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UN PAESE PRESO A SCHIAFFI

Qualche giorno fa ho letto un articolo che parlava dei nuovi processi di migrazione. Il punto centrale era di una novità assoluta, sorprendentemene amara. Nei primi dell'Ottocento, migliaia di persone migrarono dall'Argentina, dal Brasile, verso l'Europa, Spagna, Germania, Italia. Il fenomeno, oggi, è esattamente al contrario. Migliaia di giovani spagnoli, tedeschi, italiani stanno emigrando verso quei paesi, compresi quelli che un tempo chiamavamo Terzo Mondo, in cerca di fortuna. C'è una differenza, però, tra questi due processi migratori. I giovani che, nei primi anni dell'Ottocento, partivano per l'Europa, sorta di terra promessa, non avevano titoli di studio, erano operai, contadini, con il portafoglio vuoto ma il cuore gonfio di speranza. Oggi, i nostri giovani che migrano verso l'Argentina, il Brasile in cerca di futuro sono medici, biologi, architetti, ingegneri, le migliori teste d'Italia, d'Europa. Cercano altrove quello che qui non trovano, la possibilità di fare il loro mestiere, di crescere, di fare ricerca, di aprire strade sconosciute. Di fare quello che il grande Neil Armstrong ha fatto nel 1969 e che il presidente John F. Kennedy ha stigmatizzato 43 anni fa con queste parole: "Non abbiamo deciso di andare sulla luna perché è facile, ma perché è difficile".

Senza i pesanti tagli all'istruzione e alla ricerca messi in atto prima da Berlusconi e poi da Monti, avremmo potuto segnare un punto in controtendenza. Senza una riforma del lavoro come quella della Fornero avremmo potuto avere un mercato del lavoro più equilibrato e meno sbilanciato.

Un futuro precario, licenziamenti a gogò, lavoro in nero: questo è il futuro che attende i nostri giovani. Ed è normale che, in un panorama tanto desolante, con coraggio e determinazione guardino altrove. Ma quando il Paese si sarà svuotato dei migliori cervelli da che parte guarderà?

SE IL DIRITTO ALLO STUDIO VIENE NEGATO

Diciannove anni, costretta a letto da una rarissima malattia, diplomata con il massimo dei voti, molta voglia ed eccellenti capacità di proseguire gli studi: impossibilitata a farlo, perché nessun ateneo la accetta. Succede anche questo in Italia. Nell'Italia degli affanni economici, delle beghe politiche, dei tagli incondizionati a ricerca e università, nell'Italia delle tasse che gravano sempre di più su chi ha voglia di studiare e costruirsi un futuro professionale. Succede ad una ragazza della provincia di Bari, Rosanna. Il Comune del suo paese, fino al momento, grazie agli appelli del sindaco, è riuscito a finanziare quanto le serviva per seguire le lezioni e studiare dal suo letto. Ma ora università come la Cattolica di Milano, solo per citarne una, dicono, nero su bianco, a Rosanna, che non hanno possibilità di accoglierla tra gli studenti, perché non attrezzati per gli studi a distanza. La ragazza ha lanciato un appello al ministro Profumo, che mi auguro, ne sono anzi certo, interverrà sulla vicenda per consentire che a Rosanna venga riconosciuto un diritto che le appartiene. Mi unisco all'appello, naturalmente. Ma al ministro Profumo e a chi verrà dopo di lui, chiedo che fatti come questo non si debbano più verificare, perché le pagine dei giornali di oggi che trattano l'argomento mi fanno vergognare, e non credo capiti solo a me, di vivere in questa società. Passino allora, si fa per dire, i tagli ai fondi. Non passi che a chi, come Rosanna, è intenzionato, capace e desideroso di studiare, venga negata la possibilità di farlo solo perché non ci sono i soldi perché lo faccia a distanza.

CRISI, NESSUNO INGOI LA POLPETTA AVVELENATA DI TREMONTI

Berlusconi-TremontiBerlusconi-TremontiL'intervista di Tremonti pubblicata oggi su Repubblica farebbe ridere dalla prima all'ultima riga, se non fosse per il fatto che rappresenta una tragica fotografia dell'assoluta incapacità ed incoscienza di questo governo. E' una vera e propria gag, quella odierna del ministro dell'Economia, l'ultima conferma del fatto che Tremonti e Berlusconi sono come una vecchia coppia di comici da varietà che ormai tiene banco da 20 anni, stordendo gli italiani con dosi massicce di frottole. Nella puntata odierna del varietà del governo, Tremonti ci racconta, ancora una volta, che la crisi economica è finita, che i sacrifici più duri sono acqua passata, che l'Italia è più forte e gode di salute più degli altri paesi. E' tale la tecnica affinata in 20 anni dal ministro dell'Economia e dal suo premier, che, nel leggere l'intervista, se non apri bene gli occhi e non ti domandi: "ma chi sta prendendo per il culo?", ti verrebbe quasi da credergli. In realtà Tremonti dimentica che il nostro paese non cresce da 10 anni. Dimentica che, anche ora che le altre economie europee hanno ripreso a camminare, l'Italia è ferma ai blocchi di partenza. Dimentica le centinaia di imprese che continuano a chiudere i battenti, le centinaia di persone che continuano a perdere il posto di lavoro. Dimentica la disoccupazione giovanile al 25%, le decine di migliaia di precari che, a partire dal mondo della scuola, continuano ancora oggi a rimanere senza occupazione per i tagli iniqui e scriteriati di questo governo. Un governo che, come ha ricordato il Presidente Napolitano solo pochi giorni fa, non ha ancora messo a punto una politica industriale. E come potrebbe, d'altra parte, se il settore è privo della guida di un ministro? Questo governo non ha una politica fiscale, non ha una politica del lavoro, non ha una politica di riforme del sistema economia, che in Italia è ormai ingessato da decenni. Le proposte avanzate da Tremonti nell'intervento-gag di oggi sono il solito armamentario, in parte da libro dei sogni, quello in cui figurano cieli azzurri e bambini sorridenti, in parte costruito con armi spuntate che la prima volta che l'ho visto usare è stato 20 anni fa. Solo frottole, solo sogni, affermazioni anche giuste, ma squallidamente contraddette dalle politiche che da ormai quasi tre anni questo governo porta avanti. Tremonti deve davvero pensare che gli italiani siano un popolo di fessi, se indica, tra i più grandi obiettivi del governo, l'investimento nel settore della ricerca, che lui stesso, dal primo giorno di questa legislatura, cerca sistematicamente di radere al suolo, con l'aiuto di un'altra sciagura nazionale: Mariastella mani di forbice. Proprio per questa ragione, l'apertura di Tremonti ad un periodo di riforme da condividere con l'opposizione, se da un lato è insultante in quanto proveniente da un governo che fino al momento ha saputo legifrare solo a colpi di fiducia, dall'altro lato è solo una polpetta avvelenata offerta da un governo incapace di governare il Paese in una fase così delicata, ad un'opposizione che cerca in tutti i modi di coinvolgere nelle proprie politiche fallimentari. Ecco perché speriamo che nessuno ingoi la polpetta, speriamo che nessuno, da parte dell'opposizione, ci caschi. Quella di Tremonti non è una proposta, è solo un bidone. Per riportare l'Italia sulla strada giusta c'è un passo decisivo da compiere il prima possibile: mandare a casa questo governo, che non ha come obiettivo l'interesse generale del Paese, ma solo quello di difendere i tornaconti personali di Berlusconi.

Gli invisibili della crisi

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Va tutto bene. E’ questo il ritornello del ministro dell’Economia Tremonti. Il Paese è in ripresa, i conti tornano ma serve rigore. Così la Finanziaria che arriva proprio in questi giorni in Parlamento contiene solo tagli e tante bugie. Nessuna risorsa per l’Italia in crisi, quella vera, fatta di operai che stanno perdendo il lavoro, di famiglie che non arrivano alla fine del mese, di poliziotti che fanno sicurezza sul territorio senza soldi e risorse, di ricercatori che non ricercano più e vanno all’estero, nel migliore dei casi. C’è un’Italia in crisi fuori dalle stanze dorate dei palazzi, quell’Italia che telegiornali e tv asservite al padrone, continuano a negare e che noi testardamente continueremo a mostrarvi.Oggi, solo a Roma, c’erano quattro manifestazioni. C’erano gli operai dell’Alcoa, davanti al ministero dello Sviluppo Economico, azienda leader nel settore della produzione in alluminio, con 3.000 operai che rischiano di perdere il posto di lavoro, in una regione come la Sardegna già in grosse difficoltà occupazionali. C’erano i vigili del Fuoco, a piazza Navona, senza più risorse e mezzi. C’erano lavoratori di Eutelia, davanti a palazzo Chigi, società spezzettata e venduta a pluricondannati specializzati non nel rilanciare l’economia del Paese ma nel lucrare sullo smantellamento di aziende. C’erano, infine, i ricercatori dell’Ispra, in rivolta sui tetti dell’istituto, in procinto di essere tutti licenziati da uno Stato che ormai non investe più un euro in ricerca.Noi da tempo siamo al fianco di questi pezzi d’Italia dimenticati dalla tv di regime. E più assordante sarà il silenzio imposto dal Governo, più noi continueremo a gridare a voce sempre più in alta che in Italia le cose non vanno bene per niente.