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NULLA DI PERSONALE

Non è una questione personale. E’ politica. E basta. Non vorrei che il confronto all’interno dell’Italia dei Valori si riducesse ad un fatto personale tra me e Di Pietro. Contro il presidente Idv non ho umanamente e personalmente nulla e vorrei che fosse chiaro a tutti. C’è in ballo il futuro e il ruolo di Italia dei Valori, non certo il rapporto personale tra me e Di Pietro.

Da mesi c’è nel partito un dibattito aperto sulle alleanze. L’intervista di ieri di Di Pietro al Fatto, però, ha cambiato le carte in tavola, anzi, le ha scoperte, ed ha provocato due effetti politici devastanti, a mio avviso: il primo è una pietra tombale su qualsiasi possibilità di accordo col Pd. Il secondo è il superamento di Idv per dar vita a un soggetto politico che si presenterebbe alle elezioni facendo una corsa solitaria o una improbabile alleanza con Grillo.

Cosa rimarrebbe? Una formazione isolata o succube di altri ispirata dalla demagogia e dal radicalismo minoritario. Insomma, non proprio due temi su cui sorvolare politicamente. Di Pietro ha cancellato, in un’intervista, un percorso di dodici anni senza dire nulla a nessuno. Ha rinnegato le decisioni del congresso e dell’ultimo esecutivo nazionale, che si erano espressi per l’alleanza con Pd e Sel. Ha stracciato il documento firmato dall’ufficio di presidenza solo poche ore prima. E’ chiaro che il problema è esclusivamente politico.

Nel partito ci sono due linee tra loro evidentemente incompatibili, una guarda al centrosinistra, una a Grillo. Io rispetto la nostra storia e non la svendo per seguire una deriva populista e lavoro per costruire una credibile alternativa di governo per il dopo-Monti. Spaccare il centrosinistra significa riconsegnare l’Italia nelle mani dei tecnici o, nella migliore delle ipotesi, arretrare la spinta riformista e progressista dopo vent’anni di berlusconismo. C’è bisogno di ricostruire, di rilanciare, di assumersi le responsabilità di governo per cambiare finalmente questo paese.

Da dodici anni l’Italia dei Valori è saldamente ancorata al centrosinistra. Con Pd e Sel governiamo in regioni ed enti locali. Con loro abbiamo la responsabilità storica di tornare a governare il Paese e riformarlo. Chi straccia la foto di Vasto e impedisce al centrosinistra di governare si assume una responsabilità storica.

Altra cosa è Grillo. Rispetto i suoi elettori, ma non lo seguo, mi dispiace. Non sono un opportunista. Non svendo tutto ciò in cui ho creduto e per cui ho lavorato tanti anni solo per inseguire il populismo di chi vorrebbe portare l’Italia fuori dall’Europa. Sono questi i temi del confronto e mi auguro che a prevalere sia il senso di responsabilità.  

FLORES D'ARCAIS, LO STATISTA DEGLI STATISTI

C'è una bella notizia, sempre che si tale, per gli elettori e simpatizzanti della sinistra italiana. Passano gli anni, cambiano i governi, si chiudono interi cicli storico-politici, mutano i quadri politici ma gli elettori e simpatizzanti della sinistra possono dormire sonni tranquilli. Perchè, a sinistra, quello che non cambia e non cambierà mai è l'altissima concentrazione di statisti illuminati, che non conosce pari in nessun altro partito d'Italia e forse anche del mondo. In Italia, a sinistra, c'è una nutrita schiatta di statisti illuminati, intellettuali, liberi pensatori, filosofi che un giorno si svegliano al mattino, sentendo dentro di se forte e vivo il pulsare del germoglio vivo della nuova leadership della sinistra italiana, che traghetterà le umane sorti della sinistra verso il grande sol dell'avvenire, verso le progressive sorti del socialismo. Solo in Italia e solo a sinistra c'è tale concentrazione di statisti-intellettuali-filosofi che, mentre Berlusconi si accartoccia su se stesso e il centrodestra è allo sbando che più sbando non si può, invece di andare all'attacco e capitalizzare la sindrome di deficienza del nemico, sentono l'irrefrenabile e incontenibile bisogno di parlare di questione morale a sinistra e di fare le pulci a sinistra. Lo statista degli statisti illuminati è Paolo Flores D'Arcais che, mentre Berlusconi è accartocciato su se stesso, a terra sommerso dai rifiuti di Napoli, non trova niente di meglio da fare o dire che rimproverare a Tonino di taroccare un questionario, che D'Arcais stesso ha messo su quatto quattro nella notte di Natale e che, quando il risultato non gli è piaciuto più, tomo tomo quatto quatto l'ha reso inaccessibile. Fermate la democrazia, convocate il congresso - a che titolo lo chieda poi non si sa ma d'altronde gli statisti tutto possono - Tonino ha taroccato il sondaggio. Sarà che io non sono uno statista ma a questo gioco fatto di nulla ho deciso di mettere la parola fine, continuando a fare quello che ho fatto fino ad ora, ovvero, lavorare nel partito e per il partito, girando su e giù l'Italia per provare ad immaginare e a costruire un'idea nuova di Paese, tenendo a mente le parole che oggi Bruno Tinti ha scritto su il Fatto quotidiano a proposito di morale e moralizzatori. Lascio, dunque, agli statisti della sinistra il compito di traghettare le umane genti verso approdi migliori, quegli approdi fumosi e distanti ma che salveranno l'umanità. Il sottoscritto, da oggi, torna a fare politica da umile manovale. Lavorerò assiduamente perchè molte sono le questioni in ballo. Lavorare per mandare a casa Berlusconi e per rinsaldare il centrosinistra. Ma soprattutto per attrezzare Italia dei Valori ad affrontare un quadro politico nazionale in forte cambiamento. Non so se lo statista degli statisti e tutta la schiatta di statisti-intellettuali-filosofi che pullula a sinistra se ne sono accorti ma è in atto una trasformazione frenetica del quadro politico ed il confronto in futuro si giocherà su terreni nuovi ed il sottoscritto non ha nessuna intenzione di restare a guardare.

DIECI DOMANDE AL DIRETTORE MINZOLINI

 Al direttore Augusto Minzolini piace presentarsi in video per i suoi ormai celebri editoriali. Oggi il Fatto quotidiano pubblica i risultati di un’indagine interna della Rai, ordinata da Mauro Masi, che dà la cifra, o meglio, le cifre della direzione di Augusto Minzolini. Noi chiediamo al direttorissimo, già da questa sera, di rispondere alle dieci domande che riportiamo qui di seguito. Sarebbe una bella azioni di trasparenza, un editoriale quanto mai necessario e dovuto ai cittadini contribuenti che, se le notizie dovessero corrispondere al vero, avrebbero pagato il direttore – che guadagna 500 mila euro l’anno – non per fare il suo lavoro ma per amenità varie.

1) Direttore Minzolini, è vero che in 14 mesi lei avrebbe speso 86.680 euro per pagare i conti di ristoranti in Italia e all’estero?

2) Corrisponde al vero che, da quanto lei ha assunto l’incarico di direttore della testata, è andato in trasferta per 129 giorni, lavorando praticamente la metà del tempo in trasferta?

3) E’ vero che su 56 trasferte da lei effettuate, avrebbe indicato lo scopo della sua missione solamente 11 volte?

4) Risponde al vero che lei avrebbe abbandonato per ben 45 volte la redazione per raggiungere mete spesso esotiche?

5) Quali erano le motivazioni alla base della sua ultima partecipazione al Festival del cinema marocchino di Marrakesh in coincidenza del ponte dell'Immacolata?

6) Quali, invece, quelle alla base del suo viaggio in Kenya nello scorso mese di settembre, testimoniato da fotografie che la vedono ritratta insieme ad un pitone di due metri e alla deputata del Pdl Gabriella Giammanco?

7) Quali motivi di lavoro o ragion di stato l’hanno portata a Istanbul, Londra, Amburgo, Venezia, Cannes e Praga, sempre in coincidenza di weekend, per ben  40 volte in un anno?

8)E’ vero che tutte le sue trasferte non sarebbero state autorizzate preventivamente dalla direzione generale della Rai?

9) C’è un legame tra il concorso per famiglie “Reporter d’alto mare” organizzato dal Tg1 in collaborazione con la multinazionale americana Royal Caribbean e le interviste ai dirigenti della suddetta multinazionale per crociere, andate in onda per ben sei volte su il telegiornale da lei diretto?

10)   Direttore Minzolini, è a conoscenza del fatto che il Tg1 ha perso un milione di telespettatori in un anno?

Noi auspichiamo che Minzolini faccia chiarezza, smentisca le circostanze a lui addebbitate. Diversamente, il direttore generale Masi dovrebbe assumersi le sue responsabilità.

DI PIETRO PRESIDENTE. ECCO PERCHE' SI'

Antonio Di PietroAntonio Di Pietro

Ieri sera su IlFattoQuotidiano.it ha preso il via un sondaggio che indica sei personaggi, compreso Antonio Di Pietro, tra i quali votare il più idoneo a sostituire Silvio Berlusconi, il cui governo volge al termine. Ciascun personaggio, oltre che da una foto, è accompagnato da due brevi note: “Perché Sì” e “Perché No” sarebbe adatto a sostituire il Presidente del Consiglio in carica. Sui due "Perché" che riguardano Antonio Di Pietro non sono d'accordo, anzi direi che proprio non c’azzeccano. A legger bene il "Perché Sì", poi, mi pare di trovarmi di fronte ad uno di quei vecchi stereotipi, sul modello che gli italiani sono tutti “pizza e mandolino”. Credo alla buona fede del giornalista del Fatto, testata che apprezzo. Ma vorrei utilizzare il blog per provare a riscrivere in un modo che mi pare più realistico le ragioni del si e quelle del no all’ipotesi di Di Pietro candidato premier alternativo a Berlusconi.

Perché Sì: Perché difende senza eccezioni o ambiguità il principio del rispetto delle regole in un paese che di assenza di legalità sta morendo. Rispetto delle regole che, assieme alla libertà individuale, sono i due pilastri sui quali tutte le grandi democrazie occidentali si fondano. E perché, grazie a Di Pietro, Italia dei Valori oggi è l’unico partito che ha un progetto coerente di rilancio del lavoro e dell’economia italiana. Un progetto presentato in occasione della nostra contromanovra alla finanziaria di Tremonti e che tutti i partiti del centrosinistra ci hanno scopiazzato (pardon …. hanno ripreso. Peccato che gli unici che non se ne sono accorti sono i media, Il Fatto compreso).

Perché No: Perché se diventasse Presidente del Consiglio realizzerebbe per davvero le cose che dice di volere, senza guardare in faccia i potenti, i grandi salotti economici e finanziari, le mille caste d’Italia, le lobby di potere. E l'Italia, si sa, è allergica alle rivoluzioni, anche se pacifiche e, dal Gattopardo in poi, è un paese dove tutto cambia perché tutto possa restare uguale.

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IL PARTITO DELLA COSTITUZIONE NON E' LA VIA GIUSTA

Antonio Di PietroAntonio Di Pietro Ieri, Paolo Flores d'Arcais, sulle colonne de il Fatto quotidiano, ha lanciato una provocazione: ha chiesto di sciogliere Italia dei Valori in un movimento di più ampio respiro che raccolga l'ala movimentista del popolo viola, la società civile, i sindacati, per dar vita ad un grande partito della Costituzione.Per quanto mi riguarda, come ho già avuto modo di rispondere in parte sul quotidiano diretto da Antonio Padellaro, ritengo la proposta di d'Arcais inaccettabile e spiego il perchè.Silvio Berlusconirappresenta un grave pericolo per la Costituzione. Su questo non ci piove, così come non piove sul fatto che il Pd sia in preda ad un grande sonno e che l'Italia dei Valori sia l'unico partito a fare vera opposizione al totalitarismo devastante del premier. Il Partito democratico, in questo momento storico, non è solo afflitto da divisioni e contraddizioni interne strutturali, ma da anni ormai fatica a dare un'elaborazione adeguata della complessa situazione della società italiana. Con Bersani, oggi, scopre, la socialdemocrazia, quando è ormai scomparsa in tutt'Europa.Premesso questo, la soluzione che propone Flores d'Arcais risente di un vizio di forma. I movimenti, per definizione, si evolvono continuamente. Non sono statici. Ingabbiarli in un sistema come quello dei partiti, irreggimentarli, ne svilirebbe l'anima e li condurebbe a rapida morte. Quello che, invece, i partiti devono fare è cogliere le istanze e fare da pontieri con la società civile. Insomma, svolgere quel ruolo e quella funzione che la storia assegna ai partiti, ovvero essere valvola di collegamento tra la società e la politica.Italia dei Valori, a differenza di tutti gli altri partiti ormai ridotti a casta autoreferenziale, già svolge questo ruolo, è già valvola che cerca, aggrega e seleziona il meglio tra i movimenti e i sindacati. Prova ne è il fatto che il 95% dei candidati di IDV alle ultime elezioni europee proviene proprio dalla società civile. Ognuno, dunque, nella sua sfera di competenza ed appartenenza, ha e svolge un ruolo preciso. Semmai, dobbiamo chiederci perchè tutti i partiti, a cominciare dal Partito democratico, siano ormai scollegati dalla realtà, a differenza della Lega che, però, non parla alla testa ma alla pancia dei suoi elettori. C'è poi un altro aspetto non trascurabile per il quale ritengo il partito della costituzione una via non praticabile. I partiti non possono nascere in contrapposizione a o in difesa di qualcosa. Lo devono fare nei fatti, con un'opposizione seria ed intransigente. Se nascessero solo su questo humus, sarebbero destinati ad essere partiti per una stagione sola e mai partiti di governo.E' questa l'ambizione che Italia dei Valori deve avere oggi. Berlusconi, che conduca o meno a termine questa, è alla sua ultima legislatura. Lunga vita al premier, per carità, ma è nell'ordine anagrafico delle cose. Noi, da oggi, dobbiamo prepararci a diventare un partito di governo, in grado di proporre alternative moderne e soluzioni efficaci per il Paese. Dobbiamo diventare un partito post-ideologico, a vocazione maggioritaria, che confronta le sue scelte e strategie con il Pd, suo alleato, e dare ad esso, all'occorrenza, la scossa, ponendoci come baricentro nell'alleanza.Ci attende una grande sfida ma dobbiamo sapere guardare sempre oltre l'oggi, puntare lo sguardo su orizzonti sempre nuovi e più lontani. Italia dei Valori non è e non sarà mai il partito di una stagione sola. Sarà tra i partiti protagonisti di una nuova stagione, di una nuova primavera non lontana.