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La grave colpa dell'Italia è sempre la stessa: quella di non ricordare.. di non ricordare le difficoltà della nostra integrazione all'estero, nei paesi dove gli italiani si sono rifugiati in tempi difficili, di non ricordare come ci sentivamo, quando ci chiamavano tutti "mafiosi" operando generalizzazioni insensate, di non ricordare quanto, nella storia, abbia fatto danni il cercare a tutti i costi nell' Altro, nel diverso, il capro espiatorio, la causa di tutti i mali della società, di non ricordare i tempi bui della discriminazione razziale, etnica, sessuale, che solo pochi decenni fa ha distrutto popoli, etnie e ha sradicato il tessuto sociale dell' Europa, di non ricordare neanche quei tanto "bistrattati" valori cristiani, a cui tutti piace appellarsi, per un motivo o per l'altro, e che dovremmo evitare di interpretare a nostro piacimento.Si discute spesso se l'Italia sia un paese razzista o no. Certo, parlare di "paese" razzista è anch'essa una generalizzazione impropria che non tiene conto dell'animo di molte persone, associazioni, parrocchie, enti, che lottano per l'integrazione e per abbattere quel fenomeno di reciproca ignoranza, che porta "noi" e "loro", ad essere così diversi.Dall'altra parte, credo che un paese mostri il suo volto nell'attività legislativa. Quindi, dispiace dirlo, siamo un paese che identifica nel clandestino, una sicura minaccia, un terrorista, un delinquente.. Siamo un paese che ricaccia in Libia decine e decine di PERSONE,donne, bambini, uomini, provenienti dall'Africa sub sahariana, dalla Somalia, dall'Eritrea, dal Ghana, che hanno perso tutto, che hanno subito violenze inimmaginabili, che sono stati derubati di ogni cosa e che si aggrappano ad una ed una sola speranza. Questi sono i fatti. Non ricordiamo l'olocausto e il razzismo profondo da cui è scaturito, non ricordiamo le parole di Liana Millu: "E' successo, può succedere ancora".