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BERLUSCONI-FINI? CACCIAMOLI NOI!

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Proprio non ce la fa. E’ più forte di lui. Non concepisce altro culto che l’idolatria. Che ci crediate o no, ieri, di fronte allo psicodramma  stile “Kramer contro Kramer” tra Silvio e Gianfranco, il presidente del Consiglio mi ha quasi fatto pena. Lui, ricco, anziano, abituato come è ad essere obbedito, ossequiato, incensato, venerato, riverito, omaggiato, lui che con i soldi è riuscito a comprare tutto nella vita, lui che si è fatto da solo, e che da solo si vuole fare la giustizia e le riforme, faceva quasi pena così come era, stordito, suonato, come un pugile prima di cadere al tappeto. Ma è bastato poco, il tempo di una notte. L’anziano pugile, ferito ed umiliato, ha coperto i lividi con il cerone ed ha iniziato la sua vendetta inesorabile. Come Rockerduck che mangia il cilindro, ha aperto ufficialmente la stagione della caccia ai finiani, vil razza dannata, cui vuole riservare lo stesso destino delle aquile reali, dei bisonti europei, delle foche monache e degli scoiattoli rossi: l’estinzione . L’obiettivo è portare a casa l’impunità per via costituzionale.La vendetta, diceva Daniel Pennac, è il territorio infinito delle conseguenze indesiderate. Berlusconi potrà mettere in atto tutte le epurazioni che vuole, potrà vedere i finiani perire, in senso metaforico s’intende, ad uno ad uno, potrà veder rotolare giù tutte le teste ingrate che vuole, ma non potrà fermare l’inesorabile processo di decomposizione di un partito dell’amore che non c’è mai stato, non è mai esistito e in cui mamma e papà se le suonano da anni di santa ragione. E’ finita per sempre la favola dei cieli azzurri e dei prati fioriti. L’unanimismo sciocco e servile vivrà, forse, qualche altro giorno di gloria ma il destino del Pdl ormai è segnato. Per sempre.Non c’è di che stare allegri per i prossimi tre anni. Già nei primi due, dove filavamo o almeno fingevano di filare d’amore e d’accordo, hanno fatto poco o niente e quel poco che hanno fatto è riuscito pure male. Messi come sono oggi, divisi e l’uno contro l’altro armati, con il rischio di continui agguati ed imboscate, rischiamo la paralisi istituzionale e parlamentare. Noi non possiamo restare a guardare mentre i Montecchi e i Capuleti se le suonano di santa ragione e Verona affonda in una crisi sempre più inesorabile. Abbiamo il dovere di metterli alle strette, di pungolarli, di bastonarli se necessario. Italia dei Valori non sarà l’opposizione con la mano tesa, quella abituata a ballare con la musica altri. Se non sono in grado di andare avanti, di fare le riforme che servono al Paese vadano a casa.

PDL, SIAMO ALLA RESA DEI CONTI

Tag: Berlusconi , Fini , Lega , Pdl

Fini-BerlusconiFini-Berlusconi

“Non ho mai imposto la mia volontà”. Non lo ha detto Ghandi o Madre Teresa di Calcutta. Tenetevi forte, lo ha detto Silvio Berlusconi questa mattina aprendo i lavori della direzione nazionale del secolo. Temo fortemente che, a questo punto, a Silvio Berlusconi serva uno psichiatra, ma uno bravo, che possa risolvere il suo ormai evidente problema, ovvero, la sistematica negazione della realtà e la creazione di una neorealtà delirante parallela. Chi si mette contro viene messo alla berlina sui suoi giornali. E’ da quando il presidente della Camera ha aperto ufficialmente la crisi nel Pdl che Gianfranco Fini viene deriso e sbertucciato a caratteri cubitali sui quotidiani di famiglia. Addirittura, oggi scopriamo un Silvio in veste di Ercole forzuto e nerboruto che, una volta, per farlo risedere, gli ha messo le mani addosso. Questa è la dimensione di Silvio e, purtroppo, è anche la sua cifra politica. La democrazia interna nel partito è un concetto che non fa parte del suo vocabolario. Chi si mette contro di lui viene colpito dal fuoco di fila della stampa e dei telegiornali di famiglia, bravissimi nel praticare il neo-minzolinismo di ritorno. A chi si mette di traverso arrivano puntuali bastonature mediatiche, roghi e minacce di licenziamento. Il confronto per lui è una metastasi e c’è un unico modo per combatterla: soffocarla, reprimerla, in maniera autoritaria e rozza, mostrando i muscoli se necessario. Questa non è politica, è rappresaglia, vendetta, questa è la politica secondo Silvio.
Tutta questa vicenda un merito ce l’ha. Abbiamo scoperto finalmente chi è il vero fascista tra Fini e Berlusconi, e non è il primo. Abbiamo scoperto che nel Pdl ci sono più cani da riporto che segugi, e c’è chi, fregandosene del ruolo di seconda carica dello Stato, esegue gli ordini del padrone senza emettere un fiato. Non si capisce perché il presidente del Senato, Renato Schifani minacci da più giorni di licenziare Fini, colpevole di fare secondo lui politica attiva, e lui che sta facendo la stessa identica cosa dovrebbe, invece, rimanere in sella al suo incarico tranquillo e beato. Per quanto ci riguarda, ci auguriamo che tutto questo non finisca qui, che la nuova stagione aperta da Gianfranco Fini nel Pdl porti alla fine dell’era berlusconiana quanto prima, nell’interesse del paese e dei cittadini, prima che sia troppo tardi.

PDL: IL PARTITO DELL'ODIO E DELL'INVIDIA

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Dove è finito il partito dell’amore? Che ne è stato di quella coalizione solida di cui parlava Berlusconi qualche mese fa, nel massimo del suo proverbiale ottimismo? A noi pare che la spaccatura nel Pdl, con tanto di veleni tradotti in isteria, sia venuta a galla, senza filtri, in diretta televisiva, venerdì notte, durante la trasmissione “L’ultima parola”. Forse in linea con il programma in questione, che certo non si distingue per buon gusto, è andato in onda un esempio della peggior politica, fatta d’insulti da rissa di strada e urla da mercato di paese. Da una parte i finiani Italo Bocchino e Adolfo Urso, dall’altra il fedelissimo del premier Maurizio Lupi e la storica nemica del presidente della Camera, Daniela Santanché, la cui oscillante fede politica si è attualmente posata su Berlusconi. Più che una trasmissione televisiva, sembrava di assistere ad una riunione a porte chiuse di cui poi si legge nei retroscena dei giornali. Messa da parte anche l’ultima maschera di perbenismo evidentemente fasullo, i soggetti teoricamente sostenitori dello stesso governo, hanno palesemente dato dimostrazione di non conoscere più le ragioni ed il senso dello stare insieme. Le dichiarazioni ufficiali continuano, imperterrite, a parlare di governo solido, scissione lontana, ricomposizione imminente. Il premier, però, palesemente infastidito dalla poco dignitosa rissa avvenuta in tv, è esploso dicendo, riferendosi ai finiani in questione, “io quei due in televisione non li voglio più”. La facciata è definitivamente crollata, insomma, lasciando vedere chiaramente all’interno del cosiddetto partito dell’amore, una spaccatura e un odio insanabili. E non si tratta solo delle riforme, il nodo non è solo il rapporto con la Lega o il diritto al dibattito interno. I due mondi, le due ideologie, i due modi di intendere e fare politica, quello di Fini e quello di Berlusconi, non si sono mai veramente uniti, al di là dell’immagine patinata fornita finora con ostinato ottimismo. Adesso attendiamo gli eventi, con un briciolo di scetticismo, dovuto al fatto che, se anche dalla coalizione di governo si dovesse continuare a tentare di tenere in piedi la facciata e dunque dovessimo assistere ad una ricomposizione, rimane il fatto, ormai palese ed indiscutibile, che una spaccatura, profonda e insanabile c’è, c’è sempre stata e sicuramente continuerà ad esserci.

BERLUSCONI E FINI ALLA FRUTTA

Tag: Berlusconi , Bossi , Fini , Pdl

  Prima o poi i nodi vengono al pettine. Il Pdl, fino ad oggi, è stato consenso senza politica. Ma se un partito è fondato solo su un patto di potere, a forte impronta cesarista, e non c’è politica, non c’è un programma, idee o progetti, il consenso elettorale non basta per assicurargli lunga vita. Pompieri a parte, tra Berlusconi e Fini è rottura totale. Dopo il pranzo a base di spigola e vino bianco di ieri, sono arrivati alla frutta, e non solo in senso mangereccio.Quello che sta accadendo nel Pdl è il segnale evidente di una deflagrazione di un partito mai veramente nato. Certamente, va riconosciuto loro il merito di aver trasmesso, fino ad oggi, l’idea di un partito forte e coeso e che la loro non è stata una fusione a freddo, ma il risultato di un percorso maturo e saggiamente compiuto. Non è così, non lo è mai stato. Se il potere è uno straordinario collante ed un belletto naturale per far sparire le rughe e le crepe non si può fingere a lungo e più di tanto. Il partito dell’amore non c’è, è svanito al primo sole di primavera, gli equilibri precari sono saltati, anzi la verità è che non ci sono mai stati.In queste ore, il Pdl è una mayonese impazzita. Berlusconi minaccia Fini di dover rassegnare le dimissioni da presidente della Camera, qualora faccia sul serio con la creazione di gruppi parlamentari distinti. Peccato che il presidente del Consiglio ignori che la terza carica dello Stato viene eletta dalla maggioranza ma una volta eletto rappresenta tutto il Parlamento. Non è un posto di potere qualunque, come una poltrona in un consiglio di amministrazione o in un ente, per cui arriva un“capataz” qualunque come lui e dice “vattene, lascia la poltrona”. Il presidente del Senato Schifani, seconda carica dello Stato, invoca nuove elezioni se Fini rompe, in senso lato ma non solo, ignorando la circostanza che solo il presidente della Repubblica può sciogliere le Camere ed indire nuove elezioni. Insomma, sono tutti impazziti in attesa che passi la nottata.Come andrà a finire non si sa ma non è questa la posta in gioco. Se pure si ricomponesse, sarebbe un rimettere insieme cocci rotti e ridotti in mille pezzi. Ci sono due opposti modi di concepire lo Stato e la politica nel Pdl, difficilmente conciliabili tra di loro: da una parte, la visione cesarista di Berlusconi, dall’altra quella democratica e liberale di Fini.Tutto questo mentre c’è un Paese che attende le riforme di cui ha bisogno per rilanciare il sistema e la sua economia. Saranno pure capaci di vincere le elezioni ma non hanno la dignità, i progetti, le idee, per governare.

MANDIAMO A SILVIO L’AVVISO DI SFRATTO

Obama Progress - Berlusconi ProcessObama Progress - Berlusconi ProcessDomenica e lunedì migliaia di elettori andranno al seggio per esprimere il loro voto. In ballo non c’è solo il voto alle regionali. E’ l’occasione per mandare a Berlusconi un avviso di sfratto. Questo Paese non può più permettersi, nemmeno per un giorno, un presidente del Consiglio come Silvio Berlusconi. C’è bisogno di rinnovamento. Soffia un vento nuovo di rinnovamento, di giustizia, uguaglianza e legalità. La settimana scorsa, Barack Obama è riuscito a far approvare una legge che garantisce l'assistenza sanitaria gratuita a 32 milioni di cittadini americani. Il presidente degli Stati Uniti, solo contro tutti, come Davide contro Golia, ha battuto le fortissime lobbies assicurative ed è riuscito dove nessun politico americano aveva mai osato prima. Con una vittoria storica, ha cambiato radicalmente il modo di pensare degli americani, che hanno sempre concepito la sanità come un prodotto commerciale da vendere, piuttosto che un diritto civile da garantire a tutti. In America, il presidente degli Stati Uniti, ha approvato una legge che non solo ha messo a disposizione 800 miliardi di dollari in sussidi alle famiglie ma ha obbligato le assicurazioni a non rescindere più la polizza a chi ha una malattia grave. In Italia, il presidente del Consiglio, solo contro tutti, come Don Chisciotte contro i mulini al vento, ossessionato dalla conquista del Quirinale, dall'età che avanza e dai problemi giudiziari che lo affliggono, ha l’ossessione della magistratura, colpevole secondo lui di voler fare il suo mestiere, ovvero, esercitare la giustizia. Ha impiegato i primi due anni e mezzo del suo governo per fare approvare al parlamento le leggi che servivano a garantirgli l’impunità. Come un dittatorello da strapazzo, cresciuto a illegalità e televisione, allergico alle regole e con un senso delle istituzioni da numeri relativi, ha sempre concepito la politica e le istituzioni come prodotti commerciali da vendere o comprare, a prezzi stracciati ovviamente. In Italia, il presidente del Consiglio, in due anni e mezzo, non solo non ha approvato una sola legge che agevoli le famiglie italiane e non ha prodotto uno straccio di piano industriale per il rilancio della nostra economia in crisi, ma dal palco della festa della libertà, come uno sciamano versione brianzola, ha rassicurato agli italiani che sconfiggerà il cancro entro tre anni, affermazione per la quale si esce dai confini della politica e si entra in quello misterioso ed imprescrutabile della psichiatria. Un oceano, e non solo quello Atlantico, separa Silvio e Barack. Con Obama è progress, con Silvio process. E’ la stessa differenza che separa Einstein dal mago do Nascimiento. E non si pensi all'America come a quel paese ricco e opulento della nostra iconografia popolare. L'America è un paese in crisi economica quanto e più di noi. E' una paese piegato da una recessione spaventosa. Eppure, in un contesto e in circostanze economiche sfavorevoli, Obama ha stabilito le priorità: i cittadini, soprattutto quelli più deboli, ed i loro diritti.Le priorità di Silvio sono altre. Al primo posto c'è lui, poi i suoi problemi giudiziari e infine la tutela del suo immenso e sterminato patrimonio economico e finanziario. Di fronte ad un Paese che sta andando in crollo verticale, di fronte ad una crisi economica spaventosa, continua a ripetere che per gli italiani, per le famiglie, per la scuola, per le imprese, per i lavoratori, non c'è una lira, poi però trova il modo di favorire i soliti quattro ricchi come lui, facendo approvare la legge sullo scudo fiscale. Queste sono solo alcune delle mille buone ragioni per mandarlo a casa. Queste elezioni regionali sono l’occasione per inviargli il primo avviso di sfratto, in modo che prepari le valigie. Un voto a Italia dei Valori è il francobollo per l’assicurata con ricevuta di ritorno: Berlusconi a casa presto!

CHI PRESIDIA LA DEMOCRAZIA FERMI IL DELIRIO DI BERLUSCONI

 

Gli attacchi del premier ai magistrati e alla sinistra sono ormai un delirio ossessivo e il refrain di questa aspra campagna elettorale. D’altronde, è un leader disperato, sul viale del tramonto, messo in discussione dai suoi stessi alleati politici che annaspa e arranca per coprire il vuoto pneumatico della sua azione di governo. Intanto, si consuma la sua precisa strategia mediatica. Straparlare e  berciare in tutte le trasmissioni a suo servizio e chiudere quelle che non lo fanno sproloquiare, anzi, quelle che osano occuparsi di lui in senso giornalistico. Ieri, conduttori genuflessi, a Unomattina, trasmissione in onda sulla rete ammiraglia della Rai, Silvio Berlusconi ha parlato per 13 minuti ininterrottamente, senza contraddittorio. Stamattina, invece, nonostante le vibrate proteste di ieri dell’opposizione e dell’Anm, il Silvio-pensiero è andato in ondata su Canale 5, rete ammiraglia di Mediaset, anche qui senza contraddittorio alcuno. Ogni giorno in questo Paese la libertà di informazione viene violata, stuprata e cancellata. Questa competizione elettorale è falsata perché giocata, ancora più che nelle passate competizioni elettorali, ad armi impari. La magistratura viene definita come una banda di malaffare, l’informazione è ridotta a zimbello e l’opposizione viene irrisa, sbertucciata e zittita. La sensazione disarmante è che i nostri appelli, così come le nostre vibrate proteste, affinché vengano ristabilite le regole minime per il rispetto della democrazia, cadano puntualmente e sistematicamente nel vuoto. Non c’è un’informazione, se non quella libera della rete, che sostenga o approfondisca i temi, i programmi e le idee dell’opposizione. E’ qui la vera tragedia. Mi domando, c’è un arbitro, qualcuno in Italia che abbia il potere, l’autorevolezza e la determinazione di imporre il rispetto delle regole? Dobbiamo davvero pensare che l’unica soluzione possibile sia quella immaginata da Saviano di invocare osservatori internazionali Onu a vigilare su queste elezioni? Quanto ancora deve essere umiliato questo Paese, quanto ancora devono essere vilipese le sue intelligenze, quanto ancora devono essere derisi i suoi onesti servitori dello Stato, prima che le istituzioni, ultimo baluardo e roccaforte a  tutela della democrazia e delle libertà, prima tra tutte quella imprescindibile ad essere informati correttamente, fermino questo scempio, arrestino gli insulti, il delirio ossessivo, compulsivo e maniacale del presidente del Consiglio? L’unità della nazione non si difende dando un colpo al cerchio e uno alla botte. Si difende garantendo l’autonomia ed il rispetto delle istituzioni e dei suoi operatori, difendendo i valori di libertà, prima fra tutti quella dell’informazione, la più nobile in politica, e facendo sentire tutti i cittadini italiani parte di una democrazia che rispetta le regole, cosa che in Italia oggi non avviene. I nostri padri hanno seminato la Costituzione di anticorpi democratici per contrastare ogni febbre autoritaria ed ogni tentativo di avvelenare la libertà. Chi presidia la democrazia in questo Paese agisca in fretta, con decisione, altrimenti davvero, l’unica soluzione possibile sarà quella di Saviano. 

UNA PIAZZA PARADOSSALE

  "L’amore vince sempre sull’odio e sull’invidia": non è una frase della Bibbia, è lo slogan della manifestazione che vede, oggi, il Pdl in piazza, ciliegina agrodolce sulla torta a dir poco indigesta che è questa campagna elettorale.Già, perché, se fino al momento essa è stata scriteriata, anomala e caratterizzata da comportamenti molto gravi e assolutamente discutibili di un premier padrone che vuole tutti e tutto al suo servizio, questa storia della sua discesa in piazza, a furor di popolo, non può non strapparci un mezzo sorriso. In un clima da guerra civile, nel quale le paranoie di Berlusconi sembrano non conoscere confini, spingendolo a vedere complotti e tentativi di sabotaggio al suo potere ovunque e da parte di chiunque, ora chiama alle armi il popolo sovrano, spingendolo a scendere, al fianco del governo, in piazza. A far cosa? Ci chiediamo. Il centrodestra sarà per le strade a manifestare contro chi? Contro se stesso? Contro la propria incapacità di governare? Contro la propria stessa impotenza? Contro le proprie divisioni?L’unica cosa certa è che Berlusconi ha fatto anche questa volta le cose in grande, com’è nel suo stile: sms d’invito, mandati con la propria firma sui cellulari dei cittadini, anche di quelli che non avevano dato autorizzazione, ben due cortei previsti, ogni dettaglio organizzato a dovere da una ditta che cura la coreografia. Niente è lasciato al caso, insomma, tutto organizzato in pompa magna, con tanto di Berlusconi in persona, il quale, sordo agli appelli del Capo dello Stato, che solo ieri ha invitato gli schieramenti a parlare di temi concreti e problemi reali in campagna elettorale, ora torna a mettersi al centro della scenografia a lui gradita, quella fatta di cieli azzurri e di bambini sorridenti.Chiama i suoi ad una nuova "guerra santa", usando le parole più commoventi del proprio vocabolario: "amore, odio, invidia" e addirittura "difesa della libertà e della democrazia". Uno slogan tragicomico, perché parte da chi è intervenuto sull’Agcom, con pesanti pressioni, per far chiudere una trasmissione sgradita, da colui che è l’artefice numero uno della gestione privatistica della cosa pubblica che caratterizza questo governo, da colui che ha manipolato per mesi la vita del Parlamento, archiviando i problemi del Paese, al solo scopo di tutelare se stesso dalla temuta e criticata magistratura.Oggi, annunciata da uno slogan paradossale, assistiamo ad una manifestazione che è il massimo dei paradossi. Oggi il governo protesta contro la sua stessa politica, nascondendosi, come sempre, dietro la lotta alle opposizioni. Oggi il presidente del Consiglio, inseguendo forse ancora speranzoso il potere assoluto, farà il suo primo bagno di folla dopo il grave episodio di Milano. Oggi, probabilmente, va in scena uno degli ultimo atti di questo dramma che è stata l’era Berlusconi.

FOGLIE DI FICO ADDIO. IL POLITICO E' NUDO

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Questa campagna elettorale, particolarmente dura ed aspra, forse anche sgradevole per la gran parte degli elettori italiani sempre più disorientati, ha sicuramente un merito: è la più vera degli ultimi quindici anni.

Per la prima volta le forze politiche italiane e gli uomini politici appaiono agli elettori per quello che sono realmente. La campagna elettorale, fino a qui, è stata preceduta e caratterizzata per l’emergere di tali e tanti scandali che i partiti si sono ritrovati nudi davanti agli occhi degli italiani, proprio nel momento in cui la campagna elettorale li ha messi improvvisamente al centro dell’attenzione. Non hanno avuto il tempo, questa volta, di darsi un contegno, di rivestirsi di quella solita melassa fatta di chiacchiere, più o meno serie e credibili. Questa volta, i partiti sono nudi e lo spettacolo è poco edificante. Le schifezze del Pdl, a partire da Bertolaso, sono talmente tante che si fa addirittura fatica ad elencarle tutte. Per 10 anni ci hanno dipinto il padrone della protezione civile come un incrocio genetico tra Batman e Madre Teresa di Calcutta. Poi, a guardare meglio, abbiamo scoperto che assomiglia più alle tre scimmiette che non vedono, non sentono e non parlano. Questa è l’immagine che rimarrà per sempre stampata nella mia mente: Bertolaso che si fa massaggiare dalla fisioterapista brasiliana in perizoma, mentre la cricca di banditi amici suoi saccheggia lo Stato sulla pelle dei morti e dei disperati. Poi c’è Cosentino. La Cassazione lo vorrebbe in galera perché la smetta una volta per tutte di aiutare i Casalesi. Berlusconi, invece, lo vuole saldamente ancora a capo del partito in Campania e a governare insieme a Tremonti il ministero dell’Economia. Si passa per Di Girolamo, il senatore smascherato dalle intercettazioni, che si è rivelato nello squallido ruolo di un semplice pupazzo i cui fili erano mossi da un boss della ‘ndrangheta. E sorvoliamo su Berlusconi. E’ fuor di dubbio che è stato il corruttore di Mills, per quanto prescritto. E sorvoliamo sulle minorenni, sulle escort. E sorvoliamo sul Pdl, il partito che non c’è, incapace persino a presentare le liste nel Lazio tali e tante sono le lacerazioni al suo interno. Non sorvoliamo, invece, anzi spendiamo due parole su Casini che ha trasformato la politica delle alleanze in questo paese in un mercato delle vacche e che ha confezionato per Berlusconi addirittura l’ultima legge ad personam sul legittimo impedimento, suggerendogli persino di farla a scadenza, come lo yougurt, in modo che la legge scada da sola dopo un anno, prima che la Corte Costituzionale faccia in tempo a cancellarla. Ma non paghi, dopo aver tuonato dalle pagine dei giornali e tg, contro il decreto salva liste, al momento del voto in Parlamento sulle pregiudiziali di costituzionalità, che avrebbe cancellato il decreto definitivamente per via delle numerose assenze nelle fila della maggioranza, Casini e metà del suo partito sono rimasti a casa, salvando Berlusconi ed il suo decreto legge. In Puglia la Sanità è uno schifo. Negli ultimi cinque anni, gli assessori alla sanità sono finiti tutti in galera, quando una manina provvidenziale non li ha spediti in Parlamento. giusto un attimo prima dell’arresto. Francamente Vendola, che quegli assessori ha scelti uno ad uno, farebbe bene per il futuro, e avrebbe fatto bene anche per il passato, quantomeno a prestare più attenzione. E del Pd che dire? Di scandali negli ultimi anni ne ha collezionati anche lui una cifra ragguardevole. Ma gli va riconosciuto di aver sempre rispettato le decisioni della magistratura, anche se qualcosa di diabolico nel perseverare di una certa sua classe dirigente nel malaffare obiettivamente c’è. Ma a colpire di più, nel Partito democratico, è la sensazione che pur condannando a parole i comportamenti sempre più antidemocratici di Berlusconi, non faccia seguire un’azione conseguente e coerente. Di fronte allo scempio della libertà di informazione, di fronte alla trasformazione della Rai in una metastasi del regime, non ci si può mettere la coscienza a posto dettando alle agenzie stampa un comunicato pieno di sdegno. Qui ci stiamo giocando il futuro, la tenuta delle istituzioni democratiche, quello straccio di libera informazione che ancora ci resta e non facciamo niente? Non agiamo? Le opposizioni, unite, in questo momento, dovrebbero buttare in aria, in senso metaforico, la vigilanza Rai, presidiare in migliaia giorno e notte viale Mazzini, invocare a pieni polmoni l’azzeramento dell’Agcom e dell’intera dirigenza Rai. E invece niente. Ed è un niente che sa di rinuncia, di debolezza, di indifferenza. Questa è la politica italiana purtroppo. Questa mattina, per un attimo ho tirato un sospiro di sollievo, quando ho letto che monsignor Bagnasco ha detto che la politica va rinnovata con la legalità. Ma è durato un attimo.  Due righe sotto, ho detto che Bagnasco ha pronunciato queste parole durante un convegno organizzato da Comunione e Liberazione, quella Comunione e Liberazione che di affari e tangenti, a leggere le cronache giudiziarie di questi mesi in Lombardia, ci campa e bene. Mi sono sentito preso in giro. Per questo, lo dico con forza e con convinzione, sono sempre più certo che Italia dei Valori è l’unico futuro per questo Paese, è l’unica possibile forma di riscatto della politica. Faranno di tutto per fermarci. Ma noi siamo la verità che loro non vogliono sentire. E la verità non si può fermare per sempre.

GOVERNO EVERSIVO OPPOSIZIONE RESTI UNITA

 

Di questa squallida vicenda delle liste del Pdl e dell’ancor più squallido epilogo rappresentato dal decreto salva liste del governo, ho già avuto modo di dire, su questo blog, tutto quello che penso, incluse le responsabilità del Presidente della Repubblica, sulle quali la mia opinione non è mutata di un millimetro. A questo punto, tuttavia, la vicenda diventa tutta politica. Vi è un governo e una maggioranza che, per colpa della propria incompetenza, di un diffuso senso di impunità, di una logica più di potere che di governo, non è stato nemmeno capace di presentare le proprie liste elettorali e che per rimediare a questo disastro, ha dovuto togliere un altro pezzo di libertà in questo paese, un altro pezzo di democrazia, mostrando, attraverso il decreto salva-liste tutto il proprio arrogante autoritarismo. Ma quanto più in un paese si stringe il giogo di un potere ormai allo sbando, tanto più cresce la reazione e l’insofferenza dei cittadini. Non servono sondaggi, oggi, per capire che milioni d’italiani stanno prendendo le distanze da un governo che ha voluto una campagna elettorale surreale: una campagna con liste taroccate, con la politica censurata in televisione e con l’intera informazione televisiva affidata a quelli che ormai sono soltanto telegiornali di regime. L’insofferenza che monta nel paese è un’occasione che questa volta l’opposizione non può lasciarsi sfuggire, come accadrebbe se ci facessimo trovare divisi, in polemica tra di noi e non uniti, nelle parole, negli slogan, in Parlamento e nelle piazze, per chiamare all’appello gli italiani che ancora non vogliono chinare la testa.

Per questo credo sia giunto il momento di mettere da parte le polemiche su Napolitano. Tanto ormai in Italia tutti, politici e cittadini, se hanno voluto, hanno capito e si sono fatti un’idea sui ruoli e sulle responsabilità. Ma non c’è dubbio che la responsabilità è prima di tutto del governo, di questa sua matrice eversiva che sempre lo accompagna e che, come un fiume carsico, ogni tanto affiora. Questo è l’avversario di oggi e, se saremo uniti, sono certo che gli italiani già alle urne il prossimo 28 e 29 Marzo alle urne, questa volta daranno un segnale forte. Il berlusconismo è finito e quelli che abbiamo davanti sono solo i suoi ultimi, ma non per questo meno importanti, colpi di coda.

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PDL, L'OGM INDIGESTO PERSINO AI SUOI

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Era uscito un attimo a mangiare un panino. Anzi no. Era andato a vedere come stava la figlia che aveva la febbre. Anzi no. Era andato a prendere i lucidi del simbolo. Anzi no. Era andato a recuperare dei fogli mancanti. Anzi no. A fare telefonate. Anzi no. A cancellare i nomi in lista. Anzi no. Ma che ha fatto Alfredo Milioni nelle ore fatidiche che hanno preceduto la presentazione delle liste del Pdl? Proprio non si capisce. Così come non si capisce cosa abbia fatto l’altro Alfredo, il Pallone coordinatore del Pdl nel Lazio che, per correre in aiuto ad Alfredo in cerca del panino, si sarebbe dimenticato di mettere la firma. Sarà. Sta di fatto che per colpa dei peccati di gola del primo Alfredo e quelli di memoria del secondo Alfredo, le liste in sostegno della candidata del centrodestra alla regione Lazio Renata Polverini si sono, appunto, polverizzate in un istante. Senza di esse, non c’è più né candidata, né schieramento, né corsa.

Ma davvero nel Pdl pensano che qualcuno possa bersi questa favola per allocchi? Davvero pensano che si possa credere, anche solo per un istante, a tanta insipienza, impreparazione, improvvisazione e cialtroneria? Se le cose stessero davvero così si dovrebbero dimettere tutti, responsabili nazionali in testa. La verità è un’altra e quanto sia grave lo si è percepito chiaramente dal nervosismo esplosivo del manganellatore mediatico, Ignazio La Russa, ieri in evidente difficoltà di fronte ai colpi e agli affondi del direttore Bianca Berlinguer.

Il partito del Pdl, “quell’ogm geneticamente modificato creato artificialmente per resistere alla pioggia di avvisi di garanzia e frutto di un ardito innesto tra un postfascista, un piazzista, uno stalliere e un perizoma “ – lo scrive oggi Francesca Fornario su l’Unità – come la patata transgenica varata ieri a Bruxelles, non regge la cottura. Alla prova dei fornelli, gli elementi fondanti, Forza Italia e An, si disgregano, vanno per fatti loro e la pietanza in tavola è inservibile, immangiabile nonché indigesta, persino ai suoi stessi padri fondatori.

Gli esperimenti genetici, frutto di alchimie di laboratorio, di fusioni a freddo decise dall’alto mostrano prima o poi i loro frutti sterili. Per di più, se ci metti che quelli che dovrebbero essere gli elementi fondanti di questo strano ogm partitico sono, in realtà, fratelli coltelli, l’un contro l’altro armati, c’è poco da sperare. Altro che partito unico, altro che magico predellino dei miracoli. Questo è il partito di un signore unico, Silvio Berlusconi, che tutto dispone, fa e stabilisce. E che se deve mandare giù il boccone amaro di “una candidatura non figlia sua” si mette di traverso, o almeno, alza le mani e dice ai suoi “roba loro, fanno loro”. Volete la Polverini? E Polverini sia. Ma fate voi. Io vado a mangiarmi un panino.

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