Taggati con: Pd

IDV NON PREPARA NESSUNA SVOLTA CENTRISTA

Antonio Di PietroAntonio Di PietroDopo l’intervento di Antonio Di Pietro alla Camera, dove sollecitava il Pd ad assumersi l’onore e l’onere di imprimere una svolta alla coalizione di centrosinistra, sono stati spesi fiumi di parole, di inchiostro, spesso velenoso. C’è chi, in due eventi del tutto casuali, l’intervento di Di Pietro e l’avvicinamento in Aula di Berlusconi, ha voluto forzatamente cercare un nesso, che non c’era e non c’è. Piroette, cambio di rotta, riassestamento, spostamento della linea politica: così è stato definito il suo intervento. Un mare di falsità, di miopia spesso condita da pregiudizio. Comprendo bene che molti dei nostri elettori possano essersi sentiti smarriti, anche se credo, anzi sono convinto, che essi siano molto più avanti di quanto non lo siano i giornali. Voglio rassicurarli: la nostra non è una svolta centrista. Io per primo non voglio trovarmi fianco a fianco con Casini. Credo che a nessuno appaia come una novità che a noi le ideologie non ci interessano. Vogliamo continuare ad essere quello che siamo stati fino ad oggi: un soggetto politico generalista che si rivolge potenzialmente a tutto l’elettorato. Ma pare che questo a qualcuno non piaccia o non faccia comodo. Io ribadisco un concetto che vorrei fosse chiaro a  tutti: quella che è stata definita una sferzata al Pd da parte del leader del mio partito, era un appello accorato a trovarci ora, subito, su una coalizione solida, un leader e un programma. Era ed è un atto d’amore verso la coalizione, verso il Paese, verso quell’idea di alternativa, scaturita forte e chiara dalle amministrative e ancor più dai referendum. Coloro che hanno permesso la vittoria di Pisapia a Milano, di De Magistris a Napoli e coloro che hanno votato ai referendum, non sono tutti di centrosinistra. Mi spiego. Se ci fossero le politiche molti di questi elettori non voterebbero per il centrosinistra. Dobbiamo invece cogliere il messaggio che ci mandano, quello cioè di essere pronti a rimettere in discussione le loro appartenenze di schieramento a fronte di proposte serie, chiare e nette. E’ qui il bandolo della matassa. Nel caso poi dei referendum, 10 milioni di elettori del Pdl hanno bocciato le proposte del governo. Ebbene, noi, proprio noi, che siamo i più convinti antiberlusconiani, siamo convinti che, di fronte a questo messaggio straordinario, che dimostra chiaramente la fine di Berlusconi e del berlusconismo, per liberarsi di lui bisogna già progettare “il dopo” con una proposta politica che sia in grado di attrarre anche il consenso elettorale di una parte di elettori delusi che ha votato centrodestra. Come? Pensare di farlo rifacendosi a basi ideologiche è sbagliato. Quando Vendola parla di sinistra, come se fosse in sé un valore assoluto, la cosa ci lascia indifferenti. I vecchi arnesi ideologici non servono più a niente in questo contesto economico e di relazioni internazionali. Per questo ci poniamo tre obiettivi; vogliamo essere un partito generalista che si rivolge potenzialmente a tutto l'elettorato; vogliamo agire non sulla base di un'ideologia ma su tre valori di riferimento, libertà, legalità e solidarietà; vogliamo fare proposte concrete per risolvere i problemi del Paese e attuare quelle riforme strutturali di cui l’Italia ha bisogno. Riforme che non si faranno in una legislatura: per questo è fondamentale ritrovare delle fondamenta di comune convivenza a prescindere dal cambio di governo. Questo è però possibile solo dopo Berlusconi, che ha impedito il dialogo inquinando la politica con un uso privatistico e col conflitto d'interessi. Quanto al Pd, nessuno ha voluto o vuole cercare lo scontro. Noi vogliamo essere leali alleati. Lasciatemi però dire che è quanto meno bizzarro che quando noi attaccavamo duramente Berlusconi ci dicevano che eravamo un problema perché spaventavamo l'elettorato moderato. Adesso che vogliamo anche noi rappresentare una parte di quell’elettorato ci dicono che lo devono fare solo loro. Io invito gli amici del Pd a cogliere quanto c'è di positivo in questo: se c'è più di un partito che vuole intercettare voti dall'altra parte dello steccato è solamente un fatto positivo, così si vincono le elezioni. Mi auguro che, passato il risentimento iniziale, prevalga la posizione positiva e, soprattutto, costruttiva. Noi, con senso di responsabilità, abbiamo posto un problema oggettivo, ovvero, la mancanza di una coalizione, di un leader e un programma. Se il primo partito di centrosinistra, risponde che la coalizione si farà quando la vorranno loro, mi pare che non dia una prova di forza, ma di debolezza e di imbarazzo. Loro sono la nave, noi un rimorchiatore piccolo ma agile che vuole contribuire a portare il centrosinistra fuori dalle acque basse del porto per cominciare il viaggio in mare aperto. E’ un delitto sognarlo?

IL PD NON FACCIA LA STAMPELLA DELLA MAGGIORANZA

Tag: Bersani , Libia , mozioni , Pd

Mercoledì 3 maggio, quando il Parlamento voterà le mozioni sulla Libia, si giocherà una partita importante, una partita tutta politica che riguarda innanzitutto il centrosinistra e la sua credibilità. Il centrodestra è spaccato, diviso, non ha unità di intenti e vedute in politica estera, cardine fondamentale per la credibilità di un governo sia sul fronte interno che internazionale. E’ l’occasione giusta per mandarli a casa, per condannarli ad una verità: l’unico collante che li unisce sono le poltrone usate per difendere gli interessi del presidente del Consiglio. Abbiamo l’occasione per rispedirli a casa. Non vorremmo mai, però, che il voto del 3 maggio si trasformasse da una Caporetto del centrodestra nella pietra tombale del centrosinistra. Sarebbe di una gravità inaudita se, mercoledì prossimo, di fronte ad un centrodestra senza una propria maggioranza in politica estera, arrivasse il soccorso delle altre opposizioni, Pd in testa, garantendo la sopravvivenza a questo governo senza più alcuna prospettiva politica. Tutte le opposizioni devono votare contro la risoluzione del governo e della maggioranza. Parliamoci chiaro e usciamo fuori da ogni ipocrisia. Non si può ripetere, per mesi, che il presidente del Consiglio è un caudillo antidemocratico, un pericoloso eversore e poi al momento buono di farlo cadere il Pd gli fa da stampella, votando la mozione per tenerlo in piedi con la scusa del prestigio internazionale dell’Italia da tutelare. La nostra presenza militare è già significativa ed importante: abbiamo il comando delle operazioni navali, partecipiamo al no fly zone. Cosa andranno a raccontare quelli del Pd ai loro elettori, se voteranno a favore della risoluzione del governo, dopo aver affermato un giorno sì e l’altro pure che Berlusconi è un dittatore che attenta alla Costituzione? Non è affatto vero che su questo allargamento della presenza militare italiana si giochi la nostra credibilità internazionale, così come non è vero che è in gioco la tenuta dell’alleanza atlantica. Partecipare è una nostra libera scelta che non pregiudica niente perché siamo già significativamente coinvolti. Il Pd apra bene le orecchie: l’unica cosa che è in gioco è la sopravvivenza o meno del governo Berlusconi. Chi li dovesse salvare se ne assumerà tutta la responsabilità davanti ai cittadini e agli elettori. Non è bombardando la Libia che l’Italia riacquisterà la sua credibilità sul piano internazionale. La ritroverà solo liberandosi di Berlusconi. I democratici riflettano bene su questo. Altrimenti, fino ad oggi, hanno raccontato balle colossali. Hanno abbaiato senza mordere.

"Chiamata per l'opposizione: così li batteremo"

Pubblico la mia intervista, apparsa ieri su Il Fatto quotidiano.

"Se non lo facciamo ora, non lo facciamo mai più". Massimo Donadi, capogruppo IDV alla Camera, lancia un appello alle opposizioni, per mettere in atto una strategia comune per cacciare Berlusconi. Per questo, si dichiara disposto pure a disotterrare l'ascia di guerra con il Pd (e lo dice con un'espressione colorita: smettere di mettersi reciprocamente le dita negli occhi), mentre se la prende con il Terzo Polo che non avrebbe nessuna intenzione reale di portare il premier alle dimissioni.

Onorevole Donadi, lei ha anche mandato una lettera alle opposizioni, proponendo una strategia comune. Quale?

Non riusciremo mai a battere Berlusconi su ogni singolo voto, su una singola mozione perchè in quel caso lui ce la fa a portare i suoi a votare. Ma dovremmo accordarci su alcuni provvedimenti più complessi, votando insieme e presentando emendamenti su emendamenti, in modo tale da costringere la maggioranza a stare in Aula per giorni.

Si, ma veniamo da una serie di prove non esattamente brillanti per l'opposizione: il giorno della relazione di Alfano sulla giustizia c'erano molte assenze. E la sfiducia a Bondi si è rivelata un autogol: questo non è un buon indicatore per il successo di iniziative come quelle che lei suggerisce...

Infatti, non è in quel modo che noi possiamo vincere, ma sul voto di provvedimenti più complessi: come si può credere che ministri e sottosegretari lascino tutti i giorni i loro impegni per venire in Aula per giorni? Fino ad ora il Governo ha accuratamente evitato di presentarsi con leggi più sostanziose. Ma non potrà farlo per sempre. E così cadrebbe nel giro di due mesi.

La sua lettera quali riscontri ha avuto?

Mi ha risposto Franceschini, dando la sua disponibilità anche se ha sottolineato come una strategia comune ha successo se la facciamo tutti insieme. Il Terzo Polo non ha dato nessuna risposta.

Però anche ieri Casini ha detto che preferisce le elezioni piuttosto che tirare a campare...

A parole tutti vogliono le dimissioni di Berlusconi. Ma io credo che il Terzo Polo preferisca strategicamente continuare ad indebolirlo ma tenerlo lì. Per consentire una successione con il consenso di Berlusconi stesso, magari consentendo a lui la strada del Quirinale. Infatti, quando alla Camera è arrivato l'unico provvedimento un poì più complesso, dopo la fiducia di dicembre, quello sui rifiuti, loro hanno votato quasi sempre con la maggioranza. Il problema è che anche il Pd aspetta il Terzo Polo. E invece dovrebbe avere il coraggio di assumere l'iniziativa.

Pd e IDV non sono esattamente allineati. Lo dice anche la vicenda delle primarie a Napoli: prima avete scelto di non partecipare alle consultazioni, e una volta che queste sono di fatto fallite, avete presentato ufficialmente De Magistris...

Perchè avremmo dovuto partecipare ad una competizione falsata, in un posto dove la politica è degradata? Invece, il nostro vuole essere un contributo positivo.

 

LE PRIMARIE NON SONO CONCORSO BELLEZZA

Primarie 2005Primarie 2005Le primarie sono uno strumento straordinario di democrazia, di partecipazione, di coinvolgimento e mobilitazione. Sono state la migliore ‘invenzione’ politica del centrosinistra negli ultimi venti anni. Hanno contribuito a rafforzare le leadership (per quanto possibile a dire il vero…) e ad aprire un confronto di idee e di programmi. Non sono e non devono diventare, però, né un feticcio cui immolare principi e battaglie, né un concorso di bellezza o una gara a chi ha più fascino o carisma. Noi non siamo Berlusconi. Non consideriamo la politica come un plebiscito sulla persona, svincolandola dalle idee e dai progetti. Ad invocare continuamente le primarie come panacea di tutti i mali del centrosinistra (ed il riferimento al pur stimato Vendola è del tutto voluto) c’è il rischio concreto di svilirle, di renderle un vuoto referendum sulla persona. Le primarie sono l’ultimo atto della creazione di una nuova alleanza per l’alternativa di governo. Prima si individua il perimetro della coalizione, i partiti ed i movimenti che ne fanno parte. Poi, tutti insieme, si lavora al programma, si individuano i 10 punti (dieci, o cinque, o dodici, non i ‘centomila’ del programma dell’Unione, vaghi e pieni di fumo) caratterizzanti ed innovativi, vincolanti per tutti, da presentare agli elettori. Infine, solo al compimento di questo passaggio, che è fondamentale, si possono indire le primarie, e solo vincolandole alle priorità programmatiche di ciascun candidato. Non è possibile, non avrebbe senso fare il contrario. Vincere le primarie non può significare essere legittimati a fare tutto, utilizzando strumentalmente l’investitura popolare per sentirsi il re della coalizione. Il cesarismo non appartiene al pensiero liberale né a quello di una moderna sinistra europea. Le primarie sono il punto di arrivo di un percorso politico, non il punto di partenza. Anche perché la situazione sociale, economica e culturale del Paese è molto seria, compromessa dall’immobilismo e dall’incapacità di questo governo. Per questo si deve mettere al centro del progetto del nuovo centrosinistra il programma. Dovremo essere in grado di presentare una ricetta per ogni vero problema dell’Italia, a partire dal lavoro per i giovani e per le donne, ancora fortemente penalizzate. Le primarie servono, sono un ottimo mezzo, ma non devono diventare il fine di una battaglia politica. Il fine, è rendere l’Italia un paese migliore.

MATTEO RENZI, IL ROTTAMARCORE

E così il rottamatore Renzi, il giovane, è andato ad Arcore e su Facebook è scoppiato il caso Renzi. Molte e molto dure le critiche in casa Pd al sindaco di Firenze, 'reo' di aver preso parte ad un pranzo con Silvio Berlusconi nella di lui dimora privata. Lui, dal canto suo, non ha mancato di sottolineare le sue ragioni in difesa del suo gesto. Ha raccontato che hanno pranzato assieme ed erano solo loro due, lui ed il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, non c’erano né Emilio FedeLele Mora. Dice di essere andato ad Arcore per perorare la causa di Firenze e sostenere la legge speciale per la città. A chi lo ha attaccato duramente ha ribadito che non c’erano altri scopi segreti. Solo in un paese malato, ha detto il sindaco di Firenze, si può pensare che ci sia qualcosa sotto. Premesso che ho sempre guardato a Renzi e ai rottamatori con grande simpatica, perchè in questo paese di inamovibili rappresentano la volontà di dare una scossa per liberare gli alberi dai frutti troppo maturi, questa volta non condivido del tutto il suo gesto. Io faccio il sindaco di Firenze, ha detto Renzi, lui il presidente del Consiglio. Appunto. E’ proprio qui che avverto una nota stonata. Un sindaco quando incontra un presidente del Consiglio non lo fa nella sua residenza privata, ad Arcore, ma a palazzo Chigi, nella sede istituzionale del Governo. E soprattutto, non lo fa pochi giorni prima il voto di sfiducia, quando tutte le opposizioni stanno sostenendo uno sforzo titanico per chiudere definitivamente l’epoca del berlusconismo che ha fatto danni inenarrabili a questo povero Paese. Non ho dubbi che il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che ha provocato più di qualche mal di pancia al segretario del Pd Pierluigi Bersani e a tutta la nomenclatura del Partito democratico, abbia avuto motivi nobili e finalità altamente istituzionali ma scegliere di andare ad Arcore, in questo momento, significa scendere sul piano di quel berlusconismo che ha il suo motore e credo nella confusione dei ruoli, delle istituzioni che confonde pubblico e privato. Sicuramente, come scrive oggi Massimo Gramellini su la Stampa, Renzi appartiene all'attualità e gli altri al museo del Novecento ma, non sarà politicamente sexy dirlo, lo stile come rispetto delle regole e della distinzione dei ruoli è una condizione imprescindibile in politica, è la regola aurea e se l'attualità del centrosinistra passa attraverso il modello Berlusconi, allora vorrebbe dire che abbiamo trovatomagari un nuovo leader ma non siamo riusciti ad uscire dalle secche del leaderismo e personalismo in politica. Per questo, pur ribadendo la mia stima ai rottamatori, stavolta la scelta di Matteo Renzi di andare ad incontrare il presidente del Consiglio nella sua residenza privata e non nella più opportuna sede di palazzo Chigi è un segnale bruttissimo. E' una questione non secondaria di stile e se questo è quello dei rottamatori, spiace dirlo ma viene voglia di dire "niente di nuovo sotto il sole". Cambiano le generazioni ma lo stile resta lo stesso, anzi peggiora. Perché, almeno fino ad oggi, mai nessun alto esponente del Partito democratico avevano varcato i cancelli della residenza privata del presidente del Consiglio.

L’UDC? COME FAR PASSARE UN CAMMELLO NELLA CRUNA DI UN AGO

Tag: Casini , coalizione , Di pietro , Idv , Pd , udc

Pubblico una mia intervista apparsa su La Repubblica di oggi ROMA - «L´Udc? Per noi è come fare passare un cammello nella cruna di un ago.  Se il Pd ci riesce, staremo a vedere». Massimo Donadi, qual è il passo che l´Idv avrebbe preferito dal segretario democratico? «Il passo dovrebbe essere costruire una coalizione di centrosinistra con un progetto coraggioso di straordinaria modernizzazione del Paese, giocato su idee e personalità nuove, guidato da un leader forte, carismatico, ma con un forte tasso di innovazione della classe dirigente». Una coalizione che vada da Bertinotti a Fini? «Se apriamo a tutta quell´area che da sempre vota centrosinistra, ma che s´è rifugiata nel non voto per delusione, ci sono i numeri per sconfiggere il centrodestra che è in avvitamento su se stesso. Ma la coalizione deve essere costruita attorno a qualcosa ancor più importante del programma: la capacità delle forze politiche di essere compatte e leali fra loro, dopo che gli italiani hanno visto crollare maggioranze di destra e sinistra per liti». Ma su questo siete d´accordo con il Pd? Altrimenti il rischio è di litigare prima ancora di cominciare. «Noi vogliamo riconoscere al Pd la responsabilità di dare il la su ciò che sarà il perimetro della coalizione. Però una cosa la diciamo con nettezza assoluta: l´Udc non può diventare il nuovo Mastella. La storia sarebbe simile: entrambi mantengono l´identità del centrodestra dal quale entrambi provengono». Se riconoscete al Pd il ruolo di delimitare il perimetro della coalizione, quali sono le vostre condizioni, e le eventuali pregiudiziali? «Noi vogliamo capire se il piano energetico del centrosinistra prevederà il nucleare oppure no. Non vorremmo trovarci a favore del nucleare. Abbiamo proposto un referendum che sostiene l´esatto contrario». Come concilierete con il Pd il vostro forte senso di giustizialismo che molti, anche fra il centrosinistra, criticano? «Con il Pd va sottoscritto un patto che faccia sì che il profilo etico del centrosinistra sia superiore al centrodestra della "cricca". Noi siamo contrari a candidare condannati e rinviati a giudizio, ma l´Udc è disponibile ad accettarlo?». In conclusione, d´accordo o contrari all´Udc nella coalizione? «Per noi è come fare passare un cammello nella cruna di un ago. Se il Pd ci riesce, staremo a vedere. Ma mi pare che sia l´Udc a non aver intenzione di far parte del centrosinistra: se questa è la loro decisione, tiriamo sospiro sollievo». (a.cus.)

ULTIMA CHIAMATA PER IL CENTROSINISTRA

 Il centrodestra è ormai in un avanzato stato di decomposizione e la monnezza che torna a sommergere il centro di Napoli ne è una sorta di rappresentazione plastica. Credo che presto Berlusconi e Fini verranno travolti dall’onda anomala della loro intollerabile ipocrisia. L’uno passa la mattina a corrompere (ovviamente per interposta persona) parlamentari dell’opposizione per rafforzare la sua malandata maggioranza, il pomeriggio a garantire al sottosegretario Cosentino l’impunità dall’accusa di camorra, e nottetempo lavora a garantire la propria di impunità. L’altro lo accusa di ogni nefandezza possibile, ultima quella di aver usato agenti dei servizi segreti deviati per confezionare attività di dossieraggio contro di lui. Ma poi, come nulla fosse, manda avanti  i vari Della Vedova, Bocchino e Briguglio a dire che, ci mancherebbe altro, loro alla maggioranza sono fedeli, e che voteranno tutto quello che gli verrà proposto, a partire dalla fiducia che Berlusconi forse chiederà in aula la prossima settimana. L’unica cosa che consente a questa parodia della politica, anzi, a questo spettacolo da postribolo di continuare a reggersi in piedi è la latitanza dell’opposizione. E, lo voglio dire subito, nessuno di noi è totalmente esente da colpe. Non certo  il PD, che nel momento in cui il paese si aspetta una proposta alternativa di governo, appare paralizzato da lotte intestine che risultano  incomprensibili per chi vi assiste attonito, e che fino a qui non ha ancora riorganizzato il fronte dell’opposizione solo perché al suo interno si confrontano, senza che alcuna abbia ancora prevalso, idee opposte sul come riorganizzarlo e con quali alleati. Neppure mi paiono esenti da responsabilità i tanti candidati leader  del centrosinistra, a partire da Vendola e Chiamparino - tacendo dei minori - per i quali è sembrato talora che azioni, tempi e scelte della loro discesa in campo  coincidessero più con la promozione della propria persona che non dell’interesse collettivo della coalizione. Su Grillo sospendo il giudizio, come ho già detto, ma non nascondo la mano, e ribadisco che se, in nome di un purismo più puro degli altri, sceglierà la corsa solitaria, contribuirà anche lui a riconsegnare l’Italia a Berlusconi. Ad IDV, che pure ha l’incommensurabile merito di essere stata l’unica, in questi anni, ad avere sempre tenuto la barra dritta sulla difesa dei valori costituzionali e di legalità, anche quando a tutti gli altri faceva comodo fare gli struzzi, mi permetto di dire (e lo dico a me per primo) che questo oggi non basta più.  IDV non è più un piccolo partito, che deve pensare soltanto alla propria sopravvivenza e per il quale è inevitabile pensare solo a coltivare il proprio orticello. Oggi abbiamo il consenso di un partito di medie dimensioni e questo ci impone di farci carico di un ruolo di responsabilità più ampio e generale. Non dobbiamo cadere nel tranello di sembrare tesi più a lucrare sulle disgrazie del PD che non a sostenerne le forze più propositive. Insieme a queste forze dobbiamo lavorare per realizzare un obiettivo comune fatto di progetti, riforme e di un’idea di modernizzazione del paese. Mi dispiace, ma sul centrosinistra, oggi, non posso dare un giudizio diverso. Perché, anche a causa dell’attuale malgoverno, un giovane su tre ha perso o non ha mai avuto un posto di lavoro; stipendi e pensioni sono i più bassi d’Europa ma la pressione fiscale sulle famiglie e sulle imprese è la più alta; siamo schiacciati dalla burocrazia e vessati da caste e lobby che odiano la meritocrazia. Frenati da un debito pubblico immenso e senza risorse per sanarlo. E, anche se so perfettamente che così non è, l’impressione che come centrosinistra tutti insieme stiamo dando, purtroppo, è che a tutto questo non ci pensi nessuno.  

VASTO: LA SVOLTA

Quinto incontro nazionale dell’Italia dei ValoriQuinto incontro nazionale dell’Italia dei Valori

Eccoci a Vasto. Il  quinto incontro nazionale ha un significato particolare, alla luce del difficile momento politico che il Paese sta vivendo. Il senso di quest’anno è quello di riprendere il percorso strategico avviato con il Congresso Nazionale del partito. Proseguire, cioè, con un’Italia dei Valori che non è più solo dura resistenza, ma che è alternativa di governo. Il tempo della sola piazza è finito, ora è il momento della responsabilità. Il nostro è un partito radicale nei valori, che non cambieranno mai e mai si piegheranno. Siamo in grado, però, di assumerci la responsabilità di governo. Pur consapevoli che il 100% dei nostri valori andranno a scontrarsi con i disvalori della maggioranza, siamo pronti a costruire un nuovo percorso, fatto di proposte, siamo in grado di compiere una svolta, fondamentale per far comprendere ai cittadini la trasformazione positiva che abbiamo in mente per il Paese. Sappiamo bene che non sarà facile portare a termine un progetto di così ampia portata, dal momento che il principale partito con il quale ci troviamo a dialogare è pieno di divisioni al suo interno e fatica a prendere posizioni forti e nette su molti argomenti. Ma, che ci piaccia o no, questo è il nostro insostituibile interlocutore e noi dobbiamo essere capaci di spazzare via le resistenze al cambiamento, che vengono da una parte della vecchia classe dirigente del Pd e valorizzare invece il lavoro e i contributi di quelle tantissime persone per bene che nel Pd militano, anche in Parlamento. Perché di fronte all’implosione del centrodestra, la cosa che più conta è la creazione di una grande coalizione che sia in grado di catalizzare intorno ad un unico progetto il consenso della maggioranza degli italiani Ecco qual è il senso di Vasto quest’anno. L’incontro nazionale è il momento della partecipazione, della riflessione collettiva, che coinvolge anche la base del partito, perché l’Italia dei Valori è un partito che decide attraverso ampie consultazioni, a tutti i livelli, anche con la sua base. In questa tre giorni saremo quindi chiamati tutti insieme ad assumerci la responsabilità di scelte straordinarie e decisive per il futuro del Paese, perché oggi, per la prima volta, se il centrosinistra non commetterà errori, è possibile non solo mandare a casa Berlusconi, ma chiudere per sempre l’era del Berlusconismo. La posta in gioco è il futuro dell’Italia.

Sul blog potrete seguire la diretta streaming dei principali eventi della festa di Vasto.

I FISCHI A SCHIFANI? PER FAVORE, PARLIAMO DI COSE SERIE!

  SchifaniSchifaniSulla vicenda dei fischi a Schifani ho taciuto, fino ad oggi, perché speravo che tutti si sarebbero resi conto che sull'intera vicenda la cosa migliore era quella di metterci una pietra sopra. Tanto più che di cose ben più importanti e serie di cui parlare in questi giorni proprio non ne mancano. Ma visto che tutti sembrano invece voler continuare a parlare di quei fischi, chi per rivendicarne la bontà, chi per condannarli fragorosamente, dirò la mia. Ne avrei fatto volentieri a meno ma a questo punto mi sembra giusto farlo. Innanzitutto, mi piacerebbe capire cosa c’è nella testa dei dirigenti del Pd e in quella del segretario dei democratici Bersani, che il giorno prima dice che Berlusconi ha portato il paese nella fogna, e il giorno dopo decide di confrontarsi con chi, più di qualunque altro, ha aiutato l’attuale presidente del Consiglio a ridurre il paese nelle condizioni in cui versa. Mi riesce davvero difficile capire cosa abbia da dirsi il Pd, Bersani e Fassino con Schifani, il più azzerbinato dei berluscones, a quale confronto si possa dar vita con un personaggio che, invece di partecipare a feste e festini, farebbe meglio ad andare dai magistrati e fare chiarezza sui suoi rapporti con la mafia. In secondo luogo, bisogna dare alle cose il peso che hanno. I fischi sono una forma di contestazione che esiste da quando esiste la politica. Ce ne sono sempre stati e sempre ce ne saranno e pioveranno indistintamente sulle teste dei politici di destra come di sinistra. Per questo, scomodare espressioni come “assalto alla democrazia” è non solo ridicolo ma anche patetico. Così come fatico a comprendere perchè per quei quattro fischi, debba scomodarsi  addirittura il presidente della Repubblica. Così come appare strumentale ed ipocrita la montatura di un caso politico nazionale da parte di quei giornali che pure non si sono mai degnati di esprimere il benchè minimo sdegno per i fischi, quelli sì organizzati da claque berlusconiane, che per due anni hanno accompagnato ogni uscita pubblica di Prodi e Padoa Schioppa. Ora, detto questo, non sono comunque d’accordo con chi quei fischi vuole giustificarli o legittimarli. Primo, perché tentare di impedire a qualcuno di parlare non è certo un comportamento che brilla per spirito democratico e quando viene fatto in un'iniziativa organizzata "a casa altrui" è anche un atto di mancanza di rispetto. Insomma, nessuno mi convincerà mai che una libertà si afferma negando un'altra libertà. Sono da sempre convinto che, anche di fronte alla peggiore degenerazione della democrazia, al berlusconismo più ottuso, al politico più criticabile, vi possano e vi debbano essere mille forme di critica e di contestazione, ma che limitare il diritto di parola sia tra tutte la più sbagliata, la più inutile e la più controproducente.

BASTA CHIACCHIERE, A VASTO PARTE IL CENTROSINISTRA

Tag: Bersani , BINDI , BONELLI , Casini , FAVA , FERRERO , Fini , Fli , Idv , Pd , PRODI , Sel , udc , Ulivo , Vendola , VERDI

Balle e balletti. Basta. Basta col teatrino della politica, che ad agosto si fa ancora più insulso ed insopportabile. Basta con ricette, alchimie, formule, autocandidature, suggerimenti e teorie. Ci vuole concretezza. In questa fase politica il governo potrebbe cadere da un momento all’altro e l’opposizione cosa fa? Discetta amabilmente (oddio, forse proprio amabilmente no) su alleanze, strategie, leggi elettorali sulle pagine dei giornali. Di concreto niente. Non un incontro, non un vertice, non un tavolo di confronto. Chiacchiere su chiacchiere, al vento. Noi siamo un po’ diversi, per fortuna. Più concreti. Per questo il 19 settembre, alla nostra festa nazionale di Vasto, abbiamo organizzato un incontro con tutti i rappresentanti del centrosinistra che intendiamo costruire. Per costruire il Nuovo Ulivo non basta solo parlarne. Ci saranno Rosy Bindi per il Pd, Claudio Fava per Sel, Paolo Ferrero per la Federazione della Sinistra e Angelo Bonelli per i Verdi. Abbiamo fato delle scelte. Abbiamo invitato i soggetti politici con cui vogliamo fare l’alleanza. Non abbiamo invitato quelli con cui non vogliamo allearci. Perché; al contrario di altri, abbiamo le idee chiare. Non abbiamo invitato Fli, perché loro stanno a destra, perché stanno ancora in maggioranza e continuano a cercare l’accordo con Berlusconi. Non sono nostri alleati strategici. Non abbiamo invitato l’Udc perché loro, invece, stanno con tutti. Col centrodestra e col centrosinistra, dipende da come gli conviene. Noi no, noi stiamo da una parte sola. E poniamo anche un problema di etica e trasparenza politica nei confronti dell’Udc. Non tutta la loro classe dirigente, al Sud soprattutto, è limpida. E noi certe persone non ce le vogliamo. Per tacere delle distanza sui temi etici e sui diritti civili. Hanno posizioni antitetiche alle nostre e trovare una sintesi sarebbe quasi impossibile. L’asse della nuova alleanza, cui non si può prescindere, è Pd-Idv. Noi fisseremo i paletti della tenuta etica e della coerenza politica che non sempre il Partito Democratico ha ben chiari. Sel e Verdi sono interlocutori naturali per costruire il nuovo Ulivo, mentre Ferrero, a nome della federazione della Sinistra, dovrà chiarire se intendono farsi carico delle responsabilità di governo. Un primo incontro in cui rappresentanti ai massimi livelli dei partiti del centrosinistra si confronteranno di persona e non sulle pagine dei giornali. Il primo incontro da tre anni  a questa parte. Il primo passo. Lo ripeto da tempo. Siamo già in ritardo e visto che la situazione politica è instabile e potrebbero esserci colpi di scena, sarebbe imperdonabile farsi trovare impreparati. Noi non facciamo chiacchiere, costruiamo la nuova alleanza per l’alternativa di governo.