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SFIDA A GIULIO SUL POSTO FISSO

“La flessibilità? Molto meglio il posto fisso”. Banalità o demagogia? Entrambe ma la vera vergogna è che a dirlo oggi è Giulio Tremonti, il superministro dell’Economia, il campione dell’ideologia liberista e liberale, quello che per quindici anni ci ha raccontato il mito dell’America, la favola del turbo capitalismo, il sogno della finanza creativa e la leggenda del lavoro flessibile, atipico, interinale.Giulio Tremonti non è un ministro qualunque di una stagione qualunque. E’ colui che, per quindici anni, con qualche fugace parentesi, ha dettato la linea economica del nostro Paese, improntata al liberalismo più sfrenato. E’ quello stesso signore che, con disinvoltura e cinismo, ha smantellato l’impianto garantista del diritto del lavoro italiano, varando nel 2001 la legge che ha istituzionalizzato il lavoro a tempo determinato; che, sempre nel 2001, ha rimosso tutti gli ostacoli normativi al ricorso di lavori atipici; che, infine, nel 2003, ha “elasticizzato la disciplina del part-time e del lavoro interinale, istituendo il contratto di inserimento. E’ quello stesso signore che, solo 10 giorni fa, ha licenziato 150.000 precari della scuola, senza battere ciglio.Ad occhio e croce, dunque, c’è un problema grande quanto una casa. O il ministro Giulio Tremonti fa demagogia da quattro soldi perché ha capito che l’emergenza lavoro è oggi la principale preoccupazione degli italiani, oppure, se davvero improvvisamente crede nel mito del posto fisso, dovrebbe dimettersi domani, confessando agli italiani di averli presi per i fondelli negli ultimi 15 anni. Anzi, le dimissioni non bastano. L’esilio sarebbe più giusto, meglio se a vita.Io sfido il ministro Tremonti su una cosa concreta e non sulla luna. Se davvero crede ad un decimo di quello che ha detto non può dire di no a due richieste di Italia dei Valori, contenute in una proposta di legge che abbiamo depositato in Parlamento. Il raddoppio della cassa integrazione per tutto il periodo della crisi, per tutelare coloro che al momento un posto fisso ce l’hanno ancora, ed un limite a quell’anomalia tutta italiana del precariato istituzionalizzato, con l’obbligo per l’azienda di assumere a tempo indeterminato il lavoratore dopo tre anni di flessibilità.