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SE IL DIRITTO ALLO STUDIO VIENE NEGATO

Diciannove anni, costretta a letto da una rarissima malattia, diplomata con il massimo dei voti, molta voglia ed eccellenti capacità di proseguire gli studi: impossibilitata a farlo, perché nessun ateneo la accetta. Succede anche questo in Italia. Nell'Italia degli affanni economici, delle beghe politiche, dei tagli incondizionati a ricerca e università, nell'Italia delle tasse che gravano sempre di più su chi ha voglia di studiare e costruirsi un futuro professionale. Succede ad una ragazza della provincia di Bari, Rosanna. Il Comune del suo paese, fino al momento, grazie agli appelli del sindaco, è riuscito a finanziare quanto le serviva per seguire le lezioni e studiare dal suo letto. Ma ora università come la Cattolica di Milano, solo per citarne una, dicono, nero su bianco, a Rosanna, che non hanno possibilità di accoglierla tra gli studenti, perché non attrezzati per gli studi a distanza. La ragazza ha lanciato un appello al ministro Profumo, che mi auguro, ne sono anzi certo, interverrà sulla vicenda per consentire che a Rosanna venga riconosciuto un diritto che le appartiene. Mi unisco all'appello, naturalmente. Ma al ministro Profumo e a chi verrà dopo di lui, chiedo che fatti come questo non si debbano più verificare, perché le pagine dei giornali di oggi che trattano l'argomento mi fanno vergognare, e non credo capiti solo a me, di vivere in questa società. Passino allora, si fa per dire, i tagli ai fondi. Non passi che a chi, come Rosanna, è intenzionato, capace e desideroso di studiare, venga negata la possibilità di farlo solo perché non ci sono i soldi perché lo faccia a distanza.

Ma il ministro Profumo lo sa?

L’istruzione è un diritto garantito dalla Costituzione. Per questo, il legislatore ha fissato un criterio generale per far sì che le tasse universitarie non oltrepassino la soglia delle decenza. Eppure, le università italiane, 36 su 61, ovvero più della metà, hanno continuato ad aumentare le tasse studentesche oltre il limite previsto dalla legge.

La denuncia è dell’Udu, l’Unione degli Universitari italiani, pubblicata oggi dal quotidiano La Repubblica, che ha messo sotto la lente i bilanci 2011 delle principali università, con il risultato che la pressione fiscale “fuorilegge” delle università statali è cresciuta del 16 per cento Il meccanismo è semplice: secondo il Dpr 306 del 1997, l’ammontare complessivo delle tasse non può superare il 20 per cento del Fondo di finanziamento ordinario erogato dallo Stato. In barba a questa disposizione di legge, il 59 per cento degli atenei italiani ha aumentato negli anni le tasse studentesche.

Tra gli atenei più esosi, l’Università di Bergamo, che nel 2011 ha ricevuto quasi 35 milioni di fondo di finanziamento ordinario ma ne ha chiesti 14 e mezzo di tasse, il doppio rispetto alla soglia permessa. In questo ateneo, gli studenti pagano una media di 993 euro l’anno a testa. Se la tassazione fosse rimasta entro i limiti concessi dalla legge, ogni studente avrebbe dovuto sborsare 476 euro, ovvero 516 euro in meno ogni anno. Italia dei Valori presenterà un’interrogazione al ministro Profumo, che parla tanto di merito, per chiarire gli aspetti di questa vicenda. Se le legge c’è va rispettata. Che le famiglie italiane fossero le più tartassate d’Europa lo sapevamo già. Ma tartassare l’istruzione e il merito, no: è incostituzionale.

UNIVERSITA’, LA CONTROPROPOSTA IDV

 

Nell’Italia paralizzata dalle beghe interne al governo, almeno una riforma vedrà la luce e sarà quella dell’Università. Niente da dire. Un paese che mette al centro l’istruzione è un paese che sceglie di puntare al domani. Peccato soltanto che la riforma in questione, che pure pone problemi legittimi, li affronti nella maniera sbagliata, dal primo all’ultimo. L’Italia dei Valori darà voto negativo al testo e proverò a spiegarvi perché. L’università, insieme con la scuola, è il luogo dove si crea il futuro. Per creare una società culturalmente valida, alla base degli organi d’istruzione deve esserci la qualità degli insegnanti, che deve essere valutata e premiata, perché è la sola variabile che determina il rendimento degli studenti, come comprovato ormai da innumerevoli ricerche condotte in tutto il mondo. La riforma Gelmini va in direzione esattamente opposta a tale obiettivo. Già, perché il testo peggiora ulteriormente l’attuale situazione, già di per sé grave, in termini di vantaggio per le baronie locali. E’ fondamentale, invece, liberalizzare la scelta degli insegnanti da parte degli istituti, vincolando al tempo stesso parti cospicue dei finanziamenti pubblici a oggettivi criteri di valutazione della qualità sia degli insegnanti che dell’insegnamento. Di modo che ogni università abbia la responsabilità delle proprie scelte ma venga penalizzata, e pesantemente, se non sceglie nel senso della qualità e della competenza. E’ inoltre necessario affiancare alle borse di studio tradizionali, che intervengono principalmente con funzione redistributiva a favore di figli di famiglie poco abbienti, una nuova fascia di “premi economici” assegnati esclusivamente in base alle capacità ed al merito particolare dello studente. E’ su questo che punta essenzialmente la controproposta che Italia dei Valori presenterà in termini di emendamenti, oltre, naturalmente, che sul capitolo risorse. La proposta Gelmini prevede fondi senza coperture, motivo per il quale, oltretutto, non passerà l’esame della commissione Bilancio. Le proposte di Italia dei Valori  prevedono invece importanti risorse per le quali indichiamo una serie di possibili coperture, riducendo alcuni vantaggi fiscali, in particolare per le banche. Tra l’altro dalla razionalizzazione delle sedi che proponiamo potrebbero venire sostanziosi risparmi. Sono fermamente convinto che, se prendesse vita la riforma Gelmini, così com’è attualmente, il Paese si avvierebbe verso un sicuro degrado, ulteriore rispetto a quello già in corso, che priva la società degli anticorpi necessari rispetto al ruolo dell’informazione televisiva, che sempre più prepotentemente si impone con valori discutibili. L’indebolimento dell’università, così come della ricerca e della scuola pubblica, la drastica riduzione del numero di insegnanti e operatori, l’impoverimento della didattica e tutto il resto che di negativo questo governo ha fatto finora nel settore, servono sicuramente a creare un popolo sempre meno attrezzato culturalmente e sempre più facilmente plasmabile.