Taggati con: alfano

SE IL BUNGA BUNGA DIVENTA LEGGE

Alfano - BerlusconiAlfano - BerlusconiIl bunga bunga non è un rituale sessuale che Berlusconi ha imparato da Gheddafi (guida politica e maestro di vita a quanto pare…). O, meglio, non è solo questo. Il bunga bunga è un sistema politico, un metodo di gestione del potere, un’idea di Stato. E’ una categoria politica fondata sulla prevaricazione nonviolenta, sulla corruzione morale e monetaria, sullo sfruttamento godereccio del potere, sull’irresponsabilità e sull’immunità. E rischia di diventare anche un valore culturale, uno stile di vita, basti pensare alle madri che spingevano le figlie a concedersi agli appetiti del drago per diventare le favorite del sultano. E rischia di diventare legge, con la riforma della giustizia. Una riforma addirittura ‘epocale’ per Silvio Berlusconi, unico capo del governo al mondo che deve affrontare tre processi. Di epocale ci sarebbe solo il passaggio dallo Stato di diritto a quello del Bunga Bunga perché la sua approvazione segnerebbe la sconfitta della legalità. Il testo della riforma non è ancora ufficiale, ma dalle anticipazioni giornalistiche non promette nulla di buono. Il progetto di Berlusconi è sempre lo stesso: una riforma punitiva che sottometta la magistratura alla politica. Vuole vincere in questo modo la sua guerra personale contro la magistratura italiana. E la riforma sarebbe la sua ‘arma fine di mondo’. Si va allo scontro finale, dunque, perché il Sultano di Arcore sa che deve giocarsi il tutto per tutto. E Bossi, in cambio di qualche altro posto nel governo e dell’approvazione di un federalismo raccogliticcio che aumenta le tasse e ingigantisce le pastoie burocratiche, ha dato il suo placet. Svelato il disegno, ora è il momento della verità per le opposizioni. Combattere una battaglia strenua per impedire l’approvazione di una controriforma della giustizia o cedere allo sfondamento dell’amico di Gheddafi e trasformare l’Italia nella repubblica del bunga bunga. Mi viene in mente il film di Woody Allen, ‘Il dittatore dello stato libero di Bananas’. Ma quella era una commedia, la situazione italiana è drammaticamente seria. Anche per questo è importante andare a votare ai referendum. Berlusconi teme, in particolare, quello sul legittimo impedimento ed infatti il governo non vuole dare ai cittadini la possibilità di votare il 29 maggio, a costo di dilapidare un patrimonio di 350 milioni di euro. Una follia, soprattutto in periodo di crisi economica.

I PORNO-GIUDICI, L’ULTIMA BALLA DI BERLUSCONI

  Ed ecco la riforma della giustizia targata Berlusconi, una clava impietosa e feroce sui giudici, con un unico obiettivo: depotenziare i poteri della magistratura, ridimensionare il Csm, ridurre l’autonomia della polizia giudiziaria, cancellare l’obbligo dell’azione penale e dare al Parlamento il potere di decidere cosa è reato e cosa non lo è. Nessuna ma proprio nessuna delle riforme annunciate serve per far funzionare la giustizia. Nessuna ma proprio nessuna delle riforme annunciate serve per rispondere agli interessi dei cittadini. Serve solo e soltanto a liberare in tutti i modi il presidente del Consiglio dai suoi processi.  E su questo scenario di controriforma che puzza lontano un miglio di deriva fascista, parte la campagna mediatica dei tg e dei giornali di famiglia che toccano il fondo del servilismo sciocco e becero. Titola oggi così il Giornale: “I pm guardoni si eccitano”. Un titolo scioccante, una nuova forma, più sottile e perversa, del metodo Boffo. Se il giudice Mesiano fu fatto passare per caso psichiatrico, solo per il fatto che indossava un paio di calzini celesti, con il titolo di oggi il Giornale tocca il fondo della disinformazione. Non una parola sui contenuti della riforma – e dire che, vista la contiguità con Palazzo Chigi, avrebbero potuto pubblicare una qualche anticipazione realizzando quello che si chiama in gergo giornalistico uno scoop - ma un’intera categoria, quella dei magistrati, fatti passare per sporcaccioni voyeur, costruendo un’immagine falsa, indegna e disgustosa. La giustizia in Italia è malata, secondo il megafono del presidente del Consiglio, perché nell’inchiesta di Milano i giudici hanno fatto sequestrare i cellulari per guardare gli autoscatti sexy delle ragazze. Ecco come si ribalta la  verità dei fatti. Da una parte un presidente del Consiglio su cui pende un’accusa grave e vergognosa, come concussione e sfruttamento della prostituzione femminile, dipinto come un perseguitato e una vittima delle ossessioni dei giudici. Dall’altra, giudici dipinti come una casta di nullafacenti, di pigri, di negligenti, di arruffoni copia sentenze, che sequestrano i cellulari delle ragazze coinvolte nell’inchiesta che riguarda Silvio Berlusconi per guardare le foto osè. Ma siccome al peggio de Il Giornale non c’è mai fine, al sottosegretario Daniela Santanchè, in una lunga e imbarazzante intervista, è affidato l’affondo finale: la riforma è urgente – dice la scaltra e furba rediviva berlusconiana doc, quella che prima della poltrona ministeriale diceva che Berlusconi concepisce le donne solo in posizione orizzontale – se avessero impiegato le stesse risorse usate per indagare sul Cavaliere, forse Yara sarebbe ancora viva. Cosa dire? Un disgustoso accostamento, unito al disumano sfruttamento del caso della morte di una giovane ragazzina, per mano di un pazzo omicida, che ha sconvolto l’intero Paese. La vera schifezza è una riforma fatta per cercare l’ennesima immunità personale. Italia dei Valori è pronta. In Parlamento, sarà un Vietnam.

PROCESSO NUOVO STORIA VECCHIA

Alfano - GhediniAlfano - GhediniProcesso nuovo, storia vecchia. Cambiano i processi, ma il modo in cui Berlusconi si comporta di fronte ad essi è sempre lo stesso. Sarà che di fare il normale imputato proprio non se lo può permettere, fatto sta che la sua sfrontatezza non conosce limiti. Appena si presenta un rinvio a giudizio per il premier, è tutto un fiorire d’iniziative legislative o para-legislative per far si che il cavaliere davanti ai giudici non ci arrivi mai o comunque ci arrivi il più il più tardi possibile, giusto il tempo per far scattare la “meritata” prescrizione. Così, anche questa volta,  si è messa in moto, puntualissima, la solita task force giudiziario-legislativa del cavaliere. Il primo tentativo è stato quello di sollevare un conflitto di attribuzione tra i magistrati e il Parlamento. Precisiamo, intanto, per  coloro i quali non dovessero  saperlo, che il tribunale dei ministri non è diverso dagli altri, non è composto da giudici diversi da quelli dei normali tribunali. Esso è un tribunale come tutti gli altri, con l’unica particolarità che si costituisce appositamente per giudicare un ministro, in merito a reati che riguardano la sua attività di ministro. Berlusconi e i suoi sanno benissimo che il reato in questione non è un reato ministeriale. Fare una telefonata in questura per far scarcerare una minorenne che ci si è portati a casa perché non venga fuori il fango, che, di fatto, ora è sotto gli occhi di tutti, non ha nulla a che vedere con l’attività di presidente del Consiglio. L’unico motivo per cui hanno tentato, come prima cosa, di portare la competenza davanti al tribunale dei ministri, è che l’autorizzazione a procedere, la vecchia immunità parlamentare, non esiste più per i reati normali, esiste ancora solo per i reati ministeriali, per cui il tribunale dei ministri, prima di poter procedere nei confronti di un ministro, deve avere l’autorizzazione del Parlamento, che, in questo caso, sicuramente non gli darebbe. Questa è stato il primo tentativo di azione per tenere il cavaliere lontano dalla giustizia. Siccome, però, hanno talmente poca fiducia nella loro maggioranza, stanno già pensando a soluzioni alternative. Allora la prima opzione è far fare un voto diverso e meno impegnativo alle camere, che si chiama improcedibilità. Sarebbe una pronuncia delle camere, le quali dichiarerebbero di essere convinte che il presidente del Consiglio ha agito per tutelare gli interessi superiori del Paese. In questo modo costringerebbero i magistrati, e non il Parlamento, a chiedere il conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale. Quindi costringerebbero il tribunale di Milano a perdere circa un anno di tempo. Tanto ci vuole, infatti, perché la Corte Costituzionale decida sul conflitto di attribuzione. Guarda caso è proprio un anno che gli ci vuole per reintrodurre l’immunità parlamentare, che è l’altra opzione che stanno prendendo in considerazione in questi giorni. Tutti questi di cui abbiamo parlato sono solo strumenti preparatori per prendere tempo. Ancora una volta appare chiaro qual è la filosofia processuale di Berlusconi: non farsi giudicare, mentre i suoi avvocati parlamentari preparano gli strumenti perché lui davanti ai giudici non ci finisca mai. So che leggendo queste righe sale il solito senso di sconforto e d’impotenza di una politica che ormai da quindici anni è bloccata a discutere dei processi del premier, però, come direbbe Grillo, loro non si fermeranno mai. Dunque la domanda che mi faccio è: possiamo smettere noi? Possiamo noi dire adesso basta, siamo stufi, smettere di denunciare queste cose? Io credo che uno dei punti fermi fondamentali della battaglia di democrazia che sta facendo Italia dei Valori è quello di crederci. Anche a noi costa caro continuare a denunciare queste cose. Anche noi, anzi noi per primi, vorremmo parlare d’altro, vorremmo affrontare argomenti come l’economia, le riforme, a partire da quella della legge elettorale. Ma che senso ha parlare di riforme e di economia, fino a che alla guida del paese c’è qualcuno che saccheggia le istituzioni e la democrazia? E, dunque, se da un lato, purtroppo, loro non smetteranno mai, dall’altro, state tranquilli, neanche noi smetteremo mai di credere nella giustizia, nelle istituzioni e nella democrazia e di combattere perché esse tornino ad essere rispettate.

UNA PUGNALATA ALLE SPALLE

Vasto 2010Vasto 2010Sono esterrefatto e chiedo scusa se i miei toni di oggi potranno apparirvi eccessivi ma l’attacco a freddo che De Magistris, Alfano e Cavalli, hanno sferrato oggi al mio partito mi indigna profondamente. Non era bastato il colpo arrivato il giorno dopo la vicenda Razzi e Scilipoti con le critiche alla selezione dei candidati e con il presagio di altre possibili fuoriuscite. A distanza di una settimana, arriva il secondo colpo, la bufala della questione morale in Italia dei Valori. Non siamo perfetti, per carità, lo sappiamo, ma proprio per quel senso di responsabilità che sentiamo a maggior ragione dopo quanto è accaduto, due giorni fa abbiamo analizzato la questione candidature all’ufficio di presidenza, per rivedere i criteri di scelta a cariche elettive della nostra classe dirigente. In quella sede, tra l’altro, ho avanzato nuovamente come soluzione la mia proposta presentata al congresso, di candidare dirigenti che abbiano un percorso nel partito di almeno due anni. Abbiamo anche convocato per il prossimo 14 gennaio l'esecutivo nazionale che dovrà, tra le altre cose, discutere proprio di una eventuale stretta sulle candidature. Il dibattito, dunque, c’è ed è vivo perché è forte la voglia di migliorarsi ma è un percorso difficile, complicato e per questo necessariamente lento e graduale. Negli ultimi due anni, abbiamo portato quasi 60 persone nei parlamenti nazionali ed europei, più di 1.500 persone nelle istituzioni territoriali, siamo cresciuti in modo esponenziale con una classe dirigente ancora in costruzione. Per questo, di tutto abbiamo bisogno tranne che di pugnalate alle spalle perché quella di oggi non ha nessuna velleità di critica costruttiva. Chi vuole costruire un partito sul serio, chi vuole migliorarlo davvero viene alle riunioni, partecipa attivamente alla vita di partito, pone le questioni negli spazi deputati al confronto e se lì non trova le risposte giuste, se li trova porte chiuse e sbarrate, allora lo denuncia ai mezzi di informazione. Non viene alle riunioni, tace e poi lancia bombe sui media. Come si può parlare di questione morale in Italia dei Valori? Come possono arrivare a parlare di questione morale nel mio partito lasciando intendere che vi sarebbero ipotesi di corruzione, malaffare ed un uso personale della politica? Come possono parlare di signori delle tessere in un partito dove tutti i congressi sono stati aperti e molti dall’esito incerto? Quale autorità hanno per salire sul pulpito e vestire i panni di novelli Savonarola nei confronti di quel partito che per loro ha costruito ponti d’oro? Come ho dichiarato insieme a Leoluca Orlando e Felice Belisario in una nota apparsa oggi su il Fatto Quotidiano,  una simile uscita, tanto violenta quanto falsa, offende ed umilia decine di migliaia di attivisti e militanti e migliaia di dirigenti territoriali e nazionali. Per questo credo, che simili astrusità possono avere solo due motivazioni: o nascono da un’inscusabile ignoranza della realtà del partito, e questo mi pare poco probabile, o sono il primo passo di chi pensa di proseguire una percorso politico fuori da IDV e inizia un’opera di sistematica delegittimazione del partito nel quale militano. Ma sappiamo che, se così fosse, tradirebbero il mandato degli elettori  né più né meno di quanto abbiano fatto Razzi e Scilipoti.

ESCORT: ISPEZIONI AD PERSONAM

Inchiesta EscortInchiesta EscortLa legge è uguale per molti, ma non per tutti. Quando si tratta di coprire le malefatte del signore di Arcore, il ministero guidato da Fido Alfano si muove con sorprendente solerzia, alla faccia delle lungaggini burocratiche tipicamente italiane. E’ successo questo: il Fatto Quotidiano ha pubblicato delle intercettazioni telefoniche di Perla Genovesi (l'assistente parlamentare di un senatore di FI arrestata per traffico internazionale di droga che parlò anche dei festini che si sarebbero svolti nella residenza del premier). Il deputato del Pdl Manlio Contento ha chiesto, in un’interrogazione, ‘lumi’ sulla fuga di notizie. Prontissima la risposta del sottosegretario Caliendo, il quale ha spiegato che il Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria ha già provveduto a richiedere notizie. Il ministero di via Arenula, infatti, ha avviato ''l'istruttoria necessaria'' per fare chiarezza sulla fuga di notizie relativa alle intercettazioni riguardanti Perla Genovesi, e sul fatto che non sia stata chiesta alcuna autorizzazione a procedere per mettere sotto controllo le utenze dei parlamentari coinvolti nella vicenda. Contento dovrebbe sapere che nessun parlamentare è stato messo sotto controllo, e le conversazioni ascoltate incidentalmente nel corso dell’indagine sul traffico internazionale di droga sono state stralciate perché ritenute inutili. E comunque inutilizzabili a fini processuali. Vorremmo che la stessa celerità il ministero la adottasse per rispondere alle annose questioni della giustizia italiana e per dare risposte alle legittime richieste dei cittadini. Invece, con questo governo, ci troviamo di fronte non solo a leggi, ma anche ad istruttorie e ad ispezioni ‘ad personam’. La decisione del ministero della Giustizia di inviare gli ispettori alla procura di Palermo per verificare se vi siano state fughe di notizie è quasi surreale. Con tutti i problemi della giustizia italiana, infatti, ben altri dovrebbero essere le occupazioni del ministro. Ma quando c’è da fare gli interessi del capo, evidentemente, non c’è ragione che tenga. L’interrogazione, in sé, non è un misfatto politico, ma è l’ulteriore dimostrazione che il Pdl non si preoccupa di scoprire reati e perseguire i criminali, ma solo di occultare le notizie scomode e imbavagliare i giornalisti che le pubblicano. Siamo sconcertati da questo atteggiamento e soprattutto dall’agire politico di un Guardasigilli che lavora solo ed esclusivamente per risolvere i guai giudiziari del premier.

GIULIO "CESARE" BERLUSCONI GO HOME!

    La verità sta venendo a galla. Arcangelo Martino, condannato negli anni di Tangentoli, uno dei tre arrestati insieme a Carboni e Lombardi per aver dato vita secondo i pm alla P3, un'associazione segreta insieme agli onorevoli Verdini, Dell'Utri, Caliendo e Cosentino, dopo quaranta giorni di carcere, ha deciso di rompere il vaso di Pandora e quello che sta uscendo puzza di marcio e corrotto lontano un miglio. Altro che quattro vecchietti sfigati, la compagnia di villa Arzilla, innocua ed innocente, che al massimo ha corrotto qualcuno per pilotare le sorti di una partita a tresette al circolo della bocciofila! A casa Verdini, deus ex machina del Pdl, si discuteva del destino del lodo Alfano alla corte Costituzionale. Non solo. Si parlava della causa milionaria tra la Mondadori e lo Stato. Non solo. Si decideva la compravendita dei voti in Senato per far cadere il governo Prodi. Non solo Si decidevano candidature importanti. Non solo. Si decidevano gli appalti per l'eolico in Sardegna. E non erano solo loro gli attori in commedia. Martino, l'intrallazzatore bipartisan, che si muove con disinvoltura tanto a destra quanto a sinistra, tanto al Csm quanto in procura, svela oggi un particolare fino a ieri solo sussurrato: Cesare è Silvio Berlusconi e il vice-Cesare è Marcello Dell'Utri. Cesare da informare. Cesare da contattare. Cesare da vedere. Cesare da coinvolgere. E quando Cesare non c'è, basta il vicerè. Questo è quanto ha rivelato Martino ai pm ed il quadro che ne emerge è a tinte fosche. Lasciamo alla magistratura il compito di scoprire la verità. A noi, però, spetta il compito di una doverosa sintesi politica di fronte a circostanze tanto gravi. Coinvolto o no, direttamente o indirettamente, Silvio Berlusconi ha portato ai vertici dello Stato un grumo di illegalità e di potere marcio, di cui questo paese pagherà ancora per tanto tempo le conseguenze più tragiche, sia dal punto di vista della credibilità sul piano internazionale e dell'immagine, sia dal punto di vista economico. Mentre migliaia di aziende ed imprenditori vivono una crisi economica epocale, altre imprese ed altri imprenditori, corrotti e senza scrupoli, fanno affari con il potere e vanno in paradiso ad arricchirsi. Per questo, è bene che si ponga fine quanto prima all'era di Cesare. E' ora di stoppare, prima che sia troppo tardi, questa deriva illegale e illegalitaria e si comincia la bonifica delle sacche di malaffare che siedono nelle istituzioni ad ogni livello, centrale e periferico. Ci vorrà tempo, molto tempo, per smaltire le tossine dell'iniezione di veleno mortale inflitta al Paese da Silvio Berlusconi e dal berlusconismo. In un paese normale, Cesare sarebbe a casa da già un pezzo. E non perchè la sua maggioranza perde i pezzi ma perchè è un corrotto ed un corruttore. E chi è così, non può avere l'onore di sedersi a palazzo Chigi. Non può avere l'onore di guidare l'Italia. 

ALFANO MINISTRO DELLA GIUSTIZIA AD PERSONAM

"Siamo pronti ad investimenti straordinari nel sistema giustizia per adeguare la macchina alle nuove esigenze del processo breve". Parola del ministro Alfano. Ministro della giustizia ad personam. Si' perche' il processo breve serve solo a Berlusconi per salvarsi dai processi, non per velocizzare la giustizia italiana. C'e' infatti, una norma transitoria nel Ddl che da' la possibilita' di applicare la nuova legge ai processi in corso per i reati con pene sotto i dieci anni commessi prima del 2 maggio 2006, cioe' dall'ultimo indulto. Alfano dice che l'opposizione dice no per pregiudizio politico. Io non so quale sia il pregiudizio politico cui fa riferimento Alfano. Forse si riferisce al fatto che non siamo disponibili ne' a salvare Berlusconi dai processi ne' a consentire un'amnistia mascherata. Il processo breve, infatti, fissa un limite di tempo massimo per tutte le sentenze. Scaduto il termine, il processo e' concluso, senza la sentenza.Significa che, nel caso passasse questa sciagurata norma, migliaia di reati resterebbero impuniti. Liberarne mille per salvarne uno...Miglior invito a delinquere non potevano inventarselo. Berlusconi, comprensibilmente, tiene molto a questa norma, che e' una delle cinque su cui passera' la verifica di governo. Mi auguro che dopo aver parlato di legalita' e questione morale, i parlamentari di Fli siano coerenti e non votino questa porcata.Noi daremo battaglia, come abbiamo sempre fatto, per impedire che passi questa ennesima aggressione alla giustizia ed allo Stato di diritto.  

ENRICHETTO TORNA A CASA

Enrico Gallo all’anagrafe, ‘Enrichetto’ per tutti, ‘Cheyenne’ per se stesso, è uscito dal carcere qualche giorno fa. Ci era finito per essere andato a comprare un salamino mentre era agli arresti domiciliari per guida in stato d’ebbrezza. Guida di bicicletta…Ricorderete questa storia, ne ho scritto più volte, ne ho parlato in Aula col ministro Alfano e sono anche andato a trovarlo. Enrichetto, un bambino di 55 anni, si è fatto due mesi dentro, trattato benissimo da tutto il personale  del carcere di Asti, come lui stesso ha tenuto a precisare. Ho preso a cuore questa vicenda, per la sua evidente ingiustizia di fondo e perché rappresenta il paradosso più sferzante di questa Italia: Enrichetto in carcere, i criminali veri fuori. I potenti nel nostro Paese non pagano. Mentre lo Stato si mostra inflessibile contro i deboli. Uno stato così è uno stato miserabile. Dal punto di vista politico mio impegno sarà per rendere un po’ di giustizia a chi si trova in carcere senza aver commesso reati socialmente pericolosi. Ci sono troppi ‘enrichetti’ nelle patrie galere. Rigore nella lotta al crimine e tolleranza zero verso i delinquenti non sono in contraddizione con il senso di umanità. Ci sono migliaia di persone attualmente in carcere che non ci dovrebbero stare. E ce ne sono troppe, invece, a piede libero che meriterebbero la guardina. Anche questo è un impegno politico. Tornando alla vicenda di Enrichetto, penso che non appena mi sarà possibile andrò di nuovo a trovarlo. Stavolta sarà a casa sua, che mi dicono essere un tetto senza elettricità e senza vetri alle finestre. Enrichetto è diventato – potenza dei media…- un caso nazionale dopo gli articoli della Stampa. Ora ha tante persone che si occupano di lui e che hanno messo in moto una vera macchina della solidarietà. Nel caso ci fosse bisogno di fare qualcos’altro per lui mi attiverò e vi farò sapere.

ALLE LEGGI IMMORALI SI DICE NO E BASTA

Oggi, su molti giornali, si è scatenata la bufera legata ad un emendamento del Pd al cosiddetto lodo Alfano costituzionale. In particolare, su alcuni mezzi di informazione, si scrive che questo emendamento “incomprensibilmente” estenderebbe i confini dello scudo penale già garantito nella versione del lodo Alfano predisposta dall’ineffabile coppia Ghedini-Alfano. Comprendo, e sono il primo a sostenere, che le antenne dell’opposizione devono essere sempre all’erta per contrastare le mille perfidie e perversioni legislative di Berlusconi e dei tanti berluschini di ritorno. Nella foga, però, bisogna stare attenti a non prendere fischi per fiaschi, sparando nel mucchio. Il dubbio mi è venuto leggendo che tra gli autori dell’emendamento vi è il senatore Felice Casson, della cui onestà intellettuale e correttezza sono pronto a mettere la mano sul fuoco, e della cui amicizia mi onoro da tanti anni. Per questa ragione, sono andato ad esaminare in dettaglio la questione. Va detto, innanzitutto, che questo emendamento non amplia di un millimetro l’ambito dello scudo previsto dal lodo Alfano costituzionale – che riguarda in entrambi i casi tutti i processi penali sia nuovi che vecchi - ma si limita a prevedere che per il capo dello Stato la sospensione dei processi sia automatica e non, come per il presidente del Consiglio e per i ministri, previamente autorizzata dal voto delle Camere. La logica di questo emendamento è evidente. Si vuole evitare che il capo dello Stato possa essere messo sotto scacco dalla minaccia della maggioranza parlamentare di autorizzare o meno la sospensione di un processo penale, non per ragioni di giustizia, ma solo con finalità di ricatto politico. Il problema dunque non è il contenuto dell’emendamento, che ha una sua logica, ma la strategia della cosiddetta “riduzione del danno” che i dirigenti del Pd adottano sempre, anche quando il parlamento è chiamato a ratificare leggi intrinsecamente e irrimediabilmente illegali, immorali e criminogene. E mi riferisco al lodo Alfano, al ddl intercettazioni e alle mille altre leggi ad personam che Berlusconi ci ha propinato in tutti questi anni. Il punto è che si può ridurre il danno di una brutta legge, allo scopo di migliorarla, ma che una legge immorale ed illegale tale è e resta, a prescindere dagli sforzi e da tutte le buone intenzioni di chi pensa di ridurre il danno. Insomma mai come in questo caso vale il detto che “di buone intenzioni è lastricata la via dell’inferno”. Ci sono leggi talmente inemendabili che le opposizioni dovrebbero avere solo il coraggio di dire no. E basta.

ALFANO IL GUARDAGINGILLI DI FAMIGLIA

video: 

E’ il ministro tuttofare, il Guardagingilli, come lo chiama Marco Travaglio, di famiglia aggiungo io. Suda sette camicie, annaspa su e giù tutto il giorno pur di arrivarle tutte. Impazza a via Arenula e straccia la Costituzione pur di mettere pezze a Silvio Berlusconi. E’ l’Alfano al quadrato, anzi, che si fa uno e trino, che briga e intriga disegni di legge vergognosi e lodi  imbarazzanti pur di salvare il suo presidente dai guai giudiziari. Se ne frega di occuparsi dei problemi veri della giustizia, cosa di cui come ministro della giustizia dovrebbe primariamente occuparsi, e sforna manicaretti su ordinazione del presidente del Consiglio, indigeribili in democrazia. Si mette la faccia sotto i piedi e, senza vergogna alcuna, sforna un ddl intercettazioni che mette la parola fine alla scoperta di crimini e criminali. Poi va in tv, sui canali di Stato e su quelli del presidente del Consiglio, a raccontare quanto sono buoni e bravi loro del governo a sbattere i criminali in galera. Non dice quello che, però, dovrebbe dire: che da oggi in poi, senza questo indispensabile strumento di investigazione, molti meno criminali finiranno in gattabuia. Saranno in giro a compiere crimini e a ringraziare il governo. Così come ci saranno molti meno giornalisti in giro a raccontare la verità, e molti, invece, a non raccontare, con tanto di cerone in faccia e telecamere di stato accese, che i potenti sono sotto processo. Qualcuno, per la verità, già lo fa. Per questo, oggi, siamo scesi in piazza con i giornalisti contro il ddl intercettazioni, una legge illiberale, contro i cittadini e per la casta. Non pago, non convinto di aver fatto già abbastanza il nostro Guardagingilli è riuscito a far rientrare dalla finestra quello che la Corte Costituzionale aveva cacciato dalla porta. Mi riferisco allo scudo giudiziario costituzionale, sonoramente bocciato dalla Consulta, e ripresentato oggi dal ministro Alfano, per mano degli altri due lacchè di corte, Gasparri e Quagliariello. Sono queste le riforme che hanno in mente? Con tutti i problemi che hanno gli italiani, sono queste le priorità della maggioranza? Queste si chiamano in un mondo solo: leggi ad personam. E sono la solita vecchia ricetta stantia berlusconiana che noi chiamiamo con il vero nome che ha: difesa degli interessi personali. A rappresentare gli italiani nelle istituzioni vogliamo persone che non hanno commesso reati, non chi non si vuole fare processare. E vogliamo che i magistrati e le forze dell’ordine possano intercettare i criminali. E vogliamo giornalisti liberi che possano raccontare la verità. E’ un delitto volere questo?