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FELICE ANNO NUOVO. AUGURI DI CUORE

 Buon AnnoBuon Anno   Fine anno. Tempo di bilanci e di programmi. Ci lasciamo un anno difficile alle spalle. Il dramma terribile del terremoto, che ha piegato l'orgogliosa terra d'Abruzzo. Poi la ricostruzione, ancora in corso, difficile e discussa e la sensazione forte che chi ha sbagliato non ha pagato il giusto prezzo. E' a loro, agli abruzzesi, orgogliosi e tenaci, che va il mio pensiero affettuoso e l'augurio di un sereno anno nuovo.Ma il 2009 è stato anche l'anno del gossip: Noemi, le escort a palazzo Grazioli, le tante zone d'ombra ed un privato del presidente del Consiglio, ingombrante ed imbarazzante, che si fa pubblico, con le sue ripercussioni sul piano internazionale ed un Paese intero messo alla berlina.L'anno che ci lasciamo alle spalle è stato anche segnato da scontri durissimi, tra politica e magistratura e tra le cariche istituzionali. E' l'anno del lodo Alfano, odiosa leggina ad hoc per congelare i processi del premier. Poi lo scontro durissimo tra il presidente Berlusconi e Giorgio Napolitano, reo, secondo il premier, di essere comunista come i giudici che hanno bocciato il lodo.Un anno difficile, duro, dai toni politici aspri, dominato dalla figura ingombrante di un presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che confonde il consenso popolare con una sortà di impunità nei confronti di qualsiasi altra autorità di controllo e garanzia; che ha ridotto il Parlamento ad una sorta di suo personale ufficio per gli affari legali; con una maggioranza che, nonostante i numeri, ha governato fin qui a colpi di fiducia, mortificando le opposizioni e la democrazia.C'è l'amara constatazione di un anno trascorso senza fare le riforme che servono ai cittadini, per colpa di una maggioranza inetta e inerme di fronte ad un Paese che soffre, a famiglie sempre più in difficoltà per il mutuo e le spese, a pensionati che arrivano a stento alla fine del mese, a migliaia di lavoratori che stanno perdendo o hanno perso il posto di lavoro.Ma c'è anche l'orgoglio e la consapevolezza di chi, come Italia dei Valori, sa di aver fatto il suo dovere in Parlamento, con tenacia e determinazione. Abbiamo pungolato, stimolato, denunciato la maggioranza ed il Governo richiamandoli ai loro doveri. Abbiamo gridato, in Parlamento e in piazza, la nostra indignazione contro un governo che pensa solo a salvare il premier dalle sue beghe giudiziarie e ci racconta la favola del dialogo sulle riforme. Abbiamo messo in atto azioni concrete di contrasto a questo Governo: dal referendum sul lodo Alfano a quelli sull'acqua ed il nucleare presentati proprio in questi giorni.Il 2010 sarà per noi ancora un anno di resistenza democratica ma il declinio di Berlusconi è già iniziato e si compirà probabilmente entro fine legislatura. Il terribile incidente di Milano ha solo sospeso momentaneamente il corso delle cose ma le contraddizioni e le divisioni all'interno della maggioranza hanno avviato ormai un processo irreversibile.Noi ci saremo. Dal prossimo mese, in Parlamento, a contrastare tutte le vergognose leggi ad personam di questo governo e di questa maggioranza, e ci saremo domani, per creare le condizioni di una vera alternativa di governo. E' il nostro impegno nel rispetto del mandato dei nostri elettori e sostenitori. A loro va il mio più sentito, doveroso ed affettuoso ringraziamento per il sostegno che ci hanno dato in questi lunghi mesi e a voi amici di questo blog per aver animato questo spazio di libero dialogo. Auguri di cuore a tutti.

IL PARTITO DELLA COSTITUZIONE NON E' LA VIA GIUSTA

Antonio Di PietroAntonio Di Pietro Ieri, Paolo Flores d'Arcais, sulle colonne de il Fatto quotidiano, ha lanciato una provocazione: ha chiesto di sciogliere Italia dei Valori in un movimento di più ampio respiro che raccolga l'ala movimentista del popolo viola, la società civile, i sindacati, per dar vita ad un grande partito della Costituzione.Per quanto mi riguarda, come ho già avuto modo di rispondere in parte sul quotidiano diretto da Antonio Padellaro, ritengo la proposta di d'Arcais inaccettabile e spiego il perchè.Silvio Berlusconirappresenta un grave pericolo per la Costituzione. Su questo non ci piove, così come non piove sul fatto che il Pd sia in preda ad un grande sonno e che l'Italia dei Valori sia l'unico partito a fare vera opposizione al totalitarismo devastante del premier. Il Partito democratico, in questo momento storico, non è solo afflitto da divisioni e contraddizioni interne strutturali, ma da anni ormai fatica a dare un'elaborazione adeguata della complessa situazione della società italiana. Con Bersani, oggi, scopre, la socialdemocrazia, quando è ormai scomparsa in tutt'Europa.Premesso questo, la soluzione che propone Flores d'Arcais risente di un vizio di forma. I movimenti, per definizione, si evolvono continuamente. Non sono statici. Ingabbiarli in un sistema come quello dei partiti, irreggimentarli, ne svilirebbe l'anima e li condurebbe a rapida morte. Quello che, invece, i partiti devono fare è cogliere le istanze e fare da pontieri con la società civile. Insomma, svolgere quel ruolo e quella funzione che la storia assegna ai partiti, ovvero essere valvola di collegamento tra la società e la politica.Italia dei Valori, a differenza di tutti gli altri partiti ormai ridotti a casta autoreferenziale, già svolge questo ruolo, è già valvola che cerca, aggrega e seleziona il meglio tra i movimenti e i sindacati. Prova ne è il fatto che il 95% dei candidati di IDV alle ultime elezioni europee proviene proprio dalla società civile. Ognuno, dunque, nella sua sfera di competenza ed appartenenza, ha e svolge un ruolo preciso. Semmai, dobbiamo chiederci perchè tutti i partiti, a cominciare dal Partito democratico, siano ormai scollegati dalla realtà, a differenza della Lega che, però, non parla alla testa ma alla pancia dei suoi elettori. C'è poi un altro aspetto non trascurabile per il quale ritengo il partito della costituzione una via non praticabile. I partiti non possono nascere in contrapposizione a o in difesa di qualcosa. Lo devono fare nei fatti, con un'opposizione seria ed intransigente. Se nascessero solo su questo humus, sarebbero destinati ad essere partiti per una stagione sola e mai partiti di governo.E' questa l'ambizione che Italia dei Valori deve avere oggi. Berlusconi, che conduca o meno a termine questa, è alla sua ultima legislatura. Lunga vita al premier, per carità, ma è nell'ordine anagrafico delle cose. Noi, da oggi, dobbiamo prepararci a diventare un partito di governo, in grado di proporre alternative moderne e soluzioni efficaci per il Paese. Dobbiamo diventare un partito post-ideologico, a vocazione maggioritaria, che confronta le sue scelte e strategie con il Pd, suo alleato, e dare ad esso, all'occorrenza, la scossa, ponendoci come baricentro nell'alleanza.Ci attende una grande sfida ma dobbiamo sapere guardare sempre oltre l'oggi, puntare lo sguardo su orizzonti sempre nuovi e più lontani. Italia dei Valori non è e non sarà mai il partito di una stagione sola. Sarà tra i partiti protagonisti di una nuova stagione, di una nuova primavera non lontana.

LA DEMOCRAZIA NON CEDA AI RICATTI

InciucioInciucioLe istituzioni e la democrazia sono sotto ricatto. A dimostrarlo è il tam-tam di dichiarazioni che arriva dal mondo politico di destra e di sinistra e che apre al dialogo sulle riforme con il Cavaliere. E la scena si ripete. Ma come al solito niente di nuovo si vede sotto il sole.E’ come se stessimo assistendo alla scena cruciale di un film, un classico thriller-movie americano. Il sequestratore asserragliato in una banca. Con una mano tiene la pistola puntata sulla tempia degli ostaggi e con l’altra chiama la polizia e dice :"o mi fate avere un elicottero sul tetto per mettermi in salvo oppure io ammazzo tutti gli ostaggi".Questa scena, ricalibrata, può essere trasferita al clima politico che si respira in questi giorni. Berlusconi è il sequestratore che tiene la pistola puntata alla tempia delle istituzioni democratiche e rivolto all’opposizione e al presidente della Repubblica dice : “o mi date subito la legge che mi garantisce l’impunità o io scasso tutto”. La pistola carica è rappresentata dalla legge sul processo breve che manderebbe a gamba all’aria la giustizia penale italiana e lascerebbe impuniti il 50 per cento di reati commessi. Il problema è che qui non siamo in un film. In gioco c’è la qualità della nostra democrazia. In un sistema democratico non si possono accettare ricatti. Per questo pagare il riscatto come vorrebbe fare D’Alema è inaccettabile.Oltretutto pensare allo scambio non solo è sbagliato, ma per il centrosinistra è pura follia e masochismo, viste le riforme che ha in mente di fare il centrodestra. In una lettera al Giornale il coordinatore del Pdl, Denis Verdini, ha spiegato che occorre “cambiare la Costituzione ormai arcaica”, “riformare la Corte Costituzionale perché è un organo squilibrato formato da giudici di sinistra”, “eleggere direttamente il premier” e arrivare a un quadro politico che porti al “bipartitismo”, riscrivere il sistema giudiziario italiano perché non sia più il dominus della vita politica e degli equilibri istituzionali”.  In realtà nessuno parla della prima riforma della quale il paese ha bisogno. Bisognerebbe infatti partire dalla radice, ovvero, cambiare le regole che sorreggono il nostro sistema dell’informazione e della comunicazione televisiva. Oggi non si può prescindere da questo, soprattutto in una società come la nostra, nella quale l’informazione condiziona pesantemente l’opinione pubblica. Mi riferisco a due cose. La prima, che dovrebbe valere per tutti i mezzi di informazione, è l’assoluta incompatibilità tra la proprietà e/o il controllo di mezzi di informazione e l’attività politica. La seconda , valida solo per le televisioni, è il divieto assoluto e inderogabile ai mezzi di informazione di sostegno privilegiato a una formazione politica o a una coalizione. Solo così la nostra democrazia, da anni condizionata  dalle intricate vicende giudiziarie e dal conflitto di interessi del premier, potrà essere libera dal cappio che ha intorno al collo da quando è sceso in campo  Silvio Berlusconi.  Solo così si potrà impedire che un altro 'Berlusconi' metta sotto ricatto ancora la nostra democrazia.

PROVE TECNICHE DI REGIME

Un frame da "La vita in diretta"Un frame da "La vita in diretta"  La puntata di ieri de “La vita in diretta” è la riprova che siamo al regime mediatico. Dopo i tg, anche i contenitori televisivi pomeridiani diventano il luogo dove si cancella la realtà, si distorcono i fatti e si mette il bavaglio all’opposizione. Stanno progressivamente cancellando la voce dell’opposizione e lo fanno con una tecnica sopraffina. Ieri, però, il sottoscritto ha rotto il giochino nelle mani di questi signori, lasciandoli a becco asciutto. Non mi mancavano certo gli argomenti per controbattere parola per parola alle fandonie sparate a raffica da giornalisti ospiti insieme a me della trasmissione. Ma ci sono momenti in cui il silenzio ed i gesti sono più eloquenti di mille parole. Vi spiego.Lunedì pomeriggio “La vita in diretta” ha messo in scena un vero e proprio processo mediatico a Italia dei Valori. Tutti gli ospiti presenti, oltre al solito Capezzone, ormai parodia di se stesso, alcuni giornalisti, hanno per più di un’ora insultato, strumentalizzato, mentito, ribaltato le nostre posizioni pur di farci apparire agli occhi dei telespettatori istigatori d’odio. Ovviamente, non era stato invitato nessun rappresentante di Italia dei Valori a difendere e spiegare le proprie ragioni.Ieri, dunque, sarebbe dovuta andare in scena la puntata riparatrice, ma si capiva, sin dalle prime battute, che quelli che avevo accanto non erano ospiti di un normale ed equilibrato parterre televisivo: era stato messo su “ad arte” un vero e proprio plotone di esecuzione, i cui più fieri componenti erano due sedicenti ed illustri giornalisti, Pierluigi Diaco e Maria Giovanna Maglie.Del primo, si ricordano i successivi molteplici, affannati e, qualche volta, sghangherati tentativi di ritagliarsi uno spazio da “grande” giornalista. L’ambizione a diventare bravo come Travaglio ci è parsa tanta, la rabbia pure. Per il talento, attendiamo con ansia. Per ora, rimangono a memoria dell’umanità più i litigi in tv di cui si è reso protagonista che gli articoli a sua firma pubblicati sul quotidiano Clandestino, edito da Mondadori (!) e di cui  è vicedirettore e che probabilmente vanta il più basso numero di lettori in Italia.Della seconda, Maria Giovanna Maglie, si ricordano i conti milionari dal visagista quando era corrispondente del Tg2 dall’America, le fatture false per decine di migliaia di dollari rimessi alla Rai e intestati a società inesistenti, ricevute per compensare collaboratori fasulli e gente in pensione, insomma, le carte truccate per coprire spese ingiustificabili che le costarono il posto in Rai. Non lo dico io ma un articolo di Concita De Gregorio (link) oggi direttore de L’Unità ed allora cronista de la Repubblica. E poi c’erano altri giornalisti, quelli che, in teoria, avrebbero dovuto equilibrare la presenza di tali illustri firme ma che, nei fatti, ogni giorno scrivono e massacrano Italia dei Valori dalle colonne dei giornali per i quali scrivono.Lascio a voi ogni giudizio. A me rimane una certezza, quella di aver ascoltato insulti, rabbia e disprezzo, urlati probabilmente per acquisire credenziali agli occhi dell’onnipotente patron di Mediaset, alias, il presidente del Consiglio. Ma il sottoscritto gli ha riservato una piccola sorpresa. Si è alzato e se ne è andato, rompendogli il giochino. Loro sono rimasti li, a continuare ad urlare il loro livore e le loro menzogne. Io sono tornato in Parlamento a lavorare per cercare di contribuire a risollevare le sorti di questo Paese e a contrastare l’azione sbagliata di questo Governo e di questa maggioranza.

I MAESTRI DELL'ODIO

video: 

Questa mattina in aula alla Camera si è consumato un vero e proprio regolamento dei conti. Si è compiuto un attacco predeterminato al partito dell’Italia dei Valori. Il centrodestra ha indicato i mandanti politici dell’aggressione a Berlusconi, “coloro che dal 1994 fomentarno l'odio nel Paese”. Ho deciso di postare il video con cui il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, ha commentato l’informativa del ministro Maroni. Vorrei che a valutare se ad alzare i toni e fomentare gli animi del Paese è proprio Antonio Di Pietro e la compagnia dei terroristi mediatici come Travaglio e Santoro. “Una campagna di odio iniziata il 1994 da sempre concentrata contro una sola persona, contro Silvio Berlusconi. A condurre questa campagna è il network composto dal gruppo editoriale Repubblica-Espresso, da quel mattinale delle procure che è Il Fatto Quotidiano, da una trasmissione televisiva condotta da Santoro e da un terrorista mediatico di nome Travaglio da alcuni pubblici ministeri che hanno nelle mani alcuni processi tra i più delicati sul terreno del rapporto tra mafia e politica e che nel contempo vanno nei più vari talk show televisivi a demonizzare Berlusconi e da un partito, l'Italia dei Valori, il cui leader Di Pietro sta in questi giorni evocando la violenza, quasi voglia tramutare lo scontro politico durissimo in atto in guerra civile fredda”. Queste sono le parole che Cicchitto ha pronunciato in Parlamento. Queste sono le dichiarazioni che confermano che l’odio politico di cui tanto parlano nasce proprio dal modo in cui per quindici anni hanno deciso di portare in Parlamento non gli interessi del Paese ma quelli del Premier. Per Cicchito, infatti, l’unico modo per disinnescare questo clima da “guerra civile” è quello che il Parlamento approvi “leggi funzionali” a contrastare “l'uso politico della giustizia”. Tradotto in soldoni il Parlamento e l’opposizione tutta dovrebbe approvare le leggi ad personam per salvare il premier dalle sue beghe politiche. Questo, conclude Cicchitto “è il cancro che ha distrutto la prima Repubblica e che sta corrodendo anche la seconda”. Solo così, a detta di Cicchitto “si può iniziare un cammino virtuoso, procedendo ad una grande riforma istituzionale, ad una grande riforma della giustizia, ad un'incisiva riforma dei regolamenti parlamentari e all'istituzione del federalismo fiscale”. Tutto questo è davvero inaccettabile. Gli interessi del premier per questa classe politica vengono sempre prima del bene del Paese che ha bisogno come il pane di queste riforme. Purtroppo per loro, noi non cadremo nel tranello. Queste loro intimidazioni non ci fermeranno. Noi non facciamo opposizione per odio verso Berlusconi, ma per amore del nostro Paese. Ed è per questo che continueremo a batterci contro i provvedimenti ad personam che umiliano i cittadini e la nostra Costituzione. Il presidente Cicchitto dovrebbe capire che i toni si abbasseranno solo esclusivamente quando saranno loro a farlo per primi e quando questa maggioranza deciderà di occuparsi delle questioni che stanno a cuore agli italiani. Anche oggi, con il monito di Fini mi sono reso conto che ci sono due centrodestra. Il primo, è il centrodestra che non ha futuro, quello di Silvio Berlusconi, che sparge odio nel paese e altro non sta facendo che strumentalizzare quello che è accaduto domenica. Poi c’è un altro centrodestra, quello rappresentato dal presidente  della Camera Gianfranco Fini che potremmo non condividere nei contenuti, ma che è un serio e leale avversario politico con cui potersi confrontare partendo da una visione comune dei valori che ispirano l’arte della politica: i principi sacrosanti della carta Costituzionale, l’equilibrio dei poteri e il rispetto per le istituzioni democratiche. Tutte cose che Berlusconi e tanti del centrodestra calpestano quotidianamente. Per questo chedevo constatare che la serenità del confronto politico tornerà quando Berlusconi deciderà di uscire dalla politica e si porterà dietro tutta la clache di politici eletti solo per fare i suoi interessi in parlamento. Solo allora la politica italiana potrà permettersi di riabbassare i toni e tornare a un confronto civile.

POLITICI VERI E IPOCRITI DI PALAZZO

Manifestazione del PdlManifestazione del Pdl   Il volto insanguinato e ferito del premier colpisce come un pugno allo stomaco. E’ il viso di un uomo spaventato, fragile, tremante che, all’improvviso, mostra tutti gli anni che ha. Guardo quel volto e vedo l’uomo, non l’avversario politico, per questo il mio sentimento è di umana pietà. Non ci possono essere ambiguità al riguardo. Episodi di tale violenza devono essere condannati senza se e senza ma. Provo orrore e vergogna per i gruppi di facebook che stanno nascendo in queste ore e che inneggiano all’autore di questo atto violento, un uomo con gravi problemi mentali.Sono attimi convulsi quelli che hanno seguito il ferimento del premier, minuti concitati durante i quali si è temuto il peggio, un attentato dalle proporzioni ben più drammatiche. Poi, a tragedia evitata, inizia il balletto assurdo e ipocrita della politica.Non sono passati neanche venti minuti dall’aggressione al premier che il solito Capezzone detta alle agenzie le sue perle di saggezza: “I seminatori d’odio fanno scuola”. Sappiamo chi sono i seminatori d’odio per Capezzone: Repubblica, Di Pietro ed il Tg3. Sette minuti prima di Capezzone, Di Pietro, intervistato dall’Adnkronos, dice “Io non voglio che ci sia mai violenza ma Berlusconi con i suoi comportamenti e il suo menefreghismo istiga alla violenza”. Tecnicamente, l’agenzia di Capezzone e l’intervista di Di Pietro sono coeve, avvengono in contemporanea, anche se quella di Di Pietro appare nelle agenzie qualche minuto prima. Ma è l’unica voce fuori dal coro dell’ipocrisia, quella di Di Pietro, che scatena il solito inferno. Non quelle di Capezzone che ha già individuato prima della polizia i colpevoli.Quando accadono fatti di tale gravità, si devono necessariamente contestualizzare politicamente e socialmente i fatti, perché solo così facendo si può forse arrivare a capire la verità che si nasconde dietro un gesto sconsiderato. E’ questo quello che, Di Pietro a caldo e Rosy Bindi a freddo, hanno fatto ieri. Hanno espresso umana solidarietà e vicinanza al premier, senza se e senza ma, poi, con l’onestà intellettuale e politica che li caratterizza entrambi, hanno cercato di capire e di comprendere il folle gesto, senza ipocrisia.E la realtà di questo Paese, se si è politici veri e non ipocriti di palazzo, abituati ad andare in piazza e nelle fabbrica, ad ascoltare i problemi delle famiglie e dei lavoratori, è di tensione, allarme e, in molti casi, di disperazione sociale. D’altronde, è da giorni che Di Pietro lo va ripetendo. E si doveva essere ciechi e sordi per non capire. E cosa ha fatto il governo sino ad oggi per contrastare la crisi economica? E’ rimasto a guardare. Chi mentre il Paese va alla deriva, travolto dalla più grave crisi economica di tutti i tempi, ha messo al centro dell’azione di governo, non il lavoro, la scuola, i precari, ma i guai giudiziari del premier?In questo clima difficile e teso la mente di una persona disturbata può trovare conforto ai suoi pensieri più esecrabili e folli. Su questo dovrebbero riflettere i tanti soloni del centrodestra, invece di fare a gara a chi pronuncia la fatwa più dura nei confronti di Di Pietro. E su questo dovrebbe riflette anche Casini che, fino a due giorni fa, invocava “uno schieramento repubblicano a presidio della democrazia”. E Franceschini che, solo due giorni fa, parlava di mettere in piedi una specie di nuovo Comitato di Liberazione nazionale, lasciando entrambi chiaramente intendere che in Italia la democrazia è in pericolo.Cosa è cambiato da due giorni a questa parte? Erano ipocriti allora o sono ipocriti oggi che, per partecipare alla grande gara della solidarietà, fingono di non ricordarsi più quello che hanno detto due giorni fa? Noi siamo coerenti e diciamo, senza mezzi termini, che fino a quando l’agenda del Governo sarà quella di smantellare la giustizia e delegittimare sistematicamente la Corte costituzionale e la presidenza della Repubblica, noi non volteremo la testa dall’altra parte e continueremo a contrastare l’azione di questo Governo con tutte le nostre forze. Ribadiamo, quindi, che la solidarietà verso l’uomo Berlusconi è piena e convinta ma i toni del confronto politico, per quanto ci riguarda, potranno cambiare soltanto quando dall’agenda del Governo spariranno le leggi ad personam e tutte le altre nefandezze che, da un anno, tengono il Paese inchiodato e ci si occuperà, finalmente, dei temi del lavoro, della solidarietà e del rilancio complessivo di un paese sfibrato da 15 anni di berlusconismo.    

LA LUCIDA FOLLIA DI BERLUSCONI

berlusconiberlusconiSilvio Berlusconi è fuori di sé, ormai straparla. Le frasi pronunciate ieri a Bonn sono un attacco di una violenza inaudita ai maggiori organi di garanzia del Paese, Quirinale, Corte Costituzionale e Csm. A nulla valgono le giustificazioni avanzate dai suoi. Tentare di sminuire le affermazioni del premier, sostenendo che le ha pronunciate non in un contesto ufficiale ma durante una riunione di partito, è patetica e fa ridere.Ma sarebbe un errore ridurre lo spettacolo messo in scena ieri dal premier ad una macchietta da avanspettacolo. Così come sarebbe riduttivo derubricare le sue esternazioni a quelle di un pazzo. Quella del presidente del Consiglio è una lucida follia che nasconde un piano preciso: andare ad elezioni anticipate per un nuovo plebiscito su di sé.Silvio Berlusconi è sempre più solo, si sente assediato, abbandonato dal suo alleato Fini, ricattato dalla Lega. I suoi onorevoli-avvocati annaspano, ormai da troppo tempo, alla ricerca di una soluzione per tirarlo fuori dai suoi enormi guai giudiziari. E’ ad un passo dalla galera, sente l’orologio giudiziario che avanza, ha paura perché sa che tutti i lodi, lodini e ddl brevi del mondo stavolta non lo salveranno.Ed è qui che scatta il disegno folle di Silvio Berlusconi. Di fronte ai suoi problemi, che stanno immobilizzando l’attività di governo ormai da tempo immemorabile, invece di pensare al bene del Paese, così come qualunque uomo di Stato penserebbe primariamente a fare, sparge veleno e trascina nel fango le istituzioni. Più fango pensa gli venga buttato addosso, più lui trascina il Paese e le istituzioni verso il baratro. Nutre ormai un fastidio profondo ed incontrollato per il Parlamento, quel luogo dove per lui si perde tempo ad esercitare la democrazia. Lancia strali contro la prima carica dello Stato, il presidente della Repubblica, invitandolo ad occuparsi delle toghe comuniste che sono comuniste perché lui è comunista e comunisti erano pure i tre presidenti prima di lui. Questo è il vero comportamento criminale di Silvio Berlusconi che non è certo uno statista e mostra, se mai ce ne fosse bisogno, totale disprezzo per il bene del Paese e degli italiani. Berlusconi sta mettendo a rischio la pace sociale e sta massacrando le istituzioni. Invece di occuparsi della crisi economica che sta mettendo in ginocchio le imprese e impoverendo famiglie e lavoratori, costringe il Parlamento ad occuparsi delle sue vicende e dei suoi interessi personali. Vuole cambiare la Costituzione ed è disposto a garantire l'impunità a migliaia e migliaia di criminali solo per sfuggire ai suoi processi.  L'Italia non può permettersi di rimanere in balia di quest'uomo che, per salvare se stesso, sta sfasciando lo Stato. L’Italia merita qualcosa di meglio.

ECCO PERCHE' DICIAMO NO

militari italianimilitari italiani Per prima la volta in cinque anni l’Italia dei Valori non ha votato a favore del rifinanziamento delle missioni di pace all’estero. La nostra non è una scelta ideologica, da sempre rivendichiamo di essere un partito post ideologico che orienta le sue scelte con pragmatismo per il bene del paese.Per capire la ragione di questo voto è importante fare un passo indietro e vedere cosa è successo in questi anni.In Afganistan ci sono due missioni internazionali. La prima, sotto l’egida dell’Onu, alla quale partecipa anche l’Italia e che aveva come obiettivo il rafforzamento della pace nell’Afghanistan liberato. L’altra, promossa unilateralmente dagli Stati Uniti che, fin dall’inizio, è dichiaratamente  guerra per liberare il territorio dalle residue forze talebane. Mentre la missione Onu ha dato i suoi frutti, l’altra si è impantanata e dopo otto anni l’azione di guerra degli Usa, lungi dall’esaurirsi, ha visto un sostanziale insuccesso con il progressivo estendersi della guerra a parti sempre più ampie del paese. Per questa ragione gli Usa oggi, nel tentativo di forzare e chiudere la partita, stanno per rafforzare di trenta mila unità il loro contingente, sia chiaro, di guerra, non di pace. Questo ha comportato un contrasto crescente con la missione Onu. Perché anche le zone una volta pacifiche dove operavano le missioni di pace sono diventate teatro di guerra. Sicché appare evidente che è impossibile parlare di missione di pace in un paese dove ormai è arrivata la guerra. Questa situazione è ormai evidente da tempo, ma, per senso di responsabilità abbiamo evitato fino ad ora di sollevare alcuna polemica nell’attesa che in Afghanistan si svolgessero le prime elezioni democratiche, anche nella speranza che questo avrebbe portato a una forte pacificazione. In realtà così non è stato ed anzi, a causa dell’estensione dei brogli le elezioni hanno creato ulteriori focolai di tensione e di crisi interna al paese. Per questo tre mesi fa, in occasione dell’ultimo rifinanziamento della missione, che sempre con senso di responsabilità abbiamo votato, abbiamo chiesto alla maggioranza di avviare un serio confronto parlamentare che manca ormai da otto anni, per capire se la missione italiana, come era concepita, avesse ancora un senso oggi o se dovesse essere o modificata o conclusa. Abbiamo anche chiesto al Governo di farsi promotore di un’analoga verifica in sede Nato, avvisando che in caso contrario si sarebbe aperto per noi un problema politico. Per tutti questi mesi abbiamo atteso invano risposte che non sono arrivate. La maggioranza è spaccata al suo interno e, dunque, ha paura di affrontare la questione in Parlamento. Il Governo invece che fa? Mentre gli altri paesi europei, Berlino e Parigi in testa, non ci pensano nemmeno per un attimo a mandare altri uomini in questo contesto, Berlusconi si precipita  a promettere agli Usa nuovi militari, senza nemmeno consultare il Parlamento, solo perché è talmente screditato a livello internazionale che dicendo di sì a tutti spera di riacquistare un po’ di credibilità.Per queste ragioni ci è sembrato il caso di dover lanciare un segnale politico forte. Noi crediamo che oggi non sia più possibile rinviare un dibattito serio e responsabile sul senso e sul ruolo della presenza militare italiana sul territorio afghano. Per questa ragione abbiamo deciso di astenerci e lo faremo finchè non ci sarà un confronto sia in Parlamento che nelle sedi opportune dell’Alleanza Atlantica. Siamo stanchi di assistere al coro di cordoglio e lutto dopo ogni incidente che costa la vita a un nostro soldato. E’ un rituale ipocrita messo in scena da chi si rifiuta di discutere in Parlamento il senso di una missione profondamente mutata. E’ inutile fare finta che siamo in Afghanistan in missione di pace, ora lì c’è una vera e propria guerra. E’ ora di parlare chiaro, lo dobbiamo ai cittadini italiani e ai nostri militari.

BERLUSCONI, E' ORA DI DIRE LA VERITA'

Dell'Utri-BerlusconiDell'Utri-Berlusconi “Tra il 1975 e il 1984 alcune operazioni finanziarie effettuate dal gruppo Fininvest erano potenzialmente non trasparenti”. A dirlo non sono i soliti giudici eversivi e comunisti. A dirlo non è quel solito giustizialista di Di Pietro, “l’uomo ch fa orrore” al Cavaliere. E’ scritto nero su bianco nelle dichiarazioni rese in aula dal consulente della difesa che avrebbe dovuto scagionare Marcello Dell’Utri durante il processo che, nel 2004, lo ha condannato in primo grado a 9 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Questo è il vero grande nodo. La questione mai accantonata della provenienza dei capitali serviti al premier per costruire l’impero di Mediaset. Il nodo mai sciolto dai giudici e  mai spiegato neppure da Berlusconi, che il 26 novembre del 2002, interrogato dai magistrati, si “e’ avvalso della facoltà di non rispondere”. Queste rivelazioni sono state riprese da un articolo di Repubblica, scritto da Giuseppe D’Avanzo, per le quali Mediaset, invece di rispondere, ha deciso di querelare nuovamente il gruppo Espresso. In questi giorni, poi, in ambienti giudiziari e non circolano i nomi di  Berlusconi e del suo braccio destro come personalità legate alle stragi di mafia del ’92 - ‘93. La questione che mi sembra dirimente non è sapere se sarà o no indagato, se sarà o no coinvolto anche in questi processi. Il punto reale è: in quale paese un uomo sul cui capo pesano tali insinuazioni può pretendere di continuare a fare indisturbato il presidente del Consiglio?Le inchieste portate avanti tutti questi anni raccontano che Berlusconi, per avviare la sua attività imprenditoriale nel 1961, ottenne una fideiussione dalla Banca Rasini, indicata da diversi documenti della magistratura come la principale banca usata dalla mafia al Nord per il riciclo di denaro sporco e fra i cui clienti c’erano Totò Riina, Bernardo Provenzano e Pippo Calò, il cassiere di Cosa Nostra. Da dove arrivano i 94 miliardi di lire che dai conti svizzeri sono transitati alla Fininvest tra il 1975 e il 1978? Perché ha tenuto in casa sua Mangano, l’uomo che Giovanni Falcone indicò come la testa di ponte degli interessi della mafia al nord? Come è possibile che uno degli imprenditori più ricchi d’Italia abbia dato il compito di proteggere i propri figli senza sapere chi fosse costui? Come è possibile che alcuni pentiti lo indichino come il mandante politico delle stragi di mafia compiute nei primi anni Novanta?Questi sono solo alcuni degli interrogativi rimasti in sospeso e che inficiano la sua credibilità di premier. Quesiti ai quali nessuna querela potrà dare delle risposte. E’ ora, invece, che il premier venga in Parlamento con i documenti alla mano e chiarisca tali spericolate e pericolose relazioni avute in questi anni. E’ ora che  Berlusconi, invece di continuare a sfuggire alla giustizia attraverso gli escamotage congegnati dal suo legale di fiducia, si impegni a fugare il dubbio che la sua discesa in campo sia servita a coprire l’opacità, per non dir di peggio, dei suoi affari.

TUTTE LE BALLE DEL TELE IMBONITORE

Berlusconi-NeroneBerlusconi-NeroneL’Italia è diventata il paese delle favole. Dove un popolo di videodipendenti vive, cornuto e mazziato ma felice, grazie alle dosi industriali di valium via etere che il grande tele imbonitore quotidianamente sparge a piene mani. Le ultime due “telecazzate” a giornali e tv unificati ce le hanno raccontate: A) una a proposito della crescita del “superindice Ocse”, cresciuto in Italia più che in altri paesi europei e che, secondo l’informazione di regime, starebbe addirittura a significare che l’Italia diventerà una specie di locomotiva dell’economia mondiale. B) l’altra riguarda il presunto sorpasso da parte dell’economia italiana di quella inglese, che ci avrebbe fatto diventare la sesta potenza economica mondiale. Tutte balle, buone nemmeno per farci l’albero di Natale. Cominciamo dalla prima. Il superindice Ocse serve soltanto a cercare di prevedere, con sei mesi di anticipo, le possibilità di svolta del ciclo economico, non a misurarne l’intensità. Va quindi chiarito, innanzitutto, che questa è solo una previsione, e come tale può verificarsi oppure no e, soprattutto, ciò che questo ormai famoso superindice ci può dire nel caso specifico, è che ci sono ragionevoli probabilità che l’Italia, nella primavera del 2010, cominci ad intravvedere la luce alla termine del tunnel e, cioè, la fine della recessione, ma non ci può dire nulla su quanto la ripresa ci sarà e se sarà maggiore o minore di quella degli altri paesi. L’unico istituto che ha fatto previsioni su questo aspetto è il Fondo Monetario Internazionale, il quale ha previsto che l’Italia uscirà dalla crisi più tardi e più lentamente degli altri paesi e pagando un prezzo più alto, in quanto, in questo anno e mezzo, il governo italiano non ha adottato misure di sostegno della domanda né ha avviato le riforme di sistema di cui il paese ha bisogno. Le uniche certezze che oggi abbiamo, quindi, sono quelle di un Pil caduto nei primi sei mesi di quest’anno del 6 per cento e di un’economia che, negli ultimi dodici mesi ha perso il 25 per cento della produzione industriale. Quanto, poi, al presunto sorpasso del Regno Unito, va osservato che si tratta soltanto di un’illusione ottica, dovuta al fatto che negli ultimi mesi la sterlina ha perso un quarto del suo valore sull’euro. Tanto è vero che la classifica del Fondo Monetario Internazionale, che è stilata in base al potere di acquisto invariato tra le valute, piazza l’Italia al decimo posto e l’Inghilterra al settimo, con un Pil superiore al nostro del 20 per cento. Ma se si guarda al reddito pro capite è peggio che andar di notte. L’Italia scivola al ventisettesimo posto, superata persino dalla Grecia. La verità che ci consegnano questi dati è di un paese impoverito, con centinaia di migliaia di disoccupati, con quasi un milione di aziende sull’orlo del fallimento. E in tutto questo Berlusconi è un po’ come Nerone: mentre Roma brucia, lui suona la lira.