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MONTI TRA HOLLANDE MERKEL E SPINELLI

Salutiamo François Hollande, nuovo presidente della Francia. Riflettiamo sul voto greco, che ha bocciato il rigore ma ha portato i neonazisti in Parlamento per la prima volta nella storia ellenica. Gioiamo per il raggiungimento del quorum in Sardegna per il referendum regionale sull’abolizione delle province. E aspettiamo l’esito di questa tornata elettorale italiana.

I francesi e soprattutto i greci hanno lanciato un messaggio all’Europa, alla Germania della Merkel in particolare. L’Europa, così com’è, non piace più. Il grande sogno di Spinelli e di generazioni di europei si sta rivelando incapace di gestire gli effetti sociali della crisi economica.

Siamo tra coloro che vogliono un’altra Europa, più giusta, più attenta alle esigenze dei cittadini, meno a quelle della finanza e delle banche. I francesi hanno tracciato una nuova rotta di cui dovrà tener conto anche il governo Monti.

Dovrebbe tener conto, perché sembra che il premier italiano, in realtà, intenda sostituirsi a Sarkozy nel rapporto privilegiato con la Merkel. Una sorta di asse Roma-Berlino. A parte il fatto che rievoca un periodo drammatico e nero della storia contemporanea, quest’asse è un errore grave.

Il contenimento della spesa (giusto e necessario) attraverso l’aumento della pressione fiscale e la riduzione degli investimenti è una scelta suicida. Monti, d’accordo con la Merkel, ha fatto questo, alimentando la spirale recessiva che sta strozzando l’economia italiana.

Con la vittoria di Holland e con il voto greco (vittoria degli estremismi che condannano l’Ellade all’ingovernabilità) cambia lo scenario. L’Europa deve cambiare se vuole davvero diventare il grande e nobile sogno di Altiero Spinelli e del Manifesto di Ventotene.

HOLLANDE BATTE ANCHE MERKOZY

 

 Il successo di Hollande alle presidenziali in Francia apre una nuova stagione per tutti i paesi dell’Unione Europea. O, almeno, questo è l’auspicio al momento, in attesa del ballottaggio. La politica di tagli e di contenimento della spesa pubblica che il duo Merkel-Sarkozy (Merkozy per i critici) è stata in parte necessaria, ma è stata poi spinta all’eccesso, in particolare dal governo Monti. L’Europa ha bisogno di dare impulso ad una nuova politica economica che stimoli la crescita, altrimenti la contrazione dei consumi e degli investimenti provocherà una nuova fase recessiva.

Con i soli tagli non si esce dalla crisi. Lo dice, giustamente, anche il presidente Obama. In ogni caso il voto francese pone degli spunti di riflessione. La crescita ed una nuova politica europea innanzitutto. Ma anche il successo di Le Pen, della destra nazionalista e xenofoba, pone inquietanti interrogativi. Per troppi anni il dogma liberista, insufflato dai grandi potentati economici, ha imposto il proprio pensiero unico. La supremazia del mercato e la sua capacità di autoregolarsi sembrava una verità incontestabile. Questa idea è fallita miseramente alla prova dei fatti.

I soldi chiamano soldi e se non c’è un organismo terzo (lo Stato e gli organismi sovranazionali) a regolamentarne i flussi, i cittadini non ne traggono alcun beneficio. Senza voler richiamare in alcun modo vecchie idee anch’esse fallite alla prova della Storia, è però innegabile che serve studiare un nuovo modello di sviluppo, che ponga alla sua base il bene comune, non l’accumulazione di risorse nelle mani di pochi. Sembra, e a pensarci bene è, una banalità. Ma nell’applicazione pratica questo principio viene quasi sempre disatteso, in nome di indicatori economici che non sempre coincidono con l’interesse generale.

Da tempo Italia dei Valori sostiene in Parlamento la necessità di manovre per la crescita. Ora che il voto francese ha rimesso in discussione l’assetto europeo, è tempo di pensare ad un cambiamento delle politiche economiche.  

SARKOZY E CAMERON EROI, SILVIO TRA ESCORT E LATITANTI

 Sarkozy e Cameron in Libia, a farsi incoronare 'liberatori' del popolo libico (e a garantire a Francia e Gran Bretagna un posto al sole nello schacchiere mediterraneo), Berlusconi a occuparsi di escort e di amici latitanti. La differenza tra l'Italia e gli altri paesi occidentali è tutta qua. E, per carità di patria, taciamo su presunte intercettazioni in cui il capo del governo italiano definisce la Merkel in modo irriferibile ed irripetibile. Col rischio di provocare una crisi diplomatica e di far irrigidire la Germania, il che, mentre alla Ue si discute del salavataggio dell'Italia, non è proprio il massimo. Intnto l'Italia, secondo Confindustria, non cresce da più di dieci anni. Un Paese paralizzato, bloccato, immobile. Fotografia inquietante e drammatica di un status quo molto pericoloso. In questi giorni in Parlamento sia il Pd che l'Udc hanno mostrato, col voto contrario sulla pregiudiziale di costituzionalità presentata da Idv, di non volere le elezioni anticipate. Sostengono che in questa situazione sia pericoloso andare a elezioni e restare senza governo. Posizione legittima, per carità, ma fallace, sbagliata. E' proprio il contrario: solo un nuovo parlamento e un nuovo governo possono tirare l'Italia fuori dalle secche e farla veleggiare verso approdi migliori e più sicuri. Le urne sono la soluzione migliore, con una nuova legge elettorale, che restituisca potere di scelta ai cittadini e la tolga alle segreterie dei partiti, che hanno portato in parlamento alcune persone inqualificabili. Ma cosa serve più di tutto quel che è successo e sta succedendo per capire che Berlusconi e il suo sgangherato governo non possono restare un istante di più alla guida del Paese? Ho la sensazione che gli altri partiti dell'opposizione stiano aspettando la fine del governo per consunzione, per logoramento. Aspettano che si cuocia da solo nel suo stesso brodo e pazienza se così si arriva alla scadenza naturale della legislatura, nel 2013... Sarebbe un errore drammatico. Non per noi, non per l'opposizione, ma per gli italiani, per le imprese, per i lavoratori, per le famiglie. Non si può più aspettare è il momento di agire.

ANGY E NIC, I NUOVI INQUILINI DI PALAZZO CHIGI

Tag: Bce , crisi , Merkel , Sarkozy , Ue
Cucù? Vi ricordate? Il cucù di Silvio ad Angela Merkel? Stavolta, però è toc toc, chi bussa alle porte di palazzo Chigi? Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, i due nuovi inquilini di palazzo Chigi. Sono loro, di fatto, a guidare l'Italia in questo difficilissimo momento economico e finanziario, a dimostrazione dell'incapacità e dell'inettitudine del governo. A nulla servono le pietose spiegazioni del centrodestra. Non è vero, la crisi è globale riguarda tutti, non c'è nessun commissariamento dall'Europa. Invece c'è si, eccome, e siamo stati i primi a dirlo, a mettere il dito nella piaga. Di fatto, la lettera della Bce e, soprattutto, la nota congiunta che Angela Merkel e Nicolas Sarkozy hanno inviato al governo italiano, chiedendo all'Italia di fare presto e di anticipare a settembre i provvedimenti e la manovra, parla chiaro. Le istituzioni della Ue e i leader delle principali potenze europee hanno stabilito quanto deve essere pesante la manovra ed entro quanto va portata a termine. Se fosse stato per lui, per il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e per quella banda di irresponsabili che disegnano la compagine governativa, avremmo continuato ad ascoltare un mucchio di frottole, di bugie con la B maiuscola. Avremmo continuato a sentirci dire che tutto andava bene madama la marchesa, così come ha fatto mister B durante l'informativa alla Camera della scorsa settimana. Siamo messi talmente male, siamo a tal punto commissariati che anche quell'antieuropeista convinto di Umberto Bossi ha ammesso che dobbiamo seguire l'Europa. Siamo veramente alle comiche finali. Siamo sotto tutela e non succedeva dalla fine della seconda guerra mondiale. Giovedì arriverà la resa dei conti. Non pensino di venirci a raccontare la storiella di quanto sono stati bravi e buoni e di quante meravigliose idee hanno in testa. Vogliamo sapere tutte le condizioni che la Ue ha posto all'Italia per salvarla dal fallimento. Abbiamo un problema nel problema. Una crisi epocale ed un governo incapace di gestirla. Almeno, per una volta, dicano la verità tutta la verità.