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TRA LA PALICE E LIBERTA’ D’INFORMAZIONE

La PaliceLa PaliceOggi il presidente della Repubblica ha invitato tutte le forze politiche a non smarrire il senso comune dell’interesse generale. Una raccomandazione che si aggiunge ai ripetuti appelli per dialogo e le riforme. Tutti - governo, maggioranza, opposizione -  parlano di riforme e della necessità di un nuovo clima nel Paese, di unità nazionale. Tutto giusto, giustissimo. Chi sarebbe così pazzo da invocare un Paese spaccato, la divisione, l’odio tra le parti? Concetti generali condivisibili, quasi scontati in una democrazia parlamentare. Se al governo non ci fosse Berlusconi queste frasi potrebbero sembrare di Jaques de La Palice, quello che ‘se non fosse morto sarebbe ancora in vita’. Riforme sì, dunque, ma quali? L’opposizione, anche quella più dura, non può andare avanti solo con attacchi a testa bassa. Per questo pensiamo che si debba ragionare seriamente sulle riforme necessarie. Il presidente della Repubblica, le alte cariche dello Stato ed i leader di Pdl e Pd, quando ne parlano, pensano a quelle sulla giustizia o a quelle sull’ assetto istituzionale, sul presidenzialismo o sulle diverse competenze delle Camere. Io penso, invece, che si debba partire dalla prima, vera riforma, condizione indispensabile per avviare tutte le altre: quella per la libertà d’informazione. Oggi il vero arbitro della nostra democrazia non è più la presidenza della Repubblica, ma proprio la libera informazione. In Italia, da quando è sceso in campo Berlusconi, l’informazione non è più arbitro, ma dodicesimo, forse anche tredicesimo e quattordicesimo uomo in campo. Il nostro Paese nella classifica di Freedom House non se la passa troppo bene, tanto da essere stato inserito nel novero degli stati a libertà di stampa parziale. In nessun’altra democrazia esiste la possibilità per un magnate dei media di diventare presidente del Consiglio. Anzi no, scusate, un caso analogo c’è, o meglio, c’è stato: Thaksin Shinawatra in Thailandia. Continuare a parlare di riforme senza risolvere questa anomalia, questo enorme conflitto d’interessi che permette ad un solo uomo di influenzare così pesantemente l’opinione pubblica con il controllo di cinque reti televisive nazionali su sei, è pura  ipocrisia. Ve l’immaginate Rupert Murdoch primo ministro dell’Australia? No, semplicemente perché non sarebbe possibile. Con le sue televisioni e con il controllo più o meno diretto delle reti pubbliche e dei suoi telegiornali, per non parlare dei quotidiani di famiglia e di quelli vicini per convergenza d’interesse, politico o economico, Berlusconi dispone di un potere enorme. Ha potentissimi cannoni mediatici che utilizza per colpire i nemici e creare le condizioni per il suo successo politico. In sostanza inganna i cittadini. La mancanza di pluralismo nell’informazione televisiva è il vero male oscuro di questo Paese, dal quale tutto il resto discende come una naturale conseguenza. Non si può impedire alla metà degli italiani di pensare che la partita politica che si gioca sia in realtà truccata, quindi non c’è riforma che possa pacificare il Paese fino a che non sarà sciolto questo, che è il vero nodo. Per queste ragioni credo che l’opposizione dell’Italia dei Valori in questo momento debba mettere al centro la questione della libertà e del pluralismo dell’informazione e non semplicemente sottrarsi al dialogo. Non rifiutiamo il dialogo, ma ogni dialogo che non parta da questo è fasullo.