Taggati con: Calderoli

TAGLI VERI? NO, DEMAGOGIA DI CASTA

Tempo di crisi, tempo di tagli, tempo di demagogia. Da anni si parla, giustamente, degli sprechi e dei privilegi della casta. Persino il governo oggi si accorge che, con la crisi economica in atto che costringe le famiglie a tirare la cinghia, la politica deve dare il buon esempio. Evvai, avranno pensato in molti, finalmente una scure si abbatterà sui costi della politica. La mannaia del buongoverno calerà su enti inutili e spese folli…Magari. La montagna ha partorito il topolino: una riduzione del 5% sugli stipendi di ministri e parlamentari. Un’inezia rispetto a quanto servirebbe.  Una trovata che comunque ha un qualcosa di efficace. Per finire sui giornali, intendo, e fare bella (bella…?) figura con un po’ di elettorato. Efficace per risparmiare davvero dei soldi, mah, non mi sembra proprio.  Il tutto si risolverebbe con un risparmio di circa 7 milioni di euro secondo alcuni, 4,8 milioni secondo altri. La proposta di Calderoli sarebbe stata un buon primo passo se accanto alla riduzione dello stipendio il governo avesse presentato proposte strutturali per eliminare sprechi e ingiusti privilegi e ridurre i costi della politica. Buttata così a me, che pure ho sostenuto la riduzione dello stipendio dei parlamentari, sembra solo l’ennesima proposta demagogica del centrodestra. L’Italia dei Valori è sempre stata in prima linea contro i costi della politica. Abbiamo presentato diverse proposte di legge sull’argomento ed anche una proposta di legge costituzionale per dimezzare, almeno, i costi e ridurre i privilegi di casta, ma con questo governo è stato impossibile farle passare. Il centrodestra fa solo chiacchiere da campagna elettorale. Volete un esempio concreto? Pensate all’abolizione delle province. Un caso eclatante: Berlusconi e soci hanno sbandierato ai quatto venti la proposta di abolire le province. L’hanno promessa in tutti gli angoli d’Italia ed in ogni salotto televisivo. Al momento del dunque, però, quando dopo mille resistenze di tutti gli altri partiti, siamo riusciti a portare in Parlamento un testo per abolire le province, l’hanno affossato. Non hanno voluto far risparmiare allo Stato oltre dieci miliardi di euro, altro che i bruscolini della riduzione degli stipendi. Con loro al governo la casta continuerà a prosperare.

RIFORME VERE NON INCIUCI DI BASSA LEGA

NapolesconiNapolesconi

Voi affidereste i vostri risparmi alla banda Bassotti?  E’ la domanda che mi frulla in testa da quando è cominciato il balletto delle riforme. Il paragone può sembrare semplicistico o impertinente ma la questione è: voi affidereste, serenamente e pacatamente, le riforme costituzionali al Pdl e alla Lega? Quello che preoccupa, al di là di strategie golpiste o meno, è che le riforme costituzionali verrebbero di fatto affidate a due partiti che non hanno una visione complessiva ed alta dello Stato. Da una parte, infatti, c’è il Pdl che ha una visione di riforma monoteista, che gira intorno ad un uomo solo, Berlusconi, che smania per il presidenzialismo, non perché lo ritenga la forma migliore di governo, ma perché gli garantirebbe poteri assoluti e lo svincolerebbe dal fastidioso controllo di altri organi a garanzia della democrazia,  presidenza della Repubblica e Corte costituzionale in testa. Con una visione così miope ed egoistica c’è il forte rischio di deragliare alla prima curva pericolosa. Il presidenzialismo di Berlusconi per Berlusconi è una follia impraticabile, dannosa e pericolosa. Dall’altra parte, c’è la Lega che, ringalluzzita dall’ottima perfomance elettorale, lancia l’Opa sulle riforme e dice che esse spettano di diritto al perito elettrotecnico Bossi e al dentista Calderoli, il leader che voleva usare il tricolore come carta igienica e il ministro che portava il maiale a passeggio sul terreno per la moschea. Due esempi fulgidi che ci ricordano l’alto senso dello Stato e delle istituzioni e la politica illuminata, moderna e riformatrice della Lega, detentrice di quella sensibilità culturale che l’ha portata, negli anni, a costruire steccati ideologici su tutto, immigrazione, concorrenza e libero mercato. Insomma, con queste premesse, fatte di miopia ed egoismo, rischiamo di volare basso e di brutto, anzi di non riuscire neanche ad alzare la testa. Con questa visione di corto respiro il disegno di riforma costituzionale rischia di fare la fine dei fagiani durante la stagione della caccia. Noi, per il momento, restiamo a guardare nella speranza che facciano sul serio. Né apertura totale, né chiusura preconcetta ma con il ruolo e la coscienza critica che ci contraddistinguono da sempre. Sulle intercettazioni, sul presidenzialismo alla Berlusconi e sulla magistratura sottoposta al controllo dell’Esecutivo, tanto per capirci, non facciamo sconti. Ma se all’orizzonte si prefigurasse davvero una riforma del sistema fiscale in senso più equo, una riduzione del numero dei parlamentari, un patto anticorruzione bipartisan sul modello di quello realizzato in Spagna da Zapatero, dopo l’ondata di scandali che ha travolto la Spagna, ci faremo in quattro per portarle avanti ma alla luce del sole. Sul piatto della bilancia, solo l’interesse del Paese, non accordicchi che puzzano di merce di scambio.

IL GOVERNO HA LA SINDROME DI PENELOPE

PenelopePenelope Il taglio delle poltrone può attendere. Et voilà, l’ennesimo bluff del governo è servito. La maggioranza, per il secondo anno consecutivo, rinvia la questione di un anno, ovvero al 2011. E si sa che, in politica, rinviare, significa rimandare alle calende greche per non parlarne, ma soprattutto, per non fare più. Solo un ingenuo poteva pensare che, alla vigilia delle elezioni amministrative, la maggioranza avrebbe seriamente dato un taglio al numero delle poltrone degli amministratori locali. Per il momento, proconsoli, cacicchi e ascari, di destra, sinistra e centro, rimangono saldi alla tolda di comando, con buona pace del ministro Calderoli e di tutta la Lega che, sui tagli ai costi della politica e su Roma ladrona, ci hanno fatto tante chiacchiere in campagna elettorale ma nulla di più. Tecnicamente, è accaduto che la norma prevista in Finanziaria, che tagliava di 50.000 unità le poltrone di consiglieri e assessori di comuni e province, è stata congelata e rimandata ad un decreto che a sua volta rinvia al prossimo anno le grandi manovre per rendere più snelli e meno costosi gli enti locali.La norma contenuta in finanziaria prevedeva la riduzione di un quarto dei consiglieri e di un quinto degli assessori mentre per le province sarebbe dovuta scattare un diminuzione del 20% degli assessori. Conti alla mano, guardando per esempio ai comuni, le grandi città con più di un milione di abitanti si sarebbero viste decurtare ben 13 consiglieri: da 61 a 48. Se, invece, si parla di assessori, la riduzione maggiore avrebbe riguardato gli enti tra 30.000 e i 250.000 abitanti, con 4 assessori in meno. Ma il decreto ha congelato tutto fino al 2011, facendo slittare anche la soppressione del difensore civico e delle circoscrizioni comunali. Non è l’unico caso di questa strana sindrome di cui la maggioranza ed il governo sono affetti e che li porta a disfare di notte quello che fa di giorno. C’è anche la vicenda delle zone franche urbane che, in Francia e non solo, rappresentano un modello economico di successo. Nel 2006, l’Italia ha intrapreso la stessa strada con la prima finanziaria del governo Prodi e, nel 2008, il testimone è stato raccolto dal governo Berlusconi che ha chiesto un sofferto via libera da parte della Commissione europea, in modo da poter partire il 1 gennaio 2010. A due giorni dal varo delle 22 zone franche urbane, il governo ha emesso un decreto legge che modifica la normativa e che quindi costringe l’Italia a ripartire da zero. Il tutto, pare, per l’ingordigia della Lega irritata dal fatto che nessuna delle 22 zone franche autorizzate è nella sua area d’influenza elettorale e ne vorrebbe almeno due.Insomma, di giorno il Governo tesse la tela di Penelope, di notte la disfa. Su una sola tela lavora a spron battuto: è quella che gli serve per imbrigliare la giustizia e mettere il premier al riparo dei suoi guai.