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LA CORRUZIONE VOLA, IL GOVERNO FRENA

Secondo l’ultima stima di Trasparency International, l’Italia è scesa al 67° posto nella graduatoria mondiale sulla corruzione nella pubblica amministrazione. Da Tangentopoli in poi, a parte una breve parentesi, siamo andati sempre peggio. Quando Mani pulite muoveva i suoi primi passi, il giro di affari della corruzione italiana era di diecimila miliardi di lire l’anno, con un indebitamento pubblico tra i 150 e i 250 mila miliardi di lire. Negli anni sessanta il debito pubblico era inesistente. Negli anni ottanta cresce fino al 60% del prodotto interno lordo. Sale al 70% nel 1983. Tocca il 92% nei quattro anni di governo Craxi (1983-1987), per chiudere alla vigilia di Mani Pulite, nel 1992, al 118%. Dal 1993 al 1994 si registra infatti il picco di denunce dei delitti di corruzione. Dopo l’azione di Mani pulite, la corruzione diminuisce ma dal 2000 in poi torna ai livelli del 1991, quelli antecedenti all'emersione di Tangentopoli. Le leggi ad personam  di Silvio Berlusconi, taglio dei tempi di prescrizione per i reati economici, corruzione al falso in bilancio e i condoni fiscali hanno riportato la corruzione ai tempi d’oro. Tutte le proposte e i disegni di legge anticorruzione, anche quelle presentate da Italia dei Valori, sono impantanate nelle secche del Parlamento, ben chiuse nel cassetto e destinate a non venire alla luce per volere della maggioranza. Anche il disegno di legge d’iniziativa del Governo, tanto strombazzato in campagna elettorale e tirato fuori ogni volta che organismi internazionali segnalano la gravità della nostra situazione, è inchiodato in commissione. Ma non è tutto. Per  capire di che pasta è fatto questo governo e quanto abbia a cuore la lotta alla corruzione, basti pensare che hanno soppresso l’Alto Commissario Anticorruzione, presieduto da Achille Serra, un organismo alle dipendenze della presidenza del Consiglio. Non pensiate all’ennesimo ente inutile. Nonostante i pochi mezzi e le scarse risorse, questo organismo ha messo a segno una serie di successi quali l’indagine sullo stato della corruzione nella sanità in Calabria, l’ispezione alla Asl di Napoli 5, da cui emersero infiltrazioni mafiose e l’attivazione di un numero verde per consentire ai cittadini di denunciare casi di corruzione sotto garanzia dell’anonimato. L’organismo è stato sostituito con un Dipartimento alle dipendenze della Funzione pubblica, le cui risorse sono state ulteriormente ridotte di oltre due terzi. Risultati all’attivo di questo nuovo ente zero. Comprensibile d’altronde. A Singapore, l’ente anticorruzione conta circa 800 dipendenti, ha mezzi e risorse. Anche il Sol Levante ci dà lezione. Nessuna sorpresa. Questo, d’altronde, è il Parlamento delle impunità e degli impuniti.

E’ UNA NUOVA TANGENTOPOLI

BertolasoBertolaso“Solo volpi nel pollaio”. “Solo ladruncoli da quattro soldi”. “Oggi chi ruba non lo fa per il partito ma perché è un ladro”. “Solo volgari lestofanti”. “Non è una nuova Tangentopoli”. E’ da ieri che, illustri esponenti del centrodestra martellano con questi ritornelli. La ragione è presto detta. Le regionali sono dietro l’angolo e ritrovarsi con esponenti di spicco del proprio partito e qualche ministro beccati con le mani nella marmellata non è proprio la miglior carta da giocare in campagna elettorale. Per questo, il presidente del Consiglio  è furioso e grida ai suoi “Che c’entro io con questi ladruncoli?”.Anche Mario Chiesa, quello del famoso pio albergo Trivulzio da cui partì l’inchiesta Mani pulite, fu definito poco più di una volpe, un ladruncolo, un volgare lestofante, un “mariuolo”, vi ricordate? E poi sappiamo come è andata a finire.La verità è che quanto sta emergendo è una nuova Tangentopoli. Serve a poco dire il contrario di fronte al verminaio che sta emergendo: consiglieri comunali, parlamentari, pezzi da novanta del primo partito in Italia e ministri non sono proprio rubagalline qualunque. Qualche differenza rispetto al ’92 c’è, ma la diversa forma non cambia la sostanza dei fatti.Questa è una nuova Tangentopoli, con abiti nuovi, più adatti all’epoca che stiamo vivendo. Oggi, va di gran moda il modello Bertolaso, e cioè, un commis di Stato trasversale, adatto a tutti i tipi di maggioranza, col piglio del salvatore della patria che, nel tempo, si è fatto fare leggi su misura per avere i superpoteri con i quali gestire allegramente centinaia di milioni di euro, senza doverne rispondere a nessuno. Il modello Pennisi, il consigliere comunale di Milano che si è fatto portare i soldi in una scatola di cartone, è demodè, non è più a la pàge. Ma il ritornello della difesa è identico a quella della Milano da bere degli anni novanta: “Non rubo per me, ho preso i soldi perché la politica costa. Servivano per la campagna elettorale”. Non so a voi ma a me ricorda qualcuno.Il sistema di corruzione si è ingegnerizzato ma la corte dei favori tra politica e mondo degli affari è rimasta quella di sempre, con un pizzico di furbizia in più per non farsi beccare. Un sistema ramificato di corruzione, una ragnatela che coinvolge tutti i livelli istituzionali, tessuta con consulenze, appalti, favori, poltrone, potere, assunzioni facili e posti in paradiso. Come hanno ingegnerizzato il sistema? Con diversi mezzi. Prima hanno iniziato con la delegittimazione dell’inchiesta di Mani pulite e dei giudici che fecero l’impresa. Poi si sono fatti le leggi per aggirare i paletti anti-corruzione. Poi hanno continuato a martellare contro i soliti giudici comunisti e la loro giustizia ad orologeria.La Corte dei Conti, che dal ’92 ad oggi non ha smesso di monitorare l’impatto dei reati contro la pubblica amministrazione, ha reso noto che, nel 2009, la corruzione è aumentata del 229 per cento, del 153 per cento la concussione. Per le mazzette lo Stato ha perso 69 milioni di euro.  La voce tangenti, corruzione e concussione è aumentata dell’11% rispetto allo scorso anno. Emerge, dice la corte, la massiccia sagoma di un iceberg mai dissoltosi dopo lo scoppio di Tangentopoli. Serve altro per dimostrare la palese continuità tra ieri e oggi?

LISTE PULITE? PDL DICE NO E VA AVANTI

Parlamento senza condannatiParlamento senza condannatiVolete che ve lo dica senza peli sulla lingua? Questo governo ci prende per i fondelli. Finge di fare la voce grossa con la mafia, poi appena può si cala le braghe. Vara il decreto per evitare la scarcerazione facile per i boss mafiosi. Poi,  con una marcia indietro incredibile e senza senso, sbarra la strada all’approvazione di un protocollo per candidature pulite alle prossime elezioni regionali. Insomma, un modo come un altro per dire che i mafiosi stanno bene in galera ma anche in Parlamento.E’ accaduto qualche giorno fa in Commissione Antimafia. Beppe Pisanu, presidente della Commissione, propone un documento che, facendo riferimento al codice di autoregolamentazione del 2007, stabilisce che i partiti, per le elezioni regionali, evitino di far eleggere rinviati a giudizio per associazione mafiosa, reati ambientali e traffico di essere umani. A noi non sembra vero. Dopo anni di battaglie condotte in solitudine a difesa del principio di un parlamento pulito, la maggioranza ci dà ascolto e gli altri partiti, Pd, Lega, anche l’Udc, approvano in pieno. Ma, ahimè, il sogno dura poco ed il risveglio è brusco. Qualcosa si inceppa. Il capogruppo Pdl Caruso in Commissione Antimafia dice no alle liste pulite. E sapete dietro quale foglia di fico si nasconde per sostenere la bontà della sua decisione? “Non possiamo circoscrivere la libertà inalienabile dei partiti di candidare chi vogliono”. E allora, in nome della “libertà dei partiti” apriamo le porte delle istituzioni agli inquisiti. Roba da far accapponare la pelle.Dunque, parole tante, fatti pochi e quei pochi fatti pure male. Quando si agisce per sciogliere i nodi malaffare-politica questa maggioranza si mette di traverso e non sente ragioni. Se solo ci fermassimo a pensare a quello che sta accadendo in questi giorni, al perverso intreccio tra politica ed affari che sta emergendo, quasi una sorta di nuova Tangentopoli ma più ingegnerizzata, forse questo Paese non si ritroverebbe ad essere governato da questa maggioranza che si ritrova.A Milano, è stato arrestato l’ex presidente del Pdl della Commissione Urbanistica del Comune di Milano per concussione, dopo aver intascato una tangente da un imprenditore e pare che lo scandalo si stia allargando. Solo qualche mese fa, sempre a Milano, è stato arrestato l’assessore al turismo della regione Lombardia, con l’accusa di corruzione, truffa e turbativa d’asta. Per non parlare di quanto sta emergendo circa la protezione civile, assurta a gigantesca macchina politica per fare soldi e favorire parenti e amici nel totale disprezzo di ogni regola.Allora, alla luce di tutto questo, di quale libertà stiamo parlando? La trasparenza non è un concetto vago buono per qualche spot elettorale e la lotta alla corruzione è più che mai un’emergenza nazionale. Noi non retrocederemo di un passo e torneremo alla carica in Commissione.

L'ITALIA DEL CORRIERE

corriere della seracorriere della sera       Con un editoriale pubblicato sul Corriere della Sera di oggi il direttore Ferruccio de Bortoli si interroga sulla salute “morale” della classe dirigente del nostro paese e, sconfortato, osserva che negli ultimi mesi: “Dalla Puglia all’Emilia, al Piemonte alla Lombardia, è stato un emergere sconfortante di infedeli e concussi, amministratori disinvolti e imprenditori senza scrupoli. Un fenomeno trasversale agli schieramenti politici, segnato più dall’avidità e dall’edonismo individuali o di gruppo che dalle ragioni di appartenenza a un partito o a una corrente come avveniva con Mani pulite. I comitati d’affari grandi e piccoli prosperano. Alcuni non si vergognano nemmeno, ne menano addirittura vanto. La realtà, amara, è che dovremmo domandarci tutti (stampa compresa) se il livello degli anticorpi della nostra società non sia sceso sotto il limite di guardia. Alla corruzione diffusa, così come allo scarso senso della legalità, ci si arrende facilmente. Come ci si rassegna a vivere in una città sporca o in un ambiente degradato. Ma l’esempio per le nuove generazioni è diseducativo e devastante”.Non vi nascondo che a leggere questo editoriale mi sono davvero incazzato. Ma come?????!!!!E’ da anni che il Corriere della Sera ci racconta che la magistratura è un problema perché non vuole stare al suo posto. Che Berlusconi fa bene a voler giustiziare la giustizia perché è evidente la politicizzazione di ampi segmenti delle procure italiane.Un giorno si ed il giorno dopo anche illustri editorialisti del Corrierone nazionale ci spiegano che solo con la riforma della giustizia (rectius: con l’immunità parlamentare, la legge sul processo breve, l’abolizione delle intercettazioni, il lodo alfano, oltre che con tutte le altre leggi ad personam sfornate da Berlusconi e che il Corriere si ostina a definire riforme) si potrà raggiungere la pacificazione nazionale.Un giorno si ed il giorno dopo anche, negli ultimi quindici anni, editorialisti del Corriere hanno demolito la memoria storica di Mani Pulite e di quella grande speranza di un’Italia più onesta che quelle indagini hanno portato con sé. Da ultimo, con la spazzatura infilata a piene mani nel ventilatore, il Corriere ha tentato un’ulteriore opera di delegittimazione di quella stagione di speranza e di rinascita, accreditando folli teorie complottiste che vorrebbero vedere addirittura la CIA dietro all’azione di Di Pietro e del Pool di Mani Pulite. Persino l’innocente fotografia di una cena natalizia scattata in una caserma dei Carabinieri davanti ad un centinaio di militari dell’arma diventa un fantasma da agitare per delegittimare e gettare discredito.E dopo tutto questo il direttore del Corriere si rammarica se l’Italia, sempre più,  sprofonda nella corruzione, nel malaffare ed in una politica senza etica, senza morale che pensa solo all’arricchimento personale a discapito del bene pubblico!!!!!!!Non voglio attribuire a De Bortoli colpe che non sono sue, ma il Corriere della Sera oggi dovrebbe menar vanto se l’Italia è diventata quella che è. In questo ha giocato un ruolo, magari per omissione, ma non marginale.

SCHIZZI DI FANGO IGNOBILI

Cena Di Pietro - ContradaCena Di Pietro - ContradaE’ iniziata l’ennesima offensiva contro Italia dei Valori ed il suo leader Antonio Di Pietro. I grandi burattinai, che agitano gli spauracchi dei falsi scoop di queste ore, sanno di avere in mano il nulla ma questo non li spaventa. Hanno gli strumenti, i mezzi finanziari e le motivazioni per creare fantasmi che poi “media” compiacenti, trasformeranno in sospetto e, quindi, in tentativo di delegittimazione. Il nulla, questa volta, davvero è desolante. Una cena per gli auguri di Natale in una caserma dei carabinieri. Organizzata dal comandante della Caserma. Presenti solo funzionari dello Stato e dei carabinieri. Vengono addirittura scattate foto ricordo. Certo! Contrada, presente alla cena, viene arrestato due settimane dopo, ma nessuno dei presenti aveva la sfera di cristallo. Tutti i presenti, inoltre, a distanza di vent’anni, confermano che era solo una cena per lo scambio di auguri. Eppure, intorno a quella cena scoppia la ridda delle insinuazioni, che nascono, oltretutto dalle farneticazioni di Mario Di Domenico, grafomane e pluricondannato per le sue strampalate azioni giudiziarie contro IdV e Di Pietro.Quello che sta accadendo in queste ore è la dimostrazione che, in questo paese, non solo la politica ma anche potentati economici e finanziari si muovono in spazi a dir poco opachi. Sono quegli stessi poteri, a partire dal gruppo economico che fa a capo a Berlusconi, che, vent’anni fa, con la politica facevano affari e hanno contribuito a creare quel sistema perverso, politico-affaristico, che tanto ha danneggiato l’economia e l’imprenditoria sana di questo Paese.Potentati economico-finanziari che da sempre si abbuffano alla mangiatoia pubblica  e beccano sonore bastonate ogni volta che si confrontano sui mercati. Gente che, per vivere, per continuare a fare affari e prosperare, ha bisogno di un politica debole, sensibile alle lusinghe dell’economia, venendo ripagata da uno Stato che svende i suoi gioielli all’imprenditoria pubblica e cede servizi, beni pubblici o reti infrastrutturali a prezzi di realizzo.Potentati economici che controllano grandi e piccoli giornali che usano, per difendere i loro referenti politici ed attaccare i loro avversari. Italia dei Valori questi potentati, presidente del Consiglio in testa, li ha tutti contro per una ragione semplicissima. Perché non siamo in vendita, perché non siamo disponibili a sacrificare l’interesse collettivo all’interesse particolare di nessuno. Per questo siamo inaffidabili e quindi pericolosi e, quindi, nemici da abbattere.Fino a quando Italia dei Valori viaggiava intorno al 2% dei consensi, ci potevano anche tollerare come una presenza quasi folcloristica. Ma oggi facciamo paura, oggi andiamo fermati.C’è tutto questo dietro agli attacchi dei giornali di oggi. Lo hanno fatto, ogni volta che hanno potuto, ma stavolta è un attacco concentrico e sistemico. Resisteremo anche a questo. E’ da questa consapevolezza che nasce la nostra forza e la nostra determinazione ad andare avanti. Ogni schizzo di fango è una medaglia da appuntare sul petto. 

RINGRAZIO MA CONFERMO DISSENSO

Oggi, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha risposto alla mia lettera aperta pubblicata su questo blog. Questa è la risposta del presidente della Repubblica:

"Ho letto la sua lettera e prendo atto del totale dissenso da lei liberamente espresso. Desidero solo farle presente - avendo lei voluto contestare anche il mio riferimento a una sentenza della Corte dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo (che lei confonde con la Corte di Giustizia europea, che e' cosa diversa) - che ho l'abitudine di documentarmi e di fare affermazioni precise.

Lei  non ha evidentemente letto la sentenza a cui mi riferisco, che sul punto da me indicato così recita: 'Non e' possibile ritenere che il ricorrente abbia beneficiato di un'occasione adeguata e sufficiente per contestare le dichiarazioni che hanno costituito la base legale della sua condanna'".

Ringrazio sentitamente il presidente della Repubblica per l’attenzione e la sensibilità che ha avuto nel rispondere alla mia lettera. Prendo atto delle sue precisazioni in punto di diritto che, però, lasciano immutato il significato politico del mio dissenso.

Detto questo, e ad onore del vero, ritengo opportuno linkarvi il testo tradotto in italiano della sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo,  dalla cui lettura potrete trarre le vostre considerazioni e che comunque stabilisce due cose:

1) Di tutti i processi, con relative condanne ricevute da Craxi, solo in uno di questi la Corte Europea rinviene violazioni dei principi dell'equo processo.

2) Anche con riferimento a questa sentenza accoglie un'unica doglianza della difesa di Craxi e cioè di non aver potuto controinterrogare i testimoni o coimputati che hanno accusato Craxi. La Corte, tuttavia, riconosce che ciò avvenne nel pieno rispetto della legge italiana allora vigente, correttamente applicata dai giudici.

A voi ogni giudizio.

CARO PRESIDENTE STAVOLTA DISSENTO

video: 


 

Pubblico il testo della lettera che ho inviato oggi al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

***


Caro Presidente,

rispettosamente, ma totalmente, dissento dal contenuto della lettera da Lei inviata ai familiari dell’on. Craxi.

Innanzitutto, perché constato che le sue parole non stanno servendo affatto ad una serena e più condivisa considerazione della figura di Craxi e di quel periodo della storia repubblicana ma, semplicemente, stanno dando un’insperata forza a quelle mille interessate voci che tentano oggi, unilateralmente e strumentalmente, di riscrivere la storia “a senso unico”.

Come si può immaginare, Signor Presidente, di giungere ad una memoria condivisa fino a quando a definire i contorni di questa memoria sono, Lei compreso, i protagonisti politici di quel tempo, protagonisti ancora oggi, e in tanti, della vita politica?

La serenità di una visione condivisa non potrà nascere altrimenti che dall’analisi distaccata di chi quegli anni non li ha vissuti in prima persona. Lasciamo, quindi, alla storia questo compito. Per questo, la mia sensazione, leggendo la Sua lettera è che, forse non intenzionalmente, in Lei per un giorno sia prevalsa la memoria di chi di quei giorni è stato autorevole testimone, piuttosto che il giusto distacco necessario per raggiungere il pur nobile obiettivo che Lei si è proposto.

Non si spiega, altrimenti, come del Craxi politico e uomo di governo Lei possa ricordare soltanto le innegabili positive intuizioni, dimenticando totalmente ed incomprensibilmente, di ricordarne anche il ruolo di assoluta primaria grandezza nel consentire e realizzare quel “sacco” della ricchezza pubblica che, in quindici anni, portò il debito pubblico dal 60 al 120%, togliendo a due generazioni future di italiani la speranza di un futuro migliore.

Un vero e proprio assalto alla diligenza, con il quale una classe politica già screditata e compromessa cercò di mantenere il consenso spendendo soldi che non c’erano. In quegli anni scellerati si mandarono in pensione quarantenni, si aumentò di un milione il numero dei dipendenti nelle pubbliche amministrazioni, si diede vita ad un sistema assistenziale di matrice clientelare e di illegalità diffusa che misero il paese in ginocchio. Caro Presidente, Le chiedo, come si può tacere tutto questo?

Non ho condiviso, Signor Presidente, nemmeno la parte nella quale Lei, oggettivamente, ribadisce il fatto che non si possono cancellare le responsabilità penali ma, ciò nondimeno lascia intendere, con le Sue parole, che anche quelle furono frutto di un clima che portò a far pagare a Craxi un prezzo più alto che a chiunque altro e La spinge ad evocare possibili ingiustizie, nei limiti in cui gli fu negato “un processo equo”, come stabilirebbe una sentenza della Corte di Giustizia Europea.

No, Signor Presidente, la mia memoria dei fatti, e quella di milioni di italiani che ieri non si sono ritrovati nelle sue parole, è diversa.

Craxi pagò oggettivamente più degli altri grandi leader di partito, ma solo perché soltanto Craxi risultò inequivocabilmente aver fatto ampio uso personale dei proventi di reati, compiendo quindi atti di corruzione e non semplice finanziamento illecito.

Quanto all’allora sentenza della Corte di Giustizia Europea questa si limitò a giudicare negativamente non il processo a Craxi ma una norma del diritto italiano. Norma che si applicò a tutti gli italiani imputati in processi penali, fino alla sua riforma.

Anche da questo punto di vista mi pare quindi che si rischi, ancora una volta, di avallare l’idea che la giustizia che vale per i cittadini comuni non debba essere la stessa che vale per i potenti.

Credo, Signor Presidente, che sia una china davvero pericolosa.

Conclusivamente, Signor Presidente, Le voglio dire che da Lei mi sarebbe piaciuto sentire un discorso diverso, che potesse contribuire a riedificare moralmente questa martoriata Repubblica. Un discorso che dicesse con chiarezza, una volta per tutte, che il politico, tanto più se uomo di governo, presta un giuramento solenne verso il popolo che rappresenta. Un giuramento di onestà, di trasparenza e di lealtà. E che quando vìola, così gravemente e durevolmente, questo giuramento, come fece Craxi, tradisce il suo Paese ed il suo popolo e niente, nemmeno il tempo, lo può riscattare.

Purtroppo, per la riedificazione morale del nostro paese, dovremo aspettare ancora a lungo.

Con rispetto,

                                                           Massimo Donadi

LA CONGIURA DEI CONDANNATI

Antonio Di PietroAntonio Di Pietro  E’ in atto il tentativo di riscattare la classe politica della prima Repubblica, quella che Tangentopoli ha consegnato alla storia come corrotta, affarista e ladra. Quella che ha messo in ginocchio un intero Paese, regalandogli il più pesante debito pubblico mai visto, di cui paga ancora oggi le conseguenze. Per riscattare quella classe politica e i suoi epigoni, serve riscrivere la storia e far passare i ladri per santi e le guardie per mascalzoni. Così, dopo il tentativo di santificazione di Craxi, che abbiamo denunciato dalle colonne di questo blog pochi giorni fa, arriva ora puntuale la seconda parte dell’operazione studiata a tavolino, ovvero il castello di bugie, calunnie e veleni che i soliti quattro pennivendoli al soldo del padrone stanno costruendo ad arte. L’obiettivo è quello di continuare a denigrare, come stanno facendo ormai da vent’anni, non solo il lavoro ma anche l’onorabilità di chi ha fatto il suo mestiere, ovvero, i magistrati di allora, Antonio Di Pietro per primo ed il pool di Mani Pulite.Tutto ciò mi indigna perché io so. Per questo, sento il bisogno di raccontarvi un episodio, al di là di tante parole o frasi. E’ accaduto un anno e mezzo fa circa, protagonisti me e Di Pietro. Sono nel mio ufficio a lavorare e sento bussare alla porta. E’ lui che, con un’aria quasi timida, che stupisce anche me che conosco bene il fiero cipiglio del leader del mio partito, mi si avvicina con alcuni,  tanti per la verità, fogli in mano. Mi spiega che quei fogli altro non sono che la vecchia sentenza che lo scagiona completamente dalle accuse che allora lo avevano indotto alle dimissioni dalla magistratura e che, ovviamente, lo assolve da ogni addebito a suo carico. Per intenderci, parliamo dei 100 milioni di lire e della Mercedes di Gorrini. Altrettanto timidamente mi chiede di dare un’occhiata alla sentenza, di leggerla se ne avessi voglia, in particolare quelle 30 pagine sui cui egli stesso ha messo il segno, aggiungendo, infine, che è molto importante per lui sul piano della nostra amicizia che io legga quelle pagine.Sebbene fossimo amici da nove anni, con Di Pietro non avevo mai parlato dei dettagli di quei momenti e di quelle vicende. La sua richiesta mi inorgoglì.Ebbene, non solo lessi quelle trenta pagine, ma l’intera sentenza e, ad ogni riga, cresceva la mia rabbia ed il senso frustrazione per la vera storia che, mai nessuno in questo Paese, aveva avuto ed ha il coraggio di raccontare. Emergono fatti, circostanze, intercettazioni, dichiarazioni che, in un paese normale, avrebbero cambiato il corso della storia. Vi racconto qui, in sintesi, sempre che non abbiate voglia di leggervi la sentenza, quello che emerge e che, badate bene, non sono opinioni ma fatti interamente ed incontrovertibilmente ricostruiti da confessioni, dichiarazioni dei diretti interessati, documenti ritrovati e intercettazioni telefoniche effettuate. Non teorie, dunque, ma fatti.Il signor Giancarlo Gorrini, che nel ’94 era un imprenditore sull’orlo del fallimento e che rischiava di essere travolto da una serie di indagini giudiziarie, al fine di cercare di salvare se stesso, il suo patrimonio e le sue aziende dall’imminente tracollo, decise di fare mercimonio dei suoi pregressi rapporti di amicizia con Di Pietro, di alterare fatti, circostanze, significati e gravità di tali rapporti di amicizia, al fine di riversare questo cumulo di menzogne in un dossier da vendere al miglior offerente tra i tanti indagati o arrestati di Mani Pulite, che non difettavano certo né di soldi né di rancore verso il magistrato. Per primo, si reca da Paolo Berlusconi e gli offre un dossier esplosivo per incastrare Antonio Di Pietro. Paolo Berlusconi accetta, prende il dossier e, temendo perquisizioni, lo fa nascondere a casa del fidanzato della figlia. Qui, un giorno, si presenta una persona di fiducia dello stesso Paolo Berlusconi che si fa consegnare il dossier e lo porta alla Lega Nord, proponendolo anche a loro. La Lega, invece, denuncia quella persona che, fermata ed identificata dalle forze dell’ordine, racconta tutto. Nel frattempo, Gorrini e Paolo Berlusconi si recano dal capo degli ispettori del ministero della Giustizia, portando l’esplosivo dossier che inchioda l’ex pm. Ma le accuse di Gorrini contenute nel documento sono talmente sciocche che il magistrato le archivia all’istante.A quel punto, Gorrini si rivolge a Cusani, proponendo a lui l’affare. Si presenta con un nuovo dossier, visto che il primo è un totale flop, dove gli stessi fatti sono stati riscritti e stravolti per tentare di farli diventare quello che oggettivamente non sono, ovvero, penalmente rilevanti. Cusani e Gorrini decidono di andare direttamente alla procura della Repubblica per dare inizio ad un procedimento penale contro Di Pietro e il pool di Mani Pulite.Gorrini si mette d’accordo a tavolino con testimoni, familiari ed amici nel negare che in tutta la vicenda ci sia dietro Paolo Berlusconi. Omette questa circostanza e decide di raccontare che la sua decisione di andare dal pm scaturisce dal moto di indignazione suscitatogli dalla notizia, pubblicata dal Corriere delle Sera, di prossime indagini a carico di Silvio Berlusconi da parte del pm Di Pietro.Questa volta, di fronte a Gorrini e Cusani, c’è il giudice Fabio Salamone di Brescia, scelto ad hoc dai denuncianti, il cui fratello è stato arrestato nell’ambito dell’inchiesta di Tangentopoli per corruzione e cui non difetta, dunque, rancore nei riguardi del pm. Da questo secondo assurdo dossier, capolavoro di menzogne artatamente costruite, partono le accuse ed i procedimenti contro Di Pietro che, nel frattempo, si dimette dalla magistratura per affrontare i processi e tutte le accuse a suo carico, da cui verrà interamente e totalmente prosciolto. Il Csm, qualche tempo dopo, ammonì il pm Fabio Salamone perché non si astenne dal processo su Di Pietro, riconoscendolo colpevole di aver violato il dovere di correttezza e di aver pregiudicato il prestigio dell’ordine giudiziario.Nella sentenza il giudice scrive che, all’epoca, c’era un vero e proprio partito degli indagati che aveva costruito un castello di falsità e che aveva tessuto una rete di calunnie per mettere Di Pietro ed il Pool definitivamente in trappola.Questo è ciò che accadde e questa è la verità, non la mia o quella di Di Pietro, ma la verità dei fatti e tentare di stravolgerla ancora una volta, è da vili e disonesti. Il tempo mi auguro posso aiutare a cancellare il dolore. Ma non può e non deve cancellare la verità.

LA STRATEGIA DELLA BEATIFICAZIONE

Bettino CraxiBettino CraxiIeri sera il Tg1, con un editoriale del direttore, ha riscritto la storia in diretta televisiva. Tre minuti sono bastati per beatificare Craxi, paragonandolo addirittura a Papa Wojtyla e per relegare negli inferi dell’odio e del rancore politico l’intera inchiesta di Mani Pulite. E’ ormai sotto gli occhi di tutti che il tentativo di riabilitazione della figura politica di Craxi non è un moto spontaneo, ma una vera campagna politica che per diffusione e capillarità è seconda soltanto a quella di santificazione di Berlusconi dopo l’aggressione di Tartaglia e dietro la quale si intravedono con chiarezza attori e finalità.E’ evidente che, in questa operazione studiata a tavolino, a parte ovviamente ai figli e alla famiglia, di Craxi non interessi un gran che a nessuno ma che si perseguano obiettivi che stanno tutti all’interno dell’odierna battaglia politica. E’ chiaro infatti che vi è un’intera classe politica che, scontati anni di purgatorio a seguito di Mani Pulite e dopo aver a fatica riconquistato in questi anni posizioni di prima fila nella politica o nel governo del paese, vede nella riabilitazione politica di Craxi una sorta di lavacro collettivo di un’intera epoca politica della quale sono stati sciagurati protagonisti. E’ il tentativo maldestro di far dimenticare agli italiani che in quegli anni la politica ha ceduto il posto a un sistema di ruberie malversazioni grazie alle quali il nostro paese si trova ancora oggi in ginocchio indebitato e impoverito.L’altro regista, senza la cui smisurata potenza mediatica questa campagna sarebbe impensabile ancora prima che impossibile, è Silvio Berlusconi, le cui fortune come imprenditore sono legate a doppio filo ai favori del Craxi ‘statista’,  cui si deve la prima legge ad personam della Repubblica italiana, ovvero quel decreto con il quale il governo Craxi permise a Berlusconi, in violazione delle norma all’epoca vigente, di trasmettere in diretta televisiva sull’intero territorio nazionale. Per non parlare della strada che l’ex leader socialista gli spianò nell’accaparrarsi le frequenze pubbliche televisive, per passare ancora alle tracce di tangenti passate dal conto estero di Fininvest All Iberian ai conti svizzeri di Craxi e per finire con quell’epoca oscura venata di tentazioni golpiste nella quale fu possibile la nascita di quella loggia P2 che vide coinvolti tanto Berlusconi quanto molti dei dirigenti socialisti. Noi non permetteremo che tutto questo accada, non per odio verso Craxi, non per giustizialismo, ma soltanto per amore della verità. Quell’amore di verità che mi fa dire che non vi è dubbio che dal punto di vista politico Craxi abbia avuto importanti intuizioni e una visione anticipatrice, sapendo ancorare una parte della sinistra al  riformismo europeo vent’anni prima che lo facesse il Pci-Pds. Sicuramente l’analisi e il giudizio della vita e delle azioni di un uomo politico sono articolate e complesse. Ma non possiamo dimenticare che ogni politico sottoscrive con i cittadini innanzitutto, e sopra ogni altra cosa, un solenne patto di verità, lealtà e trasparenza. Questo patto Bettino Craxi lo ha violato nel modo più grave possibile, sia con le plurime e gravi responsabilità penali, sia con le evidenti responsabilità politiche, per essere stato uno dei protagonisti di quel complessivo decadimento della politica che ha trasformato la corruzione e il sistematico sperpero del denaro pubblico in normale e ordinario metodo di gestione dell’azione politica e di governo.