gennaio 2011

BIOTESTAMENTO, L'ETICA A FINI POLITICI

Testamento biologicoTestamento biologicoNon c’è etica nella nostra politica, che è giunta al punto di utilizzare la delicatissima legge sul testamento biologico come strumento di lotta, con fini miserabili. L’intento del Pdl è chiaro: riesumare il testo approvato dal Senato sull’onda emotiva del caso Englaro per avvicinare l’Udc al centrodestra e per spaccare Fli. Quel testo sul testamento  biologico è una truffa, illiberale,medievale, arcaico. Si chiama così solo per convenzione, in realtà è un mezzo per imporre l’alimentazione e l’idratazione forzata anche a chi si trova nella condizione di coma irreversibile. Siamo tornati alla concezione dello Stato Etico, di un potere burocratico che, in nome di superiori principi religiosi, politici, morali, decide al posto dei cittadini, annullando il libero arbitrio, la libertà di scelta e le convinzioni di ciascuno. Questa legge è un vero colpo alla laicità dello Stato, sancita dalla Costituzione e principio indispensabile per costruire uno stato moderno ed aperto a tutti i cittadini. Anche sulla terminologia ci sarebbe da discutere. Quando si parla di alimentazione forzata, alla maggior parte delle persone viene in mente un paziente nutrito con pappette e beveroni. Non è così, la realtà è molto diversa. Stiamo parlando di persone ‘nutrite’ attraverso flebo e sondini che iniettano nel corpo sostanze per permettere in mantenimento delle funzioni biologiche. Nulla di più, purtroppo. Il testamento biologico è la possibilità di scegliere con anticipo e nel pieno delle proprie facoltà mentali a quali cure sottoporsi o non sottoporsi nel caso in cui ci si trovasse nelle condizioni di non poterlo fare. Una diritto civile che dovrebbe essere garantito a tutti. Invece lo negano e tenteranno di approvare questa legge barbara solo per miserabili scopi di potere. Ci credessero, almeno. In quel caso potremmo avere rispetto di una posizione che muove da un sincero sentimento religioso, da profondo convincimento morale. No, è pura strumentalità, e per questo ancora più inaccettabile. Ci opporremo ad una legge che rende l’uomo schiavo di altrui convinzioni.

BOSSI: BUGIE E... MICROSPIE

Tremonti, Bossi, CalderoliTremonti, Bossi, CalderoliQuando c’è la fiducia c’è tutto…Bel clima nella maggioranza, proprio un bel clima. Berlusconi non si fida più di Bossi e Tremonti, che, a loro volta, vorrebbero andare al voto secondo alcuni quotidiani. Ed allora il Giornale (di famiglia, quella di Berlusconi naturalmente) titola in prima pagina, con raffinata eleganza: Tremonti, non fare Fini. Un appello al ministro dell’Economia affinché non si faccia trascinare in giochi di palazzo. Un appello che in realtà sembra più un avvertimento. Insomma, un tutti contro tutti facendo finta di andare d’amore e d’accordo. E in questo clima si inserisce la vicenda delle cimici. Le microspie che Bossi avrebbe trovato nelle stanze del ministero e nella sua casa. Il leader del Carroccio si è guardato bene dallo sporgere denuncia, rivolgendosi prima ad una ditta privata per la bonifica e dopo al fido ministro dell’Interno Maroni. Un comportamento ambiguo che lascia spazio a molti dubbi. Forse Bossi ha mentito (un comportamento non nuovo a ministri leghisti, vedi Calderoli sul Lodo Salva-Lega) per avere un po’ di visibilità, qualche pagina di giornale e pubblicità a buon mercato sulle reti televisive. Sarebbe un caso grave, ma non una novità,  purtroppo. Se, invece, è vero quanto raccontato, perché non si è rivolto immediatamente alla magistratura? Un caso di spionaggio ai danni di un ministro e importante leader politico non è affare da poco, anche in questa torbida Italia berlusconizzata. Ed allora viene spontaneo chiedersi chi e perché abbia piazzato le cimici. Gli eventuali mandanti non andrebbero di certo cercati nell’opposizione, che non avrebbe né i mezzi né l’interesse a fare una cosa del genere. Il mandante, se c’è,un altro. E stiamo tutti pensando alla stessa persona. Che questa storia sia vera o falsa, la sostanza non cambia. Dopo il metodo Boffo portato all’estremo, con la macchina del fango sempre pronta ad entrare in azione per screditare, colpire, ricattare e delegittimare i nemici del Capo, i finti attentati a Belpietro, è il turno delle microspie. Questa maggioranza sembra sempre di più un’armata Brancaleone (il compianto Monicelli non ce ne voglia per il paragone) che pur di mantenere il potere farebbe qualsiasi cosa. La realtà è che l’Italia ha un governo allo sbando e senza numeri. Ogni voto parlamentare si trasformerà in un incubo per il centrodestra e parlare delle riforme che servono al Paese è pura illusione. In queste condizioni è impossibile governare e affrontare la crisi, per questo  è meglio andare al voto.

LE PRIMARIE NON SONO CONCORSO BELLEZZA

Primarie 2005Primarie 2005Le primarie sono uno strumento straordinario di democrazia, di partecipazione, di coinvolgimento e mobilitazione. Sono state la migliore ‘invenzione’ politica del centrosinistra negli ultimi venti anni. Hanno contribuito a rafforzare le leadership (per quanto possibile a dire il vero…) e ad aprire un confronto di idee e di programmi. Non sono e non devono diventare, però, né un feticcio cui immolare principi e battaglie, né un concorso di bellezza o una gara a chi ha più fascino o carisma. Noi non siamo Berlusconi. Non consideriamo la politica come un plebiscito sulla persona, svincolandola dalle idee e dai progetti. Ad invocare continuamente le primarie come panacea di tutti i mali del centrosinistra (ed il riferimento al pur stimato Vendola è del tutto voluto) c’è il rischio concreto di svilirle, di renderle un vuoto referendum sulla persona. Le primarie sono l’ultimo atto della creazione di una nuova alleanza per l’alternativa di governo. Prima si individua il perimetro della coalizione, i partiti ed i movimenti che ne fanno parte. Poi, tutti insieme, si lavora al programma, si individuano i 10 punti (dieci, o cinque, o dodici, non i ‘centomila’ del programma dell’Unione, vaghi e pieni di fumo) caratterizzanti ed innovativi, vincolanti per tutti, da presentare agli elettori. Infine, solo al compimento di questo passaggio, che è fondamentale, si possono indire le primarie, e solo vincolandole alle priorità programmatiche di ciascun candidato. Non è possibile, non avrebbe senso fare il contrario. Vincere le primarie non può significare essere legittimati a fare tutto, utilizzando strumentalmente l’investitura popolare per sentirsi il re della coalizione. Il cesarismo non appartiene al pensiero liberale né a quello di una moderna sinistra europea. Le primarie sono il punto di arrivo di un percorso politico, non il punto di partenza. Anche perché la situazione sociale, economica e culturale del Paese è molto seria, compromessa dall’immobilismo e dall’incapacità di questo governo. Per questo si deve mettere al centro del progetto del nuovo centrosinistra il programma. Dovremo essere in grado di presentare una ricetta per ogni vero problema dell’Italia, a partire dal lavoro per i giovani e per le donne, ancora fortemente penalizzate. Le primarie servono, sono un ottimo mezzo, ma non devono diventare il fine di una battaglia politica. Il fine, è rendere l’Italia un paese migliore.

MOFFA PEGGIO DI DE PRETIS

Manifestazione Idv davanti a Montecitorio contro la compravendita dei parlamentariManifestazione Idv davanti a Montecitorio contro la compravendita dei parlamentariC’è del marcio in Parlamento. Il degrado raggiunto dalla politica italiana ormai non ha più limiti di decenza. Si è arrivati alla compravendita di deputati ed in questo clima mefitico è nato un nuovo ruolo di prestigio: il piazzista di parlamentari. L’ultimo è Silvano Moffa, ex finiano di ferro, ex coordinatore del gruppo Fli, poi passato con Berlusconi, per il quale ora sta cercando di acquisire altri deputati. Questi piazzisti sono poco appariscenti, figure anonime, grigi travet che si aggirano nei luoghi del potere con fare circospetto, ma con fare amichevole… Trattano, offrono posti, e, credo, anche altro. Abbiamo già spiegato come avviene in un altro post. A nostro avviso ci sono gli estremi per la corruzione e per questo abbiamo presentato un esposto alla magistratura. C’è un’indagine in corso, vedremo. Insomma, questi figuri sono gli animatori ed i protagonisti di un vergognoso mercimonio, l’unico mezzo che ha Berlusconi per mantenere una raffazzonata e posticcia maggioranza in Parlamento. Di fronte a tutto questo, il trasformismo di Agostino De Pretis, presidente del consiglio nel periodo post-unitario che governava indifferentemente con la destra e la sinistra storica, è un esempio di rettitudine politica. E’ tale lo squallore di quel che sta accadendo che non ci sono parole per esprimere lo sdegno ed il disgusto. Una cosa, però, voglio dirla. Tempo fa, dopo il tradimento di Razzi e Scilipoti, dissi che avrei messo la mano sul fuoco sulla fedeltà e sull’onestà dei deputati del gruppo Italia dei Valori. E lo ribadisco anche oggi, nonostante molti giornali stiano facendo dell’ironia su questa frase. Lo dico anche a Moffa che cita Italia dei Valori tra i gruppi che perderebbero parlamentari. Di certe affermazioni si dovrebbe vergognare, così come del ruolo di piazzista che sta ricoprendo. Se cita Idv evidentemente è un piazzista scadente. Chiudo per ribadire quel che ha già detto Di Pietro: i casi di Razzi e Scilipoti, è inutile negarlo, ci hanno addolorato, ma c’è anche una piccola e magra consolazione: con loro si son portati via anche il ‘marciume politico’ che c’era nel partito.

GOVERNO? GOME OVER

Tremonti - BerlusconiTremonti - BerlusconiLa crisi non c’è. Oppure: è un’invenzione dell’opposizione, la gente riempie i negozi. O anche: spendete e siate ottimisti, il peggio è alle spalle. E ancora: l’Italia è messa meglio degli altri paesi, la crisi non ci ha danneggiato. Bum! Sono frasi prese a caso dal repertorio tipico di Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio italiano. Giulio Tremonti, ministro dell’Economia, invece, la pensa in maniera opposta e dice “la crisi non è finita, è come un videogame: sconfitto un mostro ne arriva un altro”. La situazione economica del Paese è troppo seria per oiter fare dell’ironia sulle fregnacce da cabarettista di Berlusconi, che scambia la politica economica per uno spot sull’ottimismo. Abbiamo già parlato tante volte della pericolosa irresponsabilità del capo del governo e i fatti continuano a ripetersi e a dar ragione a chi sostiene che questo è il peggior governo della storia repubblicana. Mentre la disoccupazione raggiunge livelli record, toccando l’8,7% quella totale e addirittura il 28,9% quella giovanile, nel governo si discute dei rapporti tra Berlusconi e Tremonti. Non perché propongano due differenti ricette per affrontare la crisi, ma perché Berlusconi pensa che Tremonti possa sfilargli la poltrona. Con la complicità del comune amico Umberto Bossi per giunta. E la prima pagina di Libero, giornale collaterale al premier, diretto dai fidi Belpietro e Feltri, lancia subito un messaggio al ministro con una vignetta su di lui in prima pagina. Niente di particolare per chi ha fatto del ‘metodo Boffo’ uno stile, ma in questo clima a pensar male ogni tanto si può far centro…Una situazione, dunque, ai limiti del grottesco: mentre la crisi attanaglia l’Italia, impoverisce la famiglie, colpisce le imprese e i lavoratori, Berlusconi ha paura solo delle mosse politiche di Tremonti. Teme anche che chiuda i cordoni della borsa per le riforme che ha promesso. E dice ‘stavolta Giulio va a sbattere’. La situazione è drammatica ma non seria, come avrebbe detto il grande Flaiano. Il dato politico è uno solo: questo governo non è in grado di affrontare la crisi e varare misure per il rilancio e politiche economiche che incentivino la crescita italiana. Non ce la può fare, purtroppo. Solo un governo di irresponsabili può vedere nella riforma (ad personam) della giustizia una priorità in questo momento. Un governo senza numeri (non basta comprare qualche deputato allo squallido mercato che hanno inventato per avere la maggioranza politica), senza idee e senza progetti. Se è innegabile che Berlusconi debba andare a casa, è altrettanto vero che le opposizioni devono organizzarsi e lavorare da subito all’alternativa di governo, A partire dal programma. Lo diciamo da tempo, ora non ci sono alibi né scuse che tengano.

L'UNITA' NEL RECINTO DI CAPRE PAZZE

celebrazioni 150 anni unità d'italiacelebrazioni 150 anni unità d'italiaLe celebrazioni per i centocinquanta anni dell’unità d’Italia si stanno trasformando in uno spettacolo indecoroso. I protagonisti assoluti sono i leghisti, che, pur essendo una componente fondamentale del governo del Paese, vivono questo evento con malcelata insofferenza, quando non in aperta polemica antinazionale. “Senza federalismo non ha senso celebrare l’unità” dice Bossi. Il governatore del Veneto che in un’intervista al tg3 tentenna. E’ d’accordo – gli chiedono - con Napolitano? E lui: beh boh mah è un discorso complesso che non si può ridurre ad un’intervista. Come i ragazzini a scuola quando non hanno studiato e non sanno rispondere all’interrogazione. E la Gelmini? Nella maggior parte delle scuole neanche un’iniziativa per la ricorrenza. Per non parlare di Berlusconi, che diserta sistematicamente le ricorrenze legate all’Unità. Sono personalmente contrario ad ogni forma di retorica, ma l’unità nazionale è un valore fondante della nostra Costituzione. E non è certamente in antitesi con federalismo. Per questo mi sento ancora più offeso dall’atteggiamento ostile di questo governo all’Unità d’Italia. D’altronde quando si governa con la Lega, si deve pur pagare pegno. Questa vicenda dimostra a tutti ed in maniera chiara che il governo è ostaggio dei deliri del Carroccio, vero padrone dell’esecutivo. Un governo schizofrenico che da un lato, con parte del Pdl, fa del nazionalismo un’esca elettorale, dall’altra, con la Lega, fomenta le pulsioni disgregative e localistiche. Più che un governo è un recinto di capre pazze con un pastore incapace di mantenere l’ordine nel gregge. Ci sono ministri che non fanno nulla, lasciando che ai ministeri comandino lobby e comitati d’affari, altri che invece gli affari li fanno eccome. Da soli o con le cricche. A proposito, chissà se Scajola ha finalmente scoperto chi gli aveva pagato la casa. Cose dell’altro mondo…Altri ancora sono buoni, pii, mansueti, pensano alla famiglia e non fanno affari, No, li fanno fare ai familiari, assumendoli nei ministeri. Vero Bondi? E qui mi fermo. Non torno su Berlusconi che se ne frega del bene comune e pensa solo agli affari suoi perché è scontato e lo sanno tutti. Ed allora, se questa è la situazione, permettetemi una provocazione. Sono italiano, orgoglioso di esserlo, credo nel federalismo all’interno di uno stato unitario, ma oggi vorrei essere londinese. Perché vi chiederete? Perché ho letto una notizia che merita di essere citata. La stampa inglese, il Daily Telegraph in primis, ha sollevato lo scandalo dei rimborsi truccati di molti deputati. Molti deputati e membri del governo si sono dimessi. E’ arrivata la prima condanna per un deputato, David Chaytor: 18 mesi senza condizionale per aver chiesto il rimborso delle spese d’affitto, alloggiando in realtà in casa della figlia. Una somma tutto sommato non eccessiva: 22.000 euro, che poi sono stati anche restituiti. La motivazione del giudice dice “lo scandalo delle spese ha fatto traballare la confidenza del legislatore e quando un pubblico ufficiale è colpevole di offese del genere è necessario che seguano sanzioni penali così che le persone si rendano conto di quanto sia importante essere onesti nel trattare fondi pubblici”. Sono italiano, ma oggi mi sento anche un po’ inglese.

CALDEROLI CHIUDE I TRIBUNALI MINORILI

CalderoliCalderoliCalderoli come Cimabue, fa una cosa e ne sbaglia due. Il ministro leghista, salvatosi dalla mozione di sfiducia per il lodo salva lega, ne ha combinata un’altra delle sue. Con il suo ultimo provvedimento taglia leggi ha abrogato nientemeno il decreto istitutivo dei tribunali per i minori. Ora toccherà rimettere mano ai testi per evitare pericolose conseguenze. La faccenda è abbastanza complessa e provo a ricostruirla. Il decreto legislativo 212 del 13 dicembre 2010 (uno dei famosi provvedimenti taglia-leggi, vanto di Calderoli) abroga il regio decreto legge 20 luglio 1934, quello sull’istituzione e funzionamento dei tribunali per i minorenni. Questo decreto fu poi convertito in legge dalla legge (scusate il gioco di parole) 835 del 27 maggio 1935. E questa legge è sfuggita alla mannaia di Calderoli. Che succede ora? Ce lo dovrà spiegare il governo. Per ora abbiamo interpellato diversi costituzionalisti per fare luce sulla vicenda e le loro risposte lasciano in piedi due ipotesi. La prima è che Calderoli ha maldestramente abrogato i tribunali minorili dal 16 dicembre. Ciò Avrebbe conseguenze giuridiche devastanti. Significherebbe invalidare tutte le sentenze emesse dal 16 dicembre in poi, quindi affidamenti, adozioni, provvedimenti sulla potestà dei genitori e tanto altro. Una vera catastrofe giuridica e umana. Anche se il governo dovesse successivamente rimediare reintroducendo la norma, si andrà incontro ad un mare di ricorsi che creerebbe disfunzioni e contenziosi per anni. La seconda, invece, prevede effetti meno drastici perché si suppone che l’abrogazione del decreto non intacchi la legge di conversione. Ma anche in questo caso, con ogni probabilità, il governo dovrà fare un nuovo decreto per spiegare che la sua volontà non era abrogare i tribunali. Altro caos, quindi. Altro che semplificare, Calderoli appare sempre di più come il ministro delle complicazioni. Di certo c’è che dal 16 dicembre 2010 il decreto legislativo di Calderoli è entrato in vigore e si dovrà comunque provvedere a sanare questa anomala situazione normativa. E qui passiamo alla valutazione politica. Alla base di questa ennesima svista (se è una svista…) ci sono la cialtroneria e l’ incapacità o la malafede? Il dubbio viene ed è legittimo perché l’abolizione dei tribunali dei minori è una storica battaglia della Lega ed era stata inserita anche in questa legislatura, nel decreto legge 112 del 25 giugno 2008. Anche in questo caso non andò a buon fine perché i tribunali minorili restarono nella legge di conversione. Insomma, quando non si riesce a far passare una riforma o una legge seguendo l’iter parlamentare, la Lega ricorre a sotterfugi. Qualche manina compiacente lima qui, taglia là, aggiunge qua ed il gioco è fatto. Almeno questo è il forte sospetto. Berlusconi ha fatto scuola. Per questo mercoledì presenteremo un question time e  chiederemo conto al governo. Se dovessimo ravvisare la malafede nell’operato di Calderoli, siamo pronti a presentare una nuova mozione di sfiducia.

ALEMANNO RIMPASTA E FA SPAZIO ALLA CRICCA

 Alemanno di nome, Retromanno di fatto. Ai romani il patto della pajata proprio non è andato giù. Il sindaco di Roma crolla a picco nei sondaggi e, nella classifica dei sindaci più amati d’Italia, sfiora l’ultimo posto, mentre svettano in cima Chiamparino e Renzi. Lo spettro del buco in bilancio, gli scandali di Parentopoli, le assunzioni facili alle municipalizzate Atac ed Ama, pesano come un macigno sulla già pallida gestione del sindaco di Roma. Come se non bastasse, la Capitale è diventata un suk per colpa di una giunta che non decide più nulla, paralizzata come è dalle lotte intestine tra gli ex forzisti e il sindaco, accusato di favorire i colonnelli azzurri a scapito della corrente azzurra. Il riflesso evidente e condizionato di quello che sta avvenendo a livello nazionale. Insomma, ce ne è quanto basta per andare a casa. Non solo una gestione a dir poco trasparente, ma una situazione di preoccupante stallo per via di una maggioranza che oggettivamente non c’è più. Un sindaco serio, che ha a cuore gli interessi della città che amministra, di fronte a questo quadro, avrebbe dovuto fare l’unico passo conseguente, ovvero, dimettersi. Invece no, Ieri, Alemanno ha messo in atto la vecchia pratica del rimpasto: dura lex sed lex, ovvero, si risciacquano in panni nel Tevere e via, verso nuovi meravigliosi fallimenti. La mission del sindaco è duplice: rimanere in sella alla poltrona di primo cittadino ma soprattutto rimuovere dalla memoria dei romani lo scandalo di parentopoli che lo ha travolto insieme alla sua giunta. Alemanno ha commesso due peccati capitali. In un batter d’ali, ha riportato Roma indietro nel tempo, ai tempi della prima Repubblica, non quella di Pompeo e Silla, ma quella ben più miserevole di Sbardella, lo squalo capo corrente della dc andreottiana. Per farlo, si è persino consultato con l’oracolo delle Sibille Cumane del Pdl, i capigruppo Gasparri e Cicchitto. Il secondo peccato, ben più grave del primo: accettare di nominare come vicesindaco Guido Bertolaso, l’integerrimo servitore dello Stato, l’uomo della Protezione civile, con il vizietto degli appalti d’oro da distribuire equamente tra parenti ed amici ed i massaggini rilassanti della brasiliana in topless Monica. Dicono che in cambio di un Bertolaso vicesindaco oggi, ad Alemanno sia stata promessa la poltrona da vicepremier accanto a Silvio domani. Dicono. Per ora sono solo chiacchiere. Bertolaso mio vice? E' pura fantasy, dice oggi il sindaco. Staremo a vedere. Una cosa è certa: con Bertolaso, a Roma di Capitale rimarrà solo il vizio.

TERZO POLO? LA PALUDE DELLA RESPONSABILITA’

Rutelli - Fini - CasiniRutelli - Fini - CasiniGoverno paralizzato, paese fermo, ripresa economica lontana: sono queste le considerazione odierne di Gianfranco Fini, presidente della Camera e cofondatore, insieme a Casini e Rutelli, dell’ormai famigerato Terzo Polo che, in nome della responsabilità, auspica un patto di salvezza nazionale per tirare fuori il paese dalle secche. In realtà, da quando il Terzo Polo ha fatto la sua comparsa sulla scena politica italiana, il pantano politico si è fatto ogni giorno più vischioso. Non credo di sbagliare quando dico che il Terzo Polo ci sta portando, in nome della responsabilità verso la palude… dell’irresponsabilità, quella palude di immobilismo e di indecisionismo che ricorda tanto da vicino quella conservativa e old style della vecchia Dc. Il Terzo Polo è la prova, se ce ne fosse bisogno, che la fine del bipolarismo farebbe compiere al Paese un salto nel passato, consegnandolo a quelle vecchie logiche spartitorie e partitocratiche che hanno caratterizzato decenni di governi democristiani, di cui paghiamo ancora oggi il conto soprattutto in termini di debito pubblico e mancato sviluppo economico. Il problema, a mio avviso, è che il Terzo Polo ha tre vizi di forma che partono proprio dalla testa, anzi, dalle teste di Casini, Fini e Rutelli. Il leader dell’Udc è afflitto da una cronica sindrome dell’equilibrista che ha imparato bene alla vecchia scuola scudocrociata, alla ricerca perenne di mirabolanti equilibrismi per evitare accuratamente ogni soluzione o  prospettiva concreta e non precludere di conseguenza nessuna porta, tanto a destra quanto a sinistra. Poi c’è Gianfranco Fini, in perenne ritardo, che ci ha impiegato 15 anni a capire chi era Berlusconi, vittima ogni volta di una sorta di sindrome di Stoccolma nei confronti del suo momentaneo carceriere, ieri Berlusconi oggi Casini. Infine, c’è lui, Rutelli, l’eterno numero uno mancato che, grazie a Casini e Fini, è resuscitato e assunto di nuovo all’onore delle cronache politiche, non per meriti ma per osmosi. Il risultato di questo mix poco convincente è una miscela loffia e spenta, un Terzo Polo retro-guardista, che non decide nulla, che non propone nulla, che guarda al suo ombelico invece che a quello del Paese. Quali riforme, che pure i tre auspicano e invocano ogni giorno, si possono immaginare con il Terzo Polo? Nessuna. Non è un caso, infatti, che da tre mesi a questa parte, il Parlamento non abbia più discusso o approvato un provvedimento. Non è un caso che Gianfranco Fini, presidente della Camera, non abbia più calendarizzato uno straccio di provvedimento, solo ratifiche e accordi di terzo e quarto ordine. Il patto di emergenza, dunque, è un’operazione falsa e ipocrita, scritta in politichese, quello conservativo e retro-guardista targato Dc che, per quanto ci riguarda, vorremmo vedere chiuso per sempre nei cassetti della memoria di questo Paese.

DEPUTATI FANNULLONI... PER FORZA!

Aula MontecitorioAula Montecitorio Tranquilli che adesso arrivano i 'responsabili' a sostenere il governo. Tutto si sistemerà e si faranno le riforme. Manco fossero il settimo cavalleggeri…Tutte balle, non cambierà nulla e continuerà a non esserci nessuno a governare l’Italia. Questa è la verità. Si continuerà, come oggi, ad approvare ratifiche di trattati insignificanti e mozioni di poca importanza. Leggi niente perché l’esecutivo è in stallo. Il parlamento non lavora perché il governo è assente. E se il governo è assente non c’è speranza che il Parlamento assolva il suo compito. Passano i mesi, aumentano gli articoli della stampa pieni di indignazione per le Camere che non sono messe nelle condizioni di lavorare, ma nulla cambia. Anche noi abbiamo denunciato questa situazione. Ho anche pubblicato una foto del Transatlantico vuoto, ma, rispetto a prima, se possibile, la situazione è addirittura peggiorata. In questa settimana il parlamento non ha fatto quasi nulla, si è votato solo per un paio d’ore martedì, e solo per la ratifica di un trattato. E nelle prossime settimane andrà ancora peggio. A gennaio si discuterà in Aula una sola proposta di legge, quella dell’Italia dei Valori per l’abolizione delle province. Ho già una vaga idea di come andrà a finire…L’abolizione delle province è nel programma elettorale di tutti i partiti, o quasi. E’ stato un cavallo di battaglia di Berlusconi e del Pdl, ma è stata già affossata una volta (sempre nostra la proposta). Tra un po’ ci sarà il bis, una vera presa per i fondelli ai danni degli italiani che hanno creduto alle promesse da marinai di certi politici del Pdl. Vergogna. Ma su questo tornerò, ora voglio continuare ad affrontare il problema serissimo del parlamento italiano che non lavora. O meglio, non è che i deputati sono scansafatiche (non tutti  lmeno…) è che l’attività legislativa è inesistente, le Camere sono paralizzate. E’ chiaro che in queste condizioni non è possibile andare avanti. L’Italia è un paese che non legifera più, il governo si limita a vivacchiare senza prendere decisioni. La poltrona, che garantisce una rendita di potere e una certa impunità, è più importante di tutto il resto. E per tutto il resto intendo gli interessi dei cittadini. E dire che l’Italia è in declino, vista la drammatica congiuntura economica, è un gentile eufemismo. I media di regime, sordi e ciechi, continuano a propinarci una verità di comodo: non si può andare al voto anticipato perché questo metterebbe a rischio l’Italia sui mercati internazionali. Non è vero. E’ una bugia. Ciò che mette davvero a rischio di speculazioni finanziarie il nostro paese è proprio la debolezza di un governo che non c’è. Con il voto si potrebbe uscire da questa impasse ed avere un vero governo al posto di un esecutivo moribondo che attende solo l'ora della propria fine. L’Italia ha bisogno di una scossa politica per uscire dalla crisi economica che brucia imprese e posti di lavoro e certamente non può continuare a concedersi il lusso di avere un parlamento di deputati fannulloni per forza.

IMPUTATO BERLUSCONI, SI ACCOMODI!

video: 

Non c’è due senza tre. 2003, 2009, 2011: stessa spiaggia stesso mare. Chissà se le mosche cocchiere del premier, gli ineffabili onorevoli avvocati, si daranno finalmente pace. Il legittimo impedimento è incostituzionale, Berlusconi è parzialmente impedito, a rimediare la parzialità ci penserà il referendum di Italia dei Valori. La Consulta, a larga maggioranza, boccia l’autocertificazione di palazzo Chigi e, Silvio dà fuoco alle polveri. E’ stupefacente, grottesco e per certi versi patetico, come ad ogni sonora bocciatura, Silvio Berlusconi metta in scena lo stesso identifico armamentario linguistico e prepari i cannoni mediatici di Navarone. Il 7 ottobre 2009, qualche secondo dopo la bocciatura del Lodo Alfano, aveva gridato: “Andiamo avanti a governare. Con undici giudici di sinistra, eletti da tre capi dello stato di sinistra, era impossibile che lo approvassero. Il 72 per cento della stampa è di sinistra. Abbiamo tutte le trasmissioni di approfondimento della tv pubblica, pagata con i soldi di tutti, che sono di sinistra. Gli spettacoli comici ci prendono in giro. La Corte costituzionale non è un organo di garanzia ma un organo politico”. E poi, non pago, aveva sparato ancora: “I processi a mio carico sono autentiche farse. Io sottrarrò qualche ora alla cosa pubblica per andare a sbugiardare tutti i giudici”. E poi aveva argutamente concluso: “quale è la sintesi? Meno male che Silvio c’è! Queste cosa qua a me mi caricano. Viva l’Italia, viva Berlusconi!”. Poi sappiamo come è andata. Si è guardato bene dall’andare a sbugiardare i giudici. Di tempo alla cosa pubblica ne ha sottratto eccome, ma per trascorrerlo con le sue Ruby rubacuori, Noemi, Patrizie D’Addario, e via discorrendo. E’ di oggi la notizia che Silvio Berlusconi è indagato per prostituzione minorile e concussione, nell’ambito della vicenda Ruby. Nel frattempo, ha ordinato alle sue mosche cocchiere di darsi da fare, sfornandogli una altra bella leggina. Un anno e qualche mese dopo, ahimé, ci risiamo. 14 gennaio 2011. La Consulta boccia di nuovo lo scudo stellare e puntuale riparte l’assalto, un po’ più composto ma sempre gagliardo. L’età e le delusioni d’altronde sono quelle che sono. “I processi a mio carico sono ridicoli”. “Da quando sono sceso in campo lo sanno tutti che è in atto una persecuzione politica da parte dei magistrati di sinistra”. “Andrò in televisione e sui giornali a spiegare di cosa si tratta, ossia di accuse infondate”. “L’ho giurato sui miei figli e sui miei nipoti: non si possono trovare giudici che oseranno dare una condanna su fatti che non esistono”. “Il governo va avanti perché l'Italia ha bisogno di tutto tranne che di elezioni anticipate. Io sono un perseguitato”. Il ritornello è sempre lo stesso, una melodia trita e ritrita, incupita da qualche anno e qualche fantasma in più. Si sia pace Berlusconi. Si rassegnino le sue mosche cocchiere. Che i processi riprendano e che la giustizia faccia finalmente il suo corso.

CASO RUBY, DECLINO POLITICO E DEGRADO MORALE

Berlusconi - RubyBerlusconi - RubyIl giorno dopo la sentenza sul legittimo impedimento, quella che, di fatto, inchioda il premier alle proprie responsabilità nei confronti della legge, viene fuori che Silvio Berlusconi è indagato dalla Procura di Milano per le ipotesi di reato di “concussione” e “prostituzione minorile”. Ai tempi dello scandalo, l’irriducibile ottimista cavaliere si era giustificato dicendo “sono un uomo di cuore, ho solo aiutato una persona”. Ora, nel giorno della notizia della notifica di comparizione per il premier, i fedelissimi non mancano di buttarsi con le mani avanti, riproponendo la trita e ritrita solfa dell’uso politico della giustizia e vedendo in quella che è la definitiva prova della fine dell’era Berlusconi, una sorta di complotto alle spalle della maggioranza ai fini di destabilizzare il quadro politico. Come se ci fosse ancora qualcosa di integro in esso. Ed ecco il punto reale della questione Ruby, al di là di quelli che sono i comportamenti privati dell’uomo pubblico ed al di là della verità che la Procura di Milano accerterà. Innanzitutto, da un punto di vista oggettivo, il fatto che la Procura abbia diffuso la notizia solo dopo la sentenza sul legittimo impedimento, sembra rendere evidente la volontà da parte della stessa, di non creare alcuna influenza, neanche nell’opinione pubblica. Ma, al di là di questo, al di là di tutte le giustificazioni che possono piovere dall’entourage berlusconiano, c’è il fatto gravissimo che la frequentazione di prostitute rende il premier ricattabile e di conseguenza mette il Paese a rischio sicurezza. Berlusconi, dunque, dovrebbe immediatamente accogliere gli inviti a presentarsi al Copasir. Ma non è tutto. Il fatto che il presidente del Consiglio non sia più solo più imputato in vari processi con l’accusa di corruzione e concussione, ma addirittura indagato con l’ipotesi di reato di prostituzione minorile, rende difficile pensare a qualcosa di moralmente più degradante per l’intero Paese. Un paese che ha già dovuto subire gli attacchi dalla stampa estera per la medesima questione, che, per altro, ha lasciato anche il segno indelebile sul mondo del web. Un Paese che esattamente un mese fa ha visto questo governo rimanere in piedi solo grazie al mercato delle vacche in Parlamento. Un Paese che sta iniziando a rassegnarsi al fatto che quello, di mercato, è forse l’unico che funziona, visto che l’esecutivo è troppo impegnato a risolvere i problemi del premier per occuparsi della crisi economica, così come degli altri reali problemi dei cittadini. Un Paese che, con ogni probabilità, dovrà rimanere immobile ancora per mesi di fronte ad una politica accartocciata sulla difesa del capo del governo, che dovrebbe solo avere il buon senso di tirarsi indietro. Viene da domandarsi, oltre a quello che è già evidente, se Berlusconi possa essere ancora in condizioni psicofisiche per continuare ad esercitare il suo mandato. Ed allora vada a casa, una volta per tutte e restituisca agli italiani il diritto di decidere per il proprio futuro politico.

IL ‘NOVIZIATO’ CONTRO I FURBI

Italia dei ValoriItalia dei ValoriVenerdì e sabato sono state per l’Idv due grandi giornate. Due giorni a Tivoli, due giorni di confronto politico vero e leale. E’ stata approvata una risoluzione politica ed organizzativa che traccia regole nuove per condurre l’Italia dei Valori a raggiungere grandi obiettivi. Quelli che da sempre ci siamo prefissi. Un grande passo avanti per il partito e per tutti gli iscritti che credono in una politica nuova e pulita e ogni giorno lavorano con dedizione e serietà per fare crescere l’Idv. Sarà l’ufficio di presidenza a stabilire e fissare le regole, ma l’orientamento è che dovranno passare un anno o due anni per accedere agli incarichi elettivi o incarichi dirigenziali. Una sorta di ‘noviziato’. Un modo per evitare che i nuovi iscritti entrino nel partito solo per interessi personali. Non avremo più personale politico che sfrutta l’Italia dei Valori, usandola come autobus per poi scendere alla fermata successiva. Un forte deterrente nei confronti di chi pensa di poter approfittare della nostra  buona fede. Come possiamo evitare altri casi Scilipoti e Razzi? Anche in questo modo.Finalmente questa proposta, da sempre un mio cavallo di battaglia, è stata accettata. Non è importante che sia stata una mia battaglia quanto che sia diventata una battaglia di tutti. Fino ad oggi il partito era, nonostante le grandi affermazioni elettorali, ancora troppo gracile e precario. Oggi siamo pronti e maturi anche ad accogliere regole severe e stringenti. Sono davvero molto contento e soddisfatto. Siamo cresciuti, siamo diventati grandi. Niente più avventurieri e profittatori. Per avere accesso alle cariche elettive e ad incarichi di partito ci vorrà almeno un anno. Due per poter ottenere incarichi a livello nazionale. Sarà poi l’ufficio di presidenza a disciplinare le regole. Un altro passo avanti sulla via della trasparenza e del rispetto verso i nostri iscritti e i cittadini. Una regola di democrazia politica nuova per l’Italia, che pone ancora una volta Italia dei Valori all’avanguardia. Tracciata la linea questo è un passo importante  per essere un partito all’altezza delle grandi aspettative dei nostri elettori e dei nostri grandi obiettivi. Abbiamo anche stabilito altri punti fermi: le correnti non esistono e non esisteranno mai, perché non seguiamo vecchi riti di potere; non ci si potrà svegliare la mattina e sputtanare il partito sui giornali perché queste cose vanno risolte insieme lavorando nei competenti organi del partito; abbiamo votato tutti un punto della mozione (anche i sottoscrittori della famosa lettera) dove si riconosce che Idv è un partito pulito in cui non c’è una questione morale. Mi fa piacere sottolineare che è stato approvato all’unanimità, anche dai firmatari della famosa lettera sulla questione morale Luigi De Magistris e Giulio Cavalli. Non Sonia Alfano, ma solo perché aveva lasciato l’esecutivo già alcune ore prima dell’approvazione del documento.

In allegato troverete per intero la risoluzione votata all’unanimità.

VATICANO CONDANNI NUOVA SODOMA E GOMORRA

Bertone - Papa Benedetto XVI - BerlusconiBertone - Papa Benedetto XVI - BerlusconiScenari desolanti, squallidi, su cui molti hanno detto e scritto più e meglio di quanto potrei fare io. Commentare questa marea nera di umana desolazione e di comportamenti abietti del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, rischierebbe di dar vita ad una inutile cacofonia per di più in stereo. C’è una cosa, però, che oggi mi colpisce come un pugno nello stomaco, ed è il silenzio assordante di queste ore dei più alti rappresentanti della Chiesa. Rumors annunciano una presa di distanza del Vaticano da Palazzo Chigi. Io credo, però, che mai come oggi una presa di distanza, seppur lodevole, sia poca cosa di fronte a questa marea nera. Oggi, più che mai, credo serva che la Chiesa, attraverso un suo insigne rappresentante, condanni con forza ed inequivocabile fermezza, i comportamenti e la condotta morale di un presidente del Consiglio degno del miglior Caligola, che sta trascinando un paese intero nella marea nera in cui ha scelto di vivere. Ho sempre nutrito il massimo rispetto per l’alto magistero della Chiesa, pur essendo animato da profondo spirito laico che mi ha portato più volte ad argomentare su questo blog posizioni diverse e distanti dal Vaticano. Mi riferisco al testamento biologico, alla procreazione assistita, all’aborto, all’eutanasia. Ho ascoltato con rispetto, così come si deve, come chi investito dai cittadini dal ruolo di parlamentare deve fare, per poi agire laicamente e nel rispetto di tutto i valori in campo. Ma oggi, le prese di distanza non bastano. Servono parole dure di condanna e, per quanto insignificante possa essere il mio appello, lo chiedo con forza ed insistenza, proprio perché da laico sono fermamente convinto che il mondo, come ha detto Papa Benedetto XVI qualche giorno fa, ha bisogno della parola di Dio di fronte al disfacimento morale. Se non è disfacimento morale questo, chiedo alla Chiesa con rispetto, cosa è? Per questo, oggi e non domani, credo che l’intera comunità, quella cattolica e non, abbia bisogno di un atto di coraggio, come quello di Gesù, quando osò sfidare i potenti cacciando i mercanti dal tempio. Se il Papa, qualche giorno fa, ha sentito il bisogno e l’urgenza di condannare l’educazione sessuale nelle scuole come minaccia alla libertà religiosa delle famiglie, poiché trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, non sente oggi il bisogno di pronunciare le sue parole di alto magistero nei confronti di comportamenti che tradiscono i valori della Chiesa, quei valori che Papa Benedetto XVI ogni giorno giustamente ci rammenta, come il valore della famiglia e del matrimonio? Non ritiene egli che i comportamenti del presidente del Consiglio trasmettano ai giovani e alle future famiglie valori sbagliati, errati, in una concezione di mercimonio della sessualità e dell’amore? Chi, come Silvio Berlusconi, alla vigilia di Natale, negli scambi augurali con il cardinal Bertone, proclamava e vantava i valori della Chiesa al centro della sua azione di governo, non umilia quell’ethos cristiano, base essenziale e permanente dell’agire morale, che proprio il Santo Padre ha ricordato alla vigilia del Santo Natale? Con rispetto ed umiltà, credo che quanto emerge oggi a carico di Silvio Berlusconi ferisca i diritti umani e la morale cattolica in modo incomparabilmente maggiore rispetto a quello che quotidianamente la Chiesa stessa condanna, come le tecniche artificiali di procreazione, l’eutanasia legalizzata, l’aborto, l’omosessualità. Come può, mi domando, la Chiesa, avere parole nette su questi temi e rimanere in silenzio di fronte a tale, agghiacciante e disarmante degrado morale?

RIPORTIAMO A CASA I NOSTRI SOLDATI

Luca SannaLuca SannaNon c’è spazio per il dubbio. La morte del giovane alpino Luca Sanna, la 36sima vittima dal 2004, e le gravi condizioni in cui versa il suo commilitone Luca Barisonzi, ci sbatte in faccia la verità in tutta la sua crudezza ma ci anche indica la via da seguire. Anche Luca, che quella realtà la conosceva bene, aveva capito che qualcosa era profondamente mutato rispetto alla sua prima missione: sentiva il pericolo e lo aveva raccontato alla sua famiglia. E’ nelle sue parole la verità e la ragione per la quale è tempo di venire via, è tempo che i nostri soldati tornino a casa. In Afghanistan c’è una guerra e, circostanza ancor più grave, c’è un cambio di strategia negli attacchi verso gli italiani. E’ una tecnica terribile, crudele ed inesorabile che sfrutta cinicamente la disponibilità, militare ma soprattutto umana, dei nostri soldati verso la popolazione e verso i compagni di avventura con la bandiera e la divisa afgana. Così è morto Luca, ingannato da un uomo vestito con l’uniforme dell’Esercito nazionale afgano che si era presentato agli italiani chiedendo aiuto per sistemare un’arma inceppata. E’ stato colpito a morte mentre il suo compagno rimaneva gravemente ferito e l’assalitore si dava alla fuga sulle colline. In un quadro così profondamente mutato, i nostri soldati non sono preparati né attrezzati ad affrontare la situazione ed una nuova velenosa e più sottile azione di guerra. Sarebbe ridicolo se non drammatico continuare a chiedere ai nostri soldati di svolgere il ruolo di costruttori di pace e di stabilità in un teatro di guerra. Per questo, sono incomprensibili le parole del ministro della Difesa, Ignazio La Russa che, ancora oggi, sostiene che la situazione è preoccupante ma non sfuggita di mano ed invece di valutare con profonda il ritiro dei nostri soldati, parla semplicemente di nuove idee e indirizzi per sollecitare le necessarie contromisure adeguate. Noi chiediamo il ritiro immediato dei nostro contingente perché in Afghanistan non vi è più una missione di pace. Torneremo se e quando ci saranno garanzie in tal senso. L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni. Promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. Lo dice la nostra Costituzione. Per questo, mai come ora, l’unica strategia possibile è quella dell’immediato ritiro. E’ tempo di tornare a casa.

LA CAPORETTO DEL PDL SARA' IN PARLAMENTO

Camera dei DeputatiCamera dei DeputatiPrendo spunto dall’intervista di Paolo Flores d’Arcais al Corriere della Sera di oggi. Invita le opposizioni ad abbandonare il parlamento e a dar vita ad un governo ombra. Suggerisce un nuovo giuramento della Pallacorda. A parte la suggestione del richiamo storico, non sono assolutamente d’accordo. La strada giusta, a mio avviso, va nella direzione opposta. Più presenza ed attività parlamentare perché ci sono le condizioni per rendere ogni voto, ogni discussione, una Caporetto per la maggioranza. C’è una strana illusione ottica nel Paese, secondo cui l’opposizione è impotente e non ha i numeri alla Camera per far cadere il governo. E’ vero il contrario. Faccio un esempio: nella commissione Bilancio, la supposta maggioranza è minoranza. In quella commissione si possono approvare proposte ed emendamenti da mandare poi al voto in Aula, dove sovente il centrodestra di governo è sotto coi numeri. In queste condizioni li potremmo costringere non solo a discutere e modificare le loro proposte, consentendo al Parlamento di riprendere le sue funzioni peraltro, ma anche ad approvare nostri emendamenti e proposte di legge. Per far questo,però, serve la volontà politica. Troppo spesso, purtroppo, le dichiarazioni roboanti rese in sala stampa cozzano con un atteggiamento morbido e remissivo in aula e nelle commissioni. Il vero problema, dunque, è in una certa parte dell’opposizione, che non vuole davvero mandare a casa Berlusconi. Non ora almeno, perché dopo non saprebbe cosa fare. Con chi allearsi, con quale leader, con quale programma. Per questo preferisce vivacchiare, costringendo il Paese a prolungare la sua agonia politica. Invierò una lettera ai miei colleghi capigruppo di Pd, Udc, Fli (che trovate anche in allegato) per invitarli ad un incontro e studiare una strategia comune. La mia idea è presentare due o tre importanti proposte di legge per affrontare la crisi economica e sociale che investe l’Italia e portarle prima in commissione e poi in Aula. Allora vedremo chi ha i numeri. E vedremo quanto resisterà il Pdl, che ha bisogno di continue ‘trasfusioni’ di  cosiddetti ‘responsabili’ per non diventare minoranza.

SONO SIGNORINI, RISOLVO PROBLEMI

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Sono Signorini, risolvo problemi”. Il direttore del settimanale di famiglia, Chi, e conduttore di Kalispera!, sulle reti Mediaset, sempre di famiglia, è come mister Wolf di Pulp Fiction. Mitica figura cinematografica di problem-solver. E come il personaggio del film è efficiente, rapido, puntiglioso, fedele. Non solo esegue, ma anticipa i desiderata del padrone. L’intervista a Ruby è un ottimo esempio per spiegare come funziona questa macchina della mistificazione. C’è una pianificazione, una strategia precisa, studiata a tavolino. Ruby Rubacuori, minorenne all’epoca degli incontri col premier, viene fatta parlare in un programma tv ‘amico’, in cui costruisce un’altra realtà rispetto a quella scandalosa che si legge sui  giornali. Il punto cruciale e penalmente rilevante di questa torbida vicenda, che spetta alla magistratura accertare, è se il premier abbia avuto o no rapporti con una minorenne. Il quadro che emerge dalle intercettazioni pubblicate su tutti i giornali è squallido e sconvolgente. Ruby, ovviamente, nega di aver avuto qualsiasi tipo di rapporto con Berlusconi, ma non solo, dice anche che il presidente del Consiglio non conosceva la sua età e pensava che fosse maggiorenne. Anche perché, qui si vede la mano di Signorini, è portata a dire dalle domande dell’intervistatore, che lei ha sempre mostrato più della sua età e che nessuno se ne sarebbe accorto. Il tutto in una cornice emotiva molto coinvolgente, degna di un feuilletton ottocentesco: violentata da due zii, aggredita dal padre violento, si converte al cristianesimo contro il volere della famiglia, scappa di casa e vive di espedienti, un vita raminga fatta di cattive frequentazioni. Sbagli che ora comprende perché lei è la stessa ragazza che da bambina sognava di fare la carabiniera. Passi per tutte le incongruenze, anzi è bene far passare il messaggio che questa ragazzina confonda realtà e immaginazione. E’ utile anche per sostenere questa tesi davanti ai giudici…Non c’è solo una macchina del fango, c’è anche quella della mistificazione. Per milioni di italiani, le verità costruite ad arte negli studi Mediaset diventano verità e basta. Data la linea, questa viene moltiplicata scientificamente da un esercito di mister Wolf, che la ripetono come una stanca litania nei salotti televisivi, sulle pagine dei giornali, nell’etere radiofonico. Non c’è modo di salvarsi da questa invasione mediatica martellante. Deng deng deng, un martello sull’incudine. Il martello è la loro voce, l’incudine l’opinione pubblica. Ma l’aria che tira non sembra essere molto favorevole a Berlusconi. Stavolta l’ha combinata grossa e difficilmente il suo ‘esercito delle 12 scimmie’ (tanto per restare in tema inematografico) riuscirà a convincere l’opinione pubblica.

INDIGNATEVI! ORA UNA GRANDE MANIFESTAZIONE NAZIONALE

ManifestazioneManifestazione“Un consiglio a Berlusconi? Di andare un po’ a riposare da qualche parte, qui ci pensiamo noi della Lega”. L’invito è dell’amico (bell’amico…) Umberto Bossi. La prova, l’ennesima, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che ormai la Lega è padrona assoluta del governo. E anche, a leggerla malignamente, che di Berlusconi si può fare a meno. Il Ras di Arcore è bravo a conquistare il consenso, grazie anche al poderoso apparato mediatico di cui dispone e di tanti giornalisti compiacenti (gentile eufemismo), ma incapace e dannoso quando è alla guida del Paese. Lo scandalo delle escort e l’inchiesta della procura di Milano hanno scoperchiato un vaso di Pandora che mina dalle fondamenta la credibilità delle istituzioni italiane, già pesantemente screditate da continui scandali di corruzione, dalle cricche, dal  malgoverno, dalla commistione tra interessi privati ed affari pubblici. Persino il Vaticano, sempre ‘comprensivo’ nei confronti di questo governo così generoso con l’oltretevere, ha manifestato preoccupazione ed ha richiamato alla moralità. Dobbiamo, a questo punto, avere il coraggio di guardare in faccia la realtà. La situazione in Italia rischia pericolosamente di sfuggire di mano e di provocare reazioni sociali incontrollabili. La crisi economica ha bruciato e continua a bruciare migliaia di posti di lavoro, le imprese chiudono, le famiglie hanno difficoltà ad arrivare a fine mese, la disoccupazione giovanile sfiora il 30% mentre il presidente del Consiglio gozzoviglia come un satrapo. E’ l’immagine della decadenza italiana. In Francia il 93enne partigiano Stéphane Hessel ha scritto un libro che ha ottenuto uno straordinario successo: Indignatevi! E’ diventato un caso editoriale nel paese transalpino e dovrebbe far riflettere anche noi. Una riscossa morale, civile, politica e sociale non è più rinviabile. Se Berlusconi non si dimette, e a quanto pare non si dimetterà, abbiamo il dovere di reagire in maniera politicamente molto dura. L’opposizione non può più permettersi di tergiversare, come troppo spesso ha fatto sinora, perché sono a rischio le istituzioni. C’è, però, e per fortuna, un corpo sociale sano, onesto, che crede in altri valori, quelli della Costituzione. Ed è la maggioranza degli italiani. Per questo credo che sia il momento di organizzare, con gli altri partiti dell’opposizione, con i movimenti, con le associazioni e la società civile, una grande manifestazione nazionale per chiedere le dimissioni di Berlusconi.

GOVERNO IN COMA: TUTTI IN PIAZZA

Emma MarcegagliaEmma Marcegaglia“Da sei mesi a questa parte, l’azione dell’esecutivo non è sufficiente. O questo governo è in grado di fare le riforme, altrimenti bisogna fare altre scelte. Il Paese non può più aspettare”. E’ Emma Marcegaglia, questa volta a rompere gli argini. Una reazione durissima che arriva proprio dagli amici più stretti del premier, dai ‘compagni di viaggio’ che l’hanno sostenuto in tutti questi anni. Parole che possono essere interpretate in un solo senso: nell’azione del governo non ci sono proprio più segni di vita. Il paese, come da mesi denunciamo su questo blog, è abbandonato a se stesso e, questa volta, non basta più neanche la roboante propaganda governativa. L’azione dell’esecutivo è un elettroencefalogramma piatto. E’ di pochi mesi fa l’ultima delle tante interviste a cui ci ha abituato da quindici anni a questa parte il ministro Tremonti. Titoloni, caratteri cubitali sui giornali con accattivanti annunci di prossime riforme istituzionali, del fisco, del welfare che da lì a pochi mesi il governo e il Parlamento avrebbero approvato. A queste promesse è seguito sempre il nulla. Per questo dopo aver leto le sue interviste subentra spesso un senso di vuoto, un horror vacui. Gli annunci, gli spot, non bastano più. Il Paese è fermo. Un’inefficienza che questa volta potrebbe significare entrare in un tunnel di declino senza vie d’uscita. Un’inettitudine che l’Italia in questo momento non si può permettere. In questi giorni, come avete potuto leggere sul sito, non ho praticamente mai parlato del caso Ruby, se non per soffermarmi su particolari che avevano una particolare rilevanza politica. Un premier che è come un sultano d’altri tempi e d’altri luoghi abbarbicato sulla sua poltrona dorata. Avrebbe dovuto avere solo la decenza di dimettersi. Era l’unica via per togliere il paese dall’imbarazzo in cui lo ha cacciato la sua condotta politica e morale. Un paese ormai allo sbando, senza giuda. Per questo mercoledì proporrò all’ufficio di presidenza del partito di promuovere una grande manifestazione nazionale. Una mobilitazione che, a detta di tutti i sondaggi, può portare in piazza ad urlare la propria indignazione più della metà dell’Italia vera, quella che lavora seriamente, che produce e che rispetta le leggi.  

BERLUSCONI PUTTANIERE

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Ieri durante la puntata di Porta a Porta, ho cercato – invano - di confrontarmi razionalmente con Stefania Prestigiacomo e Paolo Bonaiuti. Impossibile, semplicemente impossibile affrontare seriamente il discorso. Hanno fatto ricorso a tutte le loro tatti cucce per evitare di parlare  dell’inchiesta, delle responsabilità del premier, del declino cui costringe l’Italia, del lavoro che non c’è, delle imprese che chiudono. Insomma, non si è potuto parlare con raziocinio dei problemi del governo e quindi del Paese, e, soprattutto, delle soluzioni. Ora, però, i fatti sono fatti, e non c’è modo di tenerli nascosti. Almeno non a tutti. Non si può negare l’evidenza. Le parole hanno un peso, un senso ed un significato. Troppo spesso vengono pronunciate a cuor leggero, e questo in politica non va bene, perché le parole, per un politico, sono anche un impegno. Ed allora dobbiamo avere il coraggio di guardare in faccia la realtà e chiamare le cose col loro nome. Se un uomo paga per avere prestazioni sessuali, come lo definireste? In italiano c’è una parola, magari poco elegante: puttaniere. Quando ho detto che il leader del centrosinistra non sarà un puttaniere, Bonaiuti e Prestigiacomo hanno scatenato una rissa verbale. Ma, tant’è, le cose stanno proprio così. La verità è sotto gli occhi di tutti ed è che il presidente del consiglio fa il puttaniere. E lo scandalo sarebbe dirlo? Non siamo ipocriti per favore…

BERLUSCONI, MASI E IL DITO MEDIO DELLA SANTANCHE’

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Siamo in stato di guerra. Mediatica, ma sempre guerra. L’ultima novità è la circolare di Masi, il peggior direttore generale nella storia della Rai, che dispone l’obbligo di far gestire il pubblico presente nei talk show ai direttori di rete e di testata e non più ai conduttori del programma. Non è una circolare ad personam, ma ‘ad programmam’, rivolta ad Annozero e Ballarò. Forse Masi è rimasto shockato da quanto è successo la scorsa settimana alla povera Daniela Santanché, che, udite udite, si è presentata alla trasmissione Annozero con sessanta, dico sessanta, accompagnatori. Forse erano i truccatori…Deve essere stato un affronto intollerabile per la pasdaran del premier, poco abituata ai rifiuti. Lei deve essersi sentita terribilmente offesa dal trattamento ricevuto e per solidarietà, Masi ha subito provveduto. Così ora la Santanché potrà esibire il suo dito medio, massima espressione del suo pensiero politico, di fronte ad un pubblico che, almeno per la metà, non le sarà ostile. La questione, però, è più seria della Santanché (ci vuole poco a dire il vero) e coinvolge l’intero apparato mediatico italiano, diventato il ring dove i cani da guardia del verbo berlusconiano vengono sguinzagliati per evitare che l’opinione pubblica abbia accesso alle informazioni vere, alle notizie compromettenti, alla verità. Fatti e verità che  nuocerebbero non poco all’immagine – già ampiamente offuscata – del Cavaliere. Ed allora meglio trasformare i programmi in una specie di stadio dove si fronteggiano due tifoserie contrapposte. Il solerte Masi è solo uno degli esecutori di un’ampia strategia complessiva, che punta alla distrazione di massa, che prevede: diffondere verità di comodo sui giornali e le televisioni di famiglia, descrivendo un paese dei balocchi che non c’è; attaccare e denigrare gli avversari, sempre sui media di famiglia, mettendo in moto la ‘macchina del fango’; impedire la diffusione di notizie scomode nei dibattiti televisivi, interrompendo gli avversari e scatenando la rissa; mentire e diffondere dati falsi ovunque sia possibile. E’ in questo quadro squallido che il dito medio della Santanché diventa uno strumento di comunicazione.

MA DAVVERO VOGLIONO FAR CADERE BERLUSCONI?

Terzo Polo - Casini, Fini e RutelliTerzo Polo - Casini, Fini e RutelliIl destino negativo della mozione di sfiducia a Bondi era già scritto. Era giusto che essa arrivasse al voto, anche perché presentata oltre due mesi fa (11 novembre 2010),  quando, per altro, lo scenario era totalmente diverso. La votazione è stata rinviata per una serie di circostanze che tutti ben conosciamo e non sto qui ad elencare ed era comunque giusto che arrivasse in Aula. E’ finita come ampiamente previsto. Ma il punto non è questo. La questione che voglio affrontare è che non è con strumenti come le mozioni che potremo mai sconfiggere questo governo. E’ evidente che, per un solo voto, la maggioranza sarà sempre in grado di garantire i 314 deputati che ha, per quanto 30 di essi siano al governo. E’ evidente, insomma, che strumenti parlamentari singoli, come le mozioni, sono i meno indicati per battere questo esecutivo. Per farlo, servono atti legislativi di più ampio respiro, che costringono alla presenza costante in Aula, con centinaia di votazioni per 3 o 4 giorni a settimana, come del resto normalmente accade nelle aule parlamentari. E’ per questo motivo che, esattamente sette giorni fa, ho inviato una lettera ai capigruppo di tutte le opposizioni, invitandoli ad unire le forze per procurare la caduta, più rapida possibile, dell’attuale governo e riconsegnare la parola al Presidente della Repubblica. Non vi è infatti alcun dubbio che, se riuscissimo a serrare le fila e ad incalzare il governo con proposte legislative, il governo durerebbe pochi mesi o più probabilmente poche settimane. A quella lettera, che non aveva alcuna presunzione, alcun lampo di genio, ma frutto solo di una riflessione di semplice buonsenso, non ho ricevuto risposta, se non da Dario Franceschini, il quale si è detto pronto ad appoggiare la mia proposta, qualora avessero risposto tutti gli altri capigruppo. La riflessione che ha dato luogo a questa mia iniziativa, è estremamente semplice: se, cioè, l’obiettivo è comune, basta unire gli sforzi per raggiungerlo con facilità. Ed allora, mi chiedo, come interpretare la mancata risposta da parte dei colleghi del Terzo polo? Quanto davvero esso vuole far cadere il governo Berlusconi? Fini, Casini e Rutelli sono davvero intenzionati a far cadere Berlusconi o, in realtà, come sembra alla luce dei fatti, hanno colto in pieno l’aspetto comodo di un Berlusconi sempre più debole costretto a venire a patti con loro? La mancata risposta alla mia lettera, oltre che un oggettivo gesto di scortesia personale, cosa che francamente poco conta, fa riflettere a fondo da un punto di vista politico: con quella strategia la caduta di Berlusconi è una certezza. Il fatto che non la si voglia perseguire significa una sola cosa: non voler raggiungere il risultato. E’ evidente insomma quale sia l’obiettivo del Terzo polo: arrivare a fine legislatura, con un Berlusconi ancora in sella ma il più possibile indebolito e delegittimato, non per costruire un’alternativa ma una successione a Berlusconi con il consenso di Berlusconi stesso, magari garantendo a lui la strada del Quirinale. Quanto a Bersani, che anche oggi usa parole durissime e chiede le dimissioni di Berlusconi, gli domando, visto che Berlusconi a dimetterci non ci pensa neanche lontanamente, noi cosa facciamo? Stiamo i prossimi 2 anni ad assecondare gli umori e ad aspettare le decisioni di Fini e Casini? E’ questo il futuro del centrosinistra per i prossimi due anni? Io sono convinto, come penso lo siate tutti voi, che fino a quando qualcuno non suonerà sveglia in casa Pd, la situazione rimarrà questa.

FARE IL BERLUSCONI PER NON ANDARE IN GALERA

Ruby - BerlusconiRuby - BerlusconiUna volta si diceva ‘fare lo scemo per non andare alla guerra’. Tra un po’ si dirà ‘fare il Berlusconi per non andare in galera’. C’è dell’incredibile nella linea difensiva del Pdl. Dire che la competenza sull'inchiesta Ruby è del tribunale dei ministri, perché Berlusconi era sinceramente convinto che Ruby fosse la nipote di Mubarak, come lei stessa gli aveva raccontato, significa, né più né meno, far cadere Berlusconi stesso dalla padella nella brace. Un presidente del Consiglio che mette in gioco il suo prestigio, la sua onorabilità, oltre che la reputazione dell’intero paese, forzando le decisioni della questura in quanto abbindolato dalla storiella sconclusionata di una procace ragazzina, che non avrebbe incantato neanche un bambino di cinque anni, non significa altro che affermare che Berlusconi è un povero mentecatto, incapace di discernere tra il vero e le balle più colossali. Talmente sprovveduto e superficiale da non far fare neanche una telefonata all’ambasciata egiziana all’ultimo dei suoi assistenti. Insomma, un comportamento veramente ebete, al punto da apparire altrettanto grave, per quanto riguarda l’adeguatezza a ricoprire incarichi di governo, di quanto ipotizzato dalla procura di Milano. Insomma, peggio la pezza del buco. Per quale motivo la competenza non sarebbe dei pm di Milano, ma del tribunale dei ministri? Quello che Berlusconi deve spiegare ai magistrati non ha nulla a che vedere con le sue funzioni di presidente del Consiglio, se non per l’offesa gravissima che arreca all’onorabilità delle istituzioni. Le accuse dei magistrati come quelle di dare del denaro a una minorenne per ottenere il suo silenzio, manipolare le indagini dopo avere scoperto che la stessa Ruby aveva parlato con i magistrati, facendo costruire una memoria difensiva ai suoi fidi deputati-avvocati dopo la divulgazione delle carte giudiziarie attraverso la giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera, sono reati che Berlusconi ha commesso proprio dimenticandosi totalmente della sua responsabilità pubblica. Non che ci sia una maniera attraverso la quale Berlusconi possa uscire da questa storia a testa alta, ma, se avesse anche solo un minimo di senso della responsabilità, smetterebbe quanto meno di accanirsi contro la democrazia del sistema e se ne tornerebbe a casa alla svelta, lasciando al Paese la possibilità di recuperare la propria dignità  morale ed un serio percorso politico.

PRONTO: CHI E'? LA CENSURA!

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E sì che ormai dovremmo essere abituati a tutto. Dopo un presidente del Consiglio che attacca quotidianamente la magistratura per tentare di venir meno alle sue responsabilità di fronte a tutto il vergognoso scandalo in cui ha gettato l’intero Paese; dopo una controinformazione che segue pedissequamente i suoi ordini per far giungere ai cittadini una verità filtrata a dovere, dovremmo davvero essere pronti a tutto. Eppure, questo sistema malato creato a dovere dalle mani ormai esperte di Berlusconi, continua a stupirci. Com’è successo l’altra sera. La telefonata del direttore generale della Rai, Mauro Masi, in apertura della trasmissione Annozero di giovedì scorso,  rappresenta una irrituale quanto pericolosa novità nella storia del servizio pubblico. Stiamo parlando di un direttore generale che chiama il conduttore di una trasmissione d’informazione per  prendere le distanze e dissociare l’azienda  dal programma stesso, pur senza bloccarlo. Una sorta di dimostrazione, un avvertimento, una minaccia dall’alto, secondo il metodo della cornetta facile ormai tanto in voga. Senza commentare la figura direi indecorosa che Masi ha fatto di fronte agli oltre 7 milioni di italiani che seguivano il programma, il fatto gravissimo è che la telefonata rappresenta l’ennesimo tentativo di censura ai danni della libera informazione. Quella libera informazione che interessa tanti cittadini da fare un record di ascolti. In un Paese dove ormai il decoro sembra non esistere più, di fatto, chi si permette di svolgere il proprio mestiere correttamente e di incorrere, per dovere professionale, nelle questioni del presidente del Consiglio, viene attaccato dal sistema di ferro creato da questo piccolo uomo che si ritiene onnipotente. Ma quel sistema di ferro va combattuto. E’ necessario abbattere questa sorta di muro che Berlusconi, con l’aiuto della sua corte politica ed editoriale, vuole mettere tra le proprie oscene verità e i cittadini e tra se stesso e la magistratura. Nell’esprimere, a nome personale e del mio gruppo, solidarietà a Michele Santoro ed al serio lavoro che svolge con l’aiuto di un intero staff, per trasmettere ai cittadini la verità, a questo punto ritengo doverose le dimissioni di Masi, che ormai va anche contro gli interessi dell’azienda che dirige, minacciando apertamente il conduttore di una trasmissione con ascolti record,  pur di eseguire gli ordini del suo padrone.

"Chiamata per l'opposizione: così li batteremo"

Pubblico la mia intervista, apparsa ieri su Il Fatto quotidiano.

"Se non lo facciamo ora, non lo facciamo mai più". Massimo Donadi, capogruppo IDV alla Camera, lancia un appello alle opposizioni, per mettere in atto una strategia comune per cacciare Berlusconi. Per questo, si dichiara disposto pure a disotterrare l'ascia di guerra con il Pd (e lo dice con un'espressione colorita: smettere di mettersi reciprocamente le dita negli occhi), mentre se la prende con il Terzo Polo che non avrebbe nessuna intenzione reale di portare il premier alle dimissioni.

Onorevole Donadi, lei ha anche mandato una lettera alle opposizioni, proponendo una strategia comune. Quale?

Non riusciremo mai a battere Berlusconi su ogni singolo voto, su una singola mozione perchè in quel caso lui ce la fa a portare i suoi a votare. Ma dovremmo accordarci su alcuni provvedimenti più complessi, votando insieme e presentando emendamenti su emendamenti, in modo tale da costringere la maggioranza a stare in Aula per giorni.

Si, ma veniamo da una serie di prove non esattamente brillanti per l'opposizione: il giorno della relazione di Alfano sulla giustizia c'erano molte assenze. E la sfiducia a Bondi si è rivelata un autogol: questo non è un buon indicatore per il successo di iniziative come quelle che lei suggerisce...

Infatti, non è in quel modo che noi possiamo vincere, ma sul voto di provvedimenti più complessi: come si può credere che ministri e sottosegretari lascino tutti i giorni i loro impegni per venire in Aula per giorni? Fino ad ora il Governo ha accuratamente evitato di presentarsi con leggi più sostanziose. Ma non potrà farlo per sempre. E così cadrebbe nel giro di due mesi.

La sua lettera quali riscontri ha avuto?

Mi ha risposto Franceschini, dando la sua disponibilità anche se ha sottolineato come una strategia comune ha successo se la facciamo tutti insieme. Il Terzo Polo non ha dato nessuna risposta.

Però anche ieri Casini ha detto che preferisce le elezioni piuttosto che tirare a campare...

A parole tutti vogliono le dimissioni di Berlusconi. Ma io credo che il Terzo Polo preferisca strategicamente continuare ad indebolirlo ma tenerlo lì. Per consentire una successione con il consenso di Berlusconi stesso, magari consentendo a lui la strada del Quirinale. Infatti, quando alla Camera è arrivato l'unico provvedimento un poì più complesso, dopo la fiducia di dicembre, quello sui rifiuti, loro hanno votato quasi sempre con la maggioranza. Il problema è che anche il Pd aspetta il Terzo Polo. E invece dovrebbe avere il coraggio di assumere l'iniziativa.

Pd e IDV non sono esattamente allineati. Lo dice anche la vicenda delle primarie a Napoli: prima avete scelto di non partecipare alle consultazioni, e una volta che queste sono di fatto fallite, avete presentato ufficialmente De Magistris...

Perchè avremmo dovuto partecipare ad una competizione falsata, in un posto dove la politica è degradata? Invece, il nostro vuole essere un contributo positivo.