PONTIDA NON E' UN PRATO MA UNA PALUDE
PontidaA Pontida non c’è un prato, c’è una palude. Quella in cui la dirigenza leghista ha deciso di lasciare il governo e tutta l’Italia. Grandi proclami hanno preceduto il raduno leghista, minacce, promesse di ferro e fiamme, pollici rivolti in giù. E cosa ne è scaturito? La classica richiesta di trasferire i ministri al Nord. Userei una pernacchia per commentare, se avessi lo stesso stile di Bossi, ma non è mio costume. Bossi ed i suoi hanno tradito le aspirazioni della loro base che chiedeva un distacco da Berlusconi e si sono dimostrati veri maestri nell’arte della politica di palazzo romana. Alzare i toni per lasciare tutto invariato. Anzi, se possibile, strappare qualcosa di più. Una poltrona, uno strapuntino, tutto fa brodo e gli appetiti leghisti non si placano mai. Bossi strepita ma alla fin fine è solo scena. E se ne stanno accorgendo anche gli elettori del Carroccio. In questo caos politico è meglio il voto che tirare a campare. L’Italia non può più permettersi un governo a mezzo servizio, c’è bisogno di misure strutturali per affrontare la crisi economica e l’emergenza lavoro. L’opposizione, però, non può pensare di avere a che fare con persone responsabili. Se Bossi e i suoi lo fossero, anche solo minimamente, non chiederebbero il trasferimento dei ministeri al Nord in questa fase. Avete presente i costi enormi? Ecco. Questo dovrebbe anche far capire a chi nel centrosinistra conta sull’aiuto di Bossi per far cadere Berlusconi, che non è un’ipotesi realistica. Dobbiamo pensarci noi. Il Paese è già pronto, il vento è evidentemente cambiato. Ma non bisogna illudersi di poter vincere senza sforzo e senza programmi. E poi, se si andasse al governo in quel modo, che senso avrebbe? Noi l’Italia la dobbiamo cambiare. Davvero.
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