aprile 2012

FESSERIE DEL GOVERNO SULLE RINNOVABILI

Anche i cosiddetti ‘tecnici’ dicono fesserie. L’ultima è quella del governo sul taglio degli incentivi alle energie rinnovabili. Roba da medioevo ideologico, che nemmeno nei paesi in via di sviluppo prendono in considerazione. Il costo dell’energia in Italia è alto proprio perché il ricorso alle energie rinnovabili è stato molto limitato, perché è mancato un piano energetico nazionale e perché è eccessivo il ricorso ai combustibili fossili, peraltro molto inquinanti.

Il settore delle energie rinnovabili, grazie anche agli incentivi dell’ultimo governo Prodi, è uno dei pochi settori economici italiani in continua crescita. Le rinnovabili creano non solo energia, ma anche nuova e buona occupazione. Ed hanno un impatto sui bilanci dello Stato perché, riducendo le emissioni, riducono anche le multe che l’Italia dovrà pagare in base al Trattato di Kyoto. Pensare allo stop delle rinnovabili è pura follia dal punto di vista politico, economico, energetico ed ambientale.

Siamo rimasti francamente sorpresi dalle parole del ministro Passera, che non può non essere al corrente di queste cose. Persino i grandi produttori mondiali di petrolio, dal Golfo Persico degli emiri al Venezuela di Chavez (quindi non proprio governi illuminati...), stanno investendo sulle fonti sicure, pulite e rinnovabili per superare la dipendenza dal petrolio. E noi cosa si fa? Si torna indietro di un secolo?

Ridurre i costi delle bollette elettriche si può, intervenendo su altre voci, a partire dal Cip 6, che equipara fonti altamente inquinanti, come residui di raffinazione ed inceneritori, alle energie rinnovabili. Le chiamano assimilate e costituiscono una delle più grandi truffe ai danni dei cittadini. Non vogliamo credere che le parole di Passera siano state frutto di pressioni lobbistiche né che rispondano ad interessi ‘altri’ rispetto a quelli dei cittadini e dello Stato. Pensiamo che siano solo parole dal sen fuggite e che si sia trattato di un equivoco. Perché il problema del ricorso alle rinnovabili in Italia è che è ancora troppo limitato.

NEL CONTINENTE NERO…

Notizia di oggi. Il tesoriere della Lega Belsito è indagato per riciclaggio, appropriazione indebita e truffa allo Stato. Al centro dell’indagine della Guardia di Finanza, i fondi esteri del partito. Salvini ha detto: “La Lega non ha niente da nascondere, in Lega chi sbaglia paga". Maroni ha dichiarato: “Si poteva fare qualcosa prima, ma purtroppo questa richiesta non e' stata ascoltata  da chi doveva decidere. Noi abbiamo anche chiesto in Consiglio federale che ci portassero i conti e che si facesse  chiarezza, che Belsito facesse un passo indietro e venisse nominato un nuovo amministratore. Purtroppo questa richiesta non e' stata ascoltata e si e' arrivati alla situazione di oggi''. Ha poi aggiunto: “L'inchiesta mi sembra particolarmente importante per cui chiedo che la risposta da dare sia un passo indietro volontariamente da parte dell'amministratore e la nomina di un nuovo tesoriere in cui abbiamo fiducia, che possa fare chiarezza sui conti e dirci davvero, finalmente, che cosa e' successo prendendo in mano la situazione". Sono parole dure, per certi aspetti inequivocabili, quelle pronunciate dall’ex ministro dell’Interno. Vedremo gli sviluppi dell’inchiesta sugli eventuali addebiti, confidando nel lavoro della magistratura. Per ora, sospendiamo ogni giudizio, come è d’obbligo in questi casi. Chi è chiamato in causa si discolpi e vada a chiarire la sua posizione.

Ma non possiamo non dire che gli scandali delle ultime settimane, dalla vicenda Lusi a quella odierna di Belsito, impongono alla politica di intervenire. I nostri appelli ai presidenti di Camera e Senato per calendarizzare in Aula la proposta Idv per rendere trasparente il meccanismo del finanziamento pubblico ai partiti ed evitare illeciti sono rimasti inascoltati.

Per questo, abbiamo deciso di presentare il referendum per l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti. Oggi, più che mai, è inaccettabile che i partiti gestiscano, così come hanno fatto in questi ultimi 10 anni, due miliardi di euro, senza un effettivo controllo da parte di alcuno. E' assurdo che non esista un organo in grado di verificare e controllare davvero l'operato dei partiti soprattutto per quanto riguarda i finanziamenti. Se la politica tace, allora parlino i cittadini.

LA SECONDA REPUBBLICA E’ FINITA. A SUA INSAPUTA

#asuainsaputa è l’hashtag del giorno. E purtroppo è anche il leitmotiv della politica italiana da un paio d’anni a questa parte. Il primo a lanciare lo slogan fu Scajola, allora ministro, per una casa zona Colosseo a Roma, comprata a prezzo bassissimo e ristrutturata praticamente gratis da alcuni generosi imprenditori. A sua insaputa naturalmente.

Diventò un tormentone, riempì il repertorio dei comici per mesi. Ora è tornato in voga grazie alla famiglia Bossi. Tra Scajola e Bossi tanti altri, a loro insaputa naturalmente, hanno approfittato di certi vantaggi.

La batosta giudiziaria sulla Lega è un duro colpo. Non per la politica, che può fare tranquillamente a meno di certa gente, non per le istituzioni, per lo stesso motivo, ma per i milioni di cittadini che hanno dato fiducia al Carroccio in questi anni.

La Lega nacque come risposta federalista all'mplosione del sistema politico dopo Tangentopoli. Milioni di cittadini sono stati presi in giro dal Senatur e dai suoi sodali, che si sono progressivamente distaccati dai loro ideali per diventare politici di razza, affabulatori ed attaccati alla poltrona (meglio se a Roma) come tutti gli altri. Forse peggio.

Siamo sempre stati critici nei confronti della Lega, dei suoi eccessi razzisti e xenofobi, delle sue truci e volgari crociate contro il Tricolore, del suo modo di governare in cui le promesse elettorali diventavano carta straccia per uno strapuntino di potere. Ci sentiamo vicini, però, alla gente che in buona fede ha votato per loro, perché hanno davvero rappresentato una novità nel panorama politico e perché molti temi, dal federalismo alla legalità, erano assolutamente condivisibili. La nascita della Lega, antecedente a Forza Italia, segnò la fine della prima repubblica, il suo declino accompagnerà la scomparsa della seconda repubblica. A sua insaputa.

La Commissione dell'acqua calda

Tre giorni fa, Giovannini, presidente dell’Istat, a capo della Commissione sui costi della politica, si è arreso. Un fallimento totale quello della commissione istituita per comparare i costi delle nostre istituzioni con quelli di altri stati membri dell’Unione Europea.

Perché Giovannini ha gettato la spugna? La comparazione non si può fare perché la nostra situazione è troppo difforme da quella di Francia, Germania, Inghilterra e via discorrendo. Tanto per capirci, all’estero, ha detto il presidente, non ci sono strutture analoghe a quelle italiane. Su 30 tipologie di enti esistenti in Italia, solo in 9 casi esistono strutture analoghe. Questi nove enti, continua a spiegare Giovannini, sarebbero l'Agenzia del Farmaco, l'Antitrust, l'Autorità delle Comunicazioni, quella per l'Energia elettrica, la Consob, il garante della Privacy, Regioni, Comuni e la Camera dei Deputati. Il Senato no, perché in altri Paesi i senatori non sono eletti direttamente dal popolo.

Per farla breve, la Commissione ha alzato le mani: “Le situazioni sono diverse, non si possono paragonare. Suggeriamo al Governo e al Parlamento di rivedere la legge sui costi della politica”. Insomma, come nel Monopoli si riparte dal via, grazie a tutti abbiamo scherzato.

Roba da matti. Con tutto il rispetto, solo in Italia capita che si istituisca una commissione sui costi della politica che lavora quasi un anno, comparando i dati e i numeri per scoprire l’acqua calda. Non ci voleva una Commissione per dirci che in Italia c’è una proliferazione esagerata di enti inutili. Non ci voleva Giovannini per dirci che in Italia c’è una macchina burocratica elefantiaca che rappresenta un unicum in Europa. In Italia serve darci un taglio. Non serve comparare tabelle, squadernare libelli, fare i conti in tasca agli altri paesi per capire dove è il marcio. E’ sotto gli occhi di tutti. In un momento di straordinaria drammaticità per il Paese occorre usare il rigore e la scure anche nei confronti della politica. L’obiettivo è disegnare un’Italia più snella, più moderna, liberale, meno burocratica, in cui i sacrifici non passino solo attraverso la riduzione del potere di acquisto delle famiglie o una patrimoniale per i redditi bassi.

Salva Italia, Cresci Italia, Liberalizza Italia, Riforma del Lavoro. Tradotto: tasse, poche e insignificanti liberalizzazioni, articolo 18. E i costi della politica? Che fine hanno fatto nel programma del governo “tecnico” targato Monti? Riposti nel cassetto. Lì giacciono in pace. Eppure le risorse che si libererebbero dando una bella sforbiciata ai costi della politica sarebbero ingenti. Ma nulla si muove, solo timidi tremolii di foglie, poi subito la quiete. Se la politica non è matura per un passaggio così epocale, lo sono i cittadini.

L’AQUILA: UNA STORIA ITALIANA

Tre anni fa la terra tremò a L’Aquila. Il ricordo di quel dramma è ancora vivo in tutti gli italiani, così come le sfilate dei politici, il G8, gli spot sulla ricostruzione, gli affari delle cricche e le sciagurate risate di imprenditori sciacalli.

Una storia italiana. Una storia che parla della grande dignità di una popolazione che ha affrontato prima il sisma, poi le sue enormi conseguenze.

Una storia che parla di solidarietà, con la macchina spontanea degli aiuti che si è messa in moto immediatamente ed ha coinvolto migliaia e migliaia di persone.

Una storia di modernità, che racconta l’impatto dei social network nell’organizzazione dei soccorsi, nella mobilitazione, nella diffusione delle notizie. Una storia di cinismo politico, che ha visto L’Aquila diventare il megaset di grandi inganni televisivi, lo sfondo di un fiction di efficienza che non era assolutamente vera.

Una storia squallida, che fa riflettere sul malaffare che continua a prosperare nel nostro paese; quel che è peggio sulla pelle di persone in difficoltà.

Una storia umana, che toccato il cuore della gente.

Una storia sulla storia, perché L’Aquila è preziosa sotto il profilo storico-culturale.

Una storia giornalistica e televisiva, perché in tanti l’hanno raccontata.

Una storia italiana, perché rispecchia, nel bene e nel male, vizi e virtù del nostro Paese.

Soprattutto è una storia ancora da scrivere, perché la ricostruzione non è ancora lontanamente compiuta, ed è dovere dello Stato restituire un bellissimo centro storico ai suoi abitanti ed all’Italia tutta.

MERCATI INGRATI

A sentir parlare il governo sembrava che la riforma del mercato del lavoro fosse la panacea di tutti i mali dell’economia italiana, che l’Art.18 fosse un feticcio di tempi passati che ostacolava la crescita e spaventava mercati e investitori. Che, come tutti sanno, sono categorie composte di persone tremebonde e impaurite.

Ieri Monti e Fornero hanno presentato questa fantastica e rivoluzionaria riforma che finalmente abolisce di fatto le tutele dell’Art 18. E i mercati come reagiscono? Se ne infischiano. Lo spread che torna vicino a quota 400 dimostra con quanta ansia i mercati stessero aspettando la riforma dell’Art. 18...

Ironia a parte l’aumento dello spread conferma quanto sosteniamo da tempo: non è l’Art. 18 a frenare la crescita e ad intimorire mercati e investitori, ma altri problemi strutturali. Monti e la Fornero hanno sinora fatto molta demagogia, hanno venduto bene il prodotto agli italiani. 

Al posto di ridurre le tutele dei lavoratori in un momento di crisi, lavorino per rimuovere i veri ostacoli al rilancio economico. All’Italia servono una drastica riduzione della spesa pubblica, un’efficace lotta alla burocrazia e una sensibile riduzione delle tasse, tutto il resto sono chiacchiere.

LA POLITICA E’ NUDA

La politica è nuda. Pensavamo che nulla potesse eguagliare lo squallore dei bunga bunga, e invece l’implosione della Lega sta scoperchiando un vaso di Pandora che indigna giustamente i cittadini.

Finisce tra improbabili personaggi, buttafuori diventati tesorieri e sottosegretari, cartomanti elevate a cariche istituzionali, pesci d’acqua dolce che nuotano in un mare di soldi (pubblici), l’epopea di un partito ‘antisistemico’.

Un movimento nato in concomitanza con Tangentopoli che arrivò ad esibire il cappio in Parlamento per denunciare le malefatte della politica è degenerato sino a diventare un clan affaristico mangia-soldi (sempre pubblici).

Una brutta fine, indegna, che mette tristezza anche a chi leghista non è mai stato. Perché è il segno della degenerazione della politica italiana, ormai arrivata ad un punto di non ritorno.

Una nuova legge sulla trasparenza è indispensabile. Ed anche in tempi brevi, altrimenti sarà referendum. In ogni caso non ci si può limitare a questo. La politica negli ultimi anni si è trasformata in una sorta di ‘refugium peccatorum’, una zona franca che ha garantito protezione e benefit a persone non certo cristalline.

Da anni combattiamo per l’approvazione di una legge sul ‘Parlamento Pulito’, ma sembra che l’argomento non sia una priorità per questa classe dirigente. Facile capire perché. Purtroppo. In ogni caso noi continueremo a lavorare per la trasparenza e la legalità, come abbiamo sempre fatto.

RIDURRE I RIMBORSI O IDV NON CI STA

Pubblico la mia intervista su l’Unità di oggi.

Dopo Pd, Udc e Pdl, anche l’Idv apre sulla revisione delle regole dei rimborsi elettorali. Ma non per questo rinuncia a portare avanti il referendum per abolire il finanziamento pubblico ai partiti.Scrive su twitter il leader Antonio Di Pietro: “serve buona legge. Intanto Idv pronta a raccogliere firme”.

“Siamo pronti a partecipare ai lavori, ma alla fine il provvedimento lo voteremo solo se contiene alcune misure di peso”.

Quali sono le vostre priorità?

Anzitutto che si preveda un sistema di controlli che sia affidato a un’autorità terza e indipendente, come la Corte dei Conti che svolge già egregiamente questo compito per le campagne elettorali.

E su questo non pare che ci siano grandi dissidi. Poi?

E’ necessario affrontare la riduzione dei rimborsi. La proposta di legge dell’Idv parla di un taglio del 50 per cento, ma a questo punto mi sembra anche poco. Per questo, vediamo con interesse la proposta di introdurre il 5 o il 4 per mille come eventuale contributo volontario nelle dichiarazioni dei redditi; una misura che sarebbe accompagnata con la fissazione dei limiti di spesa in campagna elettorale – così da superare l’obiezione che, senza soldi dello Stato, la politica la farebbero solo i ricchi.

Si trova d’accordo con Alfano?

Non vedo lo scandalo, e la proposta è tutt’altro che nuova – la feci anch’io nel 2005. Serve un chiaro segno di rigore, e noi crediamo sia necessario arrivare al superamento del finanziamento pubblico, prevedendo al più una quota minima di contributo per garantire la vita dei partiti.

Ecco, su questo non pare che Pd, Udc e Pdl la vedano nello stesso modo.

E’ vero. L’accordo non c’è anche su un altro punto per noi dirimente: prevedere uno statuto dei partiti, per attuare l’art.49 e legare i finanziamenti alla trasparenza e democrazia delle associazioni politiche.

Ma quanto sono dirimenti queste condizioni per l’Idv?

Queste sono le nostre proposte. Dopodiché non è che facciamo come i bambini: siamo disponibili a valutare tutto. Altro conto è però se, alla fine, nella legge dovessero rimanere il controllo della Corte dei conti e poco altro: in questo caso voteremmo no.

E vi buttereste sul referendum. Ma non c’è contraddizione tra il voler riformare la legge in Parlamento e il volerla abolire per volontà popolare?

No, perché la prima finestra utile per celebrare il referendum si aprirà nel 2014, e abbiamo calcolato che l’unico momento buono per raccogliere le firme è tra ottobre e dicembre. E se la volontà c’è, a settembre la legge sarà già arrivata in fondo al percorso. Noi diamo tempo alla politica – quindi anche a noi stessi – di far vedere di cosa è capace. Poi se il Parlamento avrà provveduto in maniera insufficiente, faremo partire la raccolta firme.

IL GATTOPARDO? UN DILETTANTE

La riforma del finanziamento è roba che al confronto il Gattopardo era un dilettante. Cambiare tutto per non cambiare niente è il principio dominante nel romanzo di Tomasi di Lampedusa, ma i politici italiani hanno fatto di meglio. Stanno facendo passare la riforma del finanziamento per una rivoluzione copernicana che garantirà trasparenza e taglio dei costi, in realtà cambierà pochissimo.

Una riforma che grida allo scandalo perché non c’è alcuna riduzione del finanziamento, perciò i partiti continueranno a ricevere più denaro di quanto ne possano spendere, con tutte le conseguenze etiche, politiche ed economiche del caso.

Abbiamo proposto il dimezzamento del finanziamento, ma, naturalmente, i partiti della maggioranza hanno fatto orecchio da mercante. Abbiamo proposto la rinuncia all’ultima tranche di finanziamento, circa 100 milioni di euro, per destinarlo a fini sociali o alla riduzione del debito. Macché...

D’altronde non è possibile aspettarsi molto di più da una maggioranza così innaturale, che non può prendere decisioni politiche nelle sedi parlamentari competenti perché non riuscirebbe a trovare alcun accordo. Per questo continuano a si moltiplicano incontri nelle segrete (più o meno) stanze.

Si procede in base alla logica del compromesso al ribasso (finte riforme, fumo negli occhi dei cittadini) oppure di quella dello scambio (io do una cosa a te, tu dai una cosa a me). E questo è il metodo seguito anche per la legge elettorale. Almeno stando alle bozze che circolano oggi.

Non c’è possibilità di rilancio e di vero cambiamento in questo modo. Ed è un errore strategico: oggi la politica è ad un bivio e non rendersi conto che la sfiducia nei partiti può provocare un collasso delle istituzioni ed un deficit di democrazia è da irresponsabili. Certi dirigenti di partito sembrano più attenti a coltivare il proprio orticello che non a riprendere un percorso riformatore al proprio interno che è anche il primo indispensabile passo per riformare il Paese. In questo modo non si esce dalla crisi italiana, che è anche politica e culturale. Serve una scossa e l’opinione pubblica è pronta a darla. La politica deve saper ascoltare, se vuole riacquisire credibilità.

ABC, STRANO CASO DI FANTASIA AL POTERE

Dunque, ricapitoliamo le rocambolesche proposte di ABC - Alfano, Bersani, Casini - sul finanziamento pubblico ai partiti nella giornata di ieri. E’ davvero uno strano caso di fantasia al potere.

Ore 12.38: la via scelta è quella dell’emendamento, da inserirsi nel decreto fiscale. Ore 17.48: la presidenza della Camera lo dichiara inammissibile “per estraneità di materia”. Ovvio, quasi scontato. Altro giro, altra corsa. Si procederà con decreto. Anzi no, non ci sono i presupposti di necessità e urgenza. Ore 18.02: ABC presenta una proposta di legge sulla trasparenza e il controllo dei bilanci dei partiti.

 Cosa dice la proposta targata maggioranza? Ricalca l’emendamento, quello dichiarato inammissibile, ovvero: bilanci certificati da società di revisione e pubblicabili su internet. Una commissione di controllo composta dal presidente della Corte dei Conti, del Consiglio di Stato e del primo presidente della Cassazione; sanzioni nelle mani dei presidenti delle Camere e investimenti solo in titoli dello Stato italiano. Le nuove regole si applicano dall'esercizio finanziario 2013.

E il dimezzamento dei finanziamenti? Non c’è traccia. E il congelamento della rata di luglio, quella da destinarsi a iniziative sociali, come contributo agli esodati, richiesta da Idv? Dispersa nel nulla.

Carta canta. La proposta presentata dai partiti di maggioranza è drammaticamente inadeguata rispetto alle legittime esigenze  di trasparenza e di legalità che gli italiani rivolgono alla politica. Ma quel che è più grave è che non risolve nessuno dei problemi che hanno portato alla nascita delle vicende Lusi e Belsito. Siamo alla truffa al raggiro.

Serve una proposta seria, organica che incida fattivamente sul controllo dei bilanci dei partiti. La riassumiamo qui, perché sia chiaro che su questo daremo battaglia.

1.  Serve congelare immediatamente l`ultima rata del finanziamento pubblico di 100 milioni prevista per luglio. I partiti devono avere il coraggio di rinunciare a quei soldi e destinarli a iniziative sociali, per esempio come contributo per gli esodati.

2. Servono controlli veri, seri e stringenti da affidare alla Corte dei Conti e al suo personale, in grado di scandagliare ogni voce di spesa, ogni fattura e pezze di appoggio. Pensare di risolvere tutto pubblicando i bilanci dei partiti su Internet o affidarne la verifica ai tre magistrati più impegnati d`Italia, è una truffa, un raggiro bello e buono.

3. Occorre ridurre drasticamente il finanziamento pubblico, oggi ad un livello immorale, inconcepibile e inaccettabile. Va lasciato il minimo per garantire la sopravvivenza dei partiti, affidando la raccolta di eventuali fondi al 5 per mille, imponendo altresì un tetto alle spese per le campagne elettorali.

4. Serve la revisione dell`articolo 49 della Costituzione, per trasformare i partiti in soggetti trasparenti, case di vetro per i cittadini, subordinando l`erogazione di finanziamenti al rispetto dei principi di trasparenza e legalità.

Nessuno provi a giocare sporco o al ribasso. Italia dei Valori ha già depositato una proposta di legge d'iniziativa popolare e i quesiti referendari per abrogare i rimborsi ai partiti. Saranno i cittadini a fare quello che il Parlamento non è in grado o non ha voglia di fare.

E’ TUTTO UN MANCIA MANCIA

In Parlamento è tutto un mancia mancia. No, non c’è errore, non intendo nel senso classico del termine ‘mangia mangia’, per definire avidità di certi politici e comportamenti non proprio ortodossi. Mancia nel senso di legge mancia, quella che destina soldi pubblici al finanziamento di opere nei collegi a ridosso delle campagne elettorali o a gloria del signorotto della zona.

Questo è un post preventivo, perché la ‘legge mancia’ ancora non è stata ufficialmente presentata, ma da giorni se ne parla tantissimo. I giornalisti sono alla ricerca del testo, che non c’è, perché, secondo indiscrezioni, chi se ne occupa lo tiene ben nascosto per il momento.

A noi dell’Italia dei Valori manco ce lo chiedono se vogliamo far inserire qualche prebenda nell’elenco, perché sanno che non siamo disposti a partecipare a questo sperpero consociativo di denaro pubblico. Non siamo disposti e riteniamo questa pratica una porcheria politica.

Avevamo più volte chiesto che la legge mancia venisse soppressa, ma anche il governo Monti l’ha mantenuta in vita. Non è tempo di legge mancia, la credibilità della politica è ai minimi storici e approvare un provvedimento per distribuire favori nei territori, senza ricorrere ad un criterio oggettivo, di urgenza, di necessità è un atto politico molto grave, che dimostrerebbe una volta di più la mancanza di sensibilità nei confronti dei cittadini, costretti a fare i conti con una crisi economica profonda.

CON MONTI… SI SALVA CHI PUO’

“Se vuole rilanciare la crescita economica con un assetto fiscale europeo, l’Italia non può illudersi che basti modificare la distribuzione del prelievo. Piuttosto, dovrà tagliare la spesa pubblica e combattere l’evasione e l’erosione fiscale”. Firmato, la Corte dei conti nella relazione sull’Analisi annuale della crescita per il 2012.

In poche parole, se non si combatte il nero, il sommerso, non si va da nessuna parte. Noi lo diciamo da tanto tempo. Ma cose fondamentali come queste, se non c’è la volontà di cambiare sul serio le cose, rischiano di essere derubricate ad ovvie, talmente ovvie da essere inutili. Invece così non è. Io l’ho detto due settimane fa, quando il dipartimento delle Finanze ha fotografato una situazione di illegalità diffusa in tutto il Paese.

Le ricordo qui non perché mi piace l’idea che la corte dei Conti mi dia oggi ragione, ma perché sono convinto che se non ci mettiamo in testa che l’evasione fiscale va combattuta seriamente perchè strozza la crescita e frena lo sviluppo della nostra non andiamo da nessuna parte.

Sono dati di oggi: l’aumento delle tasse e i ritocchi tariffari costeranno alle famiglie 1.500 euro in più rispetto al 2011. In pratica, la tredicesima degli italiani – da stime medie – se ne andrà in imposte e bollette. Ecco l’elenco: Imu, doppio aumento dell’Iva, ritocco dell’Irpef, aumento Rc-auto e accise su benzina e gasolio, grazie al decreto Salva-Italia targato Monti. La stretta fiscale rischia di far pagare i redditi più bassi, in una logica perversa ed inaccettabile.

Ebbene, se si mettesse mano sul serio all’evasione fiscale, si segnerebbe un passo fondamentale anche nella riduzione delle tasse.

Italia dei Valori ha presentato una proposta di legge rivoluzionaria che prevede la ricostruzione degli importi di spesa dei contribuenti e la verifica della loro congruenza con i redditi dichiarati, attraverso l'ausilio di strumenti informatici, tecnici e giuridici. Se si vuole davvero combattere l'evasione, è fondamentale approvare la nostra proposta di legge, che prevede anche la riduzione delle tasse attraverso i proventi ottenuti.

Le manovre di Tremonti per complessivi 100 miliardi, di cui due terzi di tasse, e il cosiddetto 'Salva Italia' di diverse decine di miliardi di Monti, hanno reperito risorse, ma hanno anche avuto gravi effetti recessivi. Non e' questa la strada giusta. All'Italia serve una svolta, anche politica, per il rilancio dell'economia e per avviare una fase di crescita vera.

PAROLE PAROLE PAROLE

‘Parole parole parole parole parole parole’ cantava Mina. Una canzone tutt’ora in voga dalle parti di Palazzo Chigi e nei palazzi della politica in genere.

Mesi fa il governo aveva accolto la proposta dell’Italia dei Valori di istituire un fondo col ricavato della lotta all’evasione per diminuire il carico fiscale. Bene. Promessa da marinaio, ad oggi, perché è saltato nel disegno di legge sulla delega fiscale l’istituzione del fondo taglia-tasse. Ai contribuenti onesti non verrà restituito neanche un euro sotto forma di diminuzione del carico fiscale.

Più tasse per tutti, soprattutto per chi le ha sempre pagate e continua a pagarle. E i partiti continuano a cianciare di una riforma del finanziamento/ rimborso senza però avere il coraggio di rinunciare ad una fetta della torta.

Ieri l’Aula di Montecitorio ha votato a favore della proposta di inviare il testo della riforma sui partiti in commissione Affari Costituzionali in sede legislativa. Una procedura che serve per accelerare i tempi. L’Italia dei Valori ha votato a favore della legislativa perché è la via più breve per approvare una riforma che per noi è una vera e propria emergenza nazionale.

Dopo il voto la Lega ha presentato un documento firmato da oltre 60 parlamentari che ha impedito l’invio del testo in sede legislativa. Il Carroccio, travolto dagli scandali e con la necessità di ‘rifarsi una verginità’ ha motivato quest’azione con il fatto che la riforma non va bene. Una posizione farlocca. Neanche a noi va bene, ma in commissione avremmo fatto valere tutte le nostre ragioni, così come le faremo valere in Aula. Per dire che la riforma proposta dall’attuale maggioranza è, più che inadeguata, addirittura fasulla.

Per questo insisteremo sui tre punti per noi inderogabili: azzeramento della rata di Luglio; riduzione drastica e strutturale del rimborso pubblico; controllo dei bilanci affidato alla Corte dei Conti. Se qualcuno pensa di addormentare le coscienze con la proposta annacquata e gattopardesca presentata dalla maggioranza, sbaglia di grosso

ET VOILA', LA “TARTASSA ITALIA” E' SERVITA

Dopo il “Salva Italia”, il “Cresci Italia”, arriva “Tartassa Italia”. Questo è il Dl fisco targato Monti, quello che doveva semplificare le tasse e i tributi, introdurre maggiore equità, liberare l’Italia e gli italiani da lacci e lacciuoli asfissianti e che, invece, non fa altro che introdurre nuove tasse e balzelli.

Cosa c’è nel decreto Fisco di Monti? Di tutto di più. Nuove tasse introdotto in un calderone, dove ci hanno infilato di tutto, alla faccia dei richiami del presidente Napolitano sull’eccessivo ricorso ai decreti omnibus.

Hanno introdotto per norme l’Imu, la tassa sulle case degli italiani, sugli ospizi, sui terremotati e sugli alluvionati ma non sulle fondazioni bancarie, e tante piccole nuove tasse, sempre a carico dei soliti noti.

Con le liberalizzazioni e le semplificazioni hanno fatto il solletico alle banche, alle assicurazioni, ai poteri forti. Con la "Tartassa Italia" si accaniscono incomprensibilmente sulle famiglie, sui contribuenti onesti, su chi paga sempre tutto e lo fa da una vita.

Intanto i dati parlano chiaro e sono drammatici. Il pareggio di bilancio è rinviato alle calende greche (2017), il Pil è diminuito di quasi il 2 per cento, la disoccupazione è arrivata a quota 10 per cento, il reddito delle famiglie italiane è diminuito del 5 per cento e, infine, la pressione fiscale tocca la spaventosa cifra del 45 per cento. Istat, è dato di oggi, fotografa un Paese dove gli italiani senza un’occupazione sono arrivati a 3 milioni. Questi sono i risultati della mirabolante azione del governo Monti.

L'economia reale, quella delle famiglie e delle imprese non ha visto un euro, il credito e' praticamente bloccato o a costi esosi. I sacrifici che continuano a chiedere sono a senso unico, solo a carico dei ceti medi, mentre il debito rimane inchiodato, la disoccupazione aumenta e  le tasse aumentano.

Insomma, con la Tartassa Italia l’equità e la giustizia sociale va definitivamente in soffitta. Il decreto fiscale è un provvedimento che arricchisce i ricchi e impoverisce i poveri. Con buona pace dei poteri forti.

E LA ZAMPATA DEL “LUPO” STESE “ABC”

Il primo presidente della corte di Cassazione ha scritto una lettera al presidente della Camera, nella quale ha espresso tutte le sue perplessità riguardo la proposta di legge firmata ABC, sul finanziamento pubblico ai partiti.

Ernesto Lupo, così si chiama il primo presidente, lo ha detto chiaro e tondo: “I compiti che mi sono assegnati fuoriescono completamente dal giudizio di legittimità che è attribuito alla Corte da me presieduta”. Per chi volesse approfondire, articolo 111 della Costituzione, fa capire Lupo. Affidare l’esame dei bilanci alla corte, secondo l’alto magistrato, non appare compatibile con le funzioni giurisdizionali esercitate dall’istituzione da lui presieduta, visto che il contenuto dei bilanci dei partiti e movimenti politici “potrebbero essere oggetto di procedimenti giurisdizionali penali, civili o anche amministrativi e perciò potrebbe essere portato davanti ad un giudice – ordinario o amministrativo – che dovrebbe esprimersi sull’operato degli organi di vertice dei due giurisdizionali”.

Insomma, Lupo stronca senza mezzi termini la proposta farlocca di ABC, pasticciata, confusa e pure incostituzionale, sotto il profilo dei controlli. Il Pd ha fatto fatica a trattenere l’irritazione. “E’ irrituale che ci sia stato un intervento preventivo” ha detto il democratico Bressa, che poi ha aggiunto che, comunque, essendo il primo presidente della Corte di Cassazione una delle più alte autorità sapienziali di questo paese le sue perplessità vanno prese in considerazione.

Francamente, pacatamente, non so davvero cosa altro debba accadere perché si butti nel cestino questa proposta truffaldina che non sta in piedi sotto ogni profilo. Al primo round, in commissione Affari costituzionali, noi abbiamo smontato pezzo per pezzo la proposta ABC. Abbiamo chiesto di discutere nel merito anche gli aspetti relativi al finanziamento. Abbiamo proposto di abolirlo, sostituendolo con forme molto meno onerose, come il 5 per mille. Abbiamo chiesto la rinuncia immediata ai crediti correnti, controlli più seri e stringenti, con un esame analitico sulle singole voci di spesa da affidare ad una sezione della Corte dei Conti e, infine, sanzioni ben più pesanti di quelle previste.

Ci è stato risposto che i nostri emendamenti saranno dichiarati inammissibili. Noi li presenteremo ugualmente e, se così fosse, scenderemo in piazza contro questa partitocrazia, incapace di autoriformarsi, che si lamenta del vento dell'antipolitica, ma che lo alimenta con la propria cattiva politica.

Marchionne è più uguale degli altri?

La Fiat non rispetta le sentenze. Ieri alla Camera abbiamo fatto una conferenza stampa con l’operaio della Sevel (gruppo Fiat) Costantino Manes e con il suo avvocato Nicola Del Re. La faccenda è semplice e dolorosa. Costantino, con altri suoi colleghi, dopo anni di lavoro precario allo stabilimento Sevel di Atessa (Chieti) non è stato riconfermato, ha fatto ricorso ed il tribunale del lavoro ha disposto il reintegro degli operai. Reintegro che a distanza di mesi ancora non c’è stato. Stanno a casa, senza stipendio in attesa di una chiamata.

Una palese violazione del diritto e delle leggi. Forse perché Marchionne vuole il far west dei diritti e si considera al di sopra della legge. O lui è al di sopra della legge o la legge non è uguale per tutti. E nessuna delle due cose può essere accettabile in una democrazia, seppur stressata come quella italiana. Purtroppo le pretese medievali di Marchionne trovano sponda in una parte del mondo politico e soprattutto nel governo, insensibile al dato drammatico di tre milioni di disoccupati.

L’esecutivo, infatti, fa da zerbino alla Fiat, al posto di agire come Sarkozy e Merkel (noti leader dell’estrema sinistra europea...) che hanno convocato Opel e Renault, spiegando ai vertici aziendali che le loro imprese sono parte del patrimonio nazionale e parte del sistema Paese, trovando così un’intesa sullo sviluppo compatibile con le esigenze nazionali, nel rispetto delle regole di mercato.

La Fiat in Italia, invece, è l`esempio di come sta sprofondando il Paese: le aziende non applicano le sentenze e i diritti dei lavoratori non vengono rispettati. Senza che ciò produca alcun beneficio all’azienda stessa, perché il mostruoso calo di vendite della Fiat sta lì a dimostrare il fallimenti di una politica industriale miope e poco innovativa. Altri 150 operai hanno fatto causa alla Sevel e a breve ci sarà la sentenza. Continueremo a seguire la vicenda e chiediamo al governo di non voltarsi dall’altra parte, perché è dalla soluzione di questi problemi che parte davvero il risanamento dell’Italia.

HOLLANDE BATTE ANCHE MERKOZY

 

 Il successo di Hollande alle presidenziali in Francia apre una nuova stagione per tutti i paesi dell’Unione Europea. O, almeno, questo è l’auspicio al momento, in attesa del ballottaggio. La politica di tagli e di contenimento della spesa pubblica che il duo Merkel-Sarkozy (Merkozy per i critici) è stata in parte necessaria, ma è stata poi spinta all’eccesso, in particolare dal governo Monti. L’Europa ha bisogno di dare impulso ad una nuova politica economica che stimoli la crescita, altrimenti la contrazione dei consumi e degli investimenti provocherà una nuova fase recessiva.

Con i soli tagli non si esce dalla crisi. Lo dice, giustamente, anche il presidente Obama. In ogni caso il voto francese pone degli spunti di riflessione. La crescita ed una nuova politica europea innanzitutto. Ma anche il successo di Le Pen, della destra nazionalista e xenofoba, pone inquietanti interrogativi. Per troppi anni il dogma liberista, insufflato dai grandi potentati economici, ha imposto il proprio pensiero unico. La supremazia del mercato e la sua capacità di autoregolarsi sembrava una verità incontestabile. Questa idea è fallita miseramente alla prova dei fatti.

I soldi chiamano soldi e se non c’è un organismo terzo (lo Stato e gli organismi sovranazionali) a regolamentarne i flussi, i cittadini non ne traggono alcun beneficio. Senza voler richiamare in alcun modo vecchie idee anch’esse fallite alla prova della Storia, è però innegabile che serve studiare un nuovo modello di sviluppo, che ponga alla sua base il bene comune, non l’accumulazione di risorse nelle mani di pochi. Sembra, e a pensarci bene è, una banalità. Ma nell’applicazione pratica questo principio viene quasi sempre disatteso, in nome di indicatori economici che non sempre coincidono con l’interesse generale.

Da tempo Italia dei Valori sostiene in Parlamento la necessità di manovre per la crescita. Ora che il voto francese ha rimesso in discussione l’assetto europeo, è tempo di pensare ad un cambiamento delle politiche economiche.  

RINNOVAMENTO E’ PARTECIPAZIONE

Più tasse per tutti. Stipendi al palo, disoccupazione alle stelle. L’Italia sta attraversando la crisi economica più nera dal dopoguerra ad oggi. Più che gli indici economici, però, mi colpiscono i volti e le parole delle persone che incontro in questo tour di campagna elettorale...

Mentre il ministro Fornero va dagli operai dell’Alenia per un maquillage d’immagine, la Corte dei Conti lancia l’allarme sull’eccessivo livello della pressione fiscale, arrivata al 45%. Troppe tasse massacrano l’economia e frenano i consumi. In questo modo sarà impossibile rilanciare l’economia.

Non sappiamo più in quante lingue dirlo a questo governo che ha promesso miracoli e sta semplicemente traghettando l’Italia da una crisi all’altra. Monti ha restituito credibilità interna ed internazionale al nostro paese, ma a quale prezzo?

Le scellerate politiche berlusconiane hanno provocato uno sfascio sociale, economico e culturale che sconteremo ancora per anni. E su questo siamo tutti d’accordo. Ma da Monti era lecito attendersi molto di più. Descritto come l’uomo della provvidenza, ha avviato un’opera di risanamento dei conti (sacrosanta) semplicemente aumentando le tasse. Per fare questo, a dire la verità, non servivano professori, ma sarebbero bastati mediocri ragionieri.

Serve un salto di qualità che solo una buona politica può garantire. Una politica riformista e riformatrice, che premi l’innovazione e gli investimenti, che favorisca i giovani e le donne, immense risorse ancora tenute in riserva.

L’Italia, nonostante tutto, è un grande paese in grado di affrontare e vincere le sfide che le si parano davanti. Non è vuota retorica, ma la consapevolezza maturata in secoli di storia: gli italiani tirano fuori il meglio nei momenti di difficoltà. Anche il governo Monti è una parentesi transitoria, il rinnovamento è affidato ai cittadini che presto dovranno scegliere una nuova classe dirigente non solo per far uscire l’Italia dal pantano, ma per condurla verso orizzonti nuovi. Il rinnovamento passa per la partecipazione.

IL MIO 25 APRILE, GRATITUDINE RESISTENTE

Il 25 aprile compie 67 anni e la memoria di quel giorno, simbolo della liberazione dell’Italia intera dal regime fascista, è un dovere, così come il ricordo di tutti coloro che hanno sacrificato la loro vita per garantire a noi i diritti di cui oggi godiamo. Grazie a loro.

La festa della Liberazione è per me il dovere del ricordo, da consegnare alle generazioni che verranno. E’ il marchio indelebile del sacrificio compiuto da  uomini e donne di tutte le età, per disegnare un nuovo stato sulle fondamenta stabili della democrazia e della libertà.

Per questo, ogni operazione di sabotaggio, ogni vento o sussurro di polemica sul 25 aprile, appaiono miseri, da qualunque parte provengano, perché significa ridurre la festa della Liberazione ad un rito, ad un terreno di scontro, che di fatto la priva dei suoi significati profondi: appartenenza, libertà e democrazia.

Oggi, io festeggio il 25 aprile, rinnovando il mio impegno personale e politico per la difesa e lo sviluppo della libertà e della democrazia nel mio Paese, in Europa e nel resto del mondo. Questo è il mio 25 aprile: una gratitudine resistente. E' un grazie rivolto al passato, con lo sguardo al futuro.

NO A CENSURE SUI BLOG (E MENO AUTO BLU)

Ma l’auto è sempre più blu. Altro che cielo. Ci vorrebbe la verve irriverente e sbarazzina di Rino Gaetano per musicare l’ultima spesa folle del governo: 10 milioni di euro per acquistare nuove auto perché, secondo l’esecutivo, le auto non possono superare 1600 di cilindrata e quindi il parco auto va rinnovato. Bluff. Oltre al danno la beffa. Niente vieta di continuare a usare le auto esistenti. E visto che sono in sovrannumero, basterebbe non rinnovare il parco auto per risparmiare qualche euro.

Certo, dieci milioni di euro non sono moltissimi (neanche pochi però) , ma conta molto il segnale. Significa che il governo chiede sacrifici pesantissimi ai cittadini ma non risparmia sui privilegi e vuol dire anche che l’austero Monti, che taglia con l’accetta il welfare e la spesa sociale, non vuole scontentare i boiardi di Stato cui le nuove vetture sono destinate.

Intanto, proprio in queste ore, al festival del giornalismo di Perugia il ministro Severino ha detto: “il giornale ha una sua consistenza cartacea. Il giornalista e' individuabile e l'editore anche ed e' dunque possibile intervenire. Il blog ha invece una diffusione assolutamente non controllata e non controllabile. E' in grado di provocare dei danni estremamente piu' diffusi. Ecco perche' bisogna vederne anche la parte oscura. E' un fenomeno certamente positivo per certi aspetti ma nel quale si possono annidare anche cose negative (puo' essere un punto criminogeno). Questo mondo va regolamentato e pur nella spontaneita' che ne rappresenta la caratteristica non puo' trasformarsi in arbitrio''.

Non siamo assolutamente d’accordo e non comprendiamo l’ostinazione a voler intervenire contro i blogger. Il web è un patrimonio di tutti, è e deve restare libero. Siamo contrari a qualsiasi forma di censura sui blog, che sono fondamentali per la circolazione delle notizie, del pensiero e della cultura. Non c’è bisogno di leggi restrittive perché le norme attuali già sono sufficienti contro la diffamazione e la circolazione di notizie false. I blog sono un esempio di libertà, un fenomeno culturale e informativo da coltivare e sostenere, non certo da controllare o imbavagliare. I blogger sono una risorsa, i problemi dell’informazione sono ben altri.

IL MIO TOUR NELL’ITALIA CHE VUOLE TORNARE A CRESCERE

Con i giovani dell'Idv di Reggio Calabria (che mi hanno taggato su Fb) :-)Con i giovani dell'Idv di Reggio Calabria (che mi hanno taggato su Fb) :-)

Sto girando in lungo e in largo lo Stivale per queste amministrative. Piemonte, Calabria, Emilia Romagna, Sicilia. E’ un’esperienza indimenticabile, storie e realtà di cui far tesoro, passione civile e politica straordinarie, ma anche tanta preoccupazione per il lavoro che non c’è, per l’economia che non risale. L’Italia, quella che ho visto e sto incontrando, sta morendo di troppe tasse. Più tasse si mettono, meno soldi restano alle famiglie e alle imprese per consumi ed investimenti. Questa Italia la sto toccando con mano ogni giorno, in questi giorni.

Il governo sta sbagliando tutto. Sta cercando di uscire dalla crisi colmando il debito dello Stato sempre con maggiori tasse. Ma questa non e' la via d'uscita, questa e' la via per uccidere il malato. Abbiamo dato un’apertura di credito a questo governo quando è nato. Oggi siamo all’opposizione, perché siamo convinti, e lo siamo sempre di più, che la ricetta deve essere esattamente contraria.

Bisogna tagliare la spesa pubblica cattiva. In Italia e' tantissima. Un esempio su tutti: negli ultimi 5  anni il peso della sanità è aumentata del 50% ma la sanità è rimasta quella di prima, anzi offre sempre di meno in termini sia di qualità che di quantità. Per non parlare delle auto blu, delle province, degli enti inutili, delle consulenze, delle spese folli e incontrollate, tutte questioni per le quali il governo non sta muovendo un dito.

Occorre tagliare la spesa cattiva e reinvestire i soldi risparmiati in interventi infrastrutturali e importanti progetti di crescita. Come si può essere tanto sordi e ciechi da pensare che aumentando le tasse e offrendo agli imprenditori la libertà di licenziare, si possa rimettere in piedi il Paese?

Non e' in questo modo che si costruisce. In questo modo si disfa quello che c'è, si crea conflitto tra imprese e lavoro, si crea tensione sociale e si crea un numero sempre più grande di persone che scivolano verso la povertà e non hanno più di che campare. La risposta sta altrove.

Non si mette in piedi l'Italia trasformandola in una piccola Cina, senza diritti, senza tutele e con stipendi sempre più bassi. Al contrario, serve ridurre le tasse, combattendo innanzitutto l'evasione fiscale.

Nessuno deve sfuggire a queste regole, la politica per prima. I partiti sono stati sommersi da un fiume di denaro: in dieci anni tre miliardi di euro ricevuti dallo Stato in un vero 'Far West', senza regole senza controlli. In questo clima, ognuno ha fatto quello che ha voluto e ci sono stati tantissimi casi di appropriazione indebita di denaro pubblico. Non si può più andare avanti così. Noi abbiamo lanciato una proposta e l’abbiamo provocatoriamente “Giù le mani dal sacco”: cancelliamo il finanziamento pubblico, trasformiamolo come minimo rimborso spese, solo delle spese di campagna elettorale, poi per il resto che i partiti si finanzino con il 5 per mille volontario nelle dichiarazioni dei redditi dei cittadini.

E siccome non ci piace chiacchierare ma fare, dalle parole ai fatti: a luglio riceveremo anche noi, come tutti gli altri partiti, l'ultima rata del finanziamento pubblico relativo alle politiche del 2008, sono 4 milioni di euro. Li incasseremo e il giorno successivo ne faremo un assegno circolare al ministro Fornero con vincolo di scopo: li dovrà utilizzare per i precari, per fare stato sociale. I nostri soldi usciranno dal sistema dei partiti e si trasformeranno in maggiori politiche sociali di cui il Paese ha bisogno disperato. Quanti altri lo faranno?

 

Freno a mano tirato per le auto blu

Freno a mano tirato per le 400 auto blu nuove di zecca che il governo dei tecnici si apprestava ad acquistare. Avevamo sollevato la questione in un'interrogazione presentata due settimane fa dal collega Antonio Borghesi. Interrogazione che aveva trovato una risposta evasiva da parte del viceministro Vittorio Grilli.

Era assolutamente incomprensibile per noi l'idea di spendere ben 10 milioni di euro per l'acquisto di nuovi mezzi di servizio in un periodo in cui ai cittadini vengono chiesti solo sacrifici. Voglio ricordare che solo l'altro ieri l'Istat ha scattato una nuova e impietosa istantanea della nostra società, con metà dei pensionati costretti a campare con meno di 1000 euro al mese. Tra loro ben 2,4 milioni percepiscono un reddito addirittura inferiore ai 500 euro. E non parliamo dei giovani, che la pensione la vedono col binocolo. 3 milioni di loro sono talmente scoraggiati da non cercarlo neanche un lavoro, e una pensione non l'avranno mai. E noi ci permettiamo il lusso di scaldare i motori a nuove auto blu?

Era gennaio quando Monti preparò, su proposta del ministro Patroni Griffi, un DPCM sull'utilizzo delle auto di servizio e di rappresentanza da parte delle pubbliche amministrazioni per ridurre la spesa pubblica. Lo stesso ministro della Funzione pubblica parlava in quei giorni di "razionalizzazione della spesa". Come si spiega allora questo scivolone signor ministro?

Per fortuna, e lo dico con una punta di soddisfazione (non me ne vogliate) il governo è corso ai ripari annunciando che "non acquisterà nuove auto blu nel 2012 e auspica, per le amministrazioni territoriali, l'adozione di un'analoga impostazione". La nostra denuncia, e la rivolta del web, hanno portato allo stop degli acquisti ma non possiamo fare a meno di stigmatizzare la leggerezza con cui questo governo non ha bloccato il provvedimento in corso. A scanso di ulteriori "dimenticanze" annuncio, già da ora, che Idv presenterà una mozione per ridurre le auto blu, per bloccare l'acquisto di nuove vetture e per contestare il danno erariale agli amministratori che non rispettano la normativa. Il costo delle auto blu in Italia è mostruoso, stimato tra i due e i quattro miliardi di euro all'anno.

Già quest'estate avevamo proposto, nella nostra contromanovra, di dimezzarne il numero con decreto, per avere un risparmio netto di 2 miliardi di euro. Non potevamo, non possiamo e per un bel pezzo non potremo permetterci questo sperpero inutile di denaro pubblico.

E SE LO DICE LA BCE DI ELIMINARE LE PROVINCE?

No, non avete avuto un'allucinazione. Non siamo stati noi a dire, per l'ennesima volta, che le province vanno eliminate. Lo ha detto la Bce, la Banca centrale Europea, così come la Ue: "sarebbe l'unica vera misura di taglio di costi della politica". Ma non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire.

Non ci piace farlo, ma noi di Italia dei Valori lo ripetiamo da anni ormai. La storia la sapete, ve l'ho raccontata, passo dopo passo, su questo blog. In Commissione, in Aula contro la nostra proposta di abolire le province si è sempre alzato in Parlamento un muro bipartisan vergognoso. Siamo da sempre voci sole nel deserto, contro tutti e tutto.

Perchè i sordi sono in tanti, gli stessi di sempre, i partiti che hanno fatto delle province il granducato di "Votopoli", voti, posti, prebende a non finire, per l'insaziabile pancia della politica. E se lo dice la Bce di eliminare le province, come la mettiamo?

Le province sono enti inutili. Costano 17 miliardi di euro l'anno. Non servono a nulla. Rispondono solo agli ego ipertrofici e agli appetiti dei partiti. Sono anni che noi ci battiamo per eliminarle, ma assi trasversali tra i principali partiti difendono e mantengono in vita queste roccaforti, avamposti di potere che nessuno, Lega compresa, intende eliminare. La soluzione cui si sta giungendo ora è un vergognoso gioco al ribasso. Macroaree e accorpamenti sono uno specchietto per le allodole.

Il governo Monti, per bocca del sottosegretario Polillo, dice che non saranno abolite, ma "ridisegnate in modo da ottenere forti riduzioni di spesa". Vogliono trasformarle in consorzi tra comuni, riducendole ad una cinquantina di macroaree con popolazione superiore ai 400 mila abitanti. Sono balle colossali. Non ne deriverebbe nessun effettivo risparmio. Le province vanno eliminate. Noi ci batteremo fino alla fine.