Taggati con: Santanchè

LO SBADIGLIO CHE INDIGNA

 


12 sbadigli in 10 minuti. Bossi ha stabilito il nuovo record mondiale di noia politica. Certo l’occasione era quella giusta: il soporifero discorso di Berlusconi in un’Aula mezza vuota. Ieri sera a "Linea Notte", ho avuto un duro scontro con il sottosegretario Daniela Santanché, che ha attaccato in modo veemente il servizio mandato in onda durante la trasmissione. Quello sugli sbadigli di Bossi appunto. Lo ha definito una vigliaccata, una cosa vergognosa, disgustosa, e altre amenità simili, com’è nel suo consueto stile pacato. Vorrei fare una precisazione: se davvero Bossi è così malato merita il nostro rispetto umano e quello di tutti i giornalisti che non solo nei telegiornali di ieri, ma anche in tutti i quotidiani di oggi, hanno messo in grande evidenza gli sbadigli del Senatur. Ma a quel punto, un uomo in quelle condizioni, così gravemente malato da non poter stare seduto dieci minuti ad ascoltare il presidente del Consiglio che chiede la fiducia alla Camera, non può fare il ministro della Repubblica. Diciamo che Bossi è il più potente uomo politico italiano, forse ancor più potente di Berlusconi. Uno dei pochi ad avere in mano le redini del Paese. E l’Italia può permettersi di essere governata da una coppia composta da un anziano sessualmente deviato ed un altro gravemente malato? No, non se lo può permettere. Due sono i casi: o Bossi è troppo malato per fare il ministro ed allora la Santanché avrebbe ragione, ma lui dovrebbe dimettersi; oppure non è così malato ed allora lei avrebbe torto e la sua sparata sarebbe solo l’ennesima violenza verbale di chi non ha più di che giustificarsi.

 

IL SATRAPO DI ARCORE AL COLLE? UNA BESTEMMIA

BerlusconiBerlusconiOddio, un incubo. Peggiore di quelli notturni. Molto peggiore. La Santanchè (no, non è questo l’incubo…) che afferma: mi piacerebbe vedere Berlusconi al Quirinale. Ecco l’incubo: Berlusconi al Colle più alto di Roma, alla prima carica dello Stato. Su questa ipotesi (che speriamo rimanga tale per sempre) si è persino aperto il dibattito politico. Stiamo parlando di un uomo sommerso dai processi e dagli scandali che per governare ha bisogno di certi deputati mercenari che si fanno pure chiamare ‘responsabili’. Berlusconi al Quirinale significherebbe il tracollo totale, completo e definitivo delle istituzioni. E pure un’offesa alla storia del palazzo che ha ospitato papi, re e presidenti della Repubblica. Non sarebbe il luogo più adatto per i bunga bunga… Parlare in questo momento di Berlusconi al Quirinale è un’offesa al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ed è, inoltre, un falso dibattito, perché si tratta di una questione non immediata. Solita furba provocazione per far parlare d’altro. Certo, però, che Berlusconi presidente della Repubblica è, seppur remoto, un rischio che l’Italia corre. Ed è anche l’ultima ambizione politica del Satrapo di Arcore. Le condizioni al momento non ci sono e non ci saranno neanche in futuro perché il prossimo parlamento, quello che eleggerà il nuovo Capo dello Stato, non sarà sicuramente a maggioranza berlusconiana. Non si può escludere, tuttavia, che Berlusconi compia ogni sforzo per salire al Colle più alto e con questa sua tentazione tutti i partiti dovranno fare i conti. E una prima implicazione politica è questa: nessuna riforma in senso presidenzialista. Non è il momento. Punto. A meno che qualcuno di voi non voglia un presidente della Repubblica che al tradizionale discorso di fine anno racconti barzellette.

E SILVIO BENEDICE LASSINI: SPARGI SANGUE E FANGO, SONO CON TE!

 Nuovi e inquietanti risvolti nell'affaire Lassini. L'autore del vergognoso manifesto apparso a Milano "via le Br dalle procure" ha svelato a Porta a Porta di aver ricevuto una telefonata dal presidente del Consiglio nella quale il premier gli ha espresso la sua solidarietà. Se qualcuno, dunque, nutrisse ancora qualche dubbio sulla vera paternità morale di quei manifesti oltraggiosi è servito. Roberto Lassini, candidato Pdl alle amministrative di Milano, è il vero candidato in piena sintonia con il presidente del Consiglio. E' lui la fondamentale pedina del premier in questa campagna elettorale, tutta improntata a sangue e fango. L'unica che ancora non l'ha capito, o forse finge di non averlo fatto, è Letizia Moratti. La sindaca uscente e candidata per la prossima tornata amministrativa di Milano si è sperticata sui giornali a prendere le distanze e a dichiararsi non compatibile con il candidato Lassini. Ma la verità è che l'incompatibilità vera, preoccupante e allarmante, è quella tra la Moratti e Berlusconi che sta mettendo su una vera e propria macchina di sangue e fango pur di vincere, riducendo la Moratti a triste e patetica figura in affanno a ritagliarsi un minimo di taglio istutizionale. Forse la Moratti non lo sa o non se ne rende conto ma intorno a Lassini si sta creando, un vero e proprio movimento, con l'immancabile e irriducibile Daniela Santanchè, ed ha ricevuto la benedizione di Silvio Berlusconi. Cosa se ne fa Silvio, con i sondaggi che lo danno in picchiata libera, di Letizia Moratti? A cosa serve Letizia per una tornata elettorale cui lui stesso ha dato il valore di test nazionale e di plebiscito su di sé? Meglio mettere in campo la solita trita e ritrita strategia che conosce, con bei centravanti di sfondamento pronti a tutto pur di vincere: offendere le istituzioni del Paese e beffarsi addirittura del presidente della Repubblica cui sono andate tante scuse e grazie. Che fine farà Lassini se dovesse essere eletto? A Silvio poco importa. Il patto scellerato è che porti voti, poi per domani è un altro giorno e si vedrà.

PDL: IL PARTITO DELL'ODIO E DELL'INVIDIA

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Dove è finito il partito dell’amore? Che ne è stato di quella coalizione solida di cui parlava Berlusconi qualche mese fa, nel massimo del suo proverbiale ottimismo? A noi pare che la spaccatura nel Pdl, con tanto di veleni tradotti in isteria, sia venuta a galla, senza filtri, in diretta televisiva, venerdì notte, durante la trasmissione “L’ultima parola”. Forse in linea con il programma in questione, che certo non si distingue per buon gusto, è andato in onda un esempio della peggior politica, fatta d’insulti da rissa di strada e urla da mercato di paese. Da una parte i finiani Italo Bocchino e Adolfo Urso, dall’altra il fedelissimo del premier Maurizio Lupi e la storica nemica del presidente della Camera, Daniela Santanché, la cui oscillante fede politica si è attualmente posata su Berlusconi. Più che una trasmissione televisiva, sembrava di assistere ad una riunione a porte chiuse di cui poi si legge nei retroscena dei giornali. Messa da parte anche l’ultima maschera di perbenismo evidentemente fasullo, i soggetti teoricamente sostenitori dello stesso governo, hanno palesemente dato dimostrazione di non conoscere più le ragioni ed il senso dello stare insieme. Le dichiarazioni ufficiali continuano, imperterrite, a parlare di governo solido, scissione lontana, ricomposizione imminente. Il premier, però, palesemente infastidito dalla poco dignitosa rissa avvenuta in tv, è esploso dicendo, riferendosi ai finiani in questione, “io quei due in televisione non li voglio più”. La facciata è definitivamente crollata, insomma, lasciando vedere chiaramente all’interno del cosiddetto partito dell’amore, una spaccatura e un odio insanabili. E non si tratta solo delle riforme, il nodo non è solo il rapporto con la Lega o il diritto al dibattito interno. I due mondi, le due ideologie, i due modi di intendere e fare politica, quello di Fini e quello di Berlusconi, non si sono mai veramente uniti, al di là dell’immagine patinata fornita finora con ostinato ottimismo. Adesso attendiamo gli eventi, con un briciolo di scetticismo, dovuto al fatto che, se anche dalla coalizione di governo si dovesse continuare a tentare di tenere in piedi la facciata e dunque dovessimo assistere ad una ricomposizione, rimane il fatto, ormai palese ed indiscutibile, che una spaccatura, profonda e insanabile c’è, c’è sempre stata e sicuramente continuerà ad esserci.