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ABOLIRE LE PROVINCE? SOLO CHIACCHIERE

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Questo e' il governo delle promesse non mantenute, delle chiacchiere al vento, delle bugie, dei balletti avanti e indietro, degli annunci e delle ritirate strategiche, come quella sull’abolizione delle province. Otto mesi fa, Italia dei Valori ha portato in Aula la sua proposta di legge per l’abolizione delle province. La maggioranza di centrodestra, ma anche l’opposizione, Pd e Udc, l’ha sonoramente bocciata. L’hanno respinta al mittente nonostante gli strombazzati annunci fatti in tutte le campagne elettorali dal presidente del Consiglio di volerle abolire perché enti inutili e costosi. Ora ci risiamo. Prima annunciano di aver inserito nella manovra economica l’abolizione delle province. Decisione buona e giusta, anzi sacrosanta, una delle poche di questa manovra ingiusta ed iniqua, che taglia e basta, tampona ma non risolve perché completamente priva di riforme strutturali, le uniche capaci di garantire nel tempo un rientro del debito pubblico. Poi, improvvisamente, ecco la marcia indietro. Il presidente del Consiglio dice che nella manovra l’abolizione delle province non c’è mai stata, se la sono sognata opposizione e giornali, ovviamente comunisti. Eppure, una misura del genere sarebbe quanto mai necessaria in un momento di grave crisi economica come quella che sta attraversando il paese. Porterebbe ad un risparmio di circa 13 miliardi di euro l’anno, non proprio briciole. Dunque, bando ai misteri e fuori le carte. Vogliamo sapere se sull’abolizione delle province è in atto un barbatrucco o se il governo sta facendo sul serio. Vediamo se Berlusconi, almeno una volta nella vita, riesce a mantenere una promessa e a non piegarsi ai voleri della Lega che di abolire le province, feudi di potere e poltrone, proprio non ne vuole sentire parlare. Tanto che oggi ne ha sparata un’altra delle sue: l’istituzione di una bicamerale per l’accorpamento delle province. E’ proprio vero. Roma ladrona è un ritornello ormai stonato. Ora la Lega ha imparato i trucchi del mestiere, come quello di sparare l'ennesima pagliacciata con il chiaro obiettivo di conservare le province dove comanda e fa proseliti.

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PDL, SIAMO ALLA RESA DEI CONTI

Tag: Berlusconi , Fini , Lega , Pdl

Fini-BerlusconiFini-Berlusconi

“Non ho mai imposto la mia volontà”. Non lo ha detto Ghandi o Madre Teresa di Calcutta. Tenetevi forte, lo ha detto Silvio Berlusconi questa mattina aprendo i lavori della direzione nazionale del secolo. Temo fortemente che, a questo punto, a Silvio Berlusconi serva uno psichiatra, ma uno bravo, che possa risolvere il suo ormai evidente problema, ovvero, la sistematica negazione della realtà e la creazione di una neorealtà delirante parallela. Chi si mette contro viene messo alla berlina sui suoi giornali. E’ da quando il presidente della Camera ha aperto ufficialmente la crisi nel Pdl che Gianfranco Fini viene deriso e sbertucciato a caratteri cubitali sui quotidiani di famiglia. Addirittura, oggi scopriamo un Silvio in veste di Ercole forzuto e nerboruto che, una volta, per farlo risedere, gli ha messo le mani addosso. Questa è la dimensione di Silvio e, purtroppo, è anche la sua cifra politica. La democrazia interna nel partito è un concetto che non fa parte del suo vocabolario. Chi si mette contro di lui viene colpito dal fuoco di fila della stampa e dei telegiornali di famiglia, bravissimi nel praticare il neo-minzolinismo di ritorno. A chi si mette di traverso arrivano puntuali bastonature mediatiche, roghi e minacce di licenziamento. Il confronto per lui è una metastasi e c’è un unico modo per combatterla: soffocarla, reprimerla, in maniera autoritaria e rozza, mostrando i muscoli se necessario. Questa non è politica, è rappresaglia, vendetta, questa è la politica secondo Silvio.
Tutta questa vicenda un merito ce l’ha. Abbiamo scoperto finalmente chi è il vero fascista tra Fini e Berlusconi, e non è il primo. Abbiamo scoperto che nel Pdl ci sono più cani da riporto che segugi, e c’è chi, fregandosene del ruolo di seconda carica dello Stato, esegue gli ordini del padrone senza emettere un fiato. Non si capisce perché il presidente del Senato, Renato Schifani minacci da più giorni di licenziare Fini, colpevole di fare secondo lui politica attiva, e lui che sta facendo la stessa identica cosa dovrebbe, invece, rimanere in sella al suo incarico tranquillo e beato. Per quanto ci riguarda, ci auguriamo che tutto questo non finisca qui, che la nuova stagione aperta da Gianfranco Fini nel Pdl porti alla fine dell’era berlusconiana quanto prima, nell’interesse del paese e dei cittadini, prima che sia troppo tardi.

LE MANI DI BOSSI SULLE BANCHE DEL NORD

Tag: banche , Bossi , Lega , Tremonti

Si dovrebbe andare avanti. Invece si va inesorabilmente indietro. In attesa di conoscere l'esito della crisi nella maggioranza, c'è una notizia di questa settimana che mi ha lasciato piuttosto perplesso, per usare un eufemismo. E’ proprio vero che il potere dà alla testa e modifica geneticamente i partiti. O forse, chissà, ne svela il vero volto. La Lega presenta il conto e, più famelica che mai, per bocca di Bossi, annuncia di volersi prendere le banche del nord dove il Carroccio impazza. Certo è che se fare le riforme significa "padanizzare" anche le banche, piazzando i propri uomini nelle fondazioni bancarie, non c’è di che ben sperare per il futuro di questo Paese.E’ desolante, se non deprimente, scoprire che chi inneggia a Roma ladrona un giorno sì e l’altro pure, chi mostrava cappi in Aula contro le ruberie e le logiche spartitorie dei partiti della prima Repubblica, oggi ne diventi l’anacronistico ma furbo replicante. Come la Dc e il Psi di allora, la Lega vuole mettere le mani sull’economia, piegandola il sistema agli interessi della lotta politica.Così davvero questo Paese rischia di non andare da nessuna parte, se non a sfracellarsi contro una recessione economica ancora più terrificante.Altro che federalismo, altro che sbrurocratizzazione, altro che svecchiamento del sistema bancario! Ecco cosa intendevano i maître à penser in camicia verde quando dicevano, in tempi non sospetti, che i banchieri e i grandi vecchi dei salotti buoni avevano i giorni contati. Il senso era più o questo: togliete le vostre che dobbiamo mettere le nostre di mani sul sistema di credito. Questa è la preoccupazione del governo e della maggioranza, Lega compresa, la dura e pura che faceva le pulci al potere politico ingordo e mangione: occupare poltrone, gestire il potere, soprattutto quello economico, cui tutto gira intorno.Noi abbiamo un’altra idea. Per noi, vale una sola regola: la politica deve tenere giù le mani dal sistema delle imprese e delle banche. Se la politica si occupa del sistema bancario non per fare l’interesse dei cittadini e dei risparmiatori, ma il proprio, siamo sulla strada sbagliata. Per noi, un governo serio che ha in mente riforme serie nell’interesse del Paese, pensa ad avviare una riforma del sistema bancario che sia più vicino alle esigenze dei cittadini, che aiuti famiglie e piccoli imprenditori nei confronti degli istituti di credito, non a conquistare sempre più potere.Se per loro fare le riforme significa condire istituzioni e banche con un’indigesta salsa verde c'e' poco da ben sperare. La salsa verde e' buona per l'arrosto, non per rilanciare l’economia italiana e farlo uscire dalla crisi.

RIFORME VERE NON INCIUCI DI BASSA LEGA

NapolesconiNapolesconi

Voi affidereste i vostri risparmi alla banda Bassotti?  E’ la domanda che mi frulla in testa da quando è cominciato il balletto delle riforme. Il paragone può sembrare semplicistico o impertinente ma la questione è: voi affidereste, serenamente e pacatamente, le riforme costituzionali al Pdl e alla Lega? Quello che preoccupa, al di là di strategie golpiste o meno, è che le riforme costituzionali verrebbero di fatto affidate a due partiti che non hanno una visione complessiva ed alta dello Stato. Da una parte, infatti, c’è il Pdl che ha una visione di riforma monoteista, che gira intorno ad un uomo solo, Berlusconi, che smania per il presidenzialismo, non perché lo ritenga la forma migliore di governo, ma perché gli garantirebbe poteri assoluti e lo svincolerebbe dal fastidioso controllo di altri organi a garanzia della democrazia,  presidenza della Repubblica e Corte costituzionale in testa. Con una visione così miope ed egoistica c’è il forte rischio di deragliare alla prima curva pericolosa. Il presidenzialismo di Berlusconi per Berlusconi è una follia impraticabile, dannosa e pericolosa. Dall’altra parte, c’è la Lega che, ringalluzzita dall’ottima perfomance elettorale, lancia l’Opa sulle riforme e dice che esse spettano di diritto al perito elettrotecnico Bossi e al dentista Calderoli, il leader che voleva usare il tricolore come carta igienica e il ministro che portava il maiale a passeggio sul terreno per la moschea. Due esempi fulgidi che ci ricordano l’alto senso dello Stato e delle istituzioni e la politica illuminata, moderna e riformatrice della Lega, detentrice di quella sensibilità culturale che l’ha portata, negli anni, a costruire steccati ideologici su tutto, immigrazione, concorrenza e libero mercato. Insomma, con queste premesse, fatte di miopia ed egoismo, rischiamo di volare basso e di brutto, anzi di non riuscire neanche ad alzare la testa. Con questa visione di corto respiro il disegno di riforma costituzionale rischia di fare la fine dei fagiani durante la stagione della caccia. Noi, per il momento, restiamo a guardare nella speranza che facciano sul serio. Né apertura totale, né chiusura preconcetta ma con il ruolo e la coscienza critica che ci contraddistinguono da sempre. Sulle intercettazioni, sul presidenzialismo alla Berlusconi e sulla magistratura sottoposta al controllo dell’Esecutivo, tanto per capirci, non facciamo sconti. Ma se all’orizzonte si prefigurasse davvero una riforma del sistema fiscale in senso più equo, una riduzione del numero dei parlamentari, un patto anticorruzione bipartisan sul modello di quello realizzato in Spagna da Zapatero, dopo l’ondata di scandali che ha travolto la Spagna, ci faremo in quattro per portarle avanti ma alla luce del sole. Sul piatto della bilancia, solo l’interesse del Paese, non accordicchi che puzzano di merce di scambio.

COTA E ZAIA: I NUOVI TORQUEMADA

 

Cota e Zaia, Governatori Piemonte e VenetoCota e Zaia, Governatori Piemonte e Veneto

La vittoria dà alla testa. Forse è il caso che qualcuno spieghi ai neo-governatori Zaia e Cota che il governatore di una regione ha enormi poteri ma non quello di porsi al di sopra o al di fuori della legge. Si dà il caso, invece, che tra i compiti di un governatore ci sia quello di far rispettare la legge. Dunque, se la pillola abortiva Ru486 ha superato tutti i gradi di giudizio delle varie commissioni tecnico-sanitarie, preposte alla valutazione della sua applicazione dal punto di vista medico-scientifico, non si può impedirne la distribuzione nelle strutture sanitarie regionali. Mettersi di traverso certo si può. Non sarebbe la prima volta che la politica, con arroganza e protervia, decide di interferire con i più elementari principi di rispetto dei diritti. Se si decide di farlo, però, si deve sapere che si commettono una serie di violazioni non di poco conto. Innanzitutto, in questo caso, si commette una violazione della legge 194 che, in tema di aborto, stabilisce l’obbligo per le regioni di promuovere l’uso delle tecniche più moderne e meno rischiose per la salute delle donne. Esattamente quello che fa la pillola Ru486. Dunque, dovere di un presidente di regione, come Zaia e Cota sono stati chiamati ad essere, è superare le proprie convinzioni morali ed etiche e, in maniera laica e a-confessionale, lavorare per garantire a tutti i loro amministrati, anche a quelli che non li hanno votati, la miglior assistenza sanitaria e tutela alla salute possibile, che rientra nei principali compiti delle regioni. Anteponendo al bene e alla salute dei cittadini le proprie convinzioni etiche e morali si tradisce il mandato che si è stati chiamati a ricoprire. E’ nei diritti dei cittadini Zaia e Cota essere per la vita e contro l’aborto ma non nei loro doveri di politici e governatori. Agiscano conseguentemente alle loro convinzioni etiche nella loro vita di uomini, ma non in quella di amministratori. Non parliamo, poi, della palese violazione della dignità e della libertà delle donne. Sono passati secoli eppure c’è ancora chi, novello Torquemada, consuma battaglie ideologiche sul corpo delle donne, con un linguaggio inusitato, rozzo e volgare, non da uomini delle istituzioni, ma da padroni, da imperatori di terre lontane. Francamente, la prima uscita ufficiale dei nostri novelli governatori delude e non poco. Con tutti i problemi che affogano due regioni importanti come il Piemonte ed il Veneto, ci aspettavamo qualcosa di meglio. L’industria piemontese, Fiat in testa, è piegata in due da una recessione economica spaventosa. In Veneto, ci sono più imprese in bancarotta e sull’orlo della chiusura che canali nella città del doge. Eppure, la prima esigenza della Lega è pagare dazio al Vaticano, baciare la pantofola pontificia che preme sull’uscio. Ma la Lega non era il partito che non guardava in faccia a nessuno, che non aveva padroni, che conosceva bene i problemi della gente e che aveva solo gli interessi dei cittadini nel cuore e nell’agenda di governo? Oibò, la Lega si è svegliata democristiana?

MA BOSSI E MARONI LO SANNO?

Bossi e MaroniBossi e MaroniChi, come il centrodestra, leghisti in testa, vi dice che per governare l’immigrazione ci vuole il pugno duro, vi racconta una balla. Chissà se il ministro Maroni ha mai avuto modo di dare un’occhiata ai dati Eurostat sul tasso di immigrazione netto in Europa - riportati anche sul sito http://www.noisefromamerika.org/ -  e se si sia soffermato sui dati che riguardano il nostro Paese.Se lo ha fatto, e sono sicuro di sì, li avrà secretati in qualche remoto cassetto della sua scrivania, chiusi a chiave in modo che nessuno li possa vedere. Perché quei dati dimostrano incontrovertibilmente che la politica del centrodestra sull’immigrazione è un fallimento totale. I dati Eurostat riportano il tasso di aumento di popolazione immigrata per 1.000 abitanti, dal 1998 al 2009. Mentre il dato è più o meno sugli stessi valori fino al 2001, dal 2002, anno di entrata in vigore della legge Bossi Fini, il dato schizza alle stelle, aumentando da 0.8 immigrati per mille abitanti a 6 immigrati nel 2002, a 10 nel 2003, rimanendo più o meno costante negli anni successivi. Che vuol dire questo? Che la legge Bossi-Fini, quella voluta dal leader del Carroccio, che sul razzismo e la xenofobia ci ha costruito buona parte della carriera politica, alla prova dei fatti è un disastro totale. Ma c’è di più. Mettendo a confronto i nostri dati con quelli degli altri paesi europei, si scopre che, con la crisi economica e le inevitabili ricadute sul sistema occupazionale, Francia, Inghilterra e Germania, fedeli al principio di un’accoglienza responsabile, hanno saputo chiudere i rubinetti, ponendo un tetto all’entrata di nuovi immigrati. Sia la Germania, ma anche la Spagna, per capirci, hanno ridotto significativamente l'immigrazione in conseguenza della grave recessione economica mondiale che ancora stiamo vivendo (vedi allegato). La Spagna ha ridotto significativamente  il flusso di immigrazione netto dal 2007 al 2009. L'Italia no. L’Italia, invece, continua ad accogliere immigrati a porte aperte, anche nel 2008 e nel 2009. Nel nostro Paese, nonostante una crisi economica spaventosa, una legge durissima ed un governo che se ne inventa una al giorno, da ultimo l’introduzione del reato di immigrazione clandestina, gli immigrati sono continuati ad arrivare in maniera massiccia e significativa. In materia di cittadinanza e immigrazione, dunque, legislazioni non illuminate ma integraliste non portano i risultati sperati. In questo, anche il centrosinistra, e lo sostengo da sempre, ha la sua parte di responsabilità. Ad un approccio duro, integralista ed intransigente, infatti, ha sempre opposto una visione altrettanto integralista, schiacciata sul principio dell’accoglienza a tutti i costi, una sorta di assistenzialismo di stato passivo che non dà lavoro, futuro e sostenibilità a chi viene nel nostro paese.Finché, però, questa maggioranza continuerà a considerare l’immigrazione non come fenomeno epocale ma come terreno sul quale giocarsi partite elettorali, non affronteremo mai l’immigrazione nella sua giusta dimensione. L’immigrazione è una risorsa, ma quando vi sono le condizioni perché essa sia integrazione vera, sostenibile, nel rispetto delle leggi e della convivenza civile tra i popoli. E’ questo l’obiettivo di Italia dei Valori.

LA STUPIDA GUERRA SUL CORPO DELLE DONNE

Pillola RU486Pillola RU486 Sono, indignato, deluso, amareggiato. La decisione della maggioranza, Pdl e Lega, di bloccare l’utilizzo della pillola abortiva RU486 è insensata, sciocca, stupida per una serie infinita di ragioni. Indigna innanzitutto la motivazione “pseudoscientifica” che è alla base del respingimento, ovvero, perché non garantirebbe la salute delle donne. Prima colossale sciocchezza. La pillola RU 486 è stata approvata dall’Oms, dall’Ente europeo per il controllo dei farmaci e dall’Aifa e quindi introdotta progressivamente in quasi tutti i paesi europei, fatta eccezione per l’Irlanda ed il Portogallo. In Francia, dove è in uso da più di 20 anni, il numero degli aborti è diminuito.L’aborto per via farmacologia evita alla donna una serie di rischi per la salute che la strada chirurgica non le risparmia, per non parlare dell’aspetto psicologico. Ed arriviamo alla seconda ragione della mia indignazione profonda. Ancora una volta, la politica sceglie di non servire i cittadini ma altri padroni, quelli che stanno Oltretevere. Ancora un volta rinnega i suoi doveri di laicità e pianta bandierine ideologiche sul corpo delle donne le cui esigenze, bisogni, necessità e volontà vengono come sempre calpestate.Chi, come alcuni illustri esponenti di Governo, dice che la decisione parte dall’esigenza di tutelare la salute delle donne mente. La verità è che delle donne non gliene frega niente. Per loro, lanciare segnali antiabortisti a chi li attende è più importante di qualunque altra cosa ed è l’unica vera esigenza.Io credo che nessuna donna affronti con leggerezza un aborto e chi nega questo o è uno sciocco o non conosce le donne. Io credo che promuovere l’utilizzo di una tecnica alternativa di interruzione di gravidanza, ampiamente riconosciuta nella farmacologia dei paesi più avanzati, significhi rimettere alle donne e ai medici ogni decisione. Io credo che non sia mio dovere di legislatore passare al microscopio i sentimenti o le ragioni di chi si trova nella tragica necessità di dover abortire. Io credo che la tutela della salute dei cittadini attenga alla sfera del rapporto tra medico e paziente e che noi, come legislatori, abbiamo l’unico dovere di fornire ai cittadini gli strumenti più adeguati che la scienza mette a disposizione per le loro cure.Garantire l’uso della RU486 non significa promuovere l’aborto. Significa fare bene il proprio mestiere di legislatore al servizio dei cittadini, capace di mettere da parte i suoi valori e i suoi principi anche più profondi, ed indossare l’unica veste appropriata, quella della laicità.