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GOVERNO? GOME OVER

Tremonti - BerlusconiTremonti - BerlusconiLa crisi non c’è. Oppure: è un’invenzione dell’opposizione, la gente riempie i negozi. O anche: spendete e siate ottimisti, il peggio è alle spalle. E ancora: l’Italia è messa meglio degli altri paesi, la crisi non ci ha danneggiato. Bum! Sono frasi prese a caso dal repertorio tipico di Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio italiano. Giulio Tremonti, ministro dell’Economia, invece, la pensa in maniera opposta e dice “la crisi non è finita, è come un videogame: sconfitto un mostro ne arriva un altro”. La situazione economica del Paese è troppo seria per oiter fare dell’ironia sulle fregnacce da cabarettista di Berlusconi, che scambia la politica economica per uno spot sull’ottimismo. Abbiamo già parlato tante volte della pericolosa irresponsabilità del capo del governo e i fatti continuano a ripetersi e a dar ragione a chi sostiene che questo è il peggior governo della storia repubblicana. Mentre la disoccupazione raggiunge livelli record, toccando l’8,7% quella totale e addirittura il 28,9% quella giovanile, nel governo si discute dei rapporti tra Berlusconi e Tremonti. Non perché propongano due differenti ricette per affrontare la crisi, ma perché Berlusconi pensa che Tremonti possa sfilargli la poltrona. Con la complicità del comune amico Umberto Bossi per giunta. E la prima pagina di Libero, giornale collaterale al premier, diretto dai fidi Belpietro e Feltri, lancia subito un messaggio al ministro con una vignetta su di lui in prima pagina. Niente di particolare per chi ha fatto del ‘metodo Boffo’ uno stile, ma in questo clima a pensar male ogni tanto si può far centro…Una situazione, dunque, ai limiti del grottesco: mentre la crisi attanaglia l’Italia, impoverisce la famiglie, colpisce le imprese e i lavoratori, Berlusconi ha paura solo delle mosse politiche di Tremonti. Teme anche che chiuda i cordoni della borsa per le riforme che ha promesso. E dice ‘stavolta Giulio va a sbattere’. La situazione è drammatica ma non seria, come avrebbe detto il grande Flaiano. Il dato politico è uno solo: questo governo non è in grado di affrontare la crisi e varare misure per il rilancio e politiche economiche che incentivino la crescita italiana. Non ce la può fare, purtroppo. Solo un governo di irresponsabili può vedere nella riforma (ad personam) della giustizia una priorità in questo momento. Un governo senza numeri (non basta comprare qualche deputato allo squallido mercato che hanno inventato per avere la maggioranza politica), senza idee e senza progetti. Se è innegabile che Berlusconi debba andare a casa, è altrettanto vero che le opposizioni devono organizzarsi e lavorare da subito all’alternativa di governo, A partire dal programma. Lo diciamo da tempo, ora non ci sono alibi né scuse che tengano.

PARLAMENTARI PAGATI PER NON LAVORARE

Martedì 12 ottobre 2010 - TransatlanticoMartedì 12 ottobre 2010 - TransatlanticoMartedì 12 ottobre, ore 17. Questa è la foto del Transatlantico: un deserto. Sembra il titolo di una sit-com ma in realtà è la drammatica fotografia di quanto sta accadendo da qualche mese a questa parte in Parlamento. 945 parlamentari pagati per non lavorare. La settimana appena trascorsa, lo dico con sconcerto e amarezza, 630 deputati della Repubblica, pagati con i soldi dei contribuenti, sono stati impegnati “dal martedì al martedì” per esprimere un solo voto. Al Senato è la stessa identica cosa: 315 senatori pagati per non lavorare. I fratelli-coltelli del governo e della maggioranza non sono più in grado di portare un solo provvedimento all’esame dell’Aula e quello che arriva, come la riforma dell’Università, tanto strombazzata dal ministro Gelmini mani di forbice, viene bloccata perché non ci sono i soldi. Si esaurisce tutto qui il lungimirante e rivoluzionario programma di governo, in un drammatico e preoccupante vuoto propositivo. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che ad inizio legislatura, come era giusto che fosse, aveva richiamato il parlamento a lavorare più giorni alla settimana, tace. Impegnato come è nell’aspra battaglia politica interna alla maggioranza ha smarrito il senso del suo ruolo e soprattutto quello del Parlamento. Berlusconi, angosciato per la sua leadership in bilico, è impantanato tra mille difficoltà e la drammatica afasia legislativa del governo è il sintomo evidente che non sono più in grado di governare il paese. Il paese reale ed i suoi problemi sono l’ultima delle preoccupazioni per il governo e la maggioranza. Mentre il parlamento non lavora la Caritas parla di un tasso di povertà in caduta libera nel nostro paese e di 8 milioni e 370 mila poveri nel 2009. Il presidente della Corte dei Conti denuncia che l’Italia tra i paesi industrializzati è all'ultimo posto per la crescita del Pil, al primo per l'aumento vorticoso del debito pubblico e tra i primi per il rapporto deficit-Pil. La presidente di Confindustria Marcegaglia parla di una fase di grande incertezza con crescita bassa e difficoltà a riassorbire la disoccupazione. E, infine, la Cgia Mestre che lancia un nuovo preoccupante allarme sull’elevato tasso di disoccupazione, a quota 10,2% con un esercito di 6.621.000 disoccupati reali. Aula vuota, corridoi semideserti, nessun provvedimento del governo, commissioni a discutere sul nulla, un solo voto a settimana, un Parlamento che non fa niente ed un’opposizione cui resta solo l’amaro e frustrante compito della denuncia.

DONNE E FIGLI NELL'ANNO DELLA CRISI

Donne e WelfareDonne e Welfare

E' da giorni che la politica si arrovella su se stessa. Elezioni o non elezioni, governi tecnici, governi di transizione, comitati di liberazione, fronti nazionali, crisi o non crisi di governo, dimissioni e case a Montecarlo: sono questi i temi che occupano le prime pagine dei giornali. Con tutto il rispetto per la democrazia e le sue dinamiche, credo che tutto questo stia facendo perdere di vista il paese reale ed i problemi veri della gente. Disoccupazione all'insù, immigrazione clandestina in aumento, famiglie, pensionati e ceti medio-bassi soffocati da una crisi economica che non retrocede di un passo. Sono questi i problemi della gente e di questo la politica dovrebbe occuparsi primariamente. Come uomo e come politico, mi fa profonda tristezza constatare, invece, che le questioni che interessano la vita delle persone sono da troppo tempo sullo sfondo, così come i temi etici, aborto, fecondazione, fine vita, diventano importanti solo quando servono ad accendere la polemica tra fazioni rivali. C'è un dato contenuto nella relazione di ieri al Governo del ministero della salute sulla legge 194 che mi ha colpito profondamente. In Italia, c'è scritto nella relazione, si abortisce meno ma le donne che scelgono di farlo sono in quasi la metà dei casi lavoratrici. I dati provvisori del 2009 confermano il calo costante delle interruzioni di gravidanza, con un decremento del 3,6 per cento rispetto al 2008. Ma se da una parte conforta una diminuzione dei casi di interruzione volontaria di gravidanza, dall'altra colpisce che quasi la metà degli aborti è fatta su donne con un lavoro: il 48,6% fra le italiane, il 46,7% fra le straniere. Solo l'11,9% degli aborti fra italiane e il 22% fra straniere e' di donne disoccupate o in cerca di prima occupazione. Io credo che questi dati ci impogano una riflessione. Se in Italia, nel ventunesimo secolo, una donna su due decide di rinunciare ad avere un figlio è il segnale evidente che non solo lo spettro della crisi economica spaventa il futuro delle giovani famiglie ma è la dimostrazione palese che il nostro sistema di assistenza alle giovani donne, madri lavoratrici è fallimentare o meglio, è inesistente. C'è come la sensazione che, nonostante il lavoro, i figli siano un lusso che una famiglia, con magari già un figlio, non possono permettersi e questo anche per colpa di uno Stato che non esiste. Tutto ciò fa accapponare la pelle. Mentre il governo perde tempo ad interrogarsi se sia moralmente lecito dare in via a nuove procedure abortive, come quella farmacologica, c'è una donna ed una famiglia che rinuncia ad un figlio perchè non ce la fa. Non ci sono asili - il fondo per il piano nazionale di asili nido varato da Prodi è stato dimezzato dal governo Berlusconi - non c'è sostegno alle famiglie, non c'è una vera politica a loro sostegno, cioè l'esatto contrario di quello che avviene negli altri paesi europei. Il Governo parla delle donne, ma solo di aumentarne l'età pensionabile per fare cassa. Ebbene, Italia dei Valori ha fatto la sua proposta in materia di maternità, sostegno alle famiglie ed eventuale aumento dell'età pensionabile. C'è una mia proposta di legge, sottoscritta da tutti i parlamentari di IDV, che intende fornire una risposta concreta. Vorremmo parlarne e affrontare la questione in Parlamento, sperando di trovare dall'altra parte interlocutori credibili, non come il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, che ieri commentando i dati della relazione, ha annunciato un piano federale per la vita. Ecco, sì un piano federale per la vita è proprio quello di cui le mamme lavoratrici hanno bisogno. Non di sostegno economico, non di supporto sociale, non di asili nido, non di assistenza. Serve un piano federale per la vita. Cosa sia e a cosa serva Eugenia solo lo sa.

L’OTTIMISMO NON E' IL 'PROFUMO DELLA VITA'

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Se ieri pomeriggio un cittadino qualunque, intorno alle 18, si fosse trovato ad accendere la tv e a seguire i lavori dell’Aula di Montecitorio, avrebbe avuto quasi la sensazione di trovarsi in un parlamento normale di un paese normale. Per la prima volta, infatti, da un anno e mezzo a questa parte, al centro del dibattito politico, non c’erano i problemi giudiziari del premier ma quelli veri degli italiani, dei tanti lavoratori che hanno perso il posto di lavoro, dei precari che vivono di stenti, dei giovani senza prospettive e degli anziani che non riescono a campare. Insomma, si parlava di quella crisi economica che attanaglia il paese e delle possibili ricette per superarla. Manco a dire che questo dibattito si è tenuto soltanto a seguito della ferma insistenza delle opposizioni e che il Governo, dopo aver tentato per mesi di evitarlo, alla fine lo ha dovuto letteralmente subire.E così, dopo mesi e mesi di insistenza, siamo riusciti ad inchiodare Tremonti alle sue responsabilità di ministro dell’Economia, chiedendo lumi sull’azione del governo per affrontare la crisi economica, l’aumento della disoccupazione e del ricorso alla cassa integrazione e della pressione fiscale. Tutte questioni denunciate puntualmente dall’Istat una settimana fa e che il premier si è premurato di mettere subito a tacere, spargendo il solito irritante quanto inutile ottimismo da tele imbonitore quale è. “La situazione ci induce all’ottimismo – ha detto – e noi dobbiamo cavalcare questo ottimismo”. Parole che si commentano da sole. Lo vada a dire agli operai licenziati o in cassa integrazione, che ogni giorno manifestano davanti a Montecitorio, se a cavallo dell’ottimismo riescono più facilmente ad arrivare alla fine del mese.Ebbene, ieri il ministro dell’Economia non ha smentito la filosofia di questo governo. Da lui, non è venuta una sola proposta concreta da condividere con l’opposizione. Niente sugli aiuti alle imprese, niente sugli aiuti ai disoccupati, alle imprese, alle famiglie, ai precari, insomma, niente di niente.Da Tremonti sono venuti solo 30 minuti di insopportabile autocelebrazione, condita da irrisione verso l’opposizione e da un continuo ed ostentato sarcasmo verso la situazione economica del paese, tutto fatto di battute, motti di spirito e freddure per le quali, vi posso garantire, nessuno ha riso dentro l’Aula, nemmeno tra i banchi della sua stessa maggioranza, e ancor meno credo abbiano riso fuori, nel Paese.Dall’opposizione sono arrivate tantissime proposte, tutte serie, importanti e sicuramente meritevoli di un dibattito e di un confronto approfondito e, per una volta, davvero utile soltanto agli interessi degli italiani. Dal ministro dell’Economia non solo non c’è stata la minima traccia di disponibilità o apertura ma, al contrario, vi è stata l’irridente ostentazione del vuoto pneumatico di proposte che caratterizza l’azione del governo.Il leit motiv di Tremonti è sempre stato lo stesso e ripetuto fino all’ossessione: “parlate pure tanto non ci sono i soldi, non ci sono i soldi, non ci sono i soldi”. La verità è che i soldi non ci sono, in parte perché questo governo li ha letteralmente sprecati, come i 3 miliardi di euro per salvare Alitalia, o i 2,5 miliardi di Ici sulla prima casa regalati già a chi aveva i redditi più alti; in parte perché non li si vogliono trovare, non volendo incidere seriamente sugli immensi sprechi della politica e della pubblica amministrazione. A partire da quei 14 miliardi di euro che, ogni anno, lo Stato spende per tenere in vita quegli inutili baracconi che sono le province italiane. Per continuare con Camera e Senato, dove altrettanto inutilmente teniamo un piedi un parlamento pletorico, con mille parlamentari, quando un’unica camera con non più di trecento parlamentari sarebbe più che sufficiente e farebbe risparmiare altri due miliardi di euro. Per concludere con le 300 mila auto blu che inutilmente infestano le strade italiane. E ci fermiamo qui, perché continuando con gli esempi potremmo scrivere un’intera enciclopedia. Berlusconi e Tremonti si diano la sveglia: le semine di ottimismo non danno frutti.

CANNOLI ANTICORRUZIONE SERVITI DI LUNEDI'

cannolicannoliOggi andrà in scena la parodia di “Cuffaro Due la Vendetta”. Berlusconi, infatti, festeggerà con la sua corte riunita in consiglio dei Ministri la sentenza con cui la Consulta ha dichiarato prescritto il reato di corruzione in atti giudiziari contestato a Mills. E chissà se ci saranno i cannoli. Di certo ci sarà un disegno di legge farsa, ben confezionato per l’ennesima parata mediatica.Un ddl anticorruzione, varato da un consiglio dei ministri convocato ad hoc, per la prima volta nella storia di lunedì, guarda caso, proprio nel giorno in cui si tiene l’udienza Mediaset, l’escamotage perfetto usato dagli avvocati del premier come istanza di legittimo impedimento. Siamo alla barzelletta, alle scenette da basso impero che segnano il declino non solo di un leader, ma di una società intera.Non ci sarà bisogno di vedere i cinegiornali di oggi per capire che il disegno di legge anti-corruzione è l’ennesimo specchietto per le allodole per quegli italiani che il Cavaliere immagina essere un popolo di gonzi che si beve tutte le sue scemenze.Il ddl più volte annunciato, e poi rinviato, infatti, prevede in caso di condanna definitiva per corruzione, un inasprimento delle pene e l’incandidabilità per i corruttori per le liste presentate alle elezioni. Non ci vuole una grande intuizione politica per capire che aumentare le pene per il reato di corruzione è pura propaganda. La questione sta nel fatto che ormai i politici non vengono più condannati perché i giudici e la magistratura sono stati privati dei mezzi e delle risorse utili ad accertare e trovare i corrotti. Colpevoli salvaguardati e protetti dalle leggi che via via sono state approvate durante i governi Berlusconi. L’elenco è presto fatto: la ex Cirielli che riduce i termini di prescrizione dei reati, la legge che depenalizza il reato di falso in bilancio e che rende più facile per gli imprenditori disonesti procurarsi il denaro in nero per poi riutilizzarlo a fini di corruzione. Tutte norme che di fatto hanno reso impossibile accertare i reati di corruzione e condannare i colpevoli.Se si volesse contrastare basterebbe abrogare quelle leggi e approvare una norma che introduce una corsia preferenziale per trattare più rapidamente i processi che vedono coinvolti i politici.La cosa triste, invece, è dover stare qui anche oggi, su questo blog, a parlare dei processi del premier. E’ vergognoso e frustrante quando fuori dalle stanze del palazzo c’è un’Italia che soffre, quando il vero argomento che meriterebbe un consiglio dei ministri straordinario è quello della disoccupazione ormai dilagante.Questi sono gli argomenti su cui il Parlamento dovrebbe discutere. All’ordine del giorno dell’aula non dovrebbero esserci né il processo breve, né il legittimo impedimento, ma i provvedimenti per fare fronte alla  disoccupazione che, secondo i dati dell’Istat, è arrivata all’8.6 per cento. Il Parlamento dovrebbe discutere delle persone che ormai non si scrivono neanche alle liste di collocamento  perché hanno perso la speranza di trovare un posto di lavoro o del milione di cassaintegrati solo nello scorso anno. Ecco di cosa dovrebbe occuparsi la politica.

PIAZZA AFFARI BANCHETTA... E NOI PAGHIAMO IL CONTO

Piazza AffariPiazza Affari  Oggi l’Istat certifica quello che gli italiani sanno già da tempo: la crisi c’è, picchia giù duro e colpisce soprattutto i lavoratori, le famiglie, i giovani, le piccole e medie imprese. I dati diffusi dall’istituto di statistica sulla disoccupazione sono allarmanti e riferiscono una situazione di vera e propria emergenza: due milioni di disoccupati, che significa un balzo indietro di sei anni, un tasso di disoccupazione che ha raggiunto quota 8 per cento, una percentuale di disoccupazione giovanile che sfiora il 27%.Di fronte a tutto questo colpisce come un pugno allo stomaco l’immobilismo del Governo. Non c’è una sola proposta concreta, in questa Finanziaria, per sostenere l’occupazione e ampliare la rete di protezione per chi perde il posto di lavoro. Non c’è nessuna iniziativa vera per contrastare non solo la disoccupazione, ma il precariato, la cattiva occupazione, problemi sociali enormi, amplificati da una crisi pesantissima.Italia dei Valori una proposta concreta per liberare risorse ed aiutare il mondo del lavoro ce l’ha. In termini tecnici, si tratta di uno slittamento di risorse, ovvero una sorta di travaso tra settori tartassati ad altri che lo sono molto di meno o non lo sono affatto. Mi vado a spiegare. Oggi, il lavoro subisce un carico fiscale enorme. I lavoratori dipendenti, ma anche i  liberi professionisti, quelli onesti che pagano le tasse, subiscono un carico fiscale altissimo, tra i più alti d’Europa. Gli imprenditori non fanno più ricerca e innovazione, perché la maggior parte delle risorse devono necessariamente andare a coprire il costo del lavoro. Ed il risultato non avvantaggia neanche il lavoratore che si trova una busta paga dissanguata in mille rivoli.Accanto a tutto questo, c’è un settore che, dopo un periodo fisiologico di contrazione, ha ripreso a banchettare allegramente. Piazza Affari, nell’ultimo periodo, è cresciuta del 77 per cento.  Le speculazioni finanziarie sono ripartite alla grande, c’è un giro d’affari finanziario enorme ma, a fronte di guadagni giganteschi, chi specula in borse paga solo il 12,5 per cento di tasse. L’economia di carta, dunque, sta mangiando quella reale.E’ di fronte a questa sperequazione enorme e, per certi aspetti, incomprensibile, che entra in gioco il nostro “travaso”. Quello che noi proponiamo è di tassare le plusvalenze finanziarie speculative al 20 per cento, con l’esclusione dei rendimenti dei titoli di Stato, ovviamente, che riguardano non certo gli speculatori di borsa ma i piccoli risparmiatori. Le risorse che ne deriverebbero potrebbero essere travasate, ovvero, reinvestite per ridurre la pressione fiscale sul lavoro, con vantaggio sicuro per chi un lavoro ce l’ha, ma anche per chi lo attende o lo ha perso.Vorremmo confrontarci su questo con il Governo e la maggioranza. Invece, ci ritroviamo a parlare intere giornate se ricamare o no il crocifisso sul tricolore. Non hanno la benché minima idea di come uscire dalla crisi, questa è la verità ed il Paese ne sta pagando il prezzo più alto.

IL FUTURO "IN CASSA INTEGRAZIONE"

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Riparte dalla Calabria il nostro viaggio nella crisi, da quel Sud colpito due volte, da un lato da un crollo dell’economia spaventoso, che ha messo in ginocchio quelle poche realtà di piccola e media impresa che a fatica e tra mille difficoltà cercano di affermarsi in un ambiente per molti aspetti ostile a chi fa impresa e, dall’altro, da decenni di politica assistenzialista, fatta di soldi, tanti, ma priva di progettualità e sostegno reale.Una politica che ha spesso portato ad investire nel Sud d’Italia non le aziende più competitive ma i carrozzoni di tutta Europa, quelle aziende ambulanti che si trasferiscono ed aprono sedi dove c’è il contributo pubblico più ghiotto e che, al primo accenno di crisi o di contributi che non arrivano, chiudono i battenti. Sono state politiche di corto respiro che non hanno portato vero arricchimento e lavoro al Sud ma solo vantaggi ad imprese che ne beneficiano.In Calabria, fino a maggio di questo anno, erano 27.000 i posti di lavoro persi. Prima della fine dell’anno, secondo stime della Cgil, arriveranno a 35.000. Ad oggi, sono 5.655 i lavoratori in trattamento di sostegno al reddito. La percentuale di disoccupazione è al 12.78%. Nel 2009, sono stati 8.000 i calabresi emigrati, di questi 4.000 sono giovani. Migliaia di giovani e donne non hanno mai lavorato né potranno farlo.Il Governo nasconde queste verità. Le tv nazionali, insabbiano, silenziano, stendono veli pietosi. C’è solo il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che, a reti unificate, dice che la crisi è finita. C’è solo Tremonti che, a reti unificate, sforna l’ennesima ricetta assistenzialista e miracolista, la Banca del Sud, ovvero l’ennesimo carrozzone pubblico di cui il Paese non sente e non ha alcun bisogno.Abbiamo incontrato a Roma gruppi di lavoratori calabresi durante una manifestazione. Sono dipendenti di aziende che hanno sedi su tutto il territorio nazionale. Molti sono in cassa integrazione, altri senza stipendio da mesi. Tutti sono preoccupati per il loro futuro e per quello delle loro famiglie. Tutti chiedono una sola cosa: una nuova politica per il Mezzogiorno del Paese.Noi crediamo che serva innanzitutto  una misura urgente di carattere nazionale, ovvero, il raddoppio della cassa integrazione, da 52 a 104 settimane, per tutto il tempo della crisi, affinché centinaia di migliaia di lavoratori non escano dal mercato del lavoro. Per il Sud, crediamo servano due cose contemporaneamente: grandi investimenti sulle reti infrastrutturali,  sia stradali che ferroviarie che telematiche, e grandi investimenti, umani più che economici, per sconfiggere la criminalità organizzata ed affermare finalmente la supremazia dello Stato e della legalità sulle mafie.