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L'ONOREVOLE STIPENDIO NON SI PIGNORA

ParlamentoParlamentoChe bello essere parlamentari. Eh sì. Poco lavoro ultimamente (da cinque o sei mesi, si lavora in media un giorno a settimana per colpa di una maggioranza vergognosa e irresponsabile che sta trasformando la sua crisi nella crisi del Paese), tanti privilegi. Lo dice uno che alla Camera vorrebbe lavorare di più, approvare leggi per il Paese, cancellare le storture, rispondere alle legittime richieste dei cittadini, dei lavoratori, delle imprese, delle famiglie. Di tutte le categorie sociali, insomma. A fronte di privilegi quasi feudali. Ne ho scoperto uno che grida vendetta: lo stipendio (sostanzioso) dei parlamentari a differenza di quello di qualsiasi altro lavoratore italiano, non può essere pignorato da eventuali creditori. Quindi se io fossi condannato a risarcire un danno e non volessi farlo, avrei buone possibilità di farla franca sfuggendo alla giustizia e ai miei creditori. Ad essere pignorabili, infatti, sono soltanto alcuni marginali rimborsi delle spese per trasporti e telefono. Il punto è che di questa pur limitata e insufficiente pignorabilità, nessuno sa niente. Le informazioni non sono reperibili da nessuna parte, la Camera non lo dice a quei creditori che tentano inutilmente di pignorare lo stipendio dei parlamentari. Così come non sono reperibili le informazioni su come e quando vengono pagati tali rimborsi ai parlamentari. L’ho scoperto causalmente in questi giorni e la cosa mi ha indignato profondamente perché questa tutela pone il parlamentare al di sopra della legge, al di sopra degli altri cittadini. Per questo Italia dei Valori presenterà una richiesta formale nel prossimo ufficio di presidenza della Camera (unico organo che ha competenza per decidere su queste materie) per abolire questo scandaloso privilegio di Casta, da signorotti feudali.

PARLAMENTARI PAGATI PER OCCUPARSI DI FIDO E FUFFI

Transatlantico, MontecitorioTransatlantico, MontecitorioDi cosa discuterà il Parlamento la prossima settimana? Tenetevi forte roba da urlo. Niente popo’ di meno che di “animali da compagnia”. 945 parlamentari della Repubblica, pagati con i soldi dei contribuenti, discuteranno di come proteggere al meglio Fido e Fuffi, i migliori amici dell’uomo. Nulla in contrario, per carità, nei confronti dei cuccioli a quattro zampe, a pelo corto o lungo che siano, miagolanti o abbaianti. Ma c’è qualcosa che non va, “sa va sa dir”, se il Parlamento della Repubblica italiana paga 945 tra deputati e senatori per occuparsi di Fido e Fuffi mentre il Paese sta affogando in una crisi economica epocale. Il Parlamento della Repubblica italiana, nel mese di settembre 2010, ha svolto 4 sedute con votazioni. Tradotto dal parlamentarese, ha lavorato 4 giorni in un mese: una mezza giornata al mattino, una mezza giornata al pomeriggio e due giorni mattina e pomeriggio. Ad ottobre, anche se manca una settimana, non è andata meglio, 6 sedute in tutto: un mezza giornata al mattino, tre mezzi pomeriggi, e due giorni mattina e pomeriggio. Fine dei giochi. In due mesi, 60 giorni, il Parlamento ha lavorato 10 giorni, distribuiti comodamente tra mattina e sera. Credo che qualunque cittadino ci metterebbe la firma sotto un contratto del genere, per di più strapagato. Fuori dalla facile demagogia, il problema è che noi di Italia dei Valori ci vergogniamo di essere pagati per non lavorare. Per questo, denunciamo da sempre e oggi con maggior forza, all’opinione pubblica, questa situazione di cui la totale responsabilità ricade sull’immobilismo del governo che non porta in Aula un solo provvedimento utile al paese ma solo disegni di legge con la velocità di un bradipo addormentato, ratifiche  di convenzioni europee, tra cui l’indispensabile e fondamentale su Fido e Fuffi. Volete sapere quanti disegni di legge ha approvato il Parlamento nel mese di settembre? Zero. Quanti decreti legge? Zero. Quanti documenti, cioè aria fritta? Nove. Quante mozioni grazie all’opposizione? Tre. E una ratifica. Fine, game over. Ad ottobre, i disegni di legge sono stati 5, i decreti legge uno, un documento, tre mozioni e una ratifica. Fine, game over. Sono riusciti a fare di peggio del peggio già raggiunto negli stessi mesi nello scorso anno. Settembre 2009: 6 sedute in tutto. Il Parlamento ha lavorato 3 giorni su 30. Ottobre 2009: 3 sedute in tutto. Il parlamento ha lavorato 3 giorni su 30. Per produrre la modifica cifra di 7 disegni di legge, un decreto con fiducia, e tre mozioni. Roba da far ridere i polli. Gli italiani possono stare tranquilli: con Berlusconi e questa maggioranza che ormai non c’è più, il Parlamento è impantanato, immobile, fermo e, mentre Berlusconi pensa a come bloccare i suoi processi, le sue aziende prosperano. Con buona pace dell’Italia e degli italiani.

PARLAMENTARI PAGATI PER NON LAVORARE

Martedì 12 ottobre 2010 - TransatlanticoMartedì 12 ottobre 2010 - TransatlanticoMartedì 12 ottobre, ore 17. Questa è la foto del Transatlantico: un deserto. Sembra il titolo di una sit-com ma in realtà è la drammatica fotografia di quanto sta accadendo da qualche mese a questa parte in Parlamento. 945 parlamentari pagati per non lavorare. La settimana appena trascorsa, lo dico con sconcerto e amarezza, 630 deputati della Repubblica, pagati con i soldi dei contribuenti, sono stati impegnati “dal martedì al martedì” per esprimere un solo voto. Al Senato è la stessa identica cosa: 315 senatori pagati per non lavorare. I fratelli-coltelli del governo e della maggioranza non sono più in grado di portare un solo provvedimento all’esame dell’Aula e quello che arriva, come la riforma dell’Università, tanto strombazzata dal ministro Gelmini mani di forbice, viene bloccata perché non ci sono i soldi. Si esaurisce tutto qui il lungimirante e rivoluzionario programma di governo, in un drammatico e preoccupante vuoto propositivo. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che ad inizio legislatura, come era giusto che fosse, aveva richiamato il parlamento a lavorare più giorni alla settimana, tace. Impegnato come è nell’aspra battaglia politica interna alla maggioranza ha smarrito il senso del suo ruolo e soprattutto quello del Parlamento. Berlusconi, angosciato per la sua leadership in bilico, è impantanato tra mille difficoltà e la drammatica afasia legislativa del governo è il sintomo evidente che non sono più in grado di governare il paese. Il paese reale ed i suoi problemi sono l’ultima delle preoccupazioni per il governo e la maggioranza. Mentre il parlamento non lavora la Caritas parla di un tasso di povertà in caduta libera nel nostro paese e di 8 milioni e 370 mila poveri nel 2009. Il presidente della Corte dei Conti denuncia che l’Italia tra i paesi industrializzati è all'ultimo posto per la crescita del Pil, al primo per l'aumento vorticoso del debito pubblico e tra i primi per il rapporto deficit-Pil. La presidente di Confindustria Marcegaglia parla di una fase di grande incertezza con crescita bassa e difficoltà a riassorbire la disoccupazione. E, infine, la Cgia Mestre che lancia un nuovo preoccupante allarme sull’elevato tasso di disoccupazione, a quota 10,2% con un esercito di 6.621.000 disoccupati reali. Aula vuota, corridoi semideserti, nessun provvedimento del governo, commissioni a discutere sul nulla, un solo voto a settimana, un Parlamento che non fa niente ed un’opposizione cui resta solo l’amaro e frustrante compito della denuncia.

IL BOTTO DI MENTANA E LA SETE D'INFORMAZIONE

Siamo un popolo assetato. Assetato d’informazione libera e indipendente. L’esordio col botto di Mentana, share del 7,31% un milione e mezzo di persone a guardarlo, che ha rubato spettatori a tg1 e tg5 lo dimostra. Su La7 si è illuminata una piccola luce nell’informazione televisiva. Una luca che brilla per assenza di competitor liberi. In effetti anche La7, di proprietà Telecom, è tutt’altro che un gruppo editoriale puro e libero, senza interessi al di fuori dell’informazione. Anzi, si può tranquillamente affermare il contrario, con tutto ciò che ne consegue. I gruppi editoriali spuri, infatti, non hanno interesse ad attaccare il governo ed a criticarlo troppo. Rischiano di perdere affari e commesse. Questo è valido non solo per le televisioni, ma per qualsiasi media. Giornali, internet, radio. C’è una rete di relazioni e di interessi che comprime gli spazi di libertà. Gli editori puri in Italia, a parte la straordinaria esperienza del Fatto Quotidiano, non esistono. Non c’è nessuno che investa nell’informazione per ricavarne profitto, come avviene nelle democrazie mature. Tv e giornali sono usati talvolta come clave, altre volte come strumenti di pressione o anche megafoni di persone, partiti, lobby.Quasi mai si pensa ai media come ad imprese in grado di generare profitti. Eppure in tutti gli altri paesi europei e negli Usa si fanno affari enormi con l’informazione. La buona e libera informazione genera profitti. L’incremento degli ascolti de la7 lo dimostra. Un bravo e libero giornalista porta ascolti, quindi più pubblicità e più ricavi. Purtroppo, più che alla qualità, in Italiasu punta all’asservimento, per trasformare i media in strumenti di controllo dell’opinione pubblica. In democrazia i media sono i cani da guardia dei cittadini nei confronti del potere. In Italia, al contrario, sono i cani da compagnia della politica. C’è un caso di scuola. All’inizio del secolo scorso negli Usa c’era una corruzione diffusa e dilagante. Fu combattuta e vinta con la diffusione delle notizie quando una legge impedì a chi aveva altri interessi di possedere giornali. Nacque così la figura del moderno editore puro. In Italia non si è ancora fatta una legge sul conflitto d’interessi. La libertà d’informazione è alla base di un sistema davvero democratico, per questo non cesseremo mai di difenderla. Non solo in parlamento, ma anche attraverso la diffusione di notizie in rete

PARLAMENTO FANNULLONE? IDV COME ROBIN HOOD

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Che il Parlamento lavori poco non è certo una novità. Al di là della facile demagogia, è vero, infatti, che i regolamenti e gli iter legislativi non agevolano la velocità dei lavori parlamentari. Ma con questo governo si è davvero toccato il fondo. Se prima si lavorava poco, ora non si fa quasi più nulla. E questo perché questa maggioranza è talmente pasticciona che, per rimediare ai grossolani errori, i provvedimenti devono essere visti e rivisti dalle varie commissioni competenti un numero considerevole di volte. Vi faccio un esempio concreto. La settimana scorsa ci sono state solo due votazioni su un paio di ddl: un trattato internazionale e una norma di aiuti all’Africa. Non c’era altro perché non era pronto altro. L’Aula è rimasta sostanzialmente ferma e non perché l’opposizione non avesse voglia di lavorare ma perché il governo, che fa l’agenda dei lavori, non aveva pronto nulla su cui lavorare. I progetti del governo, a parte quelli che interessano al premier, si arenano nelle commissioni, quando non sono privi di copertura finanziaria: dall’inizio di questa legislatura, ben 29 volte i disegni di legge sono stati rinviati dall’Aula alle commissioni. Ebbene, di questi 29 disegni di legge, 19 provvedimenti del governo, 4 della maggioranza e 5 delle opposizioni. Insomma, in Aula, arriva poco e niente, solo ddl di risulta, e per di più arrivano pure fatti male. Questa settimana, tanto per fare un altro esempio, c’è il provvedimento “Semplificazione dei rapporti tra burocrazia e cittadini” ed è stato talmente confezionato male che cinque commissioni hanno mosso rilievi. E, vi rivelo in anteprima assoluta, per colpa della cialtroneria del governo e della maggioranza non si discuterà. Dovrà essere di nuovo spedito in commissione bilancio. Come opposizione, oltre che denunciare nelle sedi opportune questo immobilismo e le incapacità del governo, non possiamo fare altro. Possiamo occupare le commissioni o l’aula di Montecitorio ma se non c’è nulla su cui lavorare c’è poco da incatenarsi o da occupare. Sarebbe solo uno modo, poco onorevole, per finire sui giornali. Una cosa, però, possiamo farla e Italia dei Valori lo ha già fatto. Torneremo a manifestare davanti a Montecitorio (guarda il video della nostra protesta dello scorso ottobre) perché i cittadini sappiano e siano informati. E continueremo a devolvere in beneficienza, così come abbiamo già fatto senza clamore mediatico, i soldi dell’indennità ingiustamente percepita. Vogliamo essere pagati per lavorare. E se avviene il contrario, facciamo come Robin Hood: restituiamo ai cittadini.

IL GOVERNO DEGLI AFFARI NON DEL FARE

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Pubblico il mio intervento in Aula alla Camera durante le dichiarazioni di voto al decreto legge sulla Protezione Civile.

Signor Presidente, onorevoli colleghi,

oggi l'Aula della Camera si appresta a convertire questo decreto-legge sulla Protezione civile ma lo fa, all'evidenza, senza particolare gioia, senza alcuna euforia e ha ben donde a non avere di che rallegrarsi. Infatti quello che esce oggi da quest'Aula altro non è che brandelli di quanto voi avevate in mente, di quel progetto che avevate con tanto orgoglio e tanto fierezza sbandierato come una delle medaglie al petto di questo Governo. A seguito del pentolone scoperchiato dalle indagini di Firenze, a seguito della pressione dell'opinione pubblica e a seguito anche dell'opposizione ferma fatta dall'opposizione parlamentare in quest'Aula avete dovuto mettere in campo una ritirata nemmeno tanto decorosa.

Ecco allora che il cuore del provvedimento in esame, quello per il quale davvero vi eravate battuti - in testa il sottosegretario Bertolaso ed il Presidente del Consiglio - e cioè quella privatizzazione della Protezione civile con quell'altra norma odiosa che introduceva una sorta di scudo, una sorta di immunità addirittura per le strutture commissariali, l'avete dovuta completamente abbandonare.

Oggi in quest'aula si registra una grande vittoria dell'opposizione, una grande vittoria di quella parte del Paese che nella legalità crede ancora, che nelle regole crede ancora, che è convinta che non vi possano essere veri servitori dello Stato, se davanti a tutto questi servitori dello Stato non mettono la tutela degli interessi collettivi e non i favori e non gli amici e non i parenti, siano moglie, fratelli, sorelle o cognati.

Questo non è essere servitori dello Stato: questo è piegare gli interessi dello Stato agli interessi di pochi, ad interessi particolari, ad interessi che non sono mai né chiari né trasparenti. Oggi, come dicevo, da quest'aula escono soltanto brandelli, ma anche questi brandelli del vostro decreto-legge sulla Protezione civile per noi sono inaccettabili, perché in realtà la logica che sta dietro al provvedimento in esame è la stessa ed è tutta funzionale a quel vostro progetto.

Sia ben chiaro: da parte nostra non viene la benché minima critica alla Protezione civile intesa come quelle migliaia di persone che con straordinaria competenza, con coraggio, con passione e con abnegazione da anni sono davvero un fiore all'occhiello dell'Italia in tutte le grandi situazioni di emergenza. No, noi non ce l'abbiamo con quelle persone e con la loro straordinaria professionalità: ce l'abbiamo con quella cupola che si è installata al vertice dello Stato, al vertice della Protezione civile e che ha confuso il governo del fare con il governo degli affari ed ha stravolto progressivamente quella che doveva essere una legittima e comprensibile situazione di eccezionalità e di emergenzialità, legata alle calamità ed a quelle disgrazie che purtroppo in un Paese ogni tanto accadono.

Voi avete preso quella eccezionalità, quella eccezionalità in base alla quale in tutto il decennio degli anni Novanta, fino ai primi del 2000, in tutto nel nostro Paese lo stato di emergenza nazionale è stato dichiarato dieci volte in dieci anni. Da quando è arrivato lei, sottosegretario Bertolaso, da quando è arrivato il Governo Berlusconi, abbiamo assistito ad una mutazione genetica della Protezione civile: nei dieci anni successivi, e cioè dal 2001 ad oggi, lo stato di emergenza nazionale è stato dichiarato 587 volte e di queste 540 volte soltanto negli anni in cui avete governato voi. In tutti gli anni in cui ha governato il centrosinistra solo per 40 volte è stato dichiarato lo stato di emergenza nazionale. Probabilmente anche quelle erano troppe, ma non è nemmeno paragonabile a quello scempio dello stato di emergenza che voi avete fatto. Questo Governo, soltanto nei primi 40 giorni di quest'anno, ha già dichiarato 30 volte lo stato di emergenza nazionale. Dunque l'emergenza nazionale è diventata dall'eccezione la regola: non riguarda più soltanto le calamità.

Si è passati prima alle grandi opere, poi alle opere medie, poi alle opere piccole. Insomma, dovunque vi erano affari da fare, dovunque vi erano soldi pubblici su cui mettere le mani, voi avete dichiarato lo stato di emergenza nazionale, che non significa soltanto far le cose in fretta, caro sottosegretario Bertolaso, non significa questo. Questo nessuno lo mette in discussione e nessuno lo dovrebbe negare. Quello che voi avete fatto, grazie a questa sistematica adozione dello stato di emergenza, è stato bypassare tutte le leggi del nostro ordinamento giuridico.

Oggi su questi provvedimenti emergenziali non vi è più il controllo nemmeno di collegialità del Consiglio dei Ministri, non vi è il controllo politico del Parlamento (perché non passano per il Parlamento), non vi è il controllo preventivo contabile della Corte dei conti. Vengono bypassate 40 leggi nazionali ed europee, comprese tutte le norme sulla pubblicità degli appalti pubblici. Ecco allora che si arriva alla lista corta degli imprenditori, amici o amici degli amici, quando non parenti o sodali. Ecco allora che si arriva alla discrezionalità che diventa arbitrio, sottosegretario Bertolaso. Questo è quello di cui noi la riteniamo colpevole, colpevole politicamente e non per indagini che oggi sono soltanto ai primi passi e sulle quali ci guardiamo bene dall'emettere giudizi o valutazioni.

Noi la riteniamo colpevole, senza appello, di avere trasformato, in questi dieci anni, la Protezione civile in una straordinaria macchina di potere e di gestione del denaro pubblico: 10 miliardi di euro spesi in dieci anni, al di fuori di qualsivoglia controllo di legalità è qualcosa che, nemmeno nei più disgraziati Paesi del Terzo mondo, sarebbe possibile.

Questo è ciò che condanniamo, quello che lei, insieme al Presidente del Consiglio, ha fortemente voluto: un sistema criminogeno. Oggi, non dovete meravigliarvi se, all'oscuro, sotto il cono d'ombra di questo sistema che avete voluto, proliferano gli imbroglioni, gli sciacalli e coloro che ridono della notte del terremoto de L'Aquila. Questo, infatti, è il frutto necessario, scontato, prevedibile ed immaginabile di ciò che voi avete messo in piedi, e di cui portate tutta la responsabilità politica.

Per questo motivo, signor sottosegretario Bertolaso, abbiamo chiesto, e continueremo a chiedere, le sue dimissioni, perché lei è colpevole politicamente. Non siamo solo noi a dirlo, perché non si tratta di un problema di maggioranza ed opposizione. Vorrei ricordare le parole del presidente dell'Associazione nazionale costruttori edili, che di questo sistema sciagurato, che avete messo in piedi, ha detto: “crea una discrezionalità totale, che cancella un castello di leggi che regolano il mercato delle opere pubbliche, cancellando ogni principio di concorrenza e di mercato”.

Sottosegretario Bertolaso, l'ingegner Buzzetti parlava di lei, quando sosteneva che avete creato un sistema che cancella ogni principio di concorrenza e mercato.

Ma con voi se l'è presa anche Confindustria. Il vicepresidente di Confindustria ha affermato che avete messo in piedi “un sistema privo di ogni criterio di legalità e totalmente arbitrario, che toglie ai grandi investimenti pubblici che si realizzano in Italia ogni visione di sistema, con l'assunzione di decisioni incoerenti e prive di una visione complessiva di efficienza e di sviluppo del Paese”. Questo è ciò di cui vi accusiamo.

Di fronte a tutto questo, di fronte allo scempio delle istituzioni, noi chiediamo, soprattutto, una cosa: chiediamo chiarezza e trasparenza. Infatti, è evidente ed inevitabile che, quando si verificano straordinarie calamità naturali, è necessario azzerare la burocrazia e creare procedure rapide ed efficaci, che consentano allo Stato di intervenire con prontezza. Tuttavia, in una democrazia vera, degna di questo nome, quanto più si toglie da una parte, in termini di passaggi burocratici e di controlli democratici del Governo e del Parlamento, tanto più si deve dare dall'altra parte, con l'altra mano, in termini di trasparenza, dando a tutti gli italiani i mezzi e le condizioni per capire ciò che si sta facendo.

Signor sottosegretario, oggi, dobbiamo contestarle che, anche in Abruzzo, questa trasparenza non vi è stata, se è vero che le famose «casette» sono costate 2.800 euro al metro quadrato, al netto degli espropri, cioè quanto una casa di lusso in una media città italiana. Vogliamo sapere come spendete i soldi, gli italiani hanno diritto di saperlo.

Quando il Presidente del Consiglio Berlusconi ci viene a raccontare che metterà al centro della sua azione politica la lotta alla corruzione, noi gli diciamo: caro Presidente del Consiglio, quando parla di lotta alla corruzione, ha la stessa credibilità di una banconota da tre euro, perché, da quindici anni a questa parte, ha creato le condizioni legislative e politiche, affinché la corruzione in Italia la faccia sempre franca e i disonesti vincano sempre.

Sappiamo, in realtà, cosa voleva dire, e concludo. Il suo vero obiettivo è approvare quel provvedimento che, col pretesto di regolare le intercettazioni, in realtà, le impedisce! E non si parlerà più di corruzione, in Italia, perché nessuno scoprirà più le corruzioni! Volete creare lo Stato dove regna sovrana l'illegalità, ma noi non ve lo permetteremo!

 

LA CASTA SI AUTOASSOLVE

Cosentino-BerlusconiCosentino-Berlusconi La casta ancora una volta si autoassolve. Se lo scorso 10 dicembre il Parlamento avesse votato a favore della richiesta di arresto per Cosentino, ora il sottosegretario all’Economia sarebbe in carcere. Per l’ennesima volta è stata la Parlamento a negare la possibilità che la giustizia faccesse il suo corso. Ancora una volta, per uno dei suoi affiliati, non è valso il principio “la legge è uguale per tutti”.Niente di nuovo sotto il sole, dunque. Ieri la cassazione ha infatti confermato l’ordinanza di custodia cautelare disposta dal gip di Napoli in cui il sottosegretario all’Economia, Nicola Cosentino, è accusato di concorso esterno in associazione camorristica per i rapporti con i clan dei Casalesi. Lo scudo parlamentare lo ha protetto, ancora una volta, come succede ormai sistematicamente da vent’anni a questa parte. Dal 1993 ad oggi, infatti, tutte le richieste di arresto nei confronti di parlamentari di destra, di centro e di sinistra sono state respinte. Ben 18 volte la Camera ha voltato le spalle alle magistratura.Altro che Magistratura ad orologeria. La Camera per queste 18 volte si è appropriata del potere giurisdizionale. Per 18 volte la casta si è garantisce un'impunità senza limiti. Un'impunità che va oltre le regole della giurisdizione.Ma questa volta c’è qualcosa di più. Ieri a reti unificate abbiamo assistito allo sproloquio di Berlusconi e dei suoi ministri sulla lotta che il Governo sta portando avanti contro la mafia.Nello stesso giorno il sottosegretario Consentino, un membro del Governo, si è visto confermare la richiesta di arresto per i suoi rapporti con i Casalesi senza che nessun membro dell’esecutivo si sia alzato a chiedere le sue dimissioni. Questi sono i fatti. Cosentino ha ancora la sua bella poltrona. I discorsi e le belle parole stanno a zero. Chi ieri non ha chiesto le dimissioni di Cosentino e chi lo scorso dicembre ha votato contro l’autorizzazione a procedere abbia, almeno il buon gusto, di non parlare mai più di lotta alla criminalità organizzata. Tacciano se gli è rimasta un po’ di dignità.Questa volta la casta è senza pudore e stavolta, pur di salvare un suo membro, non ha esitato a fare un favore al clan dei Casalesi. Il caso Cosentino è una vergogna nazionale.

LA CASTA SI AUTOASSOLVE, VERGOGNA!

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Pubblico il mio intervento in Aula a favore dell'arresto del sottosegretario Cosentino.

Il gruppo dell'Italia dei Valori voterà contro la proposta della Giunta, perché ritiene che la domanda di arresto presentata dal GIP di Napoli nei confronti dell'onorevole Cosentino sia giusta e vada accolta. Vorrei però prima fare una premessa, nella quale si inserisce per noi anche un metodo di comportamento quando arrivano all'esame di questa Assemblea richieste da parte della magistratura di atti restrittivi della libertà nei confronti di singoli parlamentari. Dal 1993 ad oggi la magistratura ha presentato ben 18 richieste di arresto nei confronti di parlamentari di destra, di centro e di sinistra. Per tutte e 18 le volte questa Camera ha votato contro la richiesta di arresto. Possiamo dunque dire, dopo quasi vent'anni e di fronte a una molteplicità di casi nei quali le indagini erano state condotte in modo ineccepibile e con riscontri probatori gravi, molteplici e tutti riscontrati, che questo Parlamento si è ogni volta voluto trasformare in qualcosa di diverso da quello che la Corte costituzionale aveva voluto che fosse: non in un luogo di verifica che, nei confronti dell'organo di rappresentanza politica del Paese, non arrivassero dalla magistratura atti di carattere persecutorio, ma in qualcosa di diverso, una sorta di Camera che si è appropriata dello stesso potere giurisdizionale, una sorta di casta che sempre e comunque nega la possibilità che la giustizia faccia suo corso e che garantisce un'impunità che non ha limiti e non ha regole; un'impunità che va oltre le regole della giurisdizione.

Anche oggi abbiamo sentito da parte del relatore per la maggioranza una serie di argomentazioni che non vanno minimamente a cercare di ricostruire quello che la Corte costituzionale sostiene, cioè se vi siano o meno gravi indizi di colpevolezza, se vi sia o meno fumus persecutionis nei confronti dell'onorevole Cosentino. Qui si vuole ricostruire il processo, si vuole esaminare punto per punto il provvedimento del giudice per le indagini preliminari di Napoli per emanare una sentenza che è una sentenza politica, sempre e comunque l'unica soluzione.
Noi, rispetto a tutto questo, per principio diciamo che fino a quando non ci sarà una riforma di quella che si definisce autodichia - cioè il potere di autodecisione del Parlamento che questo Parlamento ha dimostrato di non saper meritare e di non saper governare e che in futuro dovrà essere attribuita ad un organo terzo come la Corte Costituzionale - fino ad allora, a meno che non ci si trovi di fronte a casi eclatanti di giustizia e di persecuzione, voteremo sempre per i provvedimenti richiesti dall'autorità giudiziaria. Meglio che i parlamentari siano cittadini come tutti gli altri, piuttosto che una casta sempre impunita, sempre sciolta dal rispetto delle leggi e delle regole.Tanto più lo faremo in questo caso, perché proprio in questo caso appare evidente come la procura di Napoli abbia svolto indagini serie, importanti, articolate, basate sulle dichiarazioni di sei pentiti le cui reciproche dichiarazioni hanno trovato riscontro sia fattuale, sia nelle ricostruzioni complessive che emergono dei fatti raccontati da parte di queste persone.Sono pentiti o testimoni che sono stati riconosciuti autorevoli per le conseguenze stesse delle loro dichiarazioni.

Ricordiamo a quest'Assemblea che uno dei pentiti sulle cui dichiarazioni si basano le accuse qui oggi portate in Aula ha pagato con la vita il prezzo delle sue dichiarazioni. Un altro di questi pentiti con le sue dichiarazioni prima di tutto ha portato al sequestro del suo intero patrimonio (personale e della famiglia), portando così al sequestro di beni per 41 milioni di euro. Questi sono i dati che hanno portato la procura prima, e i giudici dopo, a ritenere fondate le loro dichiarazioni. Ma allora vediamo di capire quali sono queste dichiarazioni che si inseriscono in un quadro secondo il quale il clan dei Casalesi, con l'appoggio di alcuni imprenditori organici alla camorra e con l'appoggio di alcuni politici organici collaboratori e sostenitori dell'azione camorristica, avrebbero realizzato una gestione totalmente illegale e totalmente in violazione dei più fondamentali principi della libera concorrenza e della legalità del ciclo dei rifiuti in Campania.

Allora andiamo a riprendere alcune singole dichiarazioni, come quella di Gaetano Vassallo che dice: «Confesso che ho agito per conto della famiglia Bidognetti quale loro referente nel controllo della società ECO4 gestita dai fratelli Orsi. Posso dire che la società era controllata dall'onorevole Cosentino». Ancora Michele Orsi (poi ucciso) dice: «Una volta costituita l'ECO4 fu necessario renderla concretamente operativa, rendendosi necessario ottenere gli affidamenti da parte dei comuni. Intervenne anche qui Valente Giuseppe, il quale ci consigliò di riferirci ai suoi referenti politici». Cita diversi politici tra i quali l'onorevole Cosentino, affermando che era necessario tale sostegno per gli interessi della società. Ancora dall'interrogatorio di Vassallo: «Mi sono ricordato di una riunione nel 2007 presso il domicilio di un parente di Bidognetti. Alla mia presenza, in quella riunione, Raffaele Bidognetti e alla presenza di Di Tella Antonio, riferì che alcuni onorevoli, tra i quali Nicola Cosentino, facevano parte del nostro tessuto camorristico». E ancora Gaetano Vassallo dice: «Presenziai personalmente alla consegna di 50 milioni di lire in contanti da parte di Sergio Orsi all'onorevole Cosentino a casa di quest'ultimo a Casal di Principe». Ancora Michele Orsi (poi ucciso) dichiara: «I politici ebbero, altresì, a spartirsi il consiglio di amministrazione per quanto concerne le componenti personali pubbliche. Ricordo che Cosentino individuò nel sindaco di San Nicola La Strada un altro componente del CdA. Rappresento che le tangenti da pagare alla camorra erano ai miei occhi inevitabili, mentre il nostro impegno con i politici poteva essere largamente garantito attraverso le assunzioni nelle società ed incarichi di consulenze, oppure ancora nel consentire la scelta a loro degli amministratori di questa società»
Ancora Michele Orsi: «L'ECO4 si rivelò una società che faceva comodo a tutti. Rappresento che circa il 70 per cento delle assunzioni che vennero operate per la ECO4 erano inutili e motivate per lo più da ragioni politico-elettorali richieste, tra gli altri, dall'onorevole Cosentino».
Gaetano Vassallo dice: «Ho conosciuto Cosentino perché me lo aveva presentato il geometra Cirillo Bernardo prima del 1992, il quale disse che il parente Bidognetti Francesco aveva chiesto di aiutare Cosentino per le elezioni che all'epoca si stavano per svolgere. Mi disse di raccogliere le maestranze che lavoravano per me, organizzare un buffet, indurre i miei uomini a fare volantinaggio e a promettere il loro voto».
E poi ancora Michele Orsi: «Come accadde in tutti i casi in cui fu necessario sostenere un candidato della camorra per le elezioni ci impegnammo affinché tutte le maestranze della GMC seguissero le nostre indicazioni. Disponevamo di un pacchetto di voti pari alle 60 unità più i loro familiari, ma il bacino di voti controllato attraverso la ECO4 era persino superiore, potendo contare su 250 dipendenti e i loro familiari. Tra gli impegni elettorali dei diversi candidati nelle rispettive elezioni ricordo il sostegno a Forza Italia attraverso l'onorevole Pag. 66Cosentino alle politiche del 2001, il sostegno di Brancaccio alle regionali del 2005 e quello di Cosentino alle provinciali del 2005».
Ecco, questi credo che siano alcuni degli elementi che hanno portato i GIP di Napoli a ritenere che in questo caso ci fossero i gravi indizi di colpevolezza e sappiamo tutti che, a fronte di ipotesi di mafia, di fronte ad esigenze di custodia cautelare, il carcere non ha alternative.

 Mi pare che in questo caso possiamo anche ritenere con assoluta serenità che in nulla di queste 300 pagine (che dettagliatamente, analiticamente e puntualmente ripercorrono i legami tra l'onorevole Cosentino e alcuni gruppi camorristici facenti parte del clan dei casalesi) non sono affetti da alcun fumus persecutionis. Sono tutti fatti e circostanze puntuali e comprovati, inseriti all'interno di un'indagine - questo dovrebbe essere determinante -, che non hanno riguardato soltanto il parlamentare del Popolo della Libertà, ma politici di tutti gli schieramenti, sia di destra che di sinistra, dimostrando così - casomai ve ne fosse stato bisogno - che da parte di quella Procura si è agito avendo un unico obiettivo quale proprio scopo, cioè quello di appurare e accertare la verità e far prevalere la giustizia.
Per queste ragioni, anche se vediamo oggi un'aula gremita soprattutto nei banchi del Governo abitualmente deserti da parte di un Esecutivo che in quest'aula è sempre latitante, oggi, invece, quei banchi sono riempiti in tutti i loro ordini e gradi da parte di ministri e sottosegretari qui giunti per garantire ancora una volta l'impunità a un parlamentare che poi riveste un ruolo così grave rispetto alle responsabilità che gli vengono attribuite di sottosegretario all'economia. Oggi il gruppo dell'Italia dei Valori a voterà favore della concessione dell'arresto così come richiesto dalla Procura di Napoli.

I DIRITTI NON SI METTONO IN VENDITA

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L’acqua non è un bene, è un diritto e i diritti non si mettono in vendita. Se non voglio mangiare carne, ho un’alternativa. Se non voglio usare il petrolio ho fonti alternative di energia. Per l’acqua, così come per l’aria, non c’è nessuna alternativa possibile. Per questo, l’acqua non è un bene, è più di un bene, è un diritto.Ebbene, questo Governo vuole vendere l’acqua pubblica, vuole svendere questo diritto al miglior offerente. Se ne infischia che l’acqua sia un diritto imprescindibile e va avanti per la sua strada, tradendo la volontà e i bisogni dei cittadini. Mentre, in Commissione Ambiente alla Camera si sta discutendo la legge di iniziativa popolare che chiede al governo la gestione pubblica delle acque e la ripubblicizzazione del servizio pubblico, l’Esecutivo sta per porre l’ennesima questione di fiducia per privatizzare l’acqua pubblica, imbavagliando l’opposizione.Siamo di fronte ad un doppio imbroglio. Il Governo vuole mantenere la rete idrica pubblica, mentre vuole regalare ai privati la gestione dell’acqua. Cosa vuol dire? Che si lascia la parte peggiore, ovvero, una rete idrica allo sfascio di proprietà pubblica – da oltre 20 anni non si costruiscono acquedotti e la loro manutenzione è praticamente scomparsa dai bilanci comunali – mentre si concede ai privati di lucrare sui rubinetti dell’acqua, la parte sana, ovvero, redditizia di questo affare. Un po’ quello che è stato fatto con Alitalia, tanto per capirci, l’indiscusso capolavoro del governo Berlusconi.Non staremo con le mani in mano. Non assisteremo inermi a questa seconda, vendita, anzi, svendita di Stato. Italia dei Valori si batterà in Parlamento per cancellare questa svendita meschina. Impediremo con tutte le nostre forze che la gestione di un diritto finisca nelle mani di lobby e multinazionali senza scrupoli. E se, come sembra scontato, il Parlamento approverà questa scandalosa norma che privatizza l’acqua, contenuta nel decreto Ronchi salva-infrazioni, Italia dei Valori promuoverà un referendum abrogativo, insieme a quello contro il nucleare e, in caso, a quello sulla prescrizione breve.