Taggati con: Polverini

IL PEPERONCINO INDIGESTO DI RENATA

 “Sono il presidente della Regione e se ritengo di utilizzare un mezzo che velocemente mi consente di essere in due situazioni importanti per la mia Regione, e non gravo sul denaro pubblico, allora non devo spiegare nulla a nessuno. Non capisco perché debba spiegare: devo farlo solo se gravo sul denaro pubblico, e siccome non e' così, lo prenderò ancora. Se volete vi farò vedere tutti gli elicotteri che i presidenti di questa Regione hanno preso, con le spese, e anche altre voci''. Dunque ricapitoliamo. La signora che così parla è Renata Polverini, presidente della Regione Lazio, che, due giorni, è volata con un elicottero grigio, con una banda rossa nel mezzo, a Rieti. Quale era la situazione importante cui non poteva mancare la presidente Polverini? La fiera del peperoncino. Era un elicottero privato? Lo ha pagato lei di tasca sua? Su questo la presidente non risponde. Preferisce sottolineare che così hanno fatto tutti i suoi predecessori, anzi minaccia addirittura di svelare il peggio del peggio compiuto da chi è venuto prima di lei alla guida della regione Lazio. Certo, un elicottero grigio, con una banda rossa nel mezzo, fa tanto pensare ad un mezzo delle forze armate, della protezione civile, o ad uno di quelli destinati alla pubblica sicurezza e alla salute dei cittadini. Il Capogruppo IDV alla regione Lazio, Vincenzo Maruccio, ha chiesto alla presidente di svelare il mistero. Chi ha pagato l’utilizzo dell’elicottero che ha portato la Polverini alla festa del peperoncino? La regione Lazio? I contribuenti italiani, in questo caso, laziali? O i contribuenti italiani tutti, trattandosi di mezzo delle forze armate? Attendiamo la verità, pronti a porgere mille scuse alla presidente Polverini, nel caso in cui dovesse dimostrare, carte alla mano, che davvero quell’elicottero per andare alla fiera dei peperoncino non è costato un euro alle casse dello Stato. Lasciando stare, per carità di patria, le minacce di schiaffoni al giornalista, cui forse qualcuno dovrebbe chiedere scusa e togliamo pure il forse, per andare alla fiera del peperoncino a Rieti, che dista da Roma all’incirca un’ora, era proprio necessario utilizzare un elicottero? Il fatto che la presidente Polverini abbia preso quell’elicottero dopo aver partecipato ad un vertice di maggioranza sui costi della politica è quella che qualcuno ha definito ironia della sorte.

REFERENDUM CONTRO LA SCHIZOFRENIA NUCLEARE DEL GOVERNO

“Nucleare sì, nucleare no, nucleare Bum. La terra dei cachi”. Il dibattito politico sul nucleare in Italia ricorda molto la canzone di Elio e le Storie Tese. Solo che loro sono più seri. Abbiamo da un lato il governo che non mette in discussione il progetto nucleare neanche davanti all’apocalisse (definizione del commissario europeo all’energia Guenther Oettinger) giapponese. Dall’altro lato abbiamo i governatori di Lega e Pdl che dicono sì al nucleare in Italia, ma no al nucleare nelle loro regioni. Tipico esempio di schizofrenia politica. In mezzo c’è questo fantomatico piano nucleare ancora avvolto nel più fitto mistero. Quante centrali vorrebbe realizzare il governo? Boh.. Dove vuole installare i nuovi impianti? Mistero della fede. Non le vuole Zaia ( da veneto sono d’accordo, tiro un sospiro di sollievo e dico ‘meno male’, da capogruppo alla Camera sono indignato ‘ma come, la Lega non è favorevole all’atomo…?’), non le vuole la Polverini (dice che il Lazio ha già dato…), Formigoni le vuole, forse, ma con molti distinguo, perché la Lombardia è autosufficiente dal punto di vista energetico. Furbo il governatore ciellino, schiera la regione ma la tira fuori dal piano. Dà una mano politica al governo nazionale schierandosi per il sì, ma contemporaneamente dice che la Lombardia non ha bisogno di centrali e quindi ‘con fischio’ le costruiranno lì. Il piemontese Cota non ha parlato in questi giorni, ma la sua posizione è nota: sì alle centrali, ma non gli pare che il Piemonte abbia siti idonei. Ma và? Ma tu guarda un po’. Nuclearista convinto è Stefano Caldoro, che in questi giorni non ha parlato. In passato aveva magnificato i vantaggi dell’atomo, definendo le centrali un’opportunità per l’economia campana. Un segnale inequivocabile: in quella regione il governo ha deciso di puntare con decisione per i nuovi siti. Altro che sindrome Nimby, qui siamo alla più pura ipocrisia politica, come dice anche, giustamente, Adriano Celentano. Nella tragedia, seppur indiretta, si vede la tempra di un uomo politico e la serietà di un governo. Il nostro è un governo di pagliacci. Tutto il mondo si interroga, loro non hanno neanche il buonsenso di fermarsi a riflettere sulla scelta nuclearista dopo l’immane tragedia giapponese. Tra mezze verità e bugie intere continuano, come al solito, a ripetere slogan che le immagini drammatiche di Fukushima hanno fatto perdere di qualsiasi credibilità. Non lo fanno perché se si fermassero a riflettere cadrebbe immediatamente il castello di carte che si son costruito. Il castello di carta-moneta, perché il nucleare è un affare colossale. E pazienza se ha qualche piccolissimo e trascurabilissimo inconveniente…Ma hanno fatto male i conti. Con il referendum libereremo l’Italia dall’incubo atomico.

DECRETUM AD PANINUM? INDIGESTO


Tante volte, su questo blog, ho scritto che siamo all’anticamera della dittatura. Un Parlamento umiliato da continui colpi di fiducia, decreti legge a gogò, cinegiornali asserviti al padrone, trasmissioni televisive cancellate in campagna elettorale. L’unica cosa che ci ha impedito, almeno fino ad oggi, di gridare al regime è perché in questo paese vigono ancora elezioni democratiche, cuore ed essenza stessa della democrazia. In queste ore, sembra che nel governo si stia facendo sempre più concreta l’idea di intraprendere la strada del decreto legge per rimediare al pasticciaccio brutto delle liste che una banda di cialtroni targati Pdl hanno commesso nel Lazio ed in Lombardia. Stanno pensando, in poche parole, ad una sorta di nuovo decreto-sanatoria ad hoc che sani, appunto, i signori Polverini e Formigoni. Conosciamo l’arroganza e la protervia di questa maggioranza e siamo sicuri che farà di tutto di più pur di centrare l’obiettivo e salvare la faccia. Per quanto ci riguarda, ovviamente, diciamo un no forte e chiaro sin da ora. Per Italia dei Valori il decreto legge sanatoria che rimetterebbe in pista i candidati del centrodestra è la linea del Piave: cambiare le regole in corsa sarebbe non solo incostituzionale ma eversivo, significherebbe fare carta straccia della nostra carta e mettere una pietra tombale sul cuore della democrazia. Se accadesse tutto questo, saremmo al regime conclamato.Il fatto sconcertante e grave è che il centrodestra non solo non conosce le regole base per la formazione delle liste elettorali, e la tempistica per la presentazione di quest’ultime, ma mostrano gravi ed evidenti lacune anche in diritto costituzionale. L’articolo 72, comma 4, della nostra Costituzione dice, infatti che la materia elettorale deve essere regolata attraverso il processo legislativo normale. Se questo non bastasse, ai soloni del centrodestra viene in soccorso anche la “Disciplina dell’attività di governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri” - legge 400 del 23 agosto 1988 - che stabilisce che il governo non può ricorrere al decreto legge per provvedere nelle materie indicate nell’articolo 72, quarto comma della Costituzione. Cosa vuol dire tutto questo? Che un decreto legge per risolvere il pasticciaccio brutto delle liste è incostituzionale e quindi, con ogni probabilità, anche se interpretativo, verrebbe bocciato dalla Consulta. Significa, soprattutto, che riammettere le proprie liste a colpi di maggioranza, cambiando le regole in corsa, non è democrazia, è dittatura. Non c’altra soluzione, dunque, se non quella di aspettare le decisioni della magistratura. E deve essere proprio così se se ne è accorto persino il Corriere della Sera. E’ la democrazia, signor Berlusconi!

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CHIEDANO SCUSA CON IL CAPPELLO IN MANO

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Stia sereno il ministro La Russa che, per l’occasione, ha addirittura rispolverato la verve del ventennio annunciando nuove marce su Roma: a noi di Italia dei Valori non piace vincere facile. A qualcun altro dalle sue parti forse sì, ma a noi di certo no. Non ci vengano a fare lezioni di democrazia. Non ne hanno proprio i titoli né la dignità. Per noi la politica è innanzitutto un esercizio di libertà e per questo non vogliamo vincere a tavolino ma vogliamo un confronto vero tra tutte le forze in campo perché siamo convinti di potercela fare grazie alle nostre idee, ai nostri programmi e ai nostri valori. Quello che, però, proprio non possiamo accettare è l’arroganza e la violenza verbale con la quale in questi giorni La Russa, Gasparri, Bonaiuti, i grandi esclusi Formigoni e Polverini, e tutta la corte di nani e ballerine del Pdl, si presentano davanti ai cittadini e alle telecamere, cercando di scaricare sugli altri le loro colpe e cialtronerie, ancora una volta attaccando le istituzioni ed annunciando sfracelli qualora l’opposizione, che addirittura dipingono come golpista, non venga a più miti consigli e a soluzioni politiche. Sia chiara una cosa, anzi più d’una. Se siamo al punto in cui siamo, con due regioni senza il candidato presidente del centrodestra, è soltanto per l’incompetenza, la cialtroneria, ed il pressapochismo della loro classe dirigente, di un Pdl lacerato da devastanti tensioni interne, diviso in ogni regione in montecchi e capuleti, in bande l’una contro l’altra armate, che addirittura, come è accaduto nel Lazio, pare non abbia presentato la lista in tempo solo perché, all’ultimo istante, ha tentato di cambiare i nomi dei candidati a firme già raccolte, il che addirittura, se confermato, si configurerebbe come reato. Il Pdl, invece di blaterare come chi, dopo aver coltivato deliri di onnipotenza, si ritrova all’improvviso precipitato dalle stelle alle stalle, si presenti davanti agli italiani con il cappello in mano e cominci a chiedere scusa. Chieda scusa ai propri elettori per la cialtroneria e l’incompetenza dei loro rappresentanti politici. Chieda scusa agli elettori dell’opposizione che rischiano, incolpevolmente, di vedere interrotta la campagna elettorale e rinviate le elezioni. Chieda scusa alle opposizioni che, in questi giorni, ha definito squallidamente golpiste. Chiesa scusa a quei magistrati seri e coscienziosi delle corti di appello che ha dipinto come mascalzoni al soldo dei “comunisti”. Chieda scusa al presidente della Repubblica che ha ignobilmente tentato di tirare in mezzo a questa rissa che lo stesso Pdl ha prima creato e poi fomentato. E, perché no, chieda scusa agli italiani per aver trasformato la campagna elettorale in un silenzio surreale ad angosciante, dopo aver spento tutte le voci della libera informazione televisiva. Faccia tutto questo il Pdl. E un attimo dopo, parleremo di soluzioni politiche. Fino ad allora, noi non possiamo far altro che aggrapparci a quell’ultimo brandello di democrazia che ancora resiste in questo Paese e che è rappresentato dalla legalità, dall’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alle legge e dalla fiducia nella magistratura, come straordinario strumento di garanzia democratica nell’applicare e tutelare questi valori di libertà.

 

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