Taggati con: Vaticano
L'ICI ALLA CHIESA NON E' UN TABU'
Abbiamo sempre detto che avremmo valutato il governo Monti sulla base di fatti concreti. Lo abbiamo fatto e lo stiamo facendo. Con serietà e concretezza, senza preconcetti certo, ma anche senza alcuna sudditanza. Prendiamo atto, con piacere, che c’è una novità importante nei rapporti tra Stato Italiano e Vaticano, negli ultimi anni fortemente condizionati dalla strumentalità del governo Berlusconi che ha fatto dei rapporti con le gerarchie cattoliche uno strumento di campagna elettorale.
La novità è che si sta pensando ad un nuovo regime fiscale per gli immobili ecclesiastici. E da nessuna parte si stanno alzando muri o costruendo barricate. Il governo sembra intenzionato a far pagare alla Chiesa l’Ici sugli immobili commerciali esentando naturalmente quelli di culto.
Siamo d’accordo. La nostra, chiaramente, non è una posizione ideologica, perché abbiamo grande rispetto per le attività sociali, solidaristiche e caritatevoli della Chiesa, che spesso svolge importanti compiti di supplenza alle mancanza del welfare statale. E’ una posizione di equilibrio e di buonsenso.
L’Europa ha aperto nel 2010 un’indagine sugli aiuti di Stato italiani alla Chiesa e alle sue attività imprenditoriali e commerciali. Per Bruxelles si tratta di privilegi che favoriscono attività che operano al di fuori del sistema della concorrenza. In ogni caso non si comprende per quale motivo delle attività imprenditoriali che generano profitto e che non hanno scopi benefici debbano essere privilegiate rispetto a tutte le altre.
Con l’attuale regime lo Stato italiano ha rinunciato a centinaia di milioni di entrate ogni anno. Miliardi non incassati che alla luce dell’attuale stato di crisi, rappresentano un buco nero difficile da giustificare, anche per la Chiesa. La nota politica più positiva di questo nuovo corso è stata il dialogo e il superamento di una fase in cui i rapporti tra Stato e Chiesa erano modulati sulla base di interessi economici e politici.



PAOLA HA DETTO SI. E IO LE DICO GRAZIE!




LIBERA CHIESA IN LIBERO STATO. MA DOVE?
In Italia la maggior parte delle scuole private sono cattoliche. Il governo ha tagliato i fondi alla scuola pubblica ma non ha toccato quella privata, vale a dire non ha toccato le scuole cattoliche. In Italia, la Chiesa detiene il 22% del patrimonio immobiliare nazionale. Oltre un quinto del patrimonio immobiliare italiano fa capo alla Chiesa: 200 mila posti letto sono gestiti da religiosi, con 3.300 indirizzi, tra case per ferie, hotel, centri di accoglienza per pellegrini. Il giro d’affari è stimato in 4,5 miliardi. Solo a Roma sono 5.000 i posti letto ufficialmente disponibili in ex conventi e collegi religiosi. Nulla contro la Chiesa e la sua funzione sociale svolta dalle parrocchie e dagli altri enti cattolici, nulla neppure con tante delle attività che molti soggetti cattolici svolgono in linea con lo spirito missionario. Ma bisogna fare delle distinzioni. Certamente non siamo contro l'agevolazione da parte dello stato alla Chiesa, ma il Governo non può saccheggiare risorse, già limitate come per esempio quelle del 5 per mille, e poi utilizzare i pochi fondi che ci sono continuando a deviarle alla Chiesa che attinge già da più parti. Un esempio è quello che è successo con l'Ici. Il Governo Berlusconi ha esentato la Chiesa dal pagamento dell’Ici sul patrimonio immobiliare del Vaticano cosa che non ha senso se tra quelli che non dovranno più pagare ci sono anche esercizi commerciali o ristoranti. Inoltre, un conto è agevolare le scuole paritarie, un altro è tagliare le risorse alla scuola pubblica e lasciando intatti quelli alle scuole cattoliche, perchè, caro ministro Tremonti, se i soldi non ci sono non per tutti. Entro il 13 dicembre di quest’anno, poi, la Commissione bilancio deve esprime il suo parere sulla distribuzione della quota complessiva dell’8 per mille devoluto allo Stato che, per il 2010, è di circa 145 milioni di euro. I soldi sono stati così ripartiti: 5 milioni per 40 interventi a favore della lotta contro la fame nel mondo, 11 milioni per 13 progetti di assistenza ai rifugiati, 20 milioni per 22 interventi a favore delle popolazioni colpite da calamità naturali e, infine, 107 milioni di euro per 262 interventi volti a conservare beni culturali. Ma c’è un “ma” grande come una casa. Nella voce “conservazione dei beni culturali”, infatti, la maggior parte degli interventi concerne il restauro di chiese e conventi, spesso richiesto da parrocchie ed ordini religiosi. Si tratta di 105 interventi, pari al 40% degli totali. La somma impiegata è pari a circa 66 milioni di euro, ossia il 61% della somma destinata alla conservazione dei beni culturali e al 46% della quota complessiva riservata allo Stato. Non è una novità. Già nel 2009 la deviazione dei fondi spettanti allo Stato verso la Chiesa cattolica fu ingente. Silvio Berlusconi, reduce dall’incidente diplomatico del 28 agosto, dispose che i 10 milioni di euro assegnati al capitolo beni culturali fossero finalizzati a interventi in favore di 26 immobili ecclesiastici. Persino i deputati del centrodestra in commissione Bilancio di Montecitorio storsero il naso, contestando carenze ed incongruenze ma il copione sta per andare di nuovo in scena. Eppure Santa Romana Chiesa, proprio riguardo all’8 per mille, la fa già da padrone, in virtù del concordato del 1984 e anche grazie ad un’opzione che stabilisce che l’otto per mille di quei cittadini che non firmano viene ridistribuito secondo le percentuali calcolate in base a chi ha espresso la scelta. Con tutto il rispetto per Santa Romana Chiesa, già ampiamente beneficiata, perché lo Stato deve dare due volte? Perché con l’ingente somma che la Chiesa già introita grazie all’8 per mille non provvede da sola al restauro dei suoi beni culturali? Italia dei Valori, il prossimo 13 dicembre, in Commissione bilancio chiederà che, tali risorse siano destinate a ripristinare il fondo del 5 per mille al volontariato, brutalmente taglieggiato dal ministro Tremonti. Dalle parole ai fatti.



GHEDDAFI, SPETTACOLO OLTRE OGNI LIMITE




PROPAGANDA FIDE NON FA RIMA CON FEDE
Cardinale Crescenzio Sepe
E’ di questi giorni la notizia che il cardinal Sepe è indagato a Perugia in quanto si sospetta un suo coinvolgimento nel sistema gelatinoso della cricca, lo spaventoso intreccio tra affari e politica che sta delegittimando le istituzioni e la classe dirigente di questo Paese. Propaganda Fide non è, come qualcuno può aver erroneamente pensato leggendo i giornali in questi giorni, l’agenzia immobiliare del Vaticano, ma il dicastero che si occupa dell’attività missionaria e coordina l’opera di evangelizzazione dei popoli. Ed è proprio qui che ritengo indispensabile aprire una riflessione. Non voglio esprimere sentenze di condanna anticipate. Anzi, mi auguro che il Cardinale Sepe chiarisca al più presto e pienamente la correttezza dei suoi comportamenti. Resta comunque il fatto che, quando ruoli chiave ed importanti della Chiesa vengono affidati a uomini “più a vocazione temporale che pastorale”, in un Paese come il nostro dove i legami e gli intrecci tra Stato e Chiesa sono così numerosi e rilevanti, si creano delle distorsioni non solo pericolose per la legalità ma ancora più per l’immagine della Chiesa stessa. Che si tratti dello scandalo dello Ior e di Marcinkus, oppure della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli e le relazioni pericolose del cardinale Sepe, è evidente che tanto lo Stato quanto la Chiesa devono compiere ogni sforzo di trasparenza perché queste degenerazioni non si ripetano e perché Stato e Chiesa restino realtà collaborative ma distinte e distanti. Da questo punto di vista, ritengo importanti le parole importanti e non rituali di papa Ratzinger pronunciate ieri, quando ha detto che il sacerdozio non è un mezzo per raggiungere il potere e per realizzare ambizioni personali. Chi aspira al sacerdozio per un accrescimento del proprio prestigio personale e del proprio potere ha frainteso alla radice il senso di questo ministero. Chi vuole raggiungere un proprio successo sarà sempre schiavo di se stesso e dell'opinione pubblica. Per essere considerato, dovrà adulare, dire quello che piace alla gente, dovrà adattarsi al mutare delle mode e delle opinioni e, così, si priverà del rapporto vitale con la verità. Spero che il buon esempio, quello che lo Stato non riesce a dare nominando ministro Aldo Brancher per non mandarlo in tribunale, sia capace di darlo la Chiesa.



Difendiamo la vita, le donne e la laicita'
La verità sulla 194
Anatema anatema: non votate per chi difende l’aborto, votate per la vita. Così il cardinale Bagnasco è sceso in campagna elettorale a quattro giorni dal voto. Certo, il presidente della Cei ha tutto il diritto di esprimere la posizione della Chiesa sul tema, ma c’è una cosa che non mi convince. Cosa c’entra l’aborto con le elezioni amministrative per il rinnovo di comuni, province e regioni? Niente perché è materia di competenza nazionale. E’ evidentemente una mano tesa alle traballanti liste del centrodestra. Un inaccettabile attacco a due candidate in particolare: Merceds Bresso e soprattutto Emma Bonino, colpevoli soltanto di aver espresso oggi come in passato la loro opinione e di aver fatto sclete politiche conseguenti. Scelte che, perlatro, non entrano in nessun modo oggi in campagna elettorale. Proviamo, tanto per ristabilire un minimo di verità, a fare qualche considerazione al di fuori delle barriere ideologiche e religiose. Analizzando un po’ i dati emerge con chiarezza che difendere la vita significa difendere la legge 194 sull’aborto, entrata in vigore nel 1978. Checché ne dica Bagnasco. Fino ad allora, l’interruzione volontaria di gravidanza era vietata e le donne che intendevano abortire e che non potevano permettersi costosissimi interventi all’estero, dovevano ricorrere clandestinamente a medici compiacenti in strutture di fortuna o, peggio, alle cosiddette mammane. Il prezzo era altissimo: senza menzionare la mortificazione e la vergogna, in migliaia morivano ogni anno. Una vera tragedia, una pagina buia della nostra storia recente. Oggi, per fortuna, non è più così. E non dobbiamo tornare indietro per nessun motivo. I dati sull’andamento delle interruzioni di gravidanza sono chiarissimi e dimostrano che il trend dall’entrata in vigore della 194, è in costante diminuzione: dai 213.000 del 1980 ai 120.000 (80.000 donne italiane) attuali. In sostanza la legge sull’aborto ha drasticamente ridotto il ricorso all’interruzione di gravidanza. La vita si difende tornando al 1978? Io, caro Bagnasco, dico di no. Un paese civile e moderno difende la vita, tutela le donne e la loro dignità, non permette ai propri cittadini di tornare a pratiche medievali, a interventi sanguinolenti praticati con spilloni da mammane senza scrupoli. Allora difendiamo davvero la vita e diffondiamo la cultura della prevenzione per diminuire ancora di più il ricorso all’aborto. Interveniamo sulle cause socio-economiche, miglioriamo la 194, potenziamo i consultori e l’assistenza alle donne che devono sottoporsi ad un intervento traumatico che spesso lascia cicatrici permanenti. Spero di essere stato sufficientemente chiaro sul perché non si deve toccare una legge civile e moderna che ha migliorato l’Italia. Passo perciò a qualche considerazione più politica. Berlusconi è in difficoltà, le elezioni regionali non andranno bene per lui, non certo come si aspettava qualche mese fa. Questo intervento di Bagnasco così diretto e così plateale è l’ultima, ennesima dimostrazione della sua debolezza. Da solo non ce la fa più perché il governo è diviso, il Pdl, la sua creatura, è lacerato. La Lega del ‘fedele’ alleato Bossi lo insidia e pregusta il sorpasso nelle regioni del Nord. Per questo Berlusconi ha bisogno di stampelle. E questa rinnovata ‘santa alleanza’ col Vaticano capita a proposito. Come ogni cosa, però, ha il suo prezzo. E lo stabiliranno i vescovi, non Berlusconi, che tra l’atro ha parecchio da farsi perdonare: la separazione da Veronica, il caso Noemi, le feste a Palazzo Grazioli, la vicenda Patrizia D’Addario… Questo prezzo rischiamo di pagarlo noi italiani, con la perdita di un’altra quota di laicità dello Stato.



LA DISCESA IN CAMPO DI BAGNASCO



LA STUPIDA GUERRA SUL CORPO DELLE DONNE




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