Norme di attuazione del Protocollo del 23 Luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività

Data: 28 novembre 2007
Categoria: Politica Interna

Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Parlamento oggi è chiamato ad esprimersi su un provvedimento di straordinaria importanza, perché il Protocollo sul welfare ha segnato veramente una svolta importante nel modo di governare il Paese. Per la prima volta, dopo tanti anni, siamo tornati a vivere un momento di grande concertazione, nei confronti di tematiche come lo Stato sociale, le pensioni e il futuro dei giovani lavoratori, tra le più difficili, delicate e complesse del Governo di un Paese. Si tratta di un'intesa, raggiunta prima di tutto grazie all'impegno del Governo, che ha messo insieme più di quaranta associazioni tra quelle di categorie sindacali e rappresentanze imprenditoriali. Si tratta altresì di un accordo ratificato dal voto di oltre cinque milioni di lavoratori e pensionati italiani nei luoghi di lavoro e nelle fabbriche, che riteniamo rappresenti uno straordinario momento di partecipazione e di gestione da parte del Governo della cosa pubblica. Non si può non rilevare che, proprio grazie a questo provvedimento, si sono introdotti una serie di misure dirette alla tutela delle classi sociali più deboli, a tutela di quei giovani che entrano nel mondo del lavoro, a tutela delle donne, e a tutela di chi in questi anni ha vissuto esperienze di lavoro che assomigliano più al precariato che al lavoro a termine, misure che si sono tradotte in nuovi strumenti, nuove risorse e nuove speranze per il futuro.
Certo, non tutto ha potuto trovare una soluzione idilliaca. Fare di più o pensare di fare di più è sempre possibile. Ma la domanda che - credo - gli italiani si devono porre e che il Parlamento si deve porre nell'accingersi a votare il provvedimento in esame è un'altra: era concretamente possibile fare di più? Noi dell'Italia dei Valori siamo profondamente e fermamente convinti che da parte del Governo, da parte della maggioranza si sia fatto tutto il possibile.
Siamo convinti che i cinque milioni di cittadini, lavoratori e pensionati italiani, che sono andati a sottoscrivere, esprimendo il loro consenso, il referendum confermativo del Protocollo abbiano pensato che questo Protocollo non rappresenti certo la panacea, la soluzione di tutti i loro mali. Tuttavia, hanno preso atto con realismo e con senso di responsabilità - che, purtroppo, in alcuni momenti è mancato, invece, nel dibattito politico di questi ultimi mesi - che questo Protocollo dimostrava da parte del Governo l'impegno non solo a fare il massimo in termini diPag. 12impegno di risorse e di investimento economico in un settore così delicato, ma addirittura, se possibile, di spostare anche di un passo più in là il limite massimo tra le risorse disponibili e l'altra variabile alla quale, purtroppo, non possiamo non fare riferimento, ossia l'equilibrio dei conti pubblici.
Probabilmente, nel ratificare questo Protocollo abbiamo anche compiuto un passo in più rispetto all'equilibrio con i conti pubblici dello Stato. Noi dell'Italia dei Valori ne siamo consapevoli, l'abbiamo accettato e l'abbiamo intimamente approvato perché siamo convinti che, in questo momento, in questo Paese dove tanti milioni di famiglie italiane da anni soffrono per condizioni economiche inadeguate, per condizioni di lavoro che non consentono di investire nel futuro e di avere una certezza del futuro per i giovani, era il momento non più rinviabile per dare un segnale forte di vicinanza e di grande redistribuzione.
Il Protocollo non solo interviene con forza con misure molto importanti sull'aspetto pensionistico. Credo che meriti per tutti di essere ricordato l'intervento che viene compiuto sul cosiddetto scalone Maroni. Tale provvedimento, se non vi fosse stato il Protocollo e l'accordo, avrebbe previsto che, dal 1o gennaio, chi, sino al giorno prima, poteva andare in pensione ad una certa età, dal giorno successivo sarebbe stato obbligato a rimanere al lavoro per tre anni in più.
Ebbene, è un risultato importate aver sostituito questa norma con una più dolce e più delicata che consente di raggiungere gli stessi obiettivi.
È inutile nasconderci dietro un dito: è un dato importante, bello e positivo della nostra vita e della nostra società. Gli italiani hanno aspettative di vita non solo qualitativamente migliori ma anche quantitativamente più lunghe rispetto anche solo ad un decennio fa. Di questo non si può non tener conto nel costruire un sistema previdenziale: non è più possibile andare in pensione all'età a cui si andava vent'anni fa, avendo però aspettative di vita che sono doppie rispetto alle aspettative di vita di allora.
Però, si è pensato ad un riavvicinamento e ad un percorso più graduale che consentisse di coniugare ancora una volta l'equilibrio dei conti pubblici, ma anche la vita, i diritti e le esistenze reali di tante persone in carne e ossa che da 35, 36, 37, 38 anni lavoravano spesso in condizioni difficili e pesanti.
Si è prevista una definizione ben precisa di lavoratori usuranti ai quali deve essere riconosciuto il tipo di lavoro svolto: è giusto che lo Stato si faccia carico di riconoscere un trattamento privilegiato per il modo in cui tali persone hanno lavorato.
Ma d'altra parte si è voluto anche tener conto del fatto che un Paese è in grado di dare tanto più in termini di giustizia sociale e tanto più in termini di Stato sociale quanto più vi è un'economia forte che cresce, un mondo ed un sistema impresa nel nostro Paese sempre più capace di essere competitivo e all'altezza di un confronto che ormai è globale e non riguarda più l'Italia né l'Europa ma tutto il mondo.
Quindi, è stato evidente procedere in questo modo con riferimento a provvedimenti, già adottati non da questo Governo, ma dai governi precedenti, negli anni precedenti, che - aggiungo - hanno necessariamente portato ad un sistema del mondo del lavoro meno stabile, con maggiori elementi di flessibilità.
Era in qualche misura inevitabile realizzare ciò, ma, forse, in Italia lo si è fatto troppo rapidamente, troppo frettolosamente, senza considerare che intervenire in un modo così profondo sul sistema del lavoro avrebbe comportato anche la necessità di intervenire contemporaneamente, in modo ugualmente importante, in materia di ammortizzatori sociali.
Se si pongono in essere condizioni tali per cui un lavoratore, in alcuni casi, può anche perdere il suo posto di lavoro, poi bisogna assumersi la responsabilità, se si tratta dello Stato sociale nel quale crediamo (noi di Italia dei Valori siamoPag. 13fermamente convinti che questo sia un grande valore), accompagnando questo lavoratore verso la riqualificazione professionale, nonché la possibilità di un reingresso rapido e qualificante nel mondo del lavoro.
La seconda parte del protocollo contiene una serie importantissima di provvedimenti a tutela dei diritti dei lavoratori, come l'aumento dell'indennità di disoccupazione, proprio per intervenire in questi momenti, non solo in termini di tempo, ma anche in termini di compenso economico vero e proprio (abbiamo aumentato l'indennità di disoccupazione come concetto economico); vi sono inoltre alcune norme rivolte principalmente ai giovani, come la possibilità di riscattare a condizioni vantaggiosissime il corso di laurea, in modo da consentire agli stessi di avere una pensione più alta, sicuramente confrontabile e paragonabile a quella che hanno avuto i loro genitori, al di là di quello che oggi, altrimenti, le norme in vigore avrebbero consentito.
Crediamo che tutte queste scelte siano state importantissime e fondamentali, che abbiano qualificato in modo straordinario l'azione politica e sociale di questo Governo.
Come non cogliere il rilievo di questo passaggio! Come non cogliere la straordinarietà dell'azione e dell'accordo che qui oggi siamo chiamati a ratificare, anche perché questo provvedimento non è isolato, ma va a completamento di un insieme di provvedimenti adottati dal Governo in questo anno e mezzo che hanno avuto tutti lo stesso obiettivo, lo stesso elemento di distinzione: intervenire in ogni forma, in ogni modo, nei limiti delle risorse disponibili per questo Governo, a favore dei ceti più disagiati di questo Paese.
Questo Governo ha già aumentato le pensioni minime e ha previsto misure a favore della stabilizzazione di chi, ormai da anni, svolgeva un lavoro precario nella pubblica amministrazione, talora anche in forme elusive, se non in palese violazione, delle norme di legge, assieme a provvedimenti che hanno complessivamente reso più forte e più importante lo Stato sociale di questo Paese.
Come non menzionare il fatto - importantissimo per creare una distinzione vera, reale e sostanziale tra lavoro più flessibile e quel precariato che dobbiamo in ogni modo evitare - che vi è una norma contenuta in questo provvedimento per cui ormai non sarà più possibile assumere a tempo determinato per un periodo superiore ai tre anni e che anche se questi tre anni sono prestati a intermittenza, non di seguito, comunque al termine di questo periodo ne deriverà un'assunzione a tempo indeterminato?
Signor Presidente, onorevoli deputati, crediamo - e questa è la ragione del fermo e convinto voto di fiducia di Italia dei Valori al Governo su questo disegno di legge - che con questo provvedimento questo Governo e questa maggioranza si siano assunte in pieno la responsabilità e l'onere non solo di governare il Paese e i suoi grandi fenomeni sociali, ma di fare tutto questo a favore dei lavoratori, dei pensionati e delle categorie più disagiate e più deboli del nostro Paese




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