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IL CENTRO CHE CI PIACE

Il centro non sarà più il luogo delle ambiguità, dove ci si posiziona comodi in attesa di capire da che parte conviene girarsi. Da oggi, c’è una forza di centro che si assume le sue responsabilità: Centro Democratico. E il suo simbolo sarà sulle schede elettorali del 2013, al fianco di Pd e Sel, così uniti in un’unica grande coalizione di centrosinistra. Quella che serve al Paese. L’unica che può credibilmente riportare sviluppo e crescita. La sola ad aver accantonato ogni personalismo e ad aver finalmente messo in pratica il gioco di squadra.

Lo ha detto bene Enrico Letta, che questa mattina è venuto insieme al collega del Pd Maurizio Migliavacca alla nostra presentazione: “Non abbiamo un'agenda”, ha detto, “ma un programma scritto insieme a tre milioni di italiani nella prospettiva di un gioco di squadra che non è cominciato oggi. Qui c'è una storia comune cresciuta nel lavoro di questi anni”. Una storia, aggiungo io, fatta di lotta al berlusconismo, in tutte le sue forme, e di lavoro per ripulire la politica. Proprio per questo, oggi l’abbiamo detto forte e chiaro: Centro democratico non metterà mai, e sottolineo mai, per nessuna ragione al mondo, nelle sue liste elettorali dei candidati che abbiano anche solo un rinvio in giudizio per tre tipi di reato, che noi consideriamo gravissimi e incompatibili con la funzione pubblica, ovvero corruzione, concussione e associazione mafiosa.

Per uscire dalla crisi abbiamo le idee chiare: non un solo euro in più di debito pubblico, non un solo euro in più di tasse agli italiani, ma una bella cura dimagrante alla pubblica amministrazione. Tappare i buchi del colabrodo che è diventato il settore pubblico in questo Paese. Diminuire i livelli di rappresentanza territoriale (sono 7!), eliminare sprechi e doppioni ingiustificati. Modernizzare le procedure e, soprattutto, spostare le risorse dove servono: ogni euro speso per un dipendente delle Agenzie delle Entrate frutta almeno 5 euro incassati dalla lotta all’evasione. Questo è un esempio di ciò che dobbiamo fare. Per chi fosse interessato, il programma di Centro Democratico sarà presto on line, perché vogliamo condividerlo con più persone possibili.

Intanto l’alleanza è fatta. Con Centro democratico, come ha detto Enrico Letta, “si compie la definizione del "perimetro" del centrosinistra alle prossime elezioni: un'alleanza a tre fra Pd, Sel e, appunto, Centro democratico”. Siamo in pista. Il 12 gennaio siete tutti invitati alla prima assemblea nazionale del nuovo soggetto politico.

IL CAMBIAMENTO PER SALVARE LE ISTITUZIONI

Sottoscrivo riga per riga quanto ha scritto pochi giorni fa Sandra Bonsanti sul sito di Libertà e Giustizia. È vero: a guardia del sistema istituzionale rimane solo l’area del centrosinistra, ma il centrosinistra può riuscire nel proprio intento solo a una condizione: che persegua con forza e determinazione il cambiamento, abbandonando quei tentennamenti che, dobbiamo ammettere con onestà, negli ultimi anni hanno condizionato (negativamente) il suo fare politica.

Ora abbiamo la responsabilità di proporre agli italiani un programma chiaro, condiviso e progressista, che tuteli i diritti sanciti dalla Costituzione, il lavoro, l’istruzione, la salute, che riporti giustizia ed equità sociale e ridia finalmente slancio alla crescita del Paese. Io credo che il centrosinistra, oggi, unificato da Bersani, sia l’unica forza politica con le capacità e il coraggio di portare a termine questo progetto. E Diritti e Libertà è lì oggi, e sarà lì domani, saldamente ancorato a questa grande coalizione, per lavorare affinché questo progetto possa vedere finalmente il suo compimento.

Concludo citando una parte della riflessione di Bonsanti: “Disse, Gustavo Zagrebelsky, che il governo tecnico poteva essere un farmaco o un veleno. Forse è ancora presto per dare un giudizio definitivo. Perché sappiamo che ci salvò dal crack ma il suo errore fu di non vedere contemporaneamente il crack in cui mezza Italia stava già precipitando. Insomma, se errore ci fu, fu quello di pensare ai due tempi: prima il rigore, poi l’equità e la crescita. Questo non si poteva né doveva fare. E non era solo una mera questione di immagine, ma una questione di vita delle persone.
Adesso non resta che lavorare con l’impegno di una buona parte d’Italia affinché i populismi beceri, l’antieuropeismo e l’antieuro, insieme all’antitasse, non si saldino in un incontro che non può che portare al disastro. Del nostro Paese e delle sue istituzioni democratiche”.

CONTRO LO SPREAD PIU' DEMOCRAZIA

Decidono i cittadini, non lo spread. C’è in questi giorni un clima che ricorda quello dello scorso anno, quando Monti subentrò a Berlusconi. Come uomo della provvidenza. Improvvisamente si torna a parlare di spread che s’impenna, come fosse il regolatore della democrazia italiana. Non è così.

Monti ha restituito credibilità internazionale all’Italia, ma non è l’uomo della provvidenza. Il suo governo ha avuto il grande merito di traghettare l’Italia fuori dalle secche della crisi, ma non ha saputo rilanciare l’economia. Non ha saputo coniugare il necessario rigore imposto dall’Europa e dall’enorme buco di bilancio con le politiche di crescita, indispensabili per contrastare la fase recessiva, e di equità sociale. Non si può dire che la parentesi dei tecnici al governo sia stata un’esperienza memorabile.

È il momento di dare una svolta all’economia italiana. E alla politica. Come? La risposta è una sola ed è chiara a tutti: il governo di centrosinistra. Bersani ha vinto le primarie, milioni di italiani hanno partecipato ad uno straordinario esempio di democrazia diretta. È stato legittimato dal voto popolare e non dal supporto di lobby economiche e finanziarie. Il miglior viatico per la guida dell’Italia in questo momento.
Abbiamo bisogno di investire sul futuro, con un programma liberale sui diritti e progressista in economia. Diritti e Libertà crede più alla democrazia che alla dittatura dello spread.

ECCO PERCHE' SERVE UN CONGRESSO

Pubblico il colloquio-intervista pubblicato su Il Fatto quotidiano di oggi.

 

Quando un soffitto sta per crollare, c’è sempre una pietruzza che aziona l’allarme: “Ne avverto due di pietruzze: il pessimo voto in Sicilia e la puntata di Report. Chiedo un congresso straordinario per rinnovare e non morire”, sospira Massimo Donadi, capogruppo Idv a Montecitorio, mentre smette anche di controllare lo scrutinio in diretta.

Il partito galleggia intorno al 3,5 per cento, trascinandosi Sel (3%) per un misero 6% a sostegno di Giovanna Marano, la sindacalista subentrata a Claudio Fava. I numeri, più che spaventare, mostrano il crollo: “Che segnali aspettiamo? O siamo virtuosi e dismettiamo il modello ‘uomo solo al comando’ oppure saremo travolti e puniti”.

Il collega al Senato, Felice Belisario, è ancora più netto: “Occorrono cambiamenti definitivi. Azzeriamo tutto. Il congresso non basta”. Il mantra di Donadi è semplice, e avvolge tante cose insieme: “Di Pietro deve spiegare e mollare il controllo assoluto. Non deve farsi da parte, ma neppure accentrare ogni decisione”. Cosa, onorevole?. “La gestione dei rimborsi elettorali, le domande ricevute da Report (I soldi di una donazione usata per immobili. I bilanci firmati da pochi, ndr). Sia chiaro: mi fido di lui, sarà convincente, ma basta perdere tempo”. Le conseguenze di un silenzio, poi, non le vuole nemmeno elencare: “Sbaglia chi attacca l’informazione pubblica indipendente".

Noi siamo con i giornalisti liberi e imparziali, sempre, non quando ci conviene. Il servizio di Report avrà riversato tanti nostri voti a Beppe Grillo...”. L’ex pm, in serata, risponde pubblicando varie sentenze a suo favore sul sito personale e minaccia querele (non alla Gabanelli, ma agli intervistati): “Proverò la mia correttezza, ecco le prime carte”.

Di Pietro ha cercato varie volte, e varie volte a vuoto, un contatto con il Movimento 5 Stelle. Qui la faccenda si fa politica, se non proprio politichese. L’ex consigliere comunale di Venezia, assistente universitario di diritto privato, è un uomo di linguaggio e posizioni miti: “Io non l’ho capito perché ci siamo allontanati dal Pd. Il centrosinistra è la nostra dimensione. Abbiamo imparato la lezione. E pure che Grillo non ci appartiene e sarà l’ennesima ed enorme delusione italiana. Poi comprendo gli italiani che lo votano, e anche chi lo preferisce dopo Report”. Un tratto, però, nota Donadi, unisce l’Idv e il M5S: “Sono movimenti fondati e coordinati da un leader. Il modello è defunto. E Berlusconi lo testimonia”. Il capogruppo non ha mai indossato l’elmetto contro il governo di Mario Monti, non s’è mai avvicinato a Grillo e non s’è mai stupito delle frecciatine di Pier Luigi Bersani. Conta i mesi che trascorre a inseguire Di Pietro: “Da giugno… non è un colpo di testa che ora, io, sia qui a invocare un congresso”.

Pausa. Donadi s’immagina carichi pieni di Scilipoti, Maruccio, Razzi: “La nostra storia dimostra che la lealtà non è un criterio per selezionare la classe dirigente. Abbiamo sbagliato, possiamo ricevere il perdono. Guai a perseverare...”. Ok, non pronuncia la parola “rottamare”, ormai archiviata persino dal legittimo proprietario, Matteo Renzi. Va oltre: “Facciamo le primarie interne? Benissimo. Premiamo il merito? Ancora meglio. Non restiamo fermi, non più: per favore”. E non dimentica la linea politica, che ancora si definisce così nonostante i matrimoni spuri e le coalizioni miste: “Il centrosinistra, veniamo da lì”. Donadi vuole stringere il momento con le mani, accatastare le cose cattive per ricavarne cose buone: “Report è un’occasione per Di Pietro, la Sicilia è un’occasione per il partito, il voto politico è un’occasione per tutti”. Ripete “occasione” con insistenza. Non si rassegna. Non adesso: “Sono ottimista”. E anche questa è un’occasione.

Uniti su adesione al centrosinistra

Pubblico l'intervista pubblicata oggi dal Fatto Quotidiano.

"La frattura nel gruppo dirigente dell’Idv c’è stata, ed è stata anche profonda. Ma ora siamo uniti sull’adesione al centrosinistra, e Di Pietro rimane il nostro leader”. Massimo Donadi, capogruppo alla Camera dell’Idv, vuole l’alleanza con il Pd. E annuncia: “Voterò Bersani alle primarie”. 
In diverse regioni piovono ombre su vostri dirigenti. Per voi è un momento complicato. 
Sì. Casi come quello di Vincenzo Maruccio (ex capogruppo in Regione Lazio, accusato di peculato, ndr) per noi sono ferite. Anche se i suoi avvocati ci hanno assicurato che proverà la sua estraneità. Ma dobbiamo rimanere diversi dagli altri partiti. 
Molti hanno detto: il solito problema dell’Idv, Di Pietro seleziona male i dirigenti. 
Al suo posto, avrei fatto molti più errori. Dovremo ripartire da controlli più rigidi e da un diverso metodo di selezione. 
Un metodo più democratico? 
È chiaro che un collettivo vede meglio di una sola persona. 
Da qui, si passa al tema dell’Idv personalistico, dove Di Pietro decide quasi tutto… 
Di Pietro è un politico sopraffino, sa che il modello del partito personalistico non funziona più. Ha già annunciato che dopo le elezioni toglierà il suo nome dal simbolo. 
Sulla linea politica però vi siete scontrati. Lui voleva rompere con il Pd, lei no. 
All’interno del partito c’è stata forte discussione tra chi riteneva di rompere con il centrosinistra e chi invece voleva restare in coalizione. Ora Di Pietro, con la sottoscrizione della carta d’intenti del centrosinistra, ha chiarito il percorso. 
Intanto Bersani vi ha escluso. Perché? 
Noi, e dico tutti noi, siamo fortemente all’opposizione del governo Monti, perché ha ridato smalto all’immagine dell’Italia sulla pelle della povera gente. Quello che ci ha diviso dal Pd è l’eccesso di foga nel criticare il governo e chi lo sosteneva. Ma ora l’Idv ha offerto il ramoscello d’ulivo: credo che i democratici ci stiano ripensando. 
Ha avuto contatti che lo confermano? 
No, ma i numeri sono chiari: senza l’Idv il centrosinistra non può essere maggioranza e non può governare. L’alternativa è la conferma di Monti, per cui spingono in tanti: qualcuno anche nel Pd. 
Quindi è ottimista. 
Credo che il riavvicinamento ci sarà. 
L ’Espresso scrive di comitati dell’Idv per Bersani, e la descrive come uno dei più favorevoli alla cosa. 
Favole: andrò “solo” a votare per Bersani alle primarie, e cercherò di convincere altri a farlo. Lui può essere l’unificatore del centrosinistra. Renzi? Mi pare una candidatura che rompe anziché unire.

Impegnati a costruire il centrosinistra

Il centrosinistra è il nostro orizzonte politico. Dal Lazio alla Lombardia, per arrivare alle elezioni politiche, l'Italia dei Valori e' impegnata nel costruire un'alleanza di centrosinistra ampia, solida e riformatrice. Una coalizione costruita sui programmi e non sugli interessi personali, naturalmente.

Italia dei Valori già governa nella gran parte di comuni e province con Pd e Sel e quest'alleanza e' la sola in grado di garantire un percorso di riforme e rilancio. La sola capace di coniugare il rigore con l'equità e giustizia sociale, puntando sull'innovazione e la crescita. E’, peraltro, l’unica possibilità politica per uscire dalle pastoie di governi tecnici o ‘governissimi’. In tanti si oppongono al governo del centrosinistra perché preferirebbero un Monti Bis, o qualcosa di simile.

Il centrodestra è distrutto dagli anni del berlusconismo – anche se invito a non sottovalutare mai il Cavaliere, il suo silenzio mi preoccupa - , il centro conta poco e niente da solo, il centrosinistra è vincente, come dimostrano tutte le elezioni da due anni a questa parte. Se lo scorso anno qualcuno avesse detto che la vittoria della coalizione Pd-Idv-Sel era a rischio l’avrebbero preso per matto.

La mia non è solo voglia di vincere, ma il desiderio di cambiare l’Italia. Concretamente. Di dare le risposte ad un paese dalle potenzialità incredibili, che però ancora è impantanato nelle sabbie mobili di una crisi gestita male. Serve uno scatto d’orgoglio, un’opera di rinnovamento e di apertura, ma serve soprattutto la competenza per cambiare questo paese. E la strada per farlo passa da Vasto, dalla foto di Vasto.

IL CENTROSINISTRA RIPARTE DA VASTO

 Ripartiamo da Vasto. Il lungo esecutivo di ieri è stato proficuo, si è chiuso con la stesura di un documento unitario in cui il passaggio politico fondamentale è l'impegno a rilanciare l'alleanza di centrosinistra: l'esecutivo nazionale Idv 'ribadisce la volontà di Idv di costruire insieme alle forze politiche e sociali riformiste di centrosinistra, una coalizione basata su un programma di governo comune e che sia alternativo alla deleteria esperienza dei precedenti governi Berlusconi ed anche alle politiche dell'attuale governo Monti ed in tal senso dà mandato pieno al presidente ed all'ufficio di presidenza del partito di ricercare (nei modi, nei tempi, e con le forme che l'agenda politica e le linee guida fondamentali del partito oggi illustrate dal presidente ed approvate permetteranno) ogni percorso utile a raggiungere l'obiettivo con il coinvolgimento attivo dei mondi utili della società civile'. Scripta manent.

E', per quanto mi riguarda, una grande soddisfazione politica. Ma, si sa, in politica, occorre cautela. Perché si realizzi il prgetto di dare al Paese un governo riformista e progressista, a questo documento dovrà seguire un'azione politica coerente e conseguente. Questo non significa mettere da parte il proprio programma ed i propri valori, anzi. Significa essere pronti al confronto, ben sapendo che su legalità, diritti e lavoro non siamo disposti a fare sconti, né ad accettare compromessi al ribasso. Il nostro programma è avanzato e dovrà essere la base per una discussione proficua. Italia dei Valori dovrà essere pronta a dare il proprio costruttivo contributo per rilanciare l'unica alleanza alternativa alle destre e ad un nuovo esecutivo tecnico. In molti lavorano, anche all'interno del Pd, per far restare Monti a Palazzo Chigi.

Noi siamo assolutamente contrari. Ma per non prestare involontariamente il fianco a manovre di questo tipo, ordite dai cosiddetti poteri forti di questo paese, dobbiamo inviare segnali chiari ed inequivocabili di apertura ed affidabilità. Per questo ho proposto all'esecutivo di sottoscrivere la dichiarazione d'intenti del Pd, che contiene passaggi pienamente condivisibili. E poi presentare il nostro candidato, naturalmente Antonio Di Pietro, alle primarie di coalizione.

Vogliamo essere protagonisti del cambiamento ed andare al governo per realizzare un programma avanzato aul lavoro, sui diritti, sulla legalità. Dopo venti anni di Berlusconi e berlusconismo, l'Italia ha bisogno di aprire un nuovo ciclo politico, economico e sociale. Italia dei Valori ha una responsabilità storica e non può sottrarvisi.

LA MIA INTERVISTA A "LA ZANZARA"

Pubblico la versione integrale della mia intervista a La Zanzara, la trasmissione radiofonica di Radio24, andata in onda lo scorso 12 settembre.

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D. E’ migliorato qualcosa nei rapporti con Di Pietro oppure continua a considerarlo, come nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera ad agosto, uno che scodinzola dietro a Grillo?

R. In quell’intervista ho detto tante cose che riconfermo, ancora oggi, dalla prima all’ultima parola. Ovviamente, questo epiteto dello scodinzolante è  quello che ha colpito di più ed è l’unico, devo dire la verità e in quel momento era anche un po’ arrabbiato, aggettivo che ritirerei. Anche perché, più che altro, dà la sensazione sbagliata, ovvero, che io abbia un problema personale con Di Pietro. Il problema, invece, è soltanto di scelte politiche.

D. C’è stato qualche cambiamento. Lei potrebbe anche lasciare Italia dei Valori?

R. No assolutamente, io non ci penso proprio. Ho intenzione di fare una battaglia fino in fondo dentro al mio partito, perché credo che oggi ci stiamo giocando davvero la possibilità di avere nella prossima legislatura, da qui a sei mesi, un governo di centrosinistra. Io credo che il Paese ne abbia bisogno, per rilanciare l’economia, per ottenere insieme due cose fondamentali: giustizia sociale, equità e attenzione al lavoro. Io credo che alcune scelte del nostro partito non siano state giuste e abbiano reso più difficile questa alleanza, più lontana anche la prospettiva di un governo di centrosinistra, che per me in questo momento è il valore più importante per il Paese.

D. Ma ormai, caro Donadi, la partita delle alleanze mi sembra persa.

R. Sarò ottimista per natura ma credo che i sei mesi che abbiamo ancora davanti prima della campagna elettorale se c’è la volontà davvero di cambiare, se c’è la volontà di mettersi a lavorare e costruire, di smetterla tutti – perché questo è un po’ il passatempo in generale  soprattutto dalle parti del centrosinistra di demolire tutto, i rapporti, ogni rapporto di coalizione – in sei mesi si può davvero costruire un’altra Italia.  La settimana prossima, noi abbiamo un incontro importante a Vasto e io andrò li per ripetere le stesse cose senza fare sconti, magari mettendo da parte quella parola scodinzolante, della quale non sono poi tanto contento.

D. Se lei ha detto che il problema resta  la decisione di dimettersi c’è, perché da quando lei ha parlato Di Pietro si è addirittura radicalizzato, in alcuni momenti, anche nei confronti di Monti. Oggi ha detto:affidare di nuovo il governo a Monti è come affidare a Dracula un’infermeria.

R. E’ un espressione forte per esprimere un concetto politico molto chiaro. Monti secondo noi, e su questo io sono completamente d’accordo con Di Pietro, ha fatto molto in termini di prestigio internazionale, ma ha fatto scelte di politica nazionale che non hanno di sicuro contribuito a migliorare la situazione. Lui dice che è peggiorata temporaneamente, a nostro avviso alcune politiche sono state proprio sbagliate e comunque tutte sono state socialmente inutili.

D. Scusi allora quale è il dissenso con Di Pietro? Di Pietro è d’accordo sul ricucire con il partito democratico o è questa la partita?

R. E’ questo il punto. A me pare che tutto quello che il nostro partito, Di Pietro in testa, ha fatto negli ultimi mesi vada nel senso di un progressivo allontanamento dal partito democratico, dall’alleanza. Io credo davvero che, se questa è l’intenzione, sia un errore storico e gravissimo. Perché paradossalmente oggi la scelta di Italia dei Valori di non fare tutto quello che è nelle nostre possibilità per stringere l’alleanza con gli altri partiti del centrosinistra, è un po’ un comportamento che agevola, in qualche modo, il verificarsi di quello che non vogliamo. E’ evidente che quanto più l’alleanza di centrosinistra è debole, non ha i numeri per vincere le elezioni , è condizionata – non voglio dire da ricatti perché ricatti non sono, ma sicuramente dalle intenzioni di Casini che nulla hanno a che vedere con gli obiettivi del centrosinistra, è una coalizione debole che rischia di riconsegnare il paese proprio a quel Monti bis che noi non vogliamo.

D. Donadi, ma il Pd appoggia Monti.

R. Certo che il Pd appoggia Monti, ci mancherebbe altro. Ma mi pare che sia una cosa assolutamente ormai acquisita che il partito democratico ha presentato con Bersani una Carta di intenti che è un manifesto nel quale io credo tutti i partiti di centrosinistra , Italia dei Valori compresa, si ritrovi. E’ una buona agenda per l’Italia e non è l’agenda di Monti. Il partito democratico ha sostenuto fino a qui Monti perché, per senso di responsabilità, ha ritenuto di contribuire al sostegno di un governo che dal loro punto di vista…

D. Secondo lei ha fatto bene? Mi dica la verità.

R. La risposta non è per eluderla ma è davvero complessa ma netta. Devo, però, usare venti secondi. Negli stessi giorni, nelle stesse settimane in cui noi abbiamo dato il governo del Paese in mano a Monti , in Spagna, e mi pare che la spagna non stia meglio di noi, sono andati a votare. Questo teorema, per cui, o Monti o morte, non era vero. C’era qualcosa di vero però. Che a differenza della Spagna, in Italia il centrosinistra, che oggi non esiste, non esisteva neanche un anno fa. Quindi, il motivo per cui era difficile andare a votare non era perché c’era la crisi ma perché non c’era un’offerta politica vera, credibile, in Italia e all’estero. E siamo messi male anche oggi, non è che siamo messi meglio.

D. Fare il governo Monti, però, è stato necessario, questo lo ammette. E’ stato il male minore?

R. No guardi, noi era da qualche mese che con il Pd e Sel stavamo lavorando ad un programma. A mio avviso, ancora una volta, se ci fosse stata la volontà politica si sarebbe potuto fare. Comunque, guardi, io rispetto la scelta politica. I nostri toni sembrano di mancare di rispetto nei confronti di chi vorremmo poi come alleato.. Il video con gli zombie, le espressioni aggressive verso le persone con le quali vuoi governare e lavorare insieme, sembra forma ma in politica è sostanza, perché alla fine contano anche i rapporti umani.

Noi dovremmo fare un passo indietro rispetto alla nostra volontà di affermare le nostre idee, le nostre posizioni, anche la nostra autonomia, quindi essere un po’ meno liberi nel senso di dire in ogni momento qualunque cosa, ma iniziare a lavorare nell’interesse del Paese per costruire una coalizione.

D. Senta Donadi, ma se tutto ciò non accade, lei può pensare di uscire da Italia dei Valori?

R. No guardi. Ricordo una cosa, di qualche mese fa, durante la conferenza stampa fra Di Pietro e Vendola – la politica ormai scorre così velocemente che quella conferenza stampa ormai sembra già passato remoto. Vendola disse noi non ci stiamo in coalizione se non c’è Italia dei Valori. Alla domanda di un giornalista, che era identica alla sua di adesso, Vendola diede una risposta molto saggia e vera: in politica le subordinate uccidono la principale.

Io non ho nessuna intenzione di andarmene da Italia dei Valori,  perché sono convinto che alla fine prevarrà il senso di responsabilità e la volontà di assumersi la responsabilità di governare questo paese.

D. Diversi esponenti del suo partito, Di Pietro in primis, ne hanno dette di tutti i colori su Napolitano, sul Pd. Ormai non si può più tornare indietro.

(intervento del secondo giornalista, David Parenzo). I primi a non voler tornare indietro sono proprio quelli del Partito democratico. O lei dice chiaramente a Tonino “Ah Toni’, stai a sbaglia’ strategia amico mio.

R. L’ho detto chiaramente, molte volte.

D. Ma i comportamenti di Di Pietro potrebbero favorire anche il ritorno di Berlusconi o la vittoria del centrodestra?

R. Torno a ripetere, Italia dei Valori fuori dalla coalizione di centrosinistra indebolisce la coalizione di centrosinistra e determina quindi due conseguenze quasi automatiche. La prima è che si tornerà a fare la grande coalizione, e quindi che il premier sarà ancora Monti. La seconda è che all’interno della Grande coalizione ci sarà pure Berlusconi con il suo partito a continuare a fare i suoi affari.

D. Dica chiaramente a di Pietro che favorisce Berlusconi. Questa è la realtà, con i suoi atteggiamenti.

R. Non è che favorisce Berlusconi. C’è il salto di un passaggio che è un po’ una forzatura. Questo non è assolutamente vero. E’ vero che se Italia dei Valori non fa la sua parte, e fino a qui non l’ha fatta appieno, nel contribuire alla nascita di una coalizione nella quale prima di tutto ci deve essere da parte di entrambi, anche del Pd che troppo spesso si ricordano delle intemperanze di Di Pietro e dimenticano le intemperanze nei nostri confronti che non sono mai mancate.

D. Senta Donadi, il nome dal simbolo. Oggi Di Pietro ha detto che non va tolto. Secondo lei va tolto?

R. Oggi Di Pietro ha detto delle cose importantissime. A me il leaderismo che impregna tutta la politica italiana non mi piace, a cominciare da Casini che toglie il nome dal simbolo fa un po’ ridere. O andiamo davvero verso un nuovo modello di partito….

D. Però in nome va tolto o no?

R. Prima si toglie meglio è. Capisco poi il ragionamento di convenienza elettorale, per cui è un marchio e quindi un valore elettorale. Ma ribadisco: il problema non si risolve togliendo o mettendo il nome. Se è un partito personale resta tale anche se toglie il nome dal simbolo. Oggi purtroppo a parte il partito democratico, che a volte soffre anche di eccesso di democrazia, tutti i partiti che governano la scena politica italiana sono partiti personali. Tutti, proprio tutti. Io credo che anche questa sia una battaglia da fare, perché credo che questi partiti personali abbiano fatto ormai il loro tempo.

D. E’ sbagliato dare del fascista a Grillo?

R. Prima risposta, è sbagliato, ma significa anche non comprendere che Grillo in realtà è soltanto un tramite di milioni di italiani che esprimono rabbia e disagio.

D. Ma lei se dovesse scegliere tra votare Casini o Grillo chi voterebbe? Dica la verità.

R. Casini.

D. Perché, come considera Grillo?

R. Grillo lo considero una persona che porterà in Parlamento delle persone per caso. Senza un progetto politico serio per il Paese, senza una classa politica esperta e competente in grado di governare il Paese nel momento più difficile degli ultimi 150 anni. Per cui, se mi chiede se preferisco essere governato da una forza opposta alla mia ma che ha serietà e competenza, piuttosto che da una forza per la quale posso avere molta più simpatia ma che ritengo del tutto incompetente a governare.

D. Ma preferirebbe addirittura anche il Pdl a Grillo?

R. Guardi, grazie al Cielo questa è un’eventualità che gli italiani hanno scongiurato da tempo.

D. Però il Pdl è più responsabile di Grillo.

R. Questa è una provocazione e non sono così farlocco da caderci. Io le rispondo che a governare deve andare il centrosinistra, proprio per evitare che ci vadano da un lato i populismi e le demagogie di Berlusconi, dall’altra l’inesperienza al potere di Grillo.

D. Ma anche in Grillo c’è demagogia…

R. Guardi, ribadisco, la si può chiamare in tanti modi. Io credo che Grillo forse non meriti neanche tutte queste attenzioni, ma che meritino molte più attenzioni i milioni di italiani che attraverso Grillo mandano a dire ai partiti “guardate che oggi voi fate schifo, vogliamo qualcosa di profondamente diverso, vogliamo un ricambio forte”, che in fondo è il messaggio che in modo più evoluto e raffinato porta avanti anche Renzi. E’ il disagio di alcuni italiani che ritengono la politica incapace di gestire i problemi del Paese.

D. Ingroia parla troppo?

R. Io credo che i magistrati dovrebbero parlare con le loro sentenze, non concedendo interviste a tutti i giornali, televisioni e feste di partito. Detto questo, credo anche che in Italia troppo spesso i magistrati che conducono indagini difficili e delicate, in particolare quelle che riguardano gli interessi della politica, sono lasciati soli, dalle istituzioni e dai mezzi di informazione. Detto questo, secondo me Ingroia sbaglia perché con questo suo iperattivismo mediatico finisce lui stesso per contribuire a indebolire le sue indagini.

D. Qualcuno le ha chiesto di andare nel Partito democratico? Ha ricevuto offerte da altri partiti? Lei andrebbe mai nel Pd?

Io ho solo un partito che si chiama Italia dei Valori, nel quale mi trovo benissimo e che ho contribuito a fondare assieme a Di Pietro quindici anni fa e nel quale voglio continuare a lavorare.

D. Per lei Di Pietro che cosa è? Un padre, un leader di partito un amico? Tra queste tre cose quale sceglie.

R. Un leader di partito.

INTERVISTA AL CORRIERE DELLA SERA

Pubblico la mia intervista apparsa oggi su il Corriere della Sera.

"Ci abbiamo messo anni e anni a creare tutto questo. A trasformare l’Italia dei Valori da movimento di protesta a partito di governo. E adesso Tonino sta mandando tutto al macero. Se fosse sceso in campo per le primarie sarebbe stata un’ottima notizia, la prova che staremmo ancora lavorando con Bersani e Vendola nel centrosinistra. Invece no, candidandosi a premier ha fatto l’ennesima scelta di rottura».

Parla tutto d’un fiato, Massimo Donadi. Segno che le parole che usa in questo colloquio col Corriere della Sera, nella sua mente, sono state già soppesate. Compreso il verbo «scodinzolare», che associa ad Antonio Di Pietro.

«Continua a fare scelte che ci allontanano da quella prospettiva di governo che dovremmo invece costruire. Ed è la prova che ormai Tonino preferisce scodinzolare dietro Beppe Grillo, copiarne persino il linguaggio e gli atteggiamenti offensivi. D’altronde, quel video sul Parlamento dei morti viventi e i leader trasformati in zombie che cos’era se non un modo di scodinzolare dietro il comico genovese? Io invece penso che non sia giusto tradire così la nostra storia». Tra l’altro, aggiunge il capogruppo alla Camera, «trasformare l’Idv in una copia del Movimento 5Stelle sarebbe una pessima idea. Tutti alla fine sceglierebbero l’originale, non l’imitazione».

La ripete fino all’ossessione, Donadi, la parola «governo». Ed è in nome di quella parola che ha chiesto a Di Pietro di convocare l’esecutivo del partito prima dell’appuntamento di Vasto in programma a settembre. «Ieri (giovedì, ndr) mi è arrivata la sua risposta. In effetti», sorride amaramente, «l’ha anticipato, l’appuntamento. Di tre ore. Invece delle nove di sera, ci vedremo alle sei di pomeriggio». Troppo tardi per chi, come lui, insiste per tornare a tessere immediatamente la tela con Bersani e Vendola. «E guardi che qui non si tratta di una semplice divisione interna su un tema di attualità. Qui si tratta di scegliere tra due prospettive: una di governo, l’altra di opposizione». O è bianco o è nero. «Impossibile trovare una mediazione».

Da qui alla scissione nell’Idv il passo sembra breve. Brevissimo. «Mi rifiuto anche solo di prendere in considerazione quest’ipotesi», scandisce Donadi. «Mi rifiuto di pensare che Di Pietro non ci ripensi. Discutere di questa scelta a settembre è impossibile. I giochi sarebbero fatti».A fare l’avvocato del diavolo, bisogna chiedergli di Casini. Dell’ipotesi, che Di Pietro ha sempre respinto, di stringere i bulloni di un accordo coi centristi. «In questo momento mi sembra davvero paradossale prendersela con l’Udc», osserva Donadi. Perché «è evidente che se avessimo lavorato sin da subito insieme a Bersani, se Di Pietro non avesse deteriorato i rapporti politici e anche umani col Pd, in questo momento il ruolo dell’Udc sarebbe stato più marginale. O, quantomeno, ridimensionato».

Sa che qualcuno gli darà del venduto. «Qualcuno», sorride, «ha già parlato di una "tresca". Ma non si tratta di questo. Si tratta di non tradire il percorso che abbiamo fatto fino ad oggi», insiste il capogruppo. «Se ci pensa bene, alla fine abbiamo vinto. Perché siamo riusciti a portare in dote al centrosinistra tutte le nostre battaglie. Quelle per la legalità, quelle contro la cattiva politica, contro la corruzione nella burocrazia: il patrimonio dell’Idv è diventato patrimonio di tutti. Perché tradirlo rimanendo fuori?».Dice di non essere solo, Donadi. «Decine e decine di amministratori locali del partito mi chiedono di andare avanti in questa battaglia».

Non è soltanto una questione politica, spiega. «Prima o poi arriva sempre un momento in cui si definisce il senso di una scelta di vita. Quella di un politico, adesso, non può non tener conto di una crisi che impone delle responsabilità. E che impone anche di non rimanere fuori da una prospettiva di governo. Nei prossimi anni saremo chiamati a fare scelte difficili, lontane dall’applauso facile che si strappa all’opposizione. Dobbiamo starci. Perché è solo standoci che potremmo coniugare il rigore alla crescita e al bisogno di equità che c’è in questo Paese». E lo sa, Donadi, che da oggi qualcuno potrebbe chiedergli indietro anche i galloni di capogruppo. «Non ci sono diventato con un sorteggio. Né sono stato calato dall’alto. Mi hanno scelto i colleghi. E la loro scelta è revocabile».

Certo, conclude, «se dimettermi da capogruppo fosse il prezzo da pagare per convincere Di Pietro ad anticipare la riunione dell’esecutivo o a convocare il congresso sono pronto a pagarlo. Anche subito».

Tommaso Labate

Intervista al Messaggero

Riporto la mia intervista pubblicata oggi sul Messaggero.

Dopo la rottura con Bersani, è gelo anche tra Di Pietro e Vendola?
«Innanzitutto trovo poco edificante che in un momento difficile per il Paese come questo, in cui ci sarebbe bisogno del massimo della coesione tra le forze del centrosinistra, prevalgano tra i leader, tutti, posizioni e atteggiamenti personalistici e di bandiera. In ogni caso, non credo sia possibile rompere dieci anni di centrosinistra con una conferenza stampa, quella tra Bersani e Vendola. Dev’essere l’Idv a decidere se starci o meno, dentro il centrosinistra, determinando il proprio futuro. Purtroppo, negli ultimi mesi non si è fatto nulla da parte nostra per costruire il centrosinistra, ma si è cercato lo scontro e la polemica a tutti i costi con gli alleati, oltre a tenere un atteggiamento aggressivo verso Napolitano. Un chiarimento è indispensabile, dentro l’Idv, altrimenti scivoliamo su un piano inclinato rispetto a cui siamo già verso la rottura dell’alleanza. Da Di Pietro devono arrivare parole chiare e urgenti, altrimenti che siano gli organismi dirigenti dell’Idv a decidere. Gli unici titolati a farlo, peraltro».

Dove ha sbagliato, Di Pietro?
«Vede, una cosa è polemizzare con il Pd perché sostiene il governo Monti, altro è alzare i toni ad ogni costo perché ha compiuto una scelta difficile che comunque merita rispetto. La stessa cosa vale nei confronti del capo dello Stato. Infine, anche evocare e poi teorizzare l’alleanza con Grillo fa scivolare l’Idv lungo quel piano inclinato. E trasformerebbe, peraltro, l’Idv in un'altra cosa, mai decisa. Due anni fa abbiamo fatto un congresso il cui slogan era Dalla protesta alla proposta e ora che facciamo, il passo del gambero? Cos’è, movimentismo di ritorno? Io prima di lasciarmi scivolare fuori dal centrosinistra voglio provarle tutte a costo di aggrapparmi con le unghie e i denti».

Alternative?
«E’ stato convocato un esecutivo nazionale per il 20 settembre all’interno della Festa di Vasto ma temo saremo già fuori tempo massimo. Va anticipato al più presto. Un grande partito come l’Idv deve e può discutere interpellando la propria base e convocando un congresso straordinario anticipato. La linea politica non può essere stravolta senza discussione e la nostra dice alleanza di centrosinistra. Infine, Tonino deve fare chiarezza, già nelle prossime ore e dire al partito e agli alleati se vuole ricucire con il centrosinistra per governare il Paese o fare altro dall’alleanza con Grillo in giù».

C’è il rischio di una scissione?
«Non voglio neanche sentirne parlare: milito da 13 anni nell’Idv e qui voglio restare, anche se nelle ultime settimane faccio fatica a riconoscerla. L’Idv è una grande forza stabilmente collocata nel centrosinistra e là deve rimanere. Chiedo a Tonino, che nel suo passato di pm e di ministro è stato riconosciuto da tutti come uomo leale e generoso, di assumersi le sue responsabilità. Il tempo è ora».