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CORRUZIONE, SCANDALO ALL’ITALIANA

Scandalo all’italiana. Ricordate con quanto clamore un paio d’anni fa tutti parlavano del ddl anticorruzione? ‘Lo approveremo…; serve un giro di vite…; basta parole è il tempo dei fatti…’ e tante altre dichiarazioni dello stesso tenore. Ecco, ancora non è successo niente.

E ancora una volta la Corte dei Conti ha lanciato un allarme. Il presidente Giampaolino, all’inaugurazione dell’anno giudiziario, ha detto: “illegalità, corruzione e malaffare sono fenomeni ancora notevolmente presenti nel paese e le cui dimensioni, presumibilmente, sono di gran lunga superiori a quelle che vengono, spesso faticosamente alla luce”.

Ha detto anche che serve una cultura della legalità. Parole sante, in Italia. Superflue e ovvie in un’altra democrazia matura e civile.

La lotta alla corruzione è una priorità politica ed economica, sociale e culturale, ma in Italia nessuno sembra prenderla sul serio. E c’è un aspetto scandaloso: in Parlamento, presso gli uffici delle commissioni Giustizia e Affari Costituzionali, giace da più di un anno il Ddl anticorruzione, che ancora non è diventato legge.

Sono anni che la Corte dei Conti fornisce dati spaventosi sulla corruzione, ma sinora dalla politica non è giunta risposta concreta. Tante parole, ma solo quelle. La situazione non è più sostenibile e non è giusto prendere in giro gli italiani. Parlare di anticorruzione a ridosso delle elezioni è facile, ma è una mascalzonata se poi non si giunge alla fine del percorso.

Ora è il momento di agire, anche perché la corruzione ha dei costi altissimi, 60 miliardi di euro ogni anno. Invitiamo il governo e tutte le forze politiche ad una forte azione parlamentare per approvare rapidamente una legge che stronchi un fenomeno che ha pesantissime ripercussioni su tutto il Paese.

MONTI, "SU LA TESTA" CON GLI EVASORI!

 

Ha ragione il presidente del Consiglio Mario Monti. “Chi evade le tasse offre pane avvelenato ai figli. Consegnerà loro qualche euro in più ma li renderà cittadini di un paese non vivibile”. L’evasione fiscale è una piaga, fa più danni di un’invasione di cavallette. Gli ultimi dati, emersi dall’incrocio dei dati della Commissione Giovannini, della Corte dei Conti e della Uil, sono allarmanti. La tassa che toglie più all’erario è l’Irpef: all’appello mancano 49.5 miliardi di euro. Al secondo posto, c’è l’evasione sull’Iva: 44.7 miliardi di euro. Al terzo posto, l’Ires, 15.5 miliardi di euro evasi, al quarto l’Irap, con 7.1 miliardi di euro. E poi, in fondo a questa classifica, tasse meno importanti ma ugualmente dribblate dagli italiani: canone Rai, 623.3 milioni di euro e bollo auto, 449.7 milioni di euro. Faccio il totale: 119.6 miliardi di euro, una cifra da capogiro. Da Nord a Sud, con picchi in Calabria, dove il tasso di irregolarità sfiora quota 24 per cento, fino all’insospettabile Bolzano, con 14.7 per cento, l’Italia si conferma paese di naviganti, poeti ed evasori.

Per questo, avanti tutta con le liberalizzazioni, soprattutto quelle che avvantaggiano le tasche dei cittadini, ma lotta dura, senza tregua agli evasori fiscali. Lo diciamo da tempo al governo.

Rimettere in piedi il Paese e rilanciare l'economia si può. Tre sono le strade principali per uscire dalla crisi e restituire dinamismo alla nostra economia: avviare una lotta senza quartiere all'evasione fiscale e recuperare quei 119.6 miliardi di euro che bruciano e contrastare in ogni luogo la corruzione. Si proceda, dunque, spediti verso piene liberalizzazioni, che non devono riguardare solo taxi e farmacie, ma le vere lobby di questo paese ed i settori strategici per la crescita, a partire da energia, trasporti, reti e sistemi finanziari, ma non si usi il guanto di velluto con gli evasori fiscali.

 

IL MOSTRO DELLA CORRUZIONE DIVORA L'ITALIA

C'è un mostro nel nostro Paese, un mostro vorace che ogni anno distrugge decine di miliardi di euro. Li fa sparire dalla disponibilità di tutti i cittadini. Così le tasse aumentano, i servizi peggiorano, la qualità della vita diminuisce, il debito publico aumenta, gli investitori stranieri se ne vanno a gambe levate. E i cittadini pagano un conto salatissimo. Il mostro è la corruzione. L'intervista del presidente della Corte dei Conti Giampaolino è l'ennesimo allarme. Da anni la Corte dei Conti denuncia, inascoltata, la gravità della situazione. l'ultimo dato è impressionante: 60 miliardi di euro. A tanto ammonta la corruzione in Italia, manco fossimo una repubblica delle banane. E' un'eredità dei governi Berlusconi. Ricordate le leggi ad personam per depenalizzare il falso in bilancio? Bene, questo è il risultato. Basta alibi ora, la lotta alla corruzione e' una priorita' nazionale. Italia dei Valori ha presentato diverse proposte di legge sul falso in bilancio e su efficaci norme anticorruzione, ma nessuna e' stata discussa a causa dell'ostilita' del Pdl. Ora non ci sono più scuse. Se Monti vuole dare un segno di vera discontinuità col passato deve iniziare da qui. La corruzione e' un male di sistema e come tale deve essere affrontato. Servono misure strutturali per eliminare questo odioso e subdolo reato, che condanna l'Italia alla marginalita'. La fase 2 annunciata dal governo deve partire proprio dalla lotta alla corruzione, che brucia decine di miliardi ogni anno

NUOVO SCUDO? OGNI OCCASIONE E' BUONA

  Naturalmente oggi smentiscono ogni voce, dando la colpa a giornali e giornalisti. Ieri, però, se ne parlava, quindi ne deduciamo che ad inserire un nuovo scudo ci hanno quanto meno provato. E siamo davvero al paradosso: mentre l’IdV proponeva di tassare i capitali scudati per recuperare miliardi di euro sottratti al bilancio dello Stato, spuntava, nelle menti governative, capaci di sorprese continue, l’ipotesi di un nuovo scudo fiscale. Ma si può arrivare a tanto, mi domando? Berlusconi pensa di sì, evidentemente. Mai nessun altro governo ha fatto del condono un principio di politica delle entrate. Il pericolosissimo duo Berlusconi-Tremonti ne ha fatti di ogni tipo: fiscali, previdenziali, edilizi. Mi pare doveroso ricordare che il modo indegno di favorire gli evasori è emerso in tutta la sua gravità da un rapporto della Corte dei Conti. Da una previsione d’incasso dei condoni 2003 di 11 miliardi di euro, infatti, se ne incassarono solo 6, mentre gli altri 5  miliardi di euro mancarono all’appello. Tutto ciò, grazie anche ad una norma di tremontiana ideazione che in pratica permetteva a coloro che si autodenunciavano come evasori, di ottenere una rateazione. Ebbene, il ministro non ha neanche previsto che il mancato pagamento anche di una sola rata comportasse la perdita dei benefici della richiesta di condono. Risultato: tanti, troppi evasori hanno ottenuto il beneficio della cancellazione di ogni pendenza con il fisco e di ogni conseguenza penale, è bastato fare la rateazione, pagare la prima rata e poi dileguarsi nel nulla. Ma noi non ci stiamo, signor ministro. Premiare i truffatori e penalizzare gli onesti cittadini non è una politica che possiamo accettare ed è esattamente quella che il governo continua ad adottare, sperando di farla franca, anche in un momento di emergenza economica, infilando nel testo di risanamento addirittura norme che agevolino il rientro di capitali, così da dare una mano, per l'ennesima volta, a chi fa riciclaggio.Come se non fosse più che sufficiente ciò che hanno già fatto, permettendo la ri-nazionalizzazione dei capitali esportati illegalmente all’estero con una tassazione del solo 5% del loro valore. Norma che ha favorito in modo massiccio tutte le categorie di evasori. No, evidentemente a questo governo non basta e dunque pensa bene di continuare a far scempio della legalità portando al collasso la nostra economia. Ebbene, noi ciò non lo consentiremo mai. Ci batteremo con ogni mezzo, in Parlamento come nelle piazze, perché questo governo vada a casa.

PARLAMENTARI PAGATI PER NON LAVORARE

Martedì 12 ottobre 2010 - TransatlanticoMartedì 12 ottobre 2010 - TransatlanticoMartedì 12 ottobre, ore 17. Questa è la foto del Transatlantico: un deserto. Sembra il titolo di una sit-com ma in realtà è la drammatica fotografia di quanto sta accadendo da qualche mese a questa parte in Parlamento. 945 parlamentari pagati per non lavorare. La settimana appena trascorsa, lo dico con sconcerto e amarezza, 630 deputati della Repubblica, pagati con i soldi dei contribuenti, sono stati impegnati “dal martedì al martedì” per esprimere un solo voto. Al Senato è la stessa identica cosa: 315 senatori pagati per non lavorare. I fratelli-coltelli del governo e della maggioranza non sono più in grado di portare un solo provvedimento all’esame dell’Aula e quello che arriva, come la riforma dell’Università, tanto strombazzata dal ministro Gelmini mani di forbice, viene bloccata perché non ci sono i soldi. Si esaurisce tutto qui il lungimirante e rivoluzionario programma di governo, in un drammatico e preoccupante vuoto propositivo. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che ad inizio legislatura, come era giusto che fosse, aveva richiamato il parlamento a lavorare più giorni alla settimana, tace. Impegnato come è nell’aspra battaglia politica interna alla maggioranza ha smarrito il senso del suo ruolo e soprattutto quello del Parlamento. Berlusconi, angosciato per la sua leadership in bilico, è impantanato tra mille difficoltà e la drammatica afasia legislativa del governo è il sintomo evidente che non sono più in grado di governare il paese. Il paese reale ed i suoi problemi sono l’ultima delle preoccupazioni per il governo e la maggioranza. Mentre il parlamento non lavora la Caritas parla di un tasso di povertà in caduta libera nel nostro paese e di 8 milioni e 370 mila poveri nel 2009. Il presidente della Corte dei Conti denuncia che l’Italia tra i paesi industrializzati è all'ultimo posto per la crescita del Pil, al primo per l'aumento vorticoso del debito pubblico e tra i primi per il rapporto deficit-Pil. La presidente di Confindustria Marcegaglia parla di una fase di grande incertezza con crescita bassa e difficoltà a riassorbire la disoccupazione. E, infine, la Cgia Mestre che lancia un nuovo preoccupante allarme sull’elevato tasso di disoccupazione, a quota 10,2% con un esercito di 6.621.000 disoccupati reali. Aula vuota, corridoi semideserti, nessun provvedimento del governo, commissioni a discutere sul nulla, un solo voto a settimana, un Parlamento che non fa niente ed un’opposizione cui resta solo l’amaro e frustrante compito della denuncia.

E’ UNA NUOVA TANGENTOPOLI

BertolasoBertolaso“Solo volpi nel pollaio”. “Solo ladruncoli da quattro soldi”. “Oggi chi ruba non lo fa per il partito ma perché è un ladro”. “Solo volgari lestofanti”. “Non è una nuova Tangentopoli”. E’ da ieri che, illustri esponenti del centrodestra martellano con questi ritornelli. La ragione è presto detta. Le regionali sono dietro l’angolo e ritrovarsi con esponenti di spicco del proprio partito e qualche ministro beccati con le mani nella marmellata non è proprio la miglior carta da giocare in campagna elettorale. Per questo, il presidente del Consiglio  è furioso e grida ai suoi “Che c’entro io con questi ladruncoli?”.Anche Mario Chiesa, quello del famoso pio albergo Trivulzio da cui partì l’inchiesta Mani pulite, fu definito poco più di una volpe, un ladruncolo, un volgare lestofante, un “mariuolo”, vi ricordate? E poi sappiamo come è andata a finire.La verità è che quanto sta emergendo è una nuova Tangentopoli. Serve a poco dire il contrario di fronte al verminaio che sta emergendo: consiglieri comunali, parlamentari, pezzi da novanta del primo partito in Italia e ministri non sono proprio rubagalline qualunque. Qualche differenza rispetto al ’92 c’è, ma la diversa forma non cambia la sostanza dei fatti.Questa è una nuova Tangentopoli, con abiti nuovi, più adatti all’epoca che stiamo vivendo. Oggi, va di gran moda il modello Bertolaso, e cioè, un commis di Stato trasversale, adatto a tutti i tipi di maggioranza, col piglio del salvatore della patria che, nel tempo, si è fatto fare leggi su misura per avere i superpoteri con i quali gestire allegramente centinaia di milioni di euro, senza doverne rispondere a nessuno. Il modello Pennisi, il consigliere comunale di Milano che si è fatto portare i soldi in una scatola di cartone, è demodè, non è più a la pàge. Ma il ritornello della difesa è identico a quella della Milano da bere degli anni novanta: “Non rubo per me, ho preso i soldi perché la politica costa. Servivano per la campagna elettorale”. Non so a voi ma a me ricorda qualcuno.Il sistema di corruzione si è ingegnerizzato ma la corte dei favori tra politica e mondo degli affari è rimasta quella di sempre, con un pizzico di furbizia in più per non farsi beccare. Un sistema ramificato di corruzione, una ragnatela che coinvolge tutti i livelli istituzionali, tessuta con consulenze, appalti, favori, poltrone, potere, assunzioni facili e posti in paradiso. Come hanno ingegnerizzato il sistema? Con diversi mezzi. Prima hanno iniziato con la delegittimazione dell’inchiesta di Mani pulite e dei giudici che fecero l’impresa. Poi si sono fatti le leggi per aggirare i paletti anti-corruzione. Poi hanno continuato a martellare contro i soliti giudici comunisti e la loro giustizia ad orologeria.La Corte dei Conti, che dal ’92 ad oggi non ha smesso di monitorare l’impatto dei reati contro la pubblica amministrazione, ha reso noto che, nel 2009, la corruzione è aumentata del 229 per cento, del 153 per cento la concussione. Per le mazzette lo Stato ha perso 69 milioni di euro.  La voce tangenti, corruzione e concussione è aumentata dell’11% rispetto allo scorso anno. Emerge, dice la corte, la massiccia sagoma di un iceberg mai dissoltosi dopo lo scoppio di Tangentopoli. Serve altro per dimostrare la palese continuità tra ieri e oggi?