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ITALIANI IN FUGA DAL TG DI MINZOLINI

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Il Tg1 crolla vertiginosamente. Non è una previsione nefasta dovuta ad un personale risentimento legato a motivazioni politiche. Non è neanche una chiacchiera di corridoio attribuibile alle sempre più diffuse insoddisfazioni che pullulano tra i giornalisti che della testata fanno parte. E’ un dato, un documento Auditel. Ad un anno dalla nuova direzione, gli ascolti del giornale della prima rete Rai precipitano disastrosamente tanto da veder sgretolare addirittura il vantaggio sul Tg5. Un crollo verticale, che interessa principalmente l’edizione delle 20, ma coinvolge tutte le altre e che, dati alla mano, riguarda direttamente e indiscutibilmente la testata e non l’andamento generale delle trasmissioni della tv pubblica, i cui ascolti continuano, anzi, ad aumentare. Tenendoci alla larga da facili frasi come “noi l’avevamo previsto”, tentiamo di fare un’analisi oggettiva del perché questo sia successo, ricordando, però, che la perdita degli ascolti era stata già denunciata da volti storici dello stesso tg. Esiste una deontologia professionale nel giornalismo. Anche questa non è una mia riflessione, me ne guarderei bene, si tratta dei contenuti della legge che regola la professione, la numero 69 del 1963. Non solo, a sottolineare i criteri deontologici della professione c’è anche un documento più recente, la Carta dei doveri del giornalista, sottoscritta dall’Ordine Nazionale dei giornalisti e dalla Federazione nazionale della Stampa italiana nel 1993. Entrambi i documenti parlano del “dovere di verità”,  che rappresenta un “obbligo inderogabile” del giornalista, nel rispetto del cittadino, che ha diritto ad una corretta informazione. Ora ci chiediamo quanto di questo sia stato rispettato nell’ultimo anno dal primo giornale della rete pubblica. Maria Luisa Busi, dall’interno della testata, qualche settimana fa ha detto che il giornale “non parla più della vita reale, dei problemi dei cittadini, di chi ha perso il lavoro”. Noi aggiungiamo che troppo spesso il tg1 ha tenuto il silenzio su determinate notizie, venendo meno inspiegabilmente, diciamo così, al dovere d’informazione. Altro aspetto fondamentale, nell’ambito della deontologia professionale del settore in questione, è l’autonomia del giornalista. Su questo basta ricordare che sono stati in molti, dai giornalisti della stessa testata agli esponenti  del sindacato dei giornalisti, a  parlare di un giornale schierato. Un Tg inginocchiato al potere, plasmato dalla volontà di un premier che, attraverso i mezzi d’informazione, non ha mai smesso di dare di sé l’immagine desiderata e non quella reale. Un tg basato su queste regole-non regole non poteva andare lontano. Già, perché se il nostro presidente del Consiglio e i suoi seguaci ritengono che il popolo italiano possa bersi qualunque somministrazione di briciole di verità filtrata, noi abbiamo una concezione un po’ più alta di esso e continuiamo, forse banalmente, a ritenere che la correttezza, la lealtà, il rispetto delle regole alla fine premino sempre. Per le stesse ragioni chi argina abitualmente le regole della correttezza e in questo caso della professionalità, prima o dopo paga. Ecco spiegato il crollo del Tg1.