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SCAJOLA: IDV PRESENTA MOZIONE SFIDUCIA

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Non credo a Scajola. Non sono io a dirlo, sarebbe scontato, ma il vicedirettore del Giornale Nicola Porro, che proprio ostile ostile a questo governo non è… Ora, se persino il vice di Feltri dice che le parole del ministro, (ho comprato l’appartamento a costo di mercato) sono un ‘insulto all’intelligenza’, non si comprende per quale motivo questo signore debba restare al suo posto. Il Giornale che una volta fu di Montanelli e che oggi di quel grandissimo giornalista non ha proprio più niente, è abituato a difendere l’indifendibile. Se stavolta non ce la fa, significa che è proprio troppo, che il limite è stato superato. Ogni  minuto che Scajola passa seduto su quella poltrona è un insulto all’intelligenza dei cittadini. Il quadro che emerge dai giornali è sempre più inquietante. E grave. Non voglio entrare nel merito, ci penserà molto meglio di me la magistratura, ma è chiaro che le responsabilità politiche sono enormi. Per questo abbiamo presentato una mozione di sfiducia, a prima firma Di Pietro-Donadi. E’ un’occasione per tutta l’opposizione, ma non solo, lo è anche per chi, nel centrodestra, è ancora sensibile ai valori della legalità e dell’etica politica. E’ l’occasione per far saltare i meccanismi di casta e dare finalmente un segnale: non c’è impunità per i politici ed i potenti. Naturalmente sarebbe un primo passo perché anche in caso di dimissioni o di approvazione della mozione della sfiducia, il problema della legalità in politica sarebbe ben lungi dall’essere risolto. Ma ogni cammino inizia con un primo passo.

Leggi la mia intervista al portale Tiscali.it.  

BOCCHINO INFILZATO, SCAJOLA INCENSATO

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Nel Pdl, oltre al tiro degli stracci, va di moda la pantomima delle dimissioni. Funziona così. Il ministro, il sottosegretario o il coordinatore nazionale in odore di guai, per associazione mafiosa o corruzione è solo un dettaglio, va dal presidente del Consiglio e gli consegna la sua bella lettera di dimissioni. Il premier le rifiuta e l’indagato di turno ringrazia. Scajola oggi, Cosentino ieri e Verdini l’altro ieri, il copione non cambia. D’altronde, come si dice, se non la lascia il premier la poltrona, che in quanto a guai giudiziari vanta indiscutibili primati, perché dovrebbero farlo i suoi seguaci o adepti?L’indagato, ringalluzzito dalla pantomina delle dimissioni mancate, torna alla sua poltrona e più gagliardo che mai comincia a sparare a zero su tutti, avversari politici, magistrati e giornalisti complottisti. Mai uno che dicesse “mi faccio da parte per fare completa chiarezza sulla vicenda che mi riguarda”. Oppure, lascio la poltrona “per non infangare le istituzioni che rappresento”. E mai una volta, mai, che il presidente del Consiglio dicesse “dimissioni accettate”. Se sei indagato perché hai relazioni pericolose con la mafia, se sei indagato perché risulterebbe che l’imprenditore amico ti ha comprato casa con vista sul Colosseo, o perché avresti fatto indebite pressioni per favorire il costruttore amico, non ti devi dimettere per permettere alla magistratura di fare chiarezza. No, devi andare avanti, con rinnovata energia e virulenza. Devi rimanere saldo alla tolda di comando, perché non infanghi le istituzioni che rappresenti, no. Dai loro lustro, esporti una bella immagina della classe politica che ci governa all’estero. Se, invece, presenti le dimissioni perché hai osato dire che il re è nudo, allora dimissioni accettate, neanche si discute. Un esempio fulgido di democrazia interna nel partito di maggioranza, di alto senso delle istituzioni e di etica della responsabilità, non c’è che dire. Le uniche dimissioni che il premier accetta sono quelle dei dissidenti, servite su di un piatto d’argento. Ne sa qualcosa Italo Bocchino, il vicepresidente del gruppo Pdl alla Camera, cui Berlusconi ha promesso di infilzarlo. Tanto ha detto, tanto ha fatto. Non è finita qui. Altri coperchi di altrettante pentole del malaffare tra corruzione e politica salteranno nei prossimi giorni. Nella mani della Guardia di Finanza ci sono 240 conti correnti bancari che fanno tremare in queste ore i palazzi del potere. Noi continueremo a chiedere le dimissioni del ministro Scajola. E di tutti quelli che, coinvolti in vicende giudiziarie, invece di farsi da parte, rimarranno seduti sulla poltrona.

COSI’ IL RE DEGLI APPALTI COMPRO’ CASA A SCAJOLA

ScajolaScajola

E’ di oggi la notizia che, il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, ha ricevuto in regalo da Anemone, il manovratore dei grandi eventi, il costruttore che ha fatto affari con gli appalti del G8, membro onorifico della cricca Balducci&Della Giovampaola, un appartamento di prestigio. Il fatto risalirebbe a quando Scajola era ministro dell’Attuazione del programma, dopo essere stato ministro dell’Interno fino al luglio 2002, quando si era dimesso aver pronunciato la vergognosa frase contro Marco Biagi, il giuslavorista assassinato a Bologna dalle Brigate Rosse. Secondo gli inquirenti, sarebbe stato provvidenziale per l’acquisto della casa un assegno, anzi 80 assegni che, il costruttore Anemone, attraverso il suo architetto di fiducia Zampolini, avrebbe messo a disposizione del ministro. L’architetto avrebbe versato sul suo conto 900 mila euro che poi avrebbe trasformato in 80 assegni circolari intestati alle proprietarie dell’appartamento che il ministro Scajola avrebbe poi acquistato. All’architetto fu ordinato di fare così dallo stesso Anemone. Sostiene davanti agli inquirenti di non aver fatto domande sul perché un costruttore dovesse contribuire per i tre quinti all’acquisto della casa di un ministro. La vicenda è parecchio ingarbugliata ma una cosa è chiara ai magistrati che stanno indagando: per l’acquisto della casa di Scajola, 600 mila euro ce li ha messi direttamente lui – accendendo un mutuo si difende il ministro – il resto ce li ha messi Anemone. Il Pdl, o quel che ne rimane, ha aperto le danze, ovvero, la difesa d’ufficio del ministro Scajola. Parlano di sconcertante attacco, di una famiglia come gli Scajola onesta lavoratrice, di una casa comprata con i risparmi di una vita, di manovre mediatiche per intimidire l’avversario, insomma, il solito armamentari del centrodestra. Lui, Scajola, dice di non lasciarsi intimidire, che nella vita possono capitare cose incomprensibili, di un attacco infondato, di oscuri manovratori e disegni preordinati. Lo ha detto anche oggi al Tg1, senza che però si capisse bene quali accuse vengano mosse al ministro. Si è capita solo la difesa. Se corruzione c’è stata sarà la magistratura a dirlo. Certo è che la circostanza non è più un’ipotesi investigativa ma un’evidenza confermata dalle dichiarazioni dell’architetto coinvolto nella vicenda.  Noi chiederemo al ministro Scajola di chiarire in Parlamento la sua posizione. Se non è in grado di farlo o non vuole, o non può. E allora dovrebbe avere la dignità di dimettersi. Ma non c’è problema. E’ tutto sotto controllo. Entrano i ministri, come nel legittimo impedimento, escono i presidenti di Camera e Senato. Lo prevede il nuovo lodo Alfano, o lodo Gasparri, o Gasparri-Quagliariello. Obiettivo, fermare, quando saranno scaduti i 18 mesi del legittimo impedimento, i processi Mills, Mediaset e Mediatrade. Ma non serve solo a lui, all’epuratore Silvio. Il lodo Alfano costituzionale potrà tornare utile, all’occorrenza, anche a qualche ministro.