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SACE, EUTANASIA INDUSTRIALE ALL’ITALIANA

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Sace, scandalosa Sace, parte quinta. Gli antefatti li conoscete già. Ne ho più volte parlato su questo blog, pubblicando i documenti sugli scandali incommentabili che riguardano questa società non quotata e interamente controllata dal ministero dell’Economia e delle Finanze, società, dunque, a capitale interamente pubblico, i cui membri del Cda hanno ben pensato di rimpolpare gli stipendi a se stessi.

Ma non è tutto. Gli scandali continuano. Abbiamo ricevuto nuovi, inoppugnabili documenti che lo testimoniano e che ci hanno spinto ad interrogare, durante il question time di ieri, il ministro Passera. Gli ultimi documenti in nostro possesso attestano che la Fiat ha chiesto e ottenuto dalla Sace la garanzia del 100% dei propri investimenti in Serbia, con un impegno assicurativo di ben 230 milioni di euro per ammodernare e ampliare il suo stabilimento. Ora, mi chiedo, ed abbiamo chiesto ieri al governo, è giusto che esso, invece che attrarre investimenti produttivi dall'estero, faccia ponti d'oro e sostenga, attraverso la Sace, cioè con una società privata ma totalmente in mano al ministero dell'Economia, l'esportazione e la delocalizzazione delle nostre fabbriche all'estero?

Di fatto, grazie a questa operazione, abbiamo assistito alla chiusura di Termini Imerese e al trasferimento del segmento compact della gamma Fiat di Mirafiori, attività delocalizzata nei Balcani. Quanti casi ancora di eutanasia industriale all'italiana dobbiamo ancora attenderci?

Che i soldi della Sace, cioè i soldi pubblici, come sostiene il ministro Passera, siano destinati alla Fiat per operazioni di investimento all'estero attraverso la Bei, non cambia la sostanza delle cose: è come fare il gioco delle tre carte. L'Italia ha interesse a iniziative del governo tese a mantenere e radicare in Italia le nostre fabbriche piuttosto che ad incentivarne, direttamente o indirettamente, l'esportazione.

Ed allora, come abbiamo detto in aula al ministro Passera, visto che al governo piacciono i titoli ad effetto, dopo il decreto Salva-Italia, Cresci-Italia e Semplifica-Italia, ci attendiamo da subito un'inversione di queste politiche che non portino al suicidio il nostro sistema produttivo. Faccia subito un decreto "Produci in Italia". Il titolo è ad effetto e l’economia del Paese potrà trarne vantaggio.

SCANDALOSA SACE, GOVERNO ALZA LE MANI

Sace, quarto round. L’antefatto lo conoscete già: alla Sace, nel dicembre scorso, i vertici si sono triplicati gli stipendi. Oggi, nell’Aula di Montecitorio, è arrivata la risposta del Governo. Questa la risposta del sottosegretario all’Economia, Polillo, alla nostra interpellanza (qui il video). Avevamo chiesto quali iniziative urgenti, anche normative, intendesse assumere il governo al fine di fissare un tetto agli stipendi dei manager della Sace e di tutte le società non quotate in Borsa e partecipate al 100% dal ministero dell’Economia.

Chiedevamo, inoltre, se il governo intendesse assumere iniziative in merito alla alla variazione dei compensi, recentemente deliberati dal consiglio di amministrazione di Sace s.p.a., avviando, una verifica immediata su analoghe situazioni che potrebbero essersi verificate nell'ambito di altre società pubbliche non quotate e controllate al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze.

Ecco la risposta CHE NON RISPONDE del Governo: (qui il video)

“Un problema reale. Un problema che deriva dall’allargamento della forbice che si è verificato sia a livello nazionale che internazionale nella distribuzione del reddito nei processi di globalizzazione. Quando ci stanno divaricazioni di questo genere,è inevitabile che i punti di riferimento anche per le dinamiche retributive in Italia, diventano quello che avviene anche negli altri paesi. Questo avviene in modo particolare per le banche il cui management che, come riferiscono molti giornali finanziari ha raggiunto alti livelli di retribuzione, e sui quali si sta cercando di provvedere, attraverso direttive della Banca d’Italia.

Per quanto riguarda il rapporto tra retribuzione effettiva e benefit di varia natura, comprese le stock options, che devono rispondere a determinati criteri, il governo finora si è mosso facendo pulizia in casa propria e stabilendo quelli che possono essere i tetti retributivi, per quanto riguarda i dirigenti delle amministrazioni che dipendono direttamente dal governo stesso.

Per quanto riguarda, invece, gli altri aspetti sollevati, invece, stiamo predisponendo un decreto del ministero dell’Economia che richiede una fase istruttoria molto complessa di “tipicizzazione” delle società da collocare in due distinte fasce, all’interno delle quali saranno previsti tetti massimi di retribuzione per i dirigenti.

Appena avremo completato questa fase istruttoria, come del resto ci si chiede anche nella stessa interrogazione di verificare a 360 gradi, quale deve essere il comportamento dei dirigenti pubblici, saremo in grado di fare un ulteriore passo avanti rispetto alla direzione auspicata che è quella della razionalizzazione delle retribuzioni di tutti coloro che hanno a che fare con la pubblica amministrazione. Direi, working progress. Certo, nella definizione di queste norme, si sono verificati casi che sono stati denunciati dall’interpellante, che però sotto il profilo strettamente giuridico, e quindi non do un giudizio etico, dei comportamenti seguiti hanno risposto direttamente alle leggi in essere. Infatti, nei casi citati, c’è stata una delibera del consiglio di amministrazione, più un assenso del collegio sindacale, al quale come ricorderò partecipa anche un magistrato della Corte dei Conti, che assiste ad una seduta del consiglio di amministrazione, quindi in assenza di una disciplina diversa anche quelle retribuzioni, da un punto di vista giuridico erano legittime. E quindi il governo su quello può fare ben poco”.

Dunque, il governo può fare ben poco. Siccome gli aumenti erano “legittimi” va tutto bene. Non solo. Il governo avvierà una fase istruttoria – sarebbe bastato che leggessero le nostre denunce e i nostri documenti – alla fine della quale si andrà verso un’auspicata razionalizzazione delle retribuzioni. Questo il giorno dopo che la Camera ha approvato un tetto agli stipendi dei manager pubblici che, di fatto, è un’arma spuntata, perché non è a prova di costituzionalità e i tanti ricorsi, già attesi, rischiano di vanificarla. Amen.

SACE, TETTI, SOTTOTETTI E CONTROSOFFITTI…

Sace, terzo round. Detto, fatto. Come avevo preannunciato su questo blog, alle parole seguono i fatti. Ieri, il ministro Patroni Griffi ha consegnato alle commissioni Affari Costituzionali e Lavoro della Camera l’elenco degli stipendi dei manager pubblici. Dall’elenco, scopriamo che sono 57 i supermanager della pubblica amministrazione che sforano il tetto stabilito dal decreto “Salva Italia”, ovvero quella norma che intende equiparare gli stipendi di tutti i manager di Stato alla retribuzione del primo presidente di Corte di Cassazione. I nomi li conoscete, sono su tutti i giornali di oggi, ma ribadisco non è una questione di nomi. Sono in ballo i principi, le regole, l’equità. E scusate se è poco.

Ora, si dà il caso che, proprio ieri, in Aula si sia approvato il decreto Milleproroghe - con i rilievi sacrosanti del presidente della Repubblica Napolitano sui quale andrebbe aperta una seria riflessione - che, tra le altre cose prorogava di altri tre mesi il decreto che doveva estendere il famigerato tetto anche alle società non quotate in Borsa e interamente controllate dal Tesoro: Sace, Anas, Invitalia, Consap, Consip, Fs e via discorrendo…

Ebbene, abbiamo messo la prima zeppa per impedire che, tra un rinvio e l’altro, si finisca a tarallucci e vino. Abbiamo presentato un ordine del giorno (che trovate in allegato in fondo al post) affinché il governo affronti ora e subito la questione e metta anche gli stipendi dei manager della Sace, e di tutte le società non quotate in Borsa e controllate al 100 per cento dal ministero dell’Economia – sotto il tetto del rigore.

Il nostro ordine del giorno è stato accolto e ora vigileremo affinché il governo tenga fede agli impegni assunti.

Se, come stabilito nel decreto 'Salva Italia', da oggi in poi si imporrà un tetto agli stipendi dei manager pubblici, non si capisce la ragione per la quale società sempre pubbliche debbano sfuggire a tale regola, permettendo ai loro amministratori di avere mani libere per gonfiarsi le retribuzioni'. E, abbiamo visto, come sono capaci di farlo.

SACE, ALTRI 90 GIORNI PER AUMENTARE GLI STIPENDI

Scandalosa Sace, parte seconda. Ricordate? E’ storia di due giorni fa, denunciata su questo blog. Eravamo venuti in possesso di un documento, il verbale del Cda della Sace. In quel documento, sul quale abbiamo presentato un’interpellanza al presidente del Consiglio, si riporta che il consiglio di amministrazione dell’agenzia di credito all’esportazione ha aumentato, nel dicembre scorso, gli stipendi dell’amministratore delegato e del presidente del Cda. Avevamo anche scoperto che alla Sace c’è un Comitato per la Remunerazione, composto dai membri del Cda che decide gli aumenti… per il Cda.

Le cifre, le ricorderete, sono da capogiro. L’amministratore delegato, un compenso fisso annuo di 355.000 euro che tra componenti variabili e variabili legate al raggiungimento degli obiettivi, sfiora il milione di euro. Il presidente del Cda, 200 mila euro che tra premi e caratteri variabili sfiora i 500mila euro l’anno. Non male, ma lo scandalo non finisce qui. Stavolta a soprenderci è il governo.

La Sace, così come Invitalia, Anas, Consap, Consip, Evav, Ferrovie, Fintecna, Gse, Ipzs, Italia Lavoro, è una società non quotata in Borsa, interamente controllata dallo Stato, attraverso il ministero dell’Economia. Nel maxi-emendamento al Decreto Milleproroghe, approvato al Senato due giorni fa e trasmesso ieri alla Camera, è stato inserito un emendamento che, di fatto, rinvia di altri 90 giorni, ovvero al 31 maggio 2012, “l’obbligo per le società non quotate, controllate dal ministero dell’Economia, di fissare i compensi massimi ai quali il Cda di queste società devono far riferimento, secondo criteri di oggettività e trasparenza, per la determinazione degli emolumenti da corrispondere” (DL 201/2011, cosiddetto Salva-Italia).

Fuori dal burocratese, si imponeva una stretta su certi eccessi negli stipendi dei manager pubblici. Si imponeva, appunto, perché il tutto è stato rinviato al 31 maggio prossimo venturo, con l’arrivo della primavera. E sapete perché? Siccome sono tante le società interessate, si rende necessario “consentire un’indispensabile e approfondita valutazione delle caratteristiche delle medesime”.

Invece di fare pulizia si proroga e si concedono altri tre mesi, durante i quali tutto può accadere, alla Sace e dintorni. Noi, intanto, abbiamo già preparato un emendamento per bloccare la proroga e fissare un tetto massimo agli stipendi di questi manager. Sarà battaglia.

SCANDALOSA SACE. RADDOPPIATI GLI STIPENDI DEI VERTICI

 

Riceviamo e pubblichiamo un documento esplosivo. Lo abbiamo ricevuto in copia. Non siamo in grado di certificarne l’assoluta veridicità, ma abbiamo ragione di credere che sia “maledettamente” attendibile.  E’ il verbale della riunione del Consiglio di Amministrazione della Sace, l’agenzia di credito all’esportazione che tutela le aziende italiane nelle loro transazioni internazionali e negli investimenti all’estero. E’ una società non quotata in Borsa, interamente controllata dallo Stato, attraverso il ministero dell’Economia.

Il giorno 15 dicembre 2011 il consiglio di amministrazione della Sace, secondo quanto rivelano le carte che potete consultare in allegato (pdf SACE), si riunisce. La data non è casuale. La riunione del Cda avviene esattamente dopo il 6 dicembre, giorno della pubblicazione del decreto “Salva Italia” in Gazzetta ufficiale, e prima del 27 dicembre, giorno della sua conversione in legge.

Cosa si è deciso in quella riunione del 15 dicembre? Il Comitato per la Remunerazione – sì, avete capito bene, alla Sace esiste un comitato formato da illustri membri della Sace che stabilisce gli stipendi degli illustri membri della Sacestabilisce un aumento spropositato dello stipendio dell’amministratore delegato e del presidente del Cda.

Si tratta di cifre da capogiro. Per l’amministratore delegato, un compenso fisso annuo di 355.000 euro, cui va sommato un compenso variabile annuo fino al 50 per cento del compenso fisso annuo al raggiungimento degli obiettivi fissati – fino dunque a 177.500 euro lordi in più – e ancora una parte variabile da corrispondersi al raggiungimento degli obiettivi definiti dal piano strategico della società. Tiriamo le somme: 355.000 euro, più 177.500 euro. Totale: 532.000 euro, cui si aggiungerebbe un ulteriore premio, non definito, ma assimilabile al compenso annuo. Insomma, siamo oltre il milione di euro. Nel caso del presidente del Cda, non si lesina in quanto a generosità. 200.000 euro l’anno, cui si aggiungerebbe un premio, a carattere variabile, di ben 100.000 euro e infine, un altro premio, non definibile, da applicarsi “pro quota” per l’effettiva vigenza della carica. Lascio a voi le somme.

Torniamo un attimo sulle date. E’ importante. Durante la discussione del cosiddetto “Salva Italia”, che imponeva un tetto alle laute retribuzioni dei manager di Stato, all’ultimo istante è stata inserita una disposizione secondo la quale, sebbene il tetto vi sia, possono essere previste deroghe motivate “per le posizioni apicali”. Non solo. Altro giro, altra deroga. Un’ulteriore norma, sempre nel decreto “Salva Italia”, stabilisce che gli stipendi degli amministratori pubblici di società non quotate e controllate dallo stato, come la Sace appunto, possono arricchirsi di componenti variabili, non inferiori al 30 per cento e da corrispondersi in ragione degli obiettivi raggiunti. Zac, il gioco è fatto e la Sace, quel 15 dicembre, ha preso la palla al balzo del Salva Italia per mettere in salvo non l’Italia e le aziende italiane ma gli stipendi dei suoi vertici.

Su questa vicenda vogliamo vederci chiaro. Per questo, abbiamo presentato un’interpellanza urgente al presidente Monti. E’ vero quanto è accaduto alla Sace? Quante altre società pubbliche controllate dallo Stato e non quotate, tipo Invitalia, Anas, Consap, Consip, Evav, Ferrovie, Fintecna, Gse, Ipzs, Italia Lavoro, hanno fatto altrettanto? Che fine ha fatto la norma sul tetto agli stipendi dei manager pubblici? Derogare, in questo paese, significa far schizzare alle stelle i già lauti stipendi dei super-manager di Stato?

Vogliamo risposte. Se quanto è venuto a nostra conoscenza dovesse risultare vero sarebbe un vero affronto a tutti quei cittadini che non arrivano alla fine del mese, con un mutuo a carico, con i prezzi di benzina e gas alle stelle. Uno schiaffo in faccia ai precari, ai giovani, alle famiglie, rifilato da chi giustamente stringe i cordoni della borsa pubblica, rinuncia giustamente alle Olimpiadi, predica morigeratezza e poi lascia che accadano, sotto al suo naso, cose inaccettabili come queste.