BIOTESTAMENTO, L'ETICA A FINI POLITICI

Testamento biologicoTestamento biologicoNon c’è etica nella nostra politica, che è giunta al punto di utilizzare la delicatissima legge sul testamento biologico come strumento di lotta, con fini miserabili. L’intento del Pdl è chiaro: riesumare il testo approvato dal Senato sull’onda emotiva del caso Englaro per avvicinare l’Udc al centrodestra e per spaccare Fli. Quel testo sul testamento  biologico è una truffa, illiberale,medievale, arcaico. Si chiama così solo per convenzione, in realtà è un mezzo per imporre l’alimentazione e l’idratazione forzata anche a chi si trova nella condizione di coma irreversibile. Siamo tornati alla concezione dello Stato Etico, di un potere burocratico che, in nome di superiori principi religiosi, politici, morali, decide al posto dei cittadini, annullando il libero arbitrio, la libertà di scelta e le convinzioni di ciascuno. Questa legge è un vero colpo alla laicità dello Stato, sancita dalla Costituzione e principio indispensabile per costruire uno stato moderno ed aperto a tutti i cittadini. Anche sulla terminologia ci sarebbe da discutere. Quando si parla di alimentazione forzata, alla maggior parte delle persone viene in mente un paziente nutrito con pappette e beveroni. Non è così, la realtà è molto diversa. Stiamo parlando di persone ‘nutrite’ attraverso flebo e sondini che iniettano nel corpo sostanze per permettere in mantenimento delle funzioni biologiche. Nulla di più, purtroppo. Il testamento biologico è la possibilità di scegliere con anticipo e nel pieno delle proprie facoltà mentali a quali cure sottoporsi o non sottoporsi nel caso in cui ci si trovasse nelle condizioni di non poterlo fare. Una diritto civile che dovrebbe essere garantito a tutti. Invece lo negano e tenteranno di approvare questa legge barbara solo per miserabili scopi di potere. Ci credessero, almeno. In quel caso potremmo avere rispetto di una posizione che muove da un sincero sentimento religioso, da profondo convincimento morale. No, è pura strumentalità, e per questo ancora più inaccettabile. Ci opporremo ad una legge che rende l’uomo schiavo di altrui convinzioni.

Commenti

Bè, finchè la Chiesa continuerà a muovere voti e a metterli a servizio di chi la protegge come potere intoccabile, non possiamo aspettarci nulla di più. Anzi, dobbiamo abituarci a veder giustificate bestemmie ed escort, tanto, che male c'è? In cambio, una bella legge che non ci permette di morire come ci pare, che fa coppia con la legge che non ci permette una fecondazione assistita più aperta e illuminata. E' veramente assurdo che uno Stato si pieghi alle richieste medievali di una confessione religiosa. Grazie Donadi per avercelo ricordato 
Quello che gli attuali aspiranti legislatori in tema di vita e di morte non tengono in nessun conto, non per incapacità di comprensione, non per questioni  di coscienza personale, ma per cinico calcolo elettorale, è porsi una semplice domanda: è giusto prolungare in modo esclusivamente artificiale ciò che - allo stato attuale del nostro sapere - può certo ancora chiamarsi vita, ma una vita completamente sottomessa alla tecnica? Questo è ciò che si chiede Hans Jonas, nel suo "Tecnica, medicina, etica. Prassi del principio di responsabilità"del 1983. Il Filosofo tedesco concorda con la sentenza di Pio XII del 1957"Se si giudica permanente una profonda perdita di coscienza, allora i mezzi straordinari per l'ulteriore mantenimento della vita non sono obbligatori. Si possono sospendere e consentire al paziente di morire". Cosa è successo al Magistero della Chiesa, è forse cambiato qualcosa al suo interno relativamente al dogma "dell'infallibilità del Papa"? Cosa significa tale sentenza? Attribuisce alla scienza medica il poter decidere, in casi specifici e particolari,lo stato vegetativo permanente, di interrompere o non iniziare un trattamento di sostentamento, che abbia un "vantaggio" nullo per il paziente, se non derogare nel tempo una morte già avvenuta. E' evidente che la Chiesa non può cedere ciò che è sempre stata una sua prerogativa, o la "prerogativa di Dio", attraverso i suoi ministri. "Il paziente in stato di coma irreversibile è insensibile alla crudeltà come pure all'azione misericordiosa, ed il vantaggio che egli ricava dal trattamento (alimentazione ed idratazione forzata) è letteralmente nullo", spiega Jonas. A questo punto non si tratta più solo del diritto del paziente in coma irreversibile di poter "approdare" dignitosamente alla fine della sua vita, ma dobbiamo porci il problema se  rientra il semplice differimento della soglia di morte tra i fini o i doveri autentici della medicina. Può un "dovere trascendentale" di vivere da parte del paziente giustificare una "costrizione a far vivere" da parte del medico? Può un medico diventare "un tiranno" per legge? Jonas, così prosegue "Così il concetto di vita, non quello di morte, che in definitiva governa la questione del "diritto a morire". Cioè se riconosciamo il diritto di vivere come fonte di tutti i diritti, allora esso include anche il diritto di morire. Cosetta Sartori - IdV Padova 
La Chiesa, intesa come struttura gerarchica, dopo il caso Englaro dovrebbe evangelicamente scomparire. Essa si è allontanata mille miglia dal concetto che un buon cristiano ha della religione cattolica. Se ne avete voglia leggete un mio articolo sul testamento biologico di qualche mese fa:Testamento biologico - La legge e tre libri che ne parlano La ‘terza via’ di Ponzio Pilato Voglio fare alcune considerazioni critiche, che credo molti condivideranno, a proposito di tre libri sul testamento biologico, della deludente legge sul fine vita approvata al Senato e in attesa di essere esaminata dalla Camera dei deputati, del tentativo di negare che l’alimentazione e l’idratazione forzata siano delle terapie mediche e dell’indicazione di una fantomatica ‘terza via’ che a me ricorda quella scelta duemila anni fa da Ponzio Pilato.    Parto dal libro  del  vice presidente del Senato, Domenico Nania, parlamentare del Pdl, dal titolo: ”Il testamento biologico – La  terza via”, presentato qualche settimana fa, a Ragusa Ibla, nella Chiesa di Santa Teresa. A quella presentazione sono intervenuti, fra gli altri, mons. Paolo Urso, vescovo di Ragusa, il presidente della Provincia, Ing. Franco Antoci, il sindaco di Ragusa, Nello Di  Pasquale, il dott. Duchi, già presidente del Tribunale di Ragusa, il presidente dell’Ordine dei Medici di Ragusa, Salvatore Criscione. Io, sollecitato dal tema particolarmente importante , che mi tocca da vicino,ho portato il mio contributo, pur nei limiti di tempo strettissimi imposti dalla moderatrice, avv. Gisella Scollo. Ho parlato della realtà che vive una persona che ha perso la coscienza. Nania  ha  definito il mio  intervento ideologico. Probabilmente, da politico navigato, ha capito dalle poche cose che  ho  detto (vissute sulla mia pelle ) che non ero della sua stessa opinione. Credo sia utile a tutti conoscerli e capire da quali ragioni sono dettati.              Avevo letto da poco, il libro di Beppino Englaro ed Elena Nave, “Eluana - La libertà e la vita”. Leggendolo sono rimasto profondamente colpito  dalla sensibilità e dalla sofferenza di questo padre determinato a far valere il rispetto per la propria figlia in stato vegetativo permanente da lunghi anni, un padre che ha condotto una lotta giudiziaria lunga e penosa agendo con chiarezza e alla luce del sole. Grazie a lui molti italiani hanno preso coscienza della necessità, sull’atto delicatissimo del fine vita, di una legge giusta e rispettosa della persona, degna di una Repubblica moderna e laica.  Il contrasto fra il libro di Englaro e quello di Nania è stridente: nel primo parla un padre, un cittadino rispettoso delle leggi, un laico che chiede allo Stato di essere coerente con i dettati costituzionali, un cittadino che chiede l’intervento dello Stato  per porre fine alla barbarie dello stato vegetativo permanente provocato da una medicina  troppo invasiva. Nel secondo  libro, invece, a parlare è un giurista, un politico che vuole rispettare i dettati costituzionali ma che è prigioniero della propria storia politica e propone sul  testamento biologico una legge che sicuramente non è idonea alle esigenze dei cittadini italiani.   Il senatore Nania non accetta l’intervento dello Stato né delle strutture sanitarie pubbliche sul dove e come congedarsi dalla vita. Paragona il rifiuto all’idratazione e alla nutrizione equivalente alla rinuncia al ricovero e all’assistenza medica . A tal proposito scrive:”la persona-paziente….potrà esprimere il consenso informato accettando i sostegni vitali e restando nelle cure  del Servizio sanitario nazionale anche in caso di perdita della coscienza, oppure rifiutando i farmaci salva-vita e attendendo il decorso naturale della malattia, in assoluta autonomia e senza coinvolgere altri, nel suo domicilio e nella sua sfera giuridica privata. L’unica cosa che non si può fare è motivare , contestualmente, l’interruzione degli atti medici con il desiderio di attendere il decorso naturale della malattia, e la richiesta dell’assistenza sanitaria con l’intento di morire prima, sedati, ma di fame e di sete”.Nania asserisce  che la   Costituzione  non riconosce un diritto a morire con l’ausilio di terzi  pur non affermando un dovere di vivere. Quindi , secondo lui, il paziente può decidere se e quando morire, ma non ha il diritto di scegliere dove e come morire. In sostanza non può pretendere dalle strutture sanitarie il sostegno per morire. Faccio osservare che, in quanto rappresentante dei cittadini, non può eludere le proprie responsabilità proponendo di lasciare soli  il malato ed il suo tutore: la terza via da lui ipotizzata  si ispira proprio ad un comportamento “pilatesco” dello Stato.   C’è anche un aspetto paradossale nel ragionamento del senatore Nania che difende la tecnica terapeutica a difesa della vita: il nostro Stato nega il ricorso alla tecnica quando si deve nascere, difende la procreazione naturale  negando di fatto la felicità a tante coppie povere  non fertili, mentre le coppie meno povere possono aggirare il divieto recandosi all’estero. Che stranezze italiche! Che strana morale quella che ammette invece il ricorso massiccio alla tecnica quando per natura si dovrebbe morire.      Il progetto di legge sul testamento biologico dell'on. Calabro', approvato recentemente  al Senato,  ha sancito  la privazione del diritto all'autodeterminazione, che pure è sancito dalla nostra Costituzione e dalla Convenzione di Oviedo, per i malati privi di lucida coscienza. Non a caso in questo testo si parla di dichiarazioni anticipate di fine vita, e non di direttive anticipate di fine vita. Quelle che negli altri paesi si chiamano direttive anticipate di trattamento di fine vita  sono rispettate assolutamente. Se in Italia le vogliono chiamare dichiarazioni anticipate forse è perché così si potranno eludere o ostacolare più facilmente. In una repubblica autoritaria   questo modo di procedere sarebbe normale. Spero proprio che non diventi normale anche in Italia. I nostri padri costituenti hanno scritto una  Costituzione  rispettosissima della dignità della persona umana. Ma allora non si poteva immaginare che in futuro, nelle sale di rianimazione si sarebbe potuto mantenere in ”vita” persone malate prive di coscienza tenendole “attaccate” a delle macchine per decenni. Diversamente avrebbero previsto norme chiare per evitare  la  barbarie che obbliga una persona a vegetare prigioniera del proprio corpo, come una cavia  da laboratorio.   Il d.d.l. Calabrò,  che piace (sia pure con qualche piccola modifica) al sen. Nania, invece, riflette un’insana alleanza fra fondamentalisti e medici oltranzisti della vita che, spesso, con il loro intervento, generano solo una inutile e penosa sospensione del morire e lasciano il malcapitato in un osceno limbo.  E’ una truffa, una odiosa   truffa,  come scrive, a tal proposito, Beppino Englaro:  “L’incapace di intendere e di volere perde la possibilità di rifiutare i trattamenti vitali anche se si era espresso in precedenza per il rifiuto di essi.In questo modo si entra nel circolo della  <sopravvivenza obbligatoria degli incapaci> : poiché non sono in grado di esprimersi, perdono l’occasione di poter uscire da un  circolo infernale”.  Prima di conoscere sulla pelle mia e della mia famiglia  l’orrore dello stato vegetativo, pensavo alla morte come qualche cosa di naturale, che si deve attendere ed accettare con tranquillità. Ho avuto modo di essere vicino all’epilogo della mia vita quando ho avuto un grosso infarto. Mentre mi portavano in ospedale, pensavo che, tutto sommato, mi potevo congedare serenamente dalla vita, perché lasciavo tutto a posto: una brava moglie e due figli intelligenti e assennati  in grado di badare  a  se stessi. Oggi per me  non è più così e, ne sono certo, non è più così per milioni di italiani terrorizzati al pensiero di essere”salvati” in extremis ( per esempio in una sala di rianimazione) ed essere poi costretti a vivere una vita zoologica per niente dignitosa. Se passa alla Camera il d.d.l.,così come è stato  approvato al Senato,  in Italia non sempre sarà possibile “morire in pace”.   Il Sen. Nania , in buona compagnia di parte della Chiesa e di  un  nutrito gruppo trasversale di politici, non considera la nutrizione e l’idratazione forzata una terapia medica, quale sono, ma un trattamento vitale che il paziente ormai incapace di intendere e di volere, non può rifiutare, sebbene sia sempre un cittadino e in quanto tale un titolare di diritti.  E’ sconcertante che nel nostro paese si voglia fare una legge che vieta la possibilità di rifiutare la nutrizione e l’idratazione artificiale. E’ un’orribile truffa: in tal modo una persona che non vuole vivere per anni o decenni prigioniera del proprio corpo è costretta a farlo. Per un giovane, con un’aspettativa di vita quasi uguale a quella dei coetanei, la situazione è particolarmente drammatica. Trovo significativa la testimonianza della figlia del grande attore Nino Manfredi: «Mio padre come Eluana, è stato una vittima. Anche lui ha subito accanimento terapeutico per un lunghissimo e atroce anno di agonia. Salvato in extremis tre volte è stato rianimato, legato alle macchine per respirare, intubato con una tracheotomia, con cannule in tutto il corpo per farlo mangiare e bere a forza. Lui non avrebbe voluto questa inutile tortura ma non poteva parlare, non poteva difendersi. Abbiamo cercato di farlo noi per lui ma non è servito. Nessuno ci ha ascoltato. Per questo ci vuole una legge sul testamento biologico: perché sia rispettata la volontà della persona, perché non accada come a papà di doversi conquistare il diritto a smettere di soffrire solo dopo un anno di straziante agonia. Aspettando la morte come una liberazione». A proposito di nutrizione e alimentazione, voglio ricordare come si è espresso, in una intervista, Gian Domenico Borasio,  neurologo, esperto in Sla che ha la cattedra in cure palliative all'Università di Monaco di Baviera:< Idratazione e nutrizione sono terapie mediche e non assistenza? «L'assistenza avviene se io imbocco una persona, la terapia è se le metto il sondino. Gli esperti tedeschi di diritto e di bioetica, compresi teologi di ambo le chiese, e l'ordine dei medici sono concordi su questo punto». In Italia alcuni schieramenti cattolici sostengono che Eluana morirà di fame e sete. Che pensa? «Dal punto di vista neurologico è un controsenso, poiché le parti del cervello che sono necessarie per creare la sensazione soggettiva di fame e di sete non funzionano più. Ma anche come palliativi   posso assicurarle che, quando i malati muoiono senza nutrizione e idratazione, questa è una delle morti più pacifiche possibili». Perché in Italia si fa tanta confusione? «Una volta, la gente anziana che moriva di vecchiaia, mangiava di meno, beveva meno, si affievoliva e si spegneva in pace. Oggi sappiamo perché: una lieve disidratazione ha effetti analgesici e aumenta la produzione di endorfine. Le cure palliative possono aiutarci a riscoprire la morte naturale». Idratare e alimentare che cosa comporta? «L'idratazione è controindicata in fase terminale. Prima che il cuore cessi di battere, smettono di funzionare i reni. L'acqua inserita nel morente rimane nel corpo e può dar luogo a edema polmonare con sensazioni di soffocamento. La nutrizione artificiale è inutile e può essere altrettanto dannosa». >   Nel  sito www.pubmedcentral.nih.gov di un istituto di ricerca clinica famoso in tutto il mondo si  legge che “ la sospensione dell’idratazione non comporta sofferenze per il paziente, ma stimola il riflesso di endorfine e composti biologici dall’effetto anestetico che favoriscono un senso di benessere del paziente” Nell’antichità molti erano i vecchi che, stanchi e malati decidevano di abbandonare la vita  rifiutando cibo  ed acqua”.  Tutto ciò non è per niente bello né poetico. Ma la realtà è questa.  Alcuni obiettano: ”Ma chi può decidere quale vita sia degna di essere vissuta e quale no?”. Replico: voi la vorreste vivere una vita così poco dignitosa? Accettereste di essere innaffiati come piante? E’ comodo fare i moralisti sulla pelle degli altri! Concludo con la citazione di un passaggio che condivido di un terzo libro, quello del senatore Ignazio Marino, “Nelle Tue mani - Medicina,fede, etica e diritti: ”In nessun altro paese al mondo si è riusciti a scrivere in una legge che l’idratazione e nutrizione artificiali non sono trattamenti sanitari, perché nessuno ha avuto l’arroganza di affermazioni così contrarie alla conoscenza scientifica. Nella maggior parte dei casi le leggi sono state scritte chiedendo aiuto alle persone che conoscono la scienza e possono essere di conforto per evitare di produrre l’obbrobrio legislativo a cui siamo arrivati. Purtroppo questa legge così dibattuta non servirà a nulla. E’ una legge ‘contro’: contro la libertà di scelta,contro i medici, contro i malati e i familiari, contro chi si confronta con la malattia, che avanza inesorabilmente, e si interroga sulla fine della vita”.                                                                             Luciano Di NataleRagusa, 22 luglio 2010 
L'Italia non sarà mai uno stato laico. Si tratta solo di un'apparenza, ma nella sostanza, l'Italia è dominata dalla Chiesa, e dal papato. La cultura cattolica pervade tutta la nostra vita, molto più di ogni altro paese cattolico. Gli interesse ecclesiastici sono moltepolici. E quelli spirituali sono il meno. Troppi poteri economici, politici in senso lato. Oserei pensare che tale ingerenza da parte della chiesa esista solo in Italia. Perchè, PURTROPPO, la Chiesa è a Roma. Lo Stato italiano, seppur in qualche momento ha avuto qualche sussulto d'orgoglio, è sempre stato subalterno al potere eccelsiastico, ai suoi dictat, ai suoi anatemi. Oggi, nella crisi politica ed economica che ci coinvolge, è ancora la Chiesa che ordisce le sue trame......muove i fili....sostiene alleanze, o ne aborre altre....a seconda del "ritorno" che ne può scaturire. Ritorno misurabile sempre dal punto di vista economico, politico, "di potere".   Non venite a fare la solita filippica sugli innumerevoli esempi di poveri parroci che fanno azione spirituale in povertà......o sui missionari in "culalmondo"......non parlo di quelli, e lo sappiamo tutti. Del resto, nell'economia della Santa Romana Chiesa, quei poveracci contano quanto il due di picche. Parlo delle alte sfere ecclesiastiche, che decidono (ancora, ahimè) delle sorti del nostro paese.     Una proposta: perchè non facciamo un referendum per chiedere che la Chiesa cattolica diventi "itinerante"???  Dal momento che deve occuparsi delle anime di tutto il mondo...perchè deve restare per forza a ROMA???  E se andasse a portare la parola di Cristo un pò in giro per il mondo? Che sò....dieci anni in Patagonia, altri 10 anni in Guatemala, altri 10 anni ad Haiti......nel Burundi......non farebbe più "porseliti"???  E magari NOI poveri italiani potremmo ricordarci di essere laici, prima e magari ancorchè credenti???? 
  
  • Gentile maria.b, aggiungerei che persino quei poveri parroci e quei missionari che tutti elogiamo fanno del danno alla verità, e alla laicità dello Stato, perché contribuiscono a dare una illusoria facciata nobile alla Chiesa vaticanista.
  • In Italia la loro azione concreta di aiuto ai poveri (quella spirituale è nulla, o contribuisce a sedarli, a che non facciano rivoluzioni) può essere svolta da associazioni di cittadini, e nelle missioni all’estero dai “medici senza frontiere”.
  • Mi piace l'idea della Chiesa itinerante, così le meraviglie artistiche del Vaticano tornerebbero ad essere di proprietà dei discendenti del popolo del decaduto Stato della Chiesa che le ha pagate secoli fa con le sue tasse.
  • L'aspettiamo in Patagonia. 
   
E' la solita Machiavellica concezione: il fine, i voti, i mezzi la chiesa.           Buon Anno egregio e stimatissimo Donadi             p.s. Tieni Duro (non come il decrepito nordista affondato nella palude)
si
CARO DOTT.DONADI, QUI NON C è  NESSUNA DISCUSSIONE O ANALISI,SONO COMPLETAMENTE D ACCORDO CON LEI.
Alla base della buona governance e dei cambiamenti proposti ci devono essere:1. apertura, 2. partecipazione, 3. responsabilità, 4. efficacia e 5. coerenza.Ciascuno di essi è essenziale al fine d'instaurare una governance più democratica. Taliprincipi costituiscono il fondamento della democrazia e del principio di legalità negliStati membri, ma si applicano a tutti i livelli di governo: globale, europeo, nazionale,regionale e locale. Essi rivestono particolare rilievo per l’Unione, se essa vuole farfronte alle sfide indicate nel capitolo precedente.•Apertura. Le istituzioni devono operare in modo più aperto: assieme agli Statimembri, devono adoperarsi attivamente per spiegare meglio, con un linguaggioaccessibile e comprensibile al grande pubblico, che cosa fa l’Unione europea e inche consistono le decisioni che essa adotta. Questo principio riveste particolareimportanza se si vuole accrescere la fiducia dei cittadini in istituzioni complesse.•Partecipazione. La qualità, la pertinenza e l’efficacia delle politiche dell’Unionedipendono dall’ampia partecipazione che si saprà assicurare lungo tutto il loropercorso, dalla prima elaborazione all’esecuzione. Con una maggiorepartecipazione sarà possibile aumentare la fiducia nel risultato finale e nelleistituzioni da cui emanano tali politiche. Perché ci sia una maggiore partecipazione,è indispensabile che le amministrazioni centrali cerchino di interessare i cittadiniall'elaborazione e all’attuazione delle politiche dell’Unione.•Responsabilità. I ruoli all’interno dei processi legislativi ed esecutivi vannodefiniti con maggiore chiarezza. Ogni istituzione dell’UE deve spiegare qual è ilsuo ruolo in Europa e deve assumerne la responsabilità. Ma vi è esigenza dimaggiore chiarezza e maggiore responsabilità anche da parte degli Stati membri edi tutti coloro che partecipano, a qualsiasi livello, all’elaborazione e all’attuazionedelle politiche dell’Unione.•Efficacia. Le politiche dell'UE devono essere efficaci e tempestive, producendo irisultati richiesti in base a obiettivi chiari, alla valutazione del loro impatto futuro e,ove possibile, delle esperienze acquisite in passato. Per la loro efficacia, ènecessario inoltre che le politiche siano attuate secondo proporzionalità e ledecisioni siano adottate al livello più opportuno.•Coerenza. Le politiche e gli interventi dell’Unione devono essere coerenti e difacile comprensione. Si avverte una crescente esigenza di coerenza: la gamma deicompiti da assolvere è andata ampliandosi; l’allargamento dell’Unione accentueràle differenze; sfide quali il cambiamento climatico e il calo demografico superano iconfini delle politiche settoriali sulle quali si è costruita l’Unione; le autoritàregionali e locali sono sempre più coinvolte nelle politiche dell'UE. La coerenzarichiede una leadership politica e una decisa assunzione di responsabilità da partedelle istituzioni, così da assicurare un’impostazione coerente all’interno di unsistema complesso. Anche l’Unione cambia. I settori di sua competenza spaziano dalla politica estera alladifesa, dall’immigrazione alla lotta contro la criminalità. L’Unione sta ampliandosi, conla prevista adesione di nuovi membri, e non sarà più giudicata soltanto per la suacapacità di eliminare le barriere agli scambi o di portare a compimento il mercato unico:la sua legittimità dipende oggi dalla partecipazione e dal coinvolgimento di tutti. Ciò significa che il modello lineare, secondo il quale le politiche sono adottate ed impostedall’alto, deve essere sostituito con un "circolo virtuoso", basato sul feedback, sulle retie su una partecipazione a tutti i livelli, dalla definizione delle politiche fino alla loroattuazione.Ciascuno di questi principi è importante di per se stesso. Ma nessuno di essi può essereconseguito con azioni separate. Non è più possibile garantire l’efficacia delle politichedell’Unione senza un maggior coinvolgimento di tutti nella loro elaborazione,applicazione ed attuazione.L’applicazione di questi cinque punti va a sostegno dei principi di•proporzionalità e di sussidiarietà. Dalla prima elaborazione di una politica fino allasua esecuzione, la scelta del livello al quale intervenire (dal livello comunitario aquello locale) e degli strumenti da utilizzare deve essere proporzionata agli obiettiviperseguiti. Ciò significa che quando si avvia un'iniziativa è fondamentale verificaresistematicamente (a) se un'azione pubblica è veramente necessaria, (b) se il livelloeuropeo è quello più opportuno e (c) se le misure proposte sono proporzionate agliobiettivi. 
 Indica la consapevolezza del cittadino che il suo gesto veicola contenuti ed aspirazioni, indica sostegno, condivisione, ma anche controllo e critica dell’operato del candidato oggetto della sua scelta; troppo spesso, invece, il voto riduce la partecipazione ad un quinquennale rito elettorale in cui il cittadino non può far altro che sancire preferenze più o meno pilotate in ossequio alla tradizione, all’autorità, al potere economico…..Deve dunque diventare più concreta la possibilità di conoscere l’eletto ed il suo operato al fine di poter controllare, revocare o rinnovare il consenso sulla base di scambi di informazione e formazione di processi di comunicazione ascendenti discendenti , di momenti di confronto dialettico tra eletti ed elettori.In altri termini la crescita di democraticità nel sociale esige che non vi sia delega in bianco, ma affido regolarmente controllato; in caso contrario il patto fra elettore ed eletto si riduce a mercato del voto, di qui il cosiddetto “voto di scambio” in ottenimento del posto di lavoro, di privilegi economici o carrieristi o allo scopo di assicurarsi il silenzio per operazioni illegittime.Alcune direzione etiche capaci di fermentare nei cittadini e negli operatori politici una maggiore consapevolezza e responsabilità riguardano la convinzione che sia fondamentale nella democrazia affidare incarichi di responsabilità a persone interiormente vincolate dal bene (S. Weil).Il politico deve dunque rispettare un codice deontologico:• deve concepire e usare il potere come servizio;• deve rifiutare comportamenti immorali e disonesti; • deve considerare il confronto elettorale non come rissa ma come sana competizione;• deve usare il pubblico potere e il pubblico denaro per il bene pubblico e non per favorire interessi personali;• deve essere attento ai problemi del luogo in cui opera, ma con una visione ampia e aggiornata alle soluzioni migliori;• deve assicurare ampi spazi al cittadino che vuole seguire la sua fede religiosa e le sue opinioni politiche.Dalle scelte coerenti di cittadini responsabili che privilegiano gli onesti, le persone preparate e trasparenti, dipende la qualità della democrazia. Per finire, il suo ruolo deve essere ispiratore e portatore di benessere, giustizia ed equità sociale, al fine di costruire una società proiettata nella progettualità e nella continuità per le future generazioni che verranno. 
per la lucidità e completezza della sua analisi e soprattutto per le soluzioni indicate, che condivido pienamente.Grazie