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LO STRANO CASO DELL'AUTORIBALTONE

"La maggioranza non c'è più". Da un pò di tempo noi, come le altre opposizioni, lo affermiamo, per una sorta di semplificazione della comunicazione. In realtà la situazione è più complessa, e la realtà è addirittura eclatante: Berlusconi lavora all'autoribaltone. Questo caso non ha precedenti nella storia delle democrazie occidentali. Non abbiamo notizie di capi di governo che, a metà del loro mandato, con la più ampia maggioranza mai avuta nel parlamento per realizzare il programma, con un sistema dell'informazione amico, per non dire asservito, cerchino ogni pretesto per essere disarcionati. E' vero che c'è stato lo scontro con Fini ed i suoi, ma è anche vero che Fli non ha intenzione di abbandonare il governo. Chiede solo di potersi sedere con pari dignità politica rispetto a Lega e Pdl al tavolo della maggioranza. Berlusconi, invece, solo perché è nata questa nuova forza politica, vuole andare ad elezioni. Evidentemente i veri motivi che spingono il premier sono altri. La scandenza del federalismo, che sarà portato a compimento senza i soldi necessari, per cui la promessa di benefici per i cittadini, del Nord e del Sud, si rivelerà una bufala. E su questo dovrà fare i conti con la Lega. Berlusconi, poi, teme di essere azzoppato da una eventuale sentenza di condanna e sa che sul legittimo impedimento pende la pronuncia della Corte Costituzionale, che già bocciò il lodo Alfano. I conti dello Stato sono in rosso e la situazione economica è disastrosa, per cui a dicembre, nonostante le smentite, si prospetta una nuova manovra economica. Berlusconi, infine, non ha mai accantonato il sogno di salire al Quirinale e vorrebbe arrivare alla scadenza del mandato di Napolitano con un parlamento in grado di eleggerlo al Colle. Questi sono i veri motivi per cui Berlusconi vuole la crisi e dimostrano ancora una volta che non sarà mai uno statista. Continua a pensare solo ai propri interessi personali, infischiandosene dei reali problemi del Paese. Le imprese chiudono e si bruciano migliaia e migliaia di psoti di lavoro, ma le istituzioni sono inchiodate sui suoi interessi privati. Vuole che governo, parlamento, e organi dello Stato siano totalmente al suo servizio, dimostrando una concezione privatistica e cesaristica della democrazia. Altro che Fini, per questo cerca l'autoribaltone.

BRANCHER AL MINISTERO BARZELLETTA

 

Aldo BrancherAldo Brancher

Aldo Brancher è il nuovo ministro per l’Attuazione del Federalismo del Governo Berlusconi. Questa è la goccia che fa traboccare il vaso. Di tutto ha bisogno questo Paese tranne che di un nuovo inutile ministero, per di più sul federalismo, che un giorno si e l’altro pure questo governo rinnega nei fatti. Ci vengono a parlare di federalismo ma poi ogni loro atto o iniziativa va nella direzione opposta. Ogni giorno lo rinnegano però si inventano il ministero ad hoc. Questa, a casa mia, si chiama presa per i fondelli. In Parlamento, abbiamo appena finito una discussione fasulla sul codice delle autonomie degli enti locali, un provvedimento fondamentale, a detta del governo, per la grande rivoluzione federalista. In realtà, il Codice delle autonomie va nella direzione opposta del federalismo, perché toglie competenze a comuni, province e regioni e dei tanto strombazzati tagli che avrebbe portato con sé ne è rimasto solo uno: un taglio ai tagli, cioè hanno deciso di non tagliare nulla.  Per non parlare poi del provvedimento sul federalismo fiscale che abbiamo approvato in Parlamento più di un anno fa ma che ormai è vittima della sindrome del gambero, un passo avanti e tre indietro. A quanto detto prima, si aggiunga il triste capitolo dei finanziamenti per le grandi infrastrutture delle regioni del Nord, sospesi dal governo da più di un anno, quelle stesse regioni dove la Lega fa proseliti ma che in realtà ricevono solo sonore prese in giro da Berlusconi e Tremonti. Si riempiono la bocca di tagli agli sprechi e ai costi della politica e poi vanno ad inventarsi un nuovo ministero “barzelletta”, con un ministro designato di cui poi vi dirò, che comporterà inevitabilmente costi per decine di milioni di euro, tra personale, uffici, strutture, ecc.. Sulla crisi dormono il sonno dei giusti. Però poi sono bravissimi a moltiplicare le poltrone della politica. A chi serve questa ennesima poltrona? Agli italiani o a Berlusconi per tenersi buona la Lega, quella che urla Roma ladrona al Nord, ma che a Roma sta benissimo? Siamo alla solita pagliacciata. Ma ciliegina sulla torta è il profilo del nuovo ministro, Aldo Brancher, colui che, a quanto si legge nei libri di Marco Travaglio e Peter Gomez, è passato dalla prima alla seconda Repubblica attraverso le aule dei tribunali. Scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare, è stato condannato in primo grado e in appello per falso in bilancio e finanziamento illecito al Psi. Brancher si salva in Cassazione grazie alla prescrizione per il secondo reato e alla depenalizzazione del primo da parte del governo Berlusconi, del quale faceva parte. E veniamo alle opere e ai giorni di Brancher degli ultimi anni secondo il Corsera di oggi: indagato a Milano per ricettazione nell’indagine sulla scalata di Fiorani all’Antonveneta e tre mesi nell’ambito dell’inchiesta su finanza e riciclaggio. Ce ne è abbastanza per cominciare a chiederne le dimissioni da domani.

ANNUNCIANO RIVOLUZIONI, PARTORISCONO TOPOLINI

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La Carta delle autonomie locali. Così l’hanno chiamata. Doveva servire a riorganizzare, razionalizzare, semplificare e coordinare le competenze e i livelli dei vari enti locali che in Italia sono una marea: comuni, province, regioni, comunità montane, circoscrizioni, bacini imbriferi e chi più ne ha ne metta. Non sono riusciti a fare niente di tutto questo. Eppure in campagna elettorale lo avevamo promesso in lungo e in largo. Quello che, insieme al federalismo fiscale, doveva essere la riforma delle riforme che avrebbe cambiato per sempre la vita degli italiani, è stato ridotto in un patetico spezzatino. La Carta delle autonomie locali ed il federalismo fiscale erano stati annunciati in pompa magna come due binari che avrebbero corso paralleli. Sono diventati come quelli di una vecchia canzone, tristi e solitari. Il governo e la maggioranza hanno partorito il topolino delle autonomie e del federalismo. Non hanno avuto il coraggio di tagliare nulla, non hanno avuto il coraggio di incidere davvero. Hanno avuto solo il coraggio di lasciare tutto come è. Nei vari rimaneggiamenti e passaggi di commissione, la Carta delle Autonomie è stata ridotta in brandelli e privata del cuore e della sostanza della materia. E’ sparita la soppressione delle province, è sparito l’accorpamento delle prefetture, è sparita la semplificazione dei livelli di competenze tra regioni, province e comuni. E’ sparita la riorganizzazione e la riduzione delle migliaia di centri di spesa che succhiano le casse statali, senza di contro fare nulla per favorire o agevolare la vita dei cittadini. Non è stata fatta una sola modifica che possa dirsi sostanziale o dirimente. Tutti i livelli di competenza e, soprattutto, i centri di spesa rimarranno così come sono. Tutti gli enti locali, comunità, bacini, circoscrizioni, municipi, comunità e compagnia bella continueranno a fare le stesse cose di sempre, cioè niente, continueranno a sovrapporsi l’uno con l’altro e, soprattutto, continueranno a spendere allegramente il denaro pubblico. La Carta delle Autonomie locali così come il governo e la maggioranza l’hanno partorita crea le basi per il fallimento del Federalismo che pure Italia dei Valori aveva votato convintamente. Sarà il mercato delle vacche e a pagare saranno sempre i cittadini. Ma una cosa deve essere chiara a tutti: questo è il governo delle bufale, delle balle spaziali, delle rivoluzioni copernicane annunciate e poi puntualmente mancate.