insegnanti da parte degli istituti, vincolando al tempo stesso parti cospicue dei finanziamenti pubblici a oggettivi criteri di valutazione della qualità sia degli insegnanti che dell’insegnamento. Di modo che ogni università abbia la responsabilità delle proprie scelte ma venga penalizzata, e pesantemente, se non sceglie nel senso della qualità e della competenza. E’ inoltre necessario affiancare alle borse di studio tradizionali, che intervengono principalmente con funzione redistributiva a favore di figli di famiglie poco abbienti, una nuova fascia di “premi economici” assegnati esclusivamente in base alle capacità ed al merito particolare dello studente. E’ su questo che punta essenzialmente la controproposta che Italia dei Valori presenterà in termini di emendamenti, oltre, naturalmente, che sul capitolo risorse. La proposta Gelmini prevede fondi senza coperture, motivo per il quale, oltretutto, non passerà l’esame della commissione Bilancio. Le proposte di Italia dei Valori  prevedono invece importanti risorse per le quali indichiamo una serie di possibili coperture, riducendo alcuni vantaggi fiscali, in particolare per le banche. Tra l’altro dalla razionalizzazione delle sedi che proponiamo potrebbero venire sostanziosi risparmi. Sono fermamente convinto che, se prendesse vita la riforma Gelmini, così com’è attualmente, il Paese si avvierebbe verso un sicuro degrado, ulteriore rispetto a quello già in corso, che priva la società degli anticorpi necessari rispetto al ruolo dell’informazione televisiva, che sempre più prepotentemente si impone con valori discutibili. L’indebolimento dell’università, così come della ricerca e della scuola pubblica, la drastica riduzione del numero di insegnanti e operatori, l’impoverimento della didattica e tutto il resto che di negativo questo governo ha fatto finora nel settore, servono sicuramente a creare un popolo sempre meno attrezzato culturalmente e sempre più facilmente plasmabile.