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QUESTION TIME DI FUOCO

MaroniMaroni

Sarà un question time di fuoco, altro che bunga bunga. Mercoledì presenteremo un’interpellanza urgente al ministro Maroni sulla vicenda di Ruby. E’ vero che la sfera privata di qualsiasi cittadino va tutelata, ma è altrettanto vero che se questa sfera riguarda il capo del governo, interessa tutti gli italiani. Il capo politico di un paese dovrebbe essere anche una guida etica, un esempio per tutti i cittadini. Berlusconi non lo è. Un premier che ha legami equivoci, che ha frequentazioni con prostitute e ragazze minorenni senza essere in grado di chiarire la natura dei rapporti è ricattabile. Con grave danno per il Paese. Ma il punto più grave di tutta  questa vicenda non è questo. E’ l’abuso di potere commesso per tirar fuori dalla questura una delle sue predilette, in stato di fermo per furto. Maroni deve spiegare e chiarire con la massima puntualità quel che è successo. Deve dire agli italiani se è vero che un uomo della sua scorta ha telefonato in questura per poi passare la telefonata direttamente al capo del governo, che avrebbe chiesto al capo della questura di rilasciare Ruby e affidarla nelle mani di persone di sua fiducia. E vogliamo sapere se è vero che sarebbe arrivato al punto di mentire sull’identità della ragazza marocchina minorenne arrivando al punto di definirla la nipote di Mubarak. Vogliamo anche capire anche perché il questore in servizio fino a tre settimane fa in via Fatebenefratelli a Milano è stato nominato 'ispettore generale di amministrazione del Consiglio dei Ministri’. E’ solo un caso? Se tutto questo fosse vero – la telefonata di Berlusconi, la bugia sull’identità della ragazza, le pressioni sulla questura – Berlusconi avrebbe compiuto un fatto politicamente gravissimo e commesso un vero e proprio reato. Maroni in Aula dovrà fare chiarezza e sarà molto difficile. Nel caso le risposte non fossero soddisfacenti, siamo pronti a presentare una mozione di sfiducia nei confronti del premier. A quel punto si segnerà davvero una svolta politica nel nostro Paese. Quella mozione sarà uno  spartiacque: da una parte chi sta con il Paese e l’interesse pubblico, dall’altra chi continua a ingoiare fango per coprire le mascalzonate di certe persone. E allora si vedrà se per Fli il concetto di legalità esiste in politica o è solo uno slogan. E si vedrà anche se la Lega continuerà ad appoggiare un presidente del Consiglio che ha ridotto l’Italia a postribolo. All’ipotesi che le opposizioni non votino compatte non voglio neanche pensare.

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ANCHE IL BUNGA BUNGA VA CONTESTUALIZZATO?

BerlusconiBerlusconiAll’indomani della bestemmia in mondovisione del presidente del Consiglio, un illustre monsignore, alto rappresentante della Chiesa, suggerì urbi et orbi, che le bestemmie vanno contestualizzate. Se l’atmosfera è ridanciana e goliardica, dunque, si può chiudere un occhio, anzi tutte e due. L’offesa nei confronti di milioni di cattolici in tutto il mondo è un piccolo peccatuccio da perdonare, se lo dice la Chiesa. Ora mi domando se, visto il silenzio d’Oltretevere sulla vicenda Ruby, dopo le bestemmie, anche il bunga bunga vada contestualizzato. In questo paese, dove è avvilente il deserto morale, l’alto monito della Chiesa urge come il pane. Mai come in questo momento storico, sociale e politico questa povera Italia avrebbe bisogno di una guida morale che indichi la via. E’ una galleria degli orrori quella che si presenta davanti ai nostri occhi e coscienze: cliniche degli errori, donne sciolte nell’acido per aver denunciato la mafia, una politica deprimente che piega le istituzioni, mente, abusa del suo potere per una notte di bunga bunga. E dire che, su altre questioni etiche, mai è venuto a mancare il monito della Chiesa. Mi riferisco all’aborto, alla legge sulla fecondazione assistita, ai Pacs, alla povertà, alla disoccupazione, opinioni, moniti e tesi che la Chiesa non esime dal dispensarci e che noi rispettiamo profondamente e sui quali come uomini e politici riflettiamo puntualmente. La Chiesa, in quanto guida spirituale di milioni di cattolici, fa il suo dovere rispettabile, non sempre condivisibile. Eppure, quando in gioco c’è il presidente del Consiglio, quando Berlusconi straparla, quando Berlusconi è travolto da vicende discutibili sul piano etico e politico, c’è chi nella Chiesa sente il dovere di difenderlo, minimizzare, sdrammatizzare, sminuire. E’ giusto? E’ lecito che su tutto debbano prevalere gli accordi con il governo di turno, in nome di una realpolitik che bada più a tutelare altri interessi che non ad illuminare il deserto etico e morale che oscura il cammino di milioni di cittadini? Per questo oggi chiediamo e ci auguriamo che dalla Chiesa giungano al più presto parole chiare e nette su questa vicenda.

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Difendiamo la vita, le donne e la laicita'

La verità sulla 194La verità sulla 194

Anatema anatema: non votate per chi difende l’aborto, votate per la vita. Così il cardinale Bagnasco è sceso in campagna elettorale a quattro giorni dal voto. Certo, il presidente della Cei ha tutto il diritto di esprimere la posizione della Chiesa sul tema, ma c’è una cosa che non mi convince. Cosa c’entra l’aborto con le elezioni amministrative per il rinnovo di comuni, province e regioni? Niente perché è materia di competenza nazionale. E’ evidentemente una mano tesa alle traballanti liste del centrodestra. Un inaccettabile attacco a due candidate in particolare: Merceds Bresso e soprattutto Emma Bonino, colpevoli soltanto di aver espresso oggi come in passato la loro opinione e di aver fatto sclete politiche conseguenti. Scelte che, perlatro, non entrano in nessun modo oggi in campagna elettorale. Proviamo, tanto per ristabilire un minimo di verità, a fare qualche considerazione al di fuori delle barriere ideologiche e religiose. Analizzando un po’ i dati emerge con chiarezza che difendere la vita significa difendere la legge 194 sull’aborto, entrata in vigore nel 1978. Checché ne dica Bagnasco. Fino ad allora, l’interruzione volontaria di gravidanza era vietata e le donne che intendevano abortire e che non potevano permettersi costosissimi interventi all’estero, dovevano ricorrere clandestinamente a medici compiacenti in strutture di fortuna o, peggio, alle cosiddette mammane. Il prezzo era altissimo: senza menzionare la mortificazione e la vergogna, in migliaia morivano ogni anno. Una vera tragedia, una pagina buia della nostra storia recente. Oggi, per fortuna, non è più così. E non dobbiamo tornare indietro per nessun motivo. I dati sull’andamento delle interruzioni di gravidanza sono chiarissimi e dimostrano che il trend dall’entrata in vigore della 194, è in costante diminuzione: dai 213.000 del 1980 ai 120.000 (80.000 donne italiane) attuali. In sostanza la legge sull’aborto ha drasticamente ridotto il ricorso all’interruzione di gravidanza. La vita si difende tornando al 1978? Io, caro Bagnasco, dico di no. Un paese civile e moderno difende la vita, tutela le donne e la loro dignità, non permette ai propri cittadini di tornare a pratiche medievali, a interventi sanguinolenti praticati con spilloni da mammane senza scrupoli. Allora difendiamo davvero la vita e diffondiamo la cultura della prevenzione per diminuire ancora di più il ricorso all’aborto. Interveniamo sulle cause socio-economiche, miglioriamo la 194, potenziamo i consultori e l’assistenza alle donne che devono sottoporsi ad un intervento traumatico che spesso lascia cicatrici permanenti. Spero di essere stato sufficientemente chiaro sul perché non si deve toccare una legge civile e moderna che ha migliorato l’Italia. Passo perciò a qualche considerazione più politica. Berlusconi è in difficoltà, le elezioni regionali non andranno bene per lui, non certo come si aspettava qualche mese fa. Questo intervento di Bagnasco così diretto e così plateale è l’ultima, ennesima dimostrazione della sua debolezza. Da solo non ce la fa più perché il governo è diviso, il Pdl, la sua creatura, è lacerato. La Lega del ‘fedele’ alleato Bossi lo insidia e pregusta il sorpasso nelle regioni del Nord. Per questo Berlusconi ha bisogno di stampelle. E questa rinnovata ‘santa alleanza’ col Vaticano capita a proposito. Come ogni cosa, però, ha il suo prezzo. E lo stabiliranno i vescovi, non Berlusconi, che tra l’atro ha parecchio da farsi perdonare: la separazione da Veronica, il caso Noemi, le feste a Palazzo Grazioli, la vicenda Patrizia D’Addario… Questo prezzo rischiamo di pagarlo noi italiani, con la perdita di un’altra quota di laicità dello Stato.

LE BATTAGLIE DI LAICITA' SONO ALTRE

 crocifissocrocifissoIntervengo, anche se tardivamente, sulla questione della sentenza della Corte di Giustizia Europea, che ha sancito il divieto di esporre crocifissi nelle scuole pubbliche. In questi ultimi giorni, infatti, ho letto due cose che mi hanno fatto trasalire, per opposte motivazioni. La prima è la frase chiave contenuta nella motivazione della sentenza  della Corte di Giustizia Europea, dove si legge: “La presenza del crocefisso nelle aule scolastiche costituisce una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni”. La seconda è del cardinale Bertone che per tutta risposta asserisce: “Questa è l’Europa del terzo millennio. Ci lascia solo le zucche di Halloween”. La mia sensazione, devo dire piuttosto istintiva, è che entrambi abbiano davvero perso il senso della misura lasciandosi trascinare in contrapposte crociate ideologiche. L’ha perso, secondo me, innanzitutto la Corte di Giustizia Europea, che ha scambiato un’istanza ideologica per una battaglia di laicità. E lo affermo proprio perché sono convinto che in un paese come il nostro, con gerarchie ecclesiastiche sempre più invadenti ed invasive rispetto alla politica e alle libertà dei cittadini, di battaglie di laicità da fare ve ne sarebbero ben altre. Tra tutte, questa mi sembra la più pretestuosa e insensata, visto che nessuno pensa di mettere il crocifisso lì dove non c’era, ma semplicemente di lasciarlo, lì dove c’è sempre stato. Sarebbe un po’ come se io andassi, che so, a vivere in Egitto e pretendessi non solo o non tanto la piena libertà di esprimere e praticare i miei convincimenti religiosi, ma che pretendessi pure di togliere i simboli dell’Islam da tutti i pubblici uffici egiziani in quanto, in quei simboli non mi ci riconosco. Sinceramente non mi passerebbe mai per la mente, né me ne sentirei turbato sapendo che è la loro cultura. Il senso della misura però lo ha perso anche la Chiesa. Forse teme di avere sempre meno peso nella società e per questo, a mio avviso, è troppo incline, negli ultimi anni, a trasformare in veri e propri scontri di civiltà quelli che in modo del tutto normale e fisiologico sono conflitti  tra la sua dottrina e quelle che sono le libere scelte di liberi stati. Per cortesia: parliamo di cose serie.