luglio 2010

LA STANGATA DI SILVIO SUI PENDOLARI

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Bugiardi. Sulle vere ragioni della nomina del neoministro Brancher – a tal proposito vi segnalo il concorso  a premi indetto da Idv “indovina la delega” – e sulla promessa solenne che non ci sarebbero state nuove tasse. Venti giorni fa Berlusconi ha detto “le tasse non aumenteranno”. Meno di una settimana fa, gli ha fatto eco il ministro Tremonti “Se aumentiamo le tasse facciamo una cosa storta”. Ebbene, Tremonti e Berlusconi l’hanno fatta storta, grossa e storta per la verità. La manovra del governo, infatti, introduce un aumento del 5 per cento sulle tariffe autostradali – anche per quelle che più che autostrade sembrano mulattiere con lavori in corso perenni – e mette a pagamento percorsi stradali che fino a ieri erano gratuiti, tangenziali, raccordi e anelli che girano intorno alle grandi città. Per entrare a Torino e Roma, tanto per fare due esempi, si pagherà dazio: ad accogliere pendolari e lavoratori, che hanno scelto di vivere fuori città per ragioni economiche e vengono in città per lavorare, ci saranno i nuovi terribili e famelici “caselli piovra” i nuovi mostri partoriti dalla fervida mente di Tremonti. Hanno scelto di vivere in periferia non per vezzo, ma perché acquistare o prendere in affitto una casa in città è impossibile, visti i prezzi alle stelle degli immobili. La neo tassa non è questione di pochi spiccioli, di una manciatina di euro. Andata e ritorno, cinque giorni alla settimana, costeranno ad un lavoratore 120 euro al mese, 1.440 euro l’anno. Insomma, uno stipendio intero se ne andrà per venire a lavorare. E’ qui la vera schifezza. Con questa mossa che definire odiosa è poco, il governo introduce una tassa d’accesso per venire a lavorare e si accanisce sui lavoratori a stipendio fisso, sui pendolari, su chi le tasse le paga da sempre. E’ la riprova non solo che mettono eccome le mani in tasca agli italiani, ma le mettono sempre nelle tasche dei soliti, i meno abbienti, le famiglie, quelli che in un anno si ritroveranno a pagare più di tassa al casello piovra che di Irpef, mentre gli evasori fiscali continueranno a far festa. Ovviamente, su questo Italia dei Valori darà battaglia. Tra ddl intercettazioni e manovra economia sarà un luglio di fuoco per il governo e la maggioranza.

INTERCETTAZIONI: IDV, RESISTENZA CIVILE IN PARLAMENTO!

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Se avessero un minimo di dignità e senso della democrazia si fermerebbero. Se avessero a cuore la sicurezza dei cittadini farebbero un passo indietro. Ieri, una piazza gremita di cittadini semplici, operai, insegnanti, impiegati, costituzionalisti, editori, scrittori, direttori, giornalisti e magistrati lo ha gridato forte e chiaro a Berlusconi. Il ddl intercettazioni, così come è, è da stracciare e buttare nel cestino perché è una porcheria colossale. In nome della tutela della privacy di manigoldi, ladroni di stato, mafiosi, e di una classe dirigente e politica corrotta, si lede il diritto alla libertà di informazione di tutti e si mette a rischio la sicurezza dei cittadini. Lo spettacolo che, invece, stanno offrendo governo e maggioranza, complice la Lega, è una commedia dell’assurdo, perché sono senza dignità. Attaccano il presidente della Repubblica Napolitano che fa il suo dovere, nel pieno rispetto delle sue prerogative, ovvero denunciare le pecche di una legge scellerata facendosi interprete e garante dell’equilibrio tra tutti i diritti. Fosse per loro, vorrebbero un Colle prono ai loro interessi e complice delle loro nefandezze. Anche i finiani si sono accorti che questo ddl è inemendabile, tanto che ieri il presidente della Camera Gianfranco Fini ha pronunciato parole chiare. Dopo l’allarme lanciato dal procuratore Grasso, ha detto Fini, è tempo di aprire una seria riflessione sul ddl intercettazioni nel Pdl, non dimenticandosi di denunciare l’evidente problema di legalità nel partito di maggioranza. Ora, però, bisogna che alle belle annunciazioni di principio del presidente della Camera seguano i fatti. E’ arrivata anche per i finiani l’ultima chiamata. Troppe volte si sono tirati indietro. Ora è tempo di diventare grandi, scegliendo tra la coerenza con quanto affermano o seguire ancora una volta gli ordini di scuderia, avvallando quel deficit di legalità che ha lamentato lo stesso Fini. Italia dei Valori si batterà come un leone perché questa legge venga ritirata. Sarà un assedio, senza esclusione di colpi. Siamo pronti ad occupare anche il Parlamento se necessario. Urleremo con tutto il fiato che abbiamo in gola e faremo arrivare la nostra voce ai cittadini, nonostante l’arroganza di questa maggioranza, complice il presidente della Camera, che ha imposto la discussione  del provvedimento nella prima settimana di agosto quanto la maggior parte dei cittadini saranno già in vacanza, nel patetico tentativo di nascondere loro quanto stanno facendo. Non hanno fatto i conti con noi. E’ tempo di resistere. Saranno le nostre giornate di resistenza civile.

GIORGIA E’ LENTA. I GIOVANI SONO ROCK

Ministro MeloniMinistro Meloni

Torno a parlare del ministro Meloni. Non perché il ministro dei giovani sia diventata la mia ossessione del weekend ma perché di nuovo le sue iniziative offrono spunto ad alcune riflessioni sul mondo giovanile, argomento che mi sta molto a cuore. Che ciò accada per la seconda volta di sabato, giuro, è una banale coincidenza. In un’intervista a “La Stampa” di mercoledì scorso, il ministro Meloni critica fortemente il sì del Comune di Torino al riconoscimento delle coppie di fatto. Non usa mezzi termini la presidente di Azione Giovani. Inutile, illogico, ideologico: sono questi gli aggettivi che sceglie. Dice ancora. Lo Stato non norma l’amicizia ma la famiglia. La famiglia naturale è quella che tiene in piedi l’organizzazione sociale e permette la prosecuzione della specie. La famiglia è utile, i vincoli affettivi no. Chi si sposa si assume responsabilità e quindi ha diritto ai benefici dello Stato. Al di là del singolare concetto che esprime il ministro su cosa sia utile o meno, sul matrimonio  e sulla prosecuzione della specie - concetto per la verità che mi provoca un brivido freddo lungo la schiena - credo che il ministro parli un po’ troppo a titolo personale. Mi spiego. Nel giudizio spietato e duro del ministro sul riconoscimento delle coppie di fatto non trovo il minimo cenno a quella laicità ed aperture alle varie istanze della società che deve necessariamente ispirare l’azione di un ministro. Giorgia Meloni è il ministro dei giovani ma dalle sue parole, è evidente che, al di là del mondo dell’associazionismo di destra che conosce bene per le sue lunghe frequentazioni, conosce poco o finge di non conoscere la realtà giovanile ed i suoi profondi cambiamenti. Fornisco alcuni dati utili al mio ragionamento. Non li ha elaborati Italia dei Valori ma l’Istat. Le coppie di fatto sono un fenomeno in espansione soprattutto tra i giovani: più di 500 mila a fronte di 250 mila matrimoni. La convivenza come nuova modalità di formazione della famiglia è testimoniata dal numero di bambini nati fuori dal matrimonio, 80 mila l’anno, il doppio rispetto a dieci anni fa. Ci si sposa sempre più tardi. E non per mancanza di senso di responsabilità, come dice il ministro, ma perché il lavoro se arriva, arriva sempre più tardi. Con la crisi, le cose sono peggiorate ulteriormente. Il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è passato a maggio al 29,2% dal 29,1% registrato ad aprile. E' il dato più elevato dal 2004, ovvero dall'inizio delle serie storiche. Rispetto al maggio 2009, il numero di giovani tra i 15 e i 24 anni in cerca di lavoro è salito di 4,7 punti percentuali. Mi domando se il ministro Meloni abbia un’idea di quello che sta succedendo nel nostro Paese e se davvero abbia compreso i profondi mutamenti della nostra società. Ho come l’impressione che il ministro Meloni sia una giovane vecchia, abbarbicata a istituti d’antan ideologici e di maniera. Non sto inneggiando all’amore libero né disprezzo chi sceglie la via del matrimonio. Dico solo che c’è un mondo la fuori, di giovani coppie in difficoltà economiche, di nuove famiglie atipiche ma fatte di carne ed ossa, di bambini che nascono e che, al di là dei personali convincimenti e stili di vita, hanno bisogno di essere aiutate, tutelate e beneficiate dallo Stato. Lancio il sasso ma non nascondo la mano: e se i fondi che il ministro Meloni intende distribuire alle comunità giovanili, in modo peraltro abbastanza discutibile e tutto da chiarire, fossero invece destinate alle giovani coppie conviventi con prole in arrivo e lavori atipici? Allora sì che Giorgia diventerebbe rock.

GOVERNO TECNICO: SI O NO?

Le fibrillazioni all’interno della maggioranza aumentano giorno dopo giorno. Ormai tra Berlusconi e Fini è guerra aperta. La maggioranza, intesa come coesione e condivisione di un progetto, non c’è più ma non per questo il governo cadrà, o comunque, cadrà subito, perché il governo Berlusconi non è mai stato tenuto insieme da un progetto politico ma solo da interessi e ricatti reciproci tra Berlusconi e Bossi. Per questa ragione, anche se una caduta del governo è, a questo punto, possibile non la ritengo all’ordine del giorno. Tuttavia, l’ipotesi che questo governo cada e che ad un certo punto della legislatura si profili il bivio tra l’immediato ritorno alle urne ed un governo “tecnico a tempo”, non può più essere esclusa. Come io la penso sui governi tecnici e sulle maggioranze trasversali lo dico, credo, con chiarezza, nell’intervista rilasciata ieri a “Il Fatto quotidiano” che riporto di seguito. Credo tuttavia che tra un principio generale ed astratto e la valutazione di un caso concreto ci debba stare in mezzo un’attenta valutazione. Lo chiedo dunque a voi: tra elezioni immediate, con questa legge elettorale e con questa Rai, e con Berlusconi dall’altra parte,  ed un governo tecnico che, in un anno e mezzo cambi la legge elettorale, approvi una seria legge sul conflitto di interessi, cancelli le leggi ad personam e deberlusconizzi la Rai (come auspicava ieri Flores d’Arcais dalle colonne de il Fatto) cosa dovrebbe fare Italia dei Valori, sapendo che un simile, per quanto ipotetica, maggioranza non potrà mai fare a meno dei numeri dell’Udc e dei finiani? Fatemi sapere cosa ne pensate.

Ecco l'intervista al "Fatto Quotidiano".

Nessun Governo tecnico e nessun accordo con pezzi dell’attuale maggioranza. Massimo Donadi, capogruppo Idv alla Camera, non è d’accordo con la proposta del segretario del Pd, Pier Luigi Bersani (“Se il Governo non ce la fa, dobbiamo pensare a qualche altra ipotesi”).

Onorevole Donadi, il governo è arrivato al capolinea? Non credo, anche se il conflitto tra Fini e Berlusconi è vero e profondo. Il premier è un corruttore a tutti i livelli, e quindi anche della politica. Dunque, se dovesse rompere con Fini, userebbe le armi della persuasione per ridurre le perdite dei parlamentari. Non vedo crisi dietro l’angolo.

Allora la maggioranza tiene? Non vedo una sua deflagrazione. Ma è evidente che si sta avvitando su se stessa ed è in uno stato sempre più confusionale. Ma la crisi di questa maggioranza  non significa crisi di governo.

Bersani ha dichiarato che bisogna pensare  a qualche altra ipotesi se il governo non ce la fa, tendendo la mano a Lega e finiani. Voi siete d’accordo? Crediamo che oggi il centrosinistra farebbe bene a ricostruire il suo fronte, che è sfrangiato e frantumato. Individuiamo la nuova leadership del centrosinistra, ma senza inseguire Fini, l’Udc o altri. Con le manovre di Palazzo il consenso che si ottiene è inesistente. Per questo c’è una grande perplessità dell’IdV di fronte a questo tipo di progetti.

Quindi non entrereste in un governo tecnico? I governi tecnici, per quanto ci riguarda, spesso sono antidoti peggiori del male. Oggi pensiamo che si debba rimettere in campo un progetto vincente, invece di inseguire progetti di maggioranze alternative che noi oggi non vediamo. Solo il voto è un principio per stabilire una maggioranza.

Sono possibili le elezioni anticipate? E’ uno scenario che esiste sempre in questa legislatura, visto che si basa su un doppio e reciproco ricatto tra Berlusconi e Lega. Casomai venisse meno, il voto è dietro l’angolo.

Franceschini ha dichiarato che il Pd è pronto a votare gli emendamenti dei finiani al ddl sulle intercettazioni. Potreste farlo anche voi? Noi faremo una valutazione di merito. Crediamo che questa legge sia inemendabile, sia un tale obbrobrio che non si può migliorare. Ma se ci sono singoli emendamenti per limitare il danno ben vengano.

Anche in questo caso, l’apertura di Franceschini ha una valenza politica più generale… Ma per noi ci sono e ci saranno in Parlamento solo questioni di merito.

Cosa dovrebbe fare Napolitano? Sta facendo le cose giuste: ha richiamato la maggioranza al rispetto del principio costituzionale su manovra e intercettazioni. Poi però è evidente che le scelte tecniche spettano alla maggioranza: il Presidente valuta in merito alla congruità alla Costituzione.

Che tipo di opposizione farete allora? Continueremo con la nostra opposizione. Al di là del mare di sciocchezze interessate che vengono dette sull’opposizione dell’IdV, noi non facciamo sconti. E sulle intercettazioni faremo una guerra senza confine in Parlamento.

da "Il Fatto Quotidiano" - di Wanda Marra - 4 luglio

ALLE LEGGI IMMORALI SI DICE NO E BASTA

Oggi, su molti giornali, si è scatenata la bufera legata ad un emendamento del Pd al cosiddetto lodo Alfano costituzionale. In particolare, su alcuni mezzi di informazione, si scrive che questo emendamento “incomprensibilmente” estenderebbe i confini dello scudo penale già garantito nella versione del lodo Alfano predisposta dall’ineffabile coppia Ghedini-Alfano. Comprendo, e sono il primo a sostenere, che le antenne dell’opposizione devono essere sempre all’erta per contrastare le mille perfidie e perversioni legislative di Berlusconi e dei tanti berluschini di ritorno. Nella foga, però, bisogna stare attenti a non prendere fischi per fiaschi, sparando nel mucchio. Il dubbio mi è venuto leggendo che tra gli autori dell’emendamento vi è il senatore Felice Casson, della cui onestà intellettuale e correttezza sono pronto a mettere la mano sul fuoco, e della cui amicizia mi onoro da tanti anni. Per questa ragione, sono andato ad esaminare in dettaglio la questione. Va detto, innanzitutto, che questo emendamento non amplia di un millimetro l’ambito dello scudo previsto dal lodo Alfano costituzionale – che riguarda in entrambi i casi tutti i processi penali sia nuovi che vecchi - ma si limita a prevedere che per il capo dello Stato la sospensione dei processi sia automatica e non, come per il presidente del Consiglio e per i ministri, previamente autorizzata dal voto delle Camere. La logica di questo emendamento è evidente. Si vuole evitare che il capo dello Stato possa essere messo sotto scacco dalla minaccia della maggioranza parlamentare di autorizzare o meno la sospensione di un processo penale, non per ragioni di giustizia, ma solo con finalità di ricatto politico. Il problema dunque non è il contenuto dell’emendamento, che ha una sua logica, ma la strategia della cosiddetta “riduzione del danno” che i dirigenti del Pd adottano sempre, anche quando il parlamento è chiamato a ratificare leggi intrinsecamente e irrimediabilmente illegali, immorali e criminogene. E mi riferisco al lodo Alfano, al ddl intercettazioni e alle mille altre leggi ad personam che Berlusconi ci ha propinato in tutti questi anni. Il punto è che si può ridurre il danno di una brutta legge, allo scopo di migliorarla, ma che una legge immorale ed illegale tale è e resta, a prescindere dagli sforzi e da tutte le buone intenzioni di chi pensa di ridurre il danno. Insomma mai come in questo caso vale il detto che “di buone intenzioni è lastricata la via dell’inferno”. Ci sono leggi talmente inemendabili che le opposizioni dovrebbero avere solo il coraggio di dire no. E basta.

IN ARRIVO UN NUOVO INDULTO MASCHERATO

Alfano -MaroniAlfano -Maroni

Il disegno di legge sullo svuota carceri è un nuovo indulto mascherato, ancora più ignobile perché la maggioranza vuole sottrarlo al confronto dell’Aula e approvarlo in silenzio, alla chetichella in commissione, in un’afosa giornata d’agosto, sperando che gli italiani in vacanza non se ne accorgano. Questo provvedimento è un colossale imbroglio. Il Governo mente quando dice che con questo ddl si manda ai domiciliari chi ha pene inferiori ad un anno. In realtà si dà il via ad un colossale “tana libera tutti”, perché, come ha già detto il capo della polizia Manganelli ed il ministro Maroni, salvo poi quest’ultimo rimangiarsi la parola, neanche se tutti i corpi di polizia fossero impegnati a fare questo 24ore su 24 si riuscirebbe ad espletare tutti i controlli dovuti. Il ddl svuota carceri è il tradimento di quella sicurezza e di quella legalità, di cui la maggioranza, Lega in testa, si è riempita la bocca in campagna elettorale e che, da quando sono al governo, tradiscono puntualmente nei fatti. La verità è che a questo governo e a questa maggioranza, della sicurezza , della legalità e della giustizia, non gliene frega niente. L’unica giustizia che interessa alla maggioranza, complice la Lega, è quella che riguarda il premier.  Serve un nuovo piano carceri, servono fondi agli operatori della giustizia, servono riforme complessive dell’ordinamento della giustizia, come ha chiesto più volte Italia dei Valori. Loro, invece, sfornano un ddl delirante che stabilisce un anno di bonus a tutti i delinquenti e pretendono di approvarlo nelle segrete stanze del palazzo, complice il silenzio di media compiacenti. Italia dei Valori girerà tutte le piazze italiane per denunciare questa ennesimo provvedimento vergognoso i cui effetti ricadranno sui cittadini italiani.

IL GOVERNO DELLE BOTTE

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Sette luglio 2010: in una Roma resa invivibile dal caldo afoso, sotto un cielo insolitamente plumbeo, si apre una delle giornate più tristi di questa drammatica legislatura, che proseguirà, poco dopo, nell’Aula di Montecitorio, dove l’aria condizionata non basta a raffreddare gli animi. Due episodi gravissimi, inspiegabili. Una sola certezza: la colossale balla del partito dell’amore non regge più. In una piazza Venezia piena di cittadini aquilani, che chiedono solo di essere ascoltati dal governo e di “poter parlare, visto che i telegiornali raccontano sempre che va tutto bene”, le forze dell’ordine alzano i manganelli e due dei pacifici manifestanti finiscono coperti dal sangue. “Il sisma ci crepa, il governo ci abbatte”, lo slogan sui cartelli, si concretizza, mentre l’idea tanto sponsorizzata da Berlusconi, del Pdl come partito dell’amore, si sgretola sotto gli occhi dei presenti e nelle menti attonite di chi segue a distanza. Il quadro si completa pochi minuti dopo, nei  banchi di un Parlamento che si trasforma per qualche istante in un ring, con l’unica differenza che non si combatte ad armi pari: da una parte le parole del collega Barbato, dall’altra la violenza fisica dei deputati del Pdl. Barbato esprime un parere sul disegno di legge in questione, quello sulle nuove comunità giovanili del ministro Meloni, solo un’opinione, espressa con parole in alcun modo offensive; ma tanto basta a scatenare l’ira furente di alcuni deputati del Pdl, che non trattengono le mani e si lasciano andare a calci, spintoni, senza più capacità di controllo, mossi da una folle foga distruttiva, che invade i banchi dell’Italia dei Valori e arriva perfino a disintegrare il computer dell’onorevole Palagiano, che viene letteralmente calpestato. Una scena inaudita, indegna di un’aula parlamentare, ma in assoluto di una società civile. Pochi istanti bastano a provocare a Barbato un “trauma contusivo della regione zigomatica e all’occhio destro” e una “cefalea post-traumatica”, con il risultato di “15 giorni di prognosi”, dice il referto ospedaliero. Dopo i vari De Angelis, ex militante di Terza posizione, Rampelli, ex ala dura dell’Msi romano, Nola, probabilmente coinvolto direttamente nel pugno sferrato al collega, tenteranno in ogni modo di smentire quanto accaduto. Ma i fatti bastano a sfatare il mito del partito dell’amore e non lasciano dubbi sul fatto che il Pdl è il partito dell’odio, dell’ira, dell’intolleranza. E non solo dentro i banchi parlamentari, stando ai commenti che leggiamo oggi sui siti del Giornale e di Libero. Riporto testualmente: “Finalmente qualcuno ha avuto il coraggio di dare una pizza a questo energumeno, maleducato come il suo capo…Speriamo che qualcuno gli dia un bel cartone nel muso anche a lui”; “La testa dovevano spaccargli, imbecille”; “Barbato, ringrazia che invece del ceffone, non ti hanno tirato una bella statuetta del Colosseo”. Potrei proseguire per pagine e pagine, ma non vado oltre, credo basti a far comprendere il clima di veleno che aleggia, oltre che dentro la maggioranza parlamentare e governativa, anche tra i suoi fedeli, infettati ormai irrimediabilmente da questa malattia che Berlusconi ha tentato fino alla fine di far passare per amore e che non è altro se non un insieme di pulsioni negative, patologiche e distruttive.

ANCHE BRUNETTA IL CENSORE "TIENE FAMIGLIA"

BrunettaBrunettaNon c'è solo il ministro Meloni che viene premiata per aver lasciato "la casa del padre". C'è anche un altro ministro che, a quanto risulterebbe da un circostanziato articolo apparso qualche giorno fa su il quotidiano Italia oggi, si sarebbe preoccupato di ringraziare chi gli è stato fido al momento giusto. E' figura al di sopra di ogni sospetto, uno che si dipinge duro e puro, uno che lancia in resta si scaglia un giorno si e l'altro pure contro i dipendenti pubblici, pigri e assenteisti, uno che non ha peli sulla lingua e che non lesina di complimenti i poliziotti, definendoli panzoni. Ora, la sua nuova ossessione sono le auto blu sulle quale ha annunciato uno stratosferico e storico giro di vite ma che, almeno ad oggi, nonostante i numerosi tentativi, non gli riesce neanche di contare. Insomma, è Renato Brunetta, il ministro della funzione pubblica che, qualche giorno fa, da quanto si legge nell'articolo, avrebbe nominato Enrico Mingardi, vicecommissario all'Aran, l'agenzia governativa sui contratti pubblici, che dal ministro dipende. Il signor Mingardi è stato assessore alla mobilità del comune di Venezia con Massimo Cacciari ma, con un salto della quaglia fenomenale, quando Brunetta si è candidato a sindaco di Venezia, non ci ha pensato neanche un attimo a lasciare il centrosinistra per il centrodestra, approdando alla corte di Renato ed appoggiando la sua candidatura. Massimo Cacciari, all'epoca dei fatti, commentò con un laconico "auguro a Mingardi di potersi sentire a posto con la sua coscienza". L'indomito Renato Brunetta rispose con tracotante soddisfazione "Mingardi è un uomo libero come la maggior parte dei cittadini veneziani". Per la verità, è evidente che si confonde l'alto e nobile concetto di libertà con quello di spregiudicatezza politica, ma tant'è le cose andarono esattamente così. Il resto è cosa nota. Venezia ha bocciato sonoramente la candidatura del ministro Brunetta, nonostante Mingardi che, però, non si è dimenticato e dato pace e qualche mese dopo è sceso a Roma e ha bussato alla porta del ministero. Dopo pochi mesi la debaclè di San Marco e quello che fu definito il voltafaccia di San Valentino, l'ex assessore di Cacciari spunta all'Aran, assumendone l'incarico di vicecommissario. Si tratta di una nomina diretta del ministro, che non deve essere sottoposta al vaglio parlamentare. Ora, può anche darsi che Mingardi, dopo essersi occupato di mobilità in laguna con il centrosinistra, abbia tutte le carte in regola per occuparsi di contrattazione sindacale con il centrodestra. Ho qualche dubbio ma tutto può essere nella vita. Certo è che la sua è una nomina che desta parecchie perplessità e che risulta, a chiunque abbia un minimo di buon senso e rispetto delle istituzioni , a dir poco inopportuna, in perfetto stile Berlusconi. Ne chiederemo presto conto al ministro Brunetta in Parlamento.

CON CASINI? ERRORE IMPERDONABILE

Pier Ferdinando CasiniPier Ferdinando Casini

Un governo di responsabilità nazionale per uscire dalla crisi politica in atto. Ecco la soluzione proposta nelle ultime ore da Pier Ferdinando Casini, il maestro delle alleanze di convenienza, colui per il quale non fa differenza se si tratti di centrodestra o di centrosinistra, perché l’importante è mantenere la poltrona. Questa volta, infatti, il leader Udc parla di un governo aperto a tutti, sul quale non è possibile avanzare veti su Berlusconi premier ed è lo stesso Casini che nel luglio scorso non escludeva la partecipazione ad un esecutivo di emergenza democratica con i partiti della sinistra. Una coerenza tutta sua, che solo lui comprende, basata esclusivamente sulle convenienze del momento, senza mai perdere di vista l’ obiettivo principale: distruggere il bipolarismo, continuando, imperterrito e finora indisturbato, con la politica dei due forni, un’ideologia che lo porta a non guardare oltre il proprio ombelico e considerare quet’ultimo come punto di equilibrio dell’intero universo. Non è un caso che abbia detto, con apparente indifferenza, che, se Lega e Idv si chiamassero fuori da questo ipotetico governo di larghe intese, sarebbe un problema loro. In questo modo, prenderebbe due piccioni con una fava, levandosi di torno i due partiti più marcatamente bipolari ed allontanando quello che rappresenta per lui un pericolo. Ritengo sia il caso che l’opposizione rifletta seriamente sull’atteggiamento del leader dell’Udc e soprattutto sulle sue ultime dichiarazioni. Dare credito ad un Casini che cambia colore a seconda del fiore su cui gli conviene poggiarsi, nel suo perenne volo di convenienza, sarebbe un errore imperdonabile. Quello che invece adesso il centrosinistra è chiamato a fare, per dovere di responsabilità politica, è costruire una seria alternativa ad un governo che con ogni evidenza sta per sgretolarsi. E’ il momento di farsi promotori di una grande apertura e discussione politica, in modo che, quando governo e maggioranza, che già stanno venendo meno, crolleranno definitivamente, ci sia una coalizione di centrosinistra coesa e compatta, capace di dare ai cittadini la sicurezza di rimanere unita per realizzare il progetto che loro stessi andranno a votare. L’obiettivo dovrà essere non solo quello di rimotivare i delusi del centrosinistra, ma anche di interpretare le speranze dei tanti elettori di centrodestra ingannati ed ora delusi dalla maggioranza. Il tempo stringe, perché questo governo sta dimostrando ogni giorno di più di non essere capace di governare.

MINEO FUORI. ORA L’INFORMAZIONE E’ TUTTA DI SILVIO

 

Re SilvioRe Silvio

In un’economia di mercato, si è rimossi quando l’azienda che si dirige perde in termini economici. Nel caso di una tv, in termini economici ma anche di ascolti. Corradino Mineo, direttore di Rainews24, ha portato il tg all news della Rai ad ascolti vicini a quelli della concorrente Skytg24 ma Berlusconi lo ha rimosso comunque, cacciato senza pensarci su due volte. Perché? Per due ragioni. Innanzitutto, perché agli occhi del padrone dell’informazione, l’ottimo giornalista Mineo ha avuto l’ardire di dare in diretta manifestazioni di piazza a lui sgradite e di dar voce all’opposizione, quel fastidioso orpello che intralcia lo strano concetto che Berlusconi ha della democrazia, più simile ad una forma di dittatura a colpi di spot e propaganda. In secondo luogo, perché quando c’è di mezzo il presidente del Consiglio e la sua spasmodica ossessione di avere sotto il suo controllo l’intera informazione non c’è economia di mercato o di ascolti che tenga. Figuriamoci se ci pensa su due volte se a maggior ragione ha di fronte a lui un giornalista che fa il suo mestiere, ovvero informare. Con la rimozione dell’ottimo Mineo, Silvio Berlusconi procede a tappe forzate, come un carro armato, verso la realizzazione del suo obiettivo finale: l’occupazione sistematica di tutte le televisioni. Con la cacciata dell’ormai ex direttore di Rainews24, effettivamente, Silvio Berlusconi controlla 10 testate su 11. Controlla Mediaset perchè è di sua proprietà. Controlla la Rai perché, complice il silenzio imbarazzante di Catricalà, l’ha occupata sistematicamente in qualità di presidente del Consiglio. A questo si aggiunga che, da circa tre mesi, Berlusconi ha assunto l’interim delle Comunicazioni, sostituendo Scajola alle attività produttive. L’informazione è sua, la piega a suo comando. Cancella volti e voci e caccia i giornalisti sgraditi perché liberi. A Corradino Mineo, ottimo direttore di Rainews24, va tutta la nostra solidarietà ed il nostro appoggio in futuro per la sua battaglia in difesa della sua onorabilità e dignità professionale. Per noi di Italia dei Valori questa rimozione è inaccettabile, così come è inaccettabile la dittatura mediatica di Berlusconi e le mani della politica sulla Rai. La spartizione della torta dell’informazione è una pratica che deve cessare. Non ci stancheremo mai di ripeterlo. In gioco, c’è la libertà di informare ed il diritto ad essere informati. Quella stessa libertà di stampa che persino l'Onu, oggi, dice che sarebbe a serio rischio se passasse la legge Bavaglio.

COSENTINO DEVE ANDARE A CASA

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Dopo il caso Brancher, Italia dei Valori mette di nuovo sotto scacco la maggioranza. La nostra mozione di sfiducia, presentata nei confronti del sottosegretario Cosentino, insieme a Pd e Udc, chiude ogni via di fuga all’arroganza di questo governo, che non ha altra scelta che quella di chiedere le dimissioni del sottosegretario più “inquisito e chiacchierato” della storia, a meno che Berlusconi non voglia assistere all’implosione della sua maggioranza e alla sua fine. Ma la partita non finisce qui. Per farsi un’idea di chi sia davvero questo signore, basta dare un’occhiata ai capi di imputazione che pendono sulla sua testa. Indagato a Napoli per concorso esterno in associazione camorristica. Oggi, si aggiunge l’iscrizione per associazione a delinquere e violazione della legge anti P2 nell’inchiesta di Roma. Cosentino lavorava attivamente con l’imprenditore Martino, il faccendiere Carboni e il geometra Pasquale Lombardi, alla promozione politica di se stesso e alla demolizione dell’avversario Caldoro. Per questo, le sue dimissioni sono solo il primo atto. Infatti, il Tribunale di Napoli, che lo sta processando per concorso esterno in associazione camorristica, e che già si è visto respingere dalla Camera la richiesta di arresto di Cosentino (che pure la Cassazione aveva giudicato legittima) rischia ora di vedersi svuotare il processo, qualora la Camera respinga la richiesta dei magistrati campani di poter utilizzare nel processo le intercettazioni che lo inchiodano (ed il timore è più che fondato, visto che la Giunta per le autorizzazioni a procedere, chiamata a dare un parere preventivo, ha già detto di no). Siamo convinti che  se il Parlamento impedisse ai magistrati di fare il loro dovere diventerebbe politicamente e moralmente complice di Cosentino. Per questo, Italia dei Valori chiederà di discutere al più presto possibile di questo e che lo si faccia in diretta televisiva in modo che ognuno si assuma le proprie responsabilità davanti al Paese. Nel frattempo, speriamo che il sottosegretario Cosentino compia un atto di decenza istituzionale e si levi dai piedi. La sua permanenza al Governo imbarazza ogni giorno di più l’intero Paese.

COSENTINO A CASA: ABBIAMO VINTO

Non c’è due senza tre! Cosentino si è appena dimesso da sottosegretario. Conserva il suo ruolo di coordinatore del Pdl campano. Ognuno ha la classe dirigente politica che si merita. Ma le sue dimissioni da sottosegretario sono una grande vittoria di Italia dei Valori e della determinazione con la quale anche questa volta ha scelto di percorrere la via della mozione di sfiducia. Resta la profonda amarezza che ancora una volta, come nel caso di Brancher, questo governo senza vergogna non abbia sentito il bisogno per rispetto delle istituzioni e dei cittadini elettori di fare pulizia da solo ed abbia atteso la spada di Damocle del voto di sfiducia. Non ci stancheremo mai di ripetere che la legalita' e la tutela dell'onorabilita' delle istituzioni democratiche sono per noi valori imprescindibili e non negoziabili.

DIAMO A CESARE QUEL CHE E’ DI CESARE

Diamo a Cesare quel che è di Cesare. Chi è Cesare? A quanto pare è lui, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, il quarto dei tre pensionati sfigati, Pasquale Lombardi, Flavio Carboni e Arcangelo Martino che, a quanto risulta dai verbali dei carabinieri, invece di dedicarsi ad una partita di briscola o tresette, tessevano trame oscure per ottenere nuove leggi, poltrone di prestigio, nuovi incarichi, sovvertimenti di risultati elettorali, finti dossier e chissà cos’altro e quant’altro. Quanto basta per parlare a buon titolo di una rete politico-affaristica tesa a minare la sicurezza e la stabilità delle istituzioni. Per il momento, come nei dieci piccoli indiani, ad una ad una saltano le teste di ministri e sottosegretari di chi in questa fitta rete, o in altre più o meno avvezze al malaffare, secondo le accuse dei magistrati, ci sguazzava a piacimento anzi ne era fautore e promotore. Prima Scajola, poi Brancher e oggi Cosentino. A dirla tutta, sono state tutte e tre dimissioni “spintanee”, sotto i colpi delle mozioni di sfiducia di Italia dei Valori. Se non ci fosse stata la nostra caparbietà e determinazione nel chiedere la testa di questa triade, probabilmente sarebbero ancora incollati alle loro poltrone. Curiosi Scajola, Brancher e Cosentino. Di fronte alle accuse dei magistrati, sono come le tre scimmiette: non vedono, non sentono, non parlano. Ora, tutti e tre questi signori, Scajola, Brancher e Cosentino, non passavano di lì per caso. Sono stati scelti dal premier e da lui investiti di ruoli prestigiosi, ai vertici del governo di questo Paese. Per di più, oggi scopriamo che Cesare è lo pseudonimo utilizzato dai tre allegri pensionati per riferirsi al presidente del Consiglio. Ghedini smentisce i carabinieri dicendo che l’accusa è inveritiera e ridicola. La magistratura sta valutando con attenzione il rapporto dei carabinieri. Staremo a vedere. Certo è che emerge con chiarezza non solo un quadro torbido ed oscuro che avvolge questo governo ogni giorno di più ma l’enorme responsabilità politica del presidente del Consiglio. Per questo, noi diciamo che Berlusconi deve andare a casa e sfiduceremo l’intero governo. Diamo a Cesare quel che è di Cesare: una onorata pensione, da trascorrere magari in una delle sue tante ville da nababbo. Così, tra una partita a tresette e una a briscola, avrebbe anche il tempo di affrontare i suoi processi.

SCUDO SALVA-BANCHIERI? SARA' BATTAGLIA

Prima Pagina del FattoPrima Pagina del Fatto

Ci risiamo. Li abbiamo beccati di nuovo con le mani nella marmellata. Il governo dei furbi e dei ladroni, che affossa le famiglie ma salva i banchieri, ha infilato nella manovra appena approvata al Senato, e che dal 26 luglio approderà alla Camera, una norma per salvare i furbetti del quartierino dai loro processi. Stavolta, la mano è quella del senatore Cosimo Latronico, parlamentare del Pdl sufficientemente sconosciuto per far passare in sordina il misfatto, che ha presentato un emendamento sottobanco per bloccare i grandi processi per bancarotta (articolo 48 della manovra Finanziaria di Tremonti). Tecnicamente si tratta di questo. Nel maxi emendamento, c’è una disposizione in base alla quali non sarà più perseguibile chi, nell’ambito delle procedure per il concordato preventivo e per la ristrutturazione del debito, dovesse commettere il reato di bancarotta semplice o bancarotta fraudolenta. E questo varrà anche per chi già adesso è sotto inchiesta o è stato rinviato a giudizio per tali reati. In pratica, lo ha spiegato bene il collega e amico Antonio Borghesi oggi su Il Fatto quotidiano, si aprirà la strada alla possibilità che qualsiasi imputato di bancarotta semplice o fraudolenta si appelli ad una delibera del consiglio di amministrazione in qualche modo connessa a processi di gestione del dissesto o del debito, per trasformarla in uno scudo anti-processo. Di scudi,non è una novità, questo governo se ne intende. Per capire a chi serve il vergognoso emendamento salva-manager del senatore Latronico, basta risalire a qualche sera fa, alla famigerata cena tra Berlusconi e Casini sull’attico di casa Vespa, alla quale erano presenti Silvio Berlusconi, Gianni Letta, il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi e, guarda caso, il banchiere Cesare Geronzi. Attuale presidente di Assicurazioni generali, Geronzi vanta un indiscutibile primato in quanto a crac e fallimenti. Ha iniziato la sua lunga carriera, infatti, con il crac di Federconsorzi, a seguire una bancarotta preferenziale nella vicenda Italcase-Bagaglino e infine i famosi crac Parmalat e Cirio. L’emendamento salva Geronzi, e salva tutti i furbetti del quartierino, passati presenti e futuri, è servito. Questo è il governo Berlusconi, con buona pace di Tremonti. Tutto questo, mentre proprio ieri l’Istat ha detto che ci sono 8 milioni di nuovi poveri. La tagliola della fiducia che proprio ieri il ministro dell’Economia ha annunciato anche alla Camera non ci fermera'. Siamo gia' al lavoro per impedire l'ennesimo scempio.

20 MILIONI AI CAMPI DUX DI LA RUSSA

Ignazio La RussaIgnazio La Russa

Udite udite. Le auto blu ci costano 4 miliardi di euro l’anno. Parola del ministro per la funzione pubblica, Renato Brunetta, in conferenza stampa unificata. Il monitoraggio delle auto blu della pubblica amministrazione, non è ancora concluso ma il ministro già scalpita e snocciola i risultati parziali della sua maxi inchiesta. Una cifra enorme, dice il ministro scopritore dell’italico spreco. Che facciamo, allora, dove tagliamo? Il ministro non lo sa. Per il momento, invece di prendersela con la casta sprecona ed arrogante e dirci dove, come e quanto taglierà, inveisce contro i 60.000 autisti. Neanche fosse colpa loro se in Italia sono tutti dottori da scorrazzare su auto fiammanti. Non c’è niente da fare. Al fustigatore degli italici vizi, i dipendenti pubblici non vanno né su né giù, l’ha detto lui: lo disturbano, vorrebbe vederli produrre “beni e servizi per i cittadini”. Fino a prova contraria, già lo fanno. Gli autisti svolgono semplicemente il mestiere per il quale sono stati assunti. Magari sono i dottori e i politici da scorrazzare in auto blu cui bisognerebbe dare una stretta. Aspettiamo la seconda conferenza stampa, quella dove finalmente il ministro annuncerà come ridurre il numero delle auto blu in Italia e recuperare 4 miliardi di euro l’anno per le casse dello Stato. Per uno spreco che torna, uno che resta, mai uno spreco che se ne va. Tanto paga Pantalone. Il governo, nella manovra finanziaria approvata al Senato, ha stabilito 20 milioni di euro, in tre anni, per far giocare il ministro della Difesa Ignazio La Russa ai soldatini. E’ rimasto in piedi, infatti, un emendamento per la cosiddetta mini-naja: tre settimane per far fare un gioioso addestramento, tra lo scout e il balilla, a qualche ragazzotto nerboruto, incuriosito dalla vita militare e annoiato dalla vita moderna. Sono i famigerati “campi dux”, soprannominati “campi La Russa”, che hanno fatto imbestialire i militari di professione ed hanno ragione da vendere. Alle forze dell’ordine, ma non solo a loro, questo governo ha tagliato i fondi di netto. Non ci sono i soldi per la sanità, per la sicurezza, per la cultura,  per la scuola e per la ricerca scientifica. Però, 20 milioni di euro per far giocare ai soldatini il ministro La Russa, quelli sì li hanno trovati. Al danno la beffa. Sapete quale è l’obiettivo dei campi dux? Riuscire ad ottenere un rapporto migliore tra i giovani e le forze armate. Siamo alla presa per i fondelli globale.

BORSELLINO, FERITA ANCORA APERTA

 

Falcone - BorsellinoFalcone - Borsellino

Nel giorno dell’anniversario della strage di via D’Amelio, il giorno del ricordo, del dolore ancora vivo, dell’onore alla memoria di Borsellino, che infaticabilmente ha portato avanti la sua battaglia in difesa dello Stato di diritto, fino a pagare con la vita, mi tornano in mente le parole del suo collega, altrettanto infaticabile nella lotta alla criminalità organizzata: “La mafia non è affatto invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio ed avrà una fine”.Questo concetto mi rimbomba in testa da giorni, tra l’ostinata e incontrollabile volontà di credere alle parole del giudice Falcone e l’amara consapevolezza che questo concetto diventi anno dopo anno più lontano.Sono passati diciotto anni dalla terribile strage di Via D’Amelio, da quella di Capaci, sono passati diciotto anni da quando un profondo conoscitore del complesso fenomeno della mafia diceva, credendoci, che essa sarebbe finita. Ebbene oggi Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Repubblica del tribunale di Reggio Calabria, da sempre protagonista nella lotta alla ‘ndrangheta, sotto scorta dal 1989, dichiara, in un’intervista pubblicata dal Corriere della sera pochi giorni fa, che “la ‘ndrangheta finirà quando non ci sarà più l’uomo sulla terra”. Ed ecco che la convinzione di Falcone diventa ancora più lontana dal concretizzarsi. Non sono solo le durissime parole di un altro magistrato impegnato in prima linea nella difesa della legalità a dimostrarlo, sono i fatti. Purtroppo, a diciotto anni di distanza, la battaglia intrapresa da Falcone e Borsellino non è ancora stata vinta. Quelle durissime ferite inflitte dalla mafia allo Stato non sono state ancora sanate e forse mai come adesso si è presentato il rischio che mafia, ‘ndrangheta e criminalità organizzata diventino vincenti sui territori.Oggi più che mai si avverte la minaccia che questo accada, oggi più che mai c’è il serio pericolo che i rapporti tra politica e criminalità organizzata non solo vengano fatti salvi, ma si diffondano a macchia d’olio sotto la sabbia dell’omertà. In un Paese in cui illustri esponenti della maggioranza e del governo esultano e cantano vittoria per la sentenza Dell’Utri, solo perché assolto per i reati successivi al ’92, viene il dubbio che non ci sia da parte dello Stato la seria volontà di combattere i fenomeni legati alla criminalità organizzata, né di fare luce su quelle stragi che oggi ricordiamo.In un Paese in cui esponenti della coalizione al governo, sostengono che la mafia è un problema del Sud, mi riferisco alla Lega, sorge il dubbio che, se nel Paese non si cambia radicalmente mentalità e non ci si prefiggono obiettivi precisi e costruttivi, quella battaglia che Falcone e Borsellino hanno portato avanti fino alla morte non potrà mai essere vinta.

I MAFIOSI SONO CRIMINALI NON EROI

Dell'Utri - BerlusconiDell'Utri - Berlusconi

Surreality show. Nel Pdl si discute sulla figura di Vittorio Mangano. Per Marcello dell’Utri è eroe. Per Fini, giustamente, no. A volte storici ed intellettuali dibattono e si confrontano sulla statura di personaggi controversi. Altre volte è la politica a farlo e gli esempi non mancano. Ma questo caso è davvero singolare. Nel giorno della commemorazione di Paolo Borsellino, un eroe vero, nel partito di Berlusconi c’è chi vede in un mafioso pluriomicida addirittura una figura eroica. E’ il segno dei tempi. Della decadenza culturale provocata dal berlusconismo e della degenerazione della politica. Provate ad immaginare una situazione analoga negli Stati Uniti. Se un membro del Congresso americano vicino ad Obama definisse John Gotti un eroe, cosa succederebbe? Non scommetterei un centesimo sulla sua permanenza in Parlamento. E non molto di più su quella di Obama alla Casa Bianca. Mi chiedo come sia possibile essere finiti così in basso. C’è una parte del Pdl che ha coperto questo paese di fango, di melma mefitica. Malaffare, cricche, camorra, mafia. Un disgustoso intreccio tra politica, malavita e affari che ha avvelenato il senso civico della nazione. A questo punto l’indignazione non basta più ed è indispensabile affermare i valori di legalità e giustizia in ogni sede. In Parlamento come facciamo noi, certo, ma anche per la strada, nelle chiacchierate con gli amici, sul posto di lavoro. E’ una chiamata alle armi per un risorgimento civile e capillare, per ristabilire la verità dei fatti e chiamare le cose col loro nome. Un mafioso non è un eroe, un mafioso è un criminale.

GIACOMO CALIENDO GO HOME!

Giacomo CaliendoGiacomo Caliendo

Ieri il presidente del Consiglio si è lagnato. Ha detto uffa, ma che brutto che è diventato questo provvedimento sulle intercettazioni. Non cambia niente, dice Silvio, gli italiani non saranno più liberi di parlare al telefono. In realtà, forse colpa dell’età che avanza, si è sbagliato e ha fatto confusione. Quando ha detto italiani il premier intendeva non i milioni di cittadini che popolano lo stivale, ma quel bel gruppo rockettaro della cricca e compagnia suonando, che non sarà più libera di telefonare allegramente mentre delinque su e giù per lo stivale. Quello, ahimè, la cricca continuerà a farlo se, come sembra, il ddl intercettazioni rimarrà così com’è. Insomma, non più mortale come la cicuta, ma la norma sulle intercettazioni rimane una bella bevanda avvelenata, che farà comunque la sua discreta quantità di danni, buchi e sfregi, soprattutto alle legalità. Per questo il ddl intercettazioni andrebbe buttato al macero. Sempre ieri, sempre Silvio, si è lagnato di come sia brutta la vita in Italia che, con questa legge, non sarà mai un paese davvero civile come la democraticissima Inghilterra. Ahi, mister President! What a big mistake! Mai paragone con la terra d’Albione fu più azzardato! Nella democraticissima Inghilterra, mister Berlusconi, il viceministro del Tesoro David Laws, si è dimesso per aver utilizzato in maniera impropria un rimborso spese che gli spettava comunque come parlamentare. Sempre nella democraticissima Inghilterra, il ministro dell’Interno Jacqui Smith si è dimessa perché aveva messo in conto a piè di lista ai contribuenti inglesi il noleggio di due film pornografici. Sempre nella democraticissima Inghilterra, quella che il premier prende a paragone incautamente, il ministro per le comunità Hazel Blears si è dimessa per non aver pagato le tasse sulla vendita della sua abitazione, il cui mutuo era stato anch’esso pagato dai contribuenti. E sapete chi ha scoperchiato la pentola del malaffare inglese? Il Daily Telegraph! Nella democraticissima Italia di Berlusconi, invece, non ci si dimette neanche di fronte ad accuse quali associazione camorristica, associazione a delinquere, accuse di corruzione. Roba che al confronto, i reati in terra d’Albione sono peccatucci da educande. In Italia, si rimane in sella al governo, con una faccia di tolla incredibile, o, tutt’al più, si smolla la poltrona solo sotto i colpi impietosi delle mozioni di sfiducia di Italia dei Valori e del resto dell’opposizione che, una volta c’è, l’altra nicchia. A proposito, dopo Scajola, Brancher e Cosentino, ora è il turno di Giacomo Caliendo, il sottosegretario alla Giustizia, pedina fondamentale della nuova loggia P3, secondo gli inquirenti. Italia dei Valori ha presentato la mozione di sfiducia ed oggi sarà il tema centrale del nostro Question Time. Caliendo, come da copione, non smolla la poltrona. Sta lì e continua a seguire il ddl intercettazioni. Mister President, you Know, Terra d’Albione , batte Italia 10 a 0!

VENDOLA SI’ O VENDOLA NO?

Nichi VendolaNichi Vendola

Ci sono due o tre cose che, a mio parere, rendono la discesa in campo di Niki Vendola paradossale. Il governatore della Puglia, perché questo è stato chiamato per il momento a fare, si candida a leader del centrosinistra senza un programma, senza un progetto, senza un’idea concreta per il Paese. Offre solo il suo corpo mediatico, senza dubbio fortemente carismatico, come mezzo per la conquista del consenso intorno a sé. Parla di narrazione, di sparigliamenti, di gare feconde, di nuova speranza in moto, di fiammate violente, di nuovo ossigeno da portare nell’obitorio della politica. Parole seducenti, suggestive, a forte impatto evocativo ed emozionale ma che, al netto della fascinazione, rimangono effimeri apparati retorici, roboanti e barocchi. C’è molto, troppo, Berlusconi, in questa paradossale discesa in campo di Vendola, in questo suo singolare modo di porsi in campo a fare il leader. Ai cieli azzurri e ai bambini felici di Silvio, Niki sostituisce la gramsciana connessione sentimentale con il popolo, le fabbriche di Niki, come luoghi di eruzione di buona politica, ma il modello offerto dai due è identico:  leaderismo allo stato puro senza idee né programmi. Quando, invece, al di là degli effetti speciali, si cercano frammenti di contenuti ed un’idea su cui ragionare e lavorare, crolla l’impalcatura. Come il tentativo compiuto da Vendola di mettere sullo stesso piano Carlo Giuliani, Falcone e Borsellino. Carlo Giuliani è un giovane ragazzo che ha perso la vita e che merita tutto il nostro rispetto e cordoglio, ma definire eroe chi partecipava ad un’azione violenta e che è stato colpito mentre si avventava a volto coperto contro un carabiniere brandendo un estintore, è francamente inaccettabile. Soprattutto, se si mettono sullo stesso piano Falcone e Borsellino, servitori dello Stato, massacrati dalla mafia che combattevano da una vita con intransigenza, coraggio e abnegazione totale di se stessi. Oppure, per fare un altro esempio, quando, in un’intervista di qualche giorno fa, discettando di economia, proponeva di sostituire tout court il modello di competizione capitalistica con quello della cooperazione che, per quanto sia importante e tuttora attualissimo, è una proposta che fa cadere le braccia e che, per dirla come Niki, è davvero il modo più vecchio che c’è nel mondo occidentale per pensare di dare una speranza di futuro a questo paese. Per queste ragioni, sono convinto che la candidatura di Vendola sarebbe disastrosa per il centrosinistra. E’ sicuramente oggi l’esponente più credibile, più moderno e carismatico di una sinistra radicale che rappresenta, però, una componente significativa ma nettamente minoritaria del centrosinistra, non certo un leader che possa guidare una coalizione capace di aggregare la maggioranza assoluta degli italiani. Sarò all’antica ma per me prima viene il programma, inteso nel senso nobile di una visione condivisa di sviluppo del Paese e dopo viene il leader che deve essere la persona capace di impersonare al meglio quel progetto e quelle idee. Per me, la proposta di governo alternativo del centrosinistra non parte dall’ostentazione del corpo carismatico di un leader ma dal coraggio e dalla generosità di partiti, movimenti, società civile, associazioni che finalmente scelgano di parlare con sincerità al paese e, così come fece Prodi nel ’96 – chiedendo sacrifici per portare l’Italia nell’euro – sappiano proporre al Paese una via d’uscita concreta dalle secche nelle quali si trova oggi.

BERLUSCONI MOLLI L'INTERIM

video: 

Dopo mesi di sollecitazioni al governo, di interrogazioni e atti parlamentari, ieri, con il mio collega al Senato Felice Belisario, ho scritto una lettera aperta al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, auspicando un suo intervento autorevole per risolvere una grave anomalia politica, l’assenza di un ministro allo Sviluppo Economico.  

Ill.mo Presidente Giorgio Napolitano,

ci rivolgiamo a Lei come Capo dello Stato e garante della Costituzione, consapevoli della grande e costante attenzione con cui segue le vicende politiche ed i problemi sociali ed economici del nostro paese. Intendiamo, con questa lettera aperta, portare alla sua attenzione la nostra preoccupazione per la perdurante assenza di un ministro per lo Sviluppo Economico. Riteniamo che, in una difficile fase di crisi come quella che stiamo attraversando, questo delicatissimo dicastero, strategico per il rilancio dell’economia italiana, meriti di essere gestito a tempo pieno e non con un interim che ormai prosegue dal lontano 5 maggio, giorno successivo alle dimissioni di Claudio Scajola. Da quella data, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi mantiene l’incarico ad interim del ministero per lo Sviluppo Economico, nonostante le numerose rassicurazioni sulla durata del tutto transitoria del mandato. Non intendiamo in questa sede sollevare la questione del conflitto d’interessi, anche se riteniamo del tutto inopportuno che Silvio Berlusconi mantenga ulteriormente la responsabilità di questo ministero che ha, tra l’altro, anche ampie competenze in materia televisiva e di telecomunicazioni. Scriviamo per rappresentarLe il nostro profondo disagio per questa situazione che, con l’approssimarsi della pausa estiva dei lavori parlamentari, corre il rischio di protrarsi per altri mesi. Riteniamo che la situazione vada affrontata con urgenza perché si tratta di un problema grave che penalizza pesantemente la nostra economia, già duramente provata. Siamo certi che la questione sia per Lei una priorità e riteniamo che un Suo autorevole intervento possa essere decisivo per superare questa fase per noi anomala.

 Massimo Donadi Felice Belisario

 

Oggi il Presidente, nel corso della cerimonia del Ventaglio, tradizionale appuntamento con la stampa parlamentare ha detto: "L'istituzione governo non può ormai sottrarsi a decisioni dovute, come quella della nomina di un titolare del ministero dello Sviluppo Economico o del presidente di un importante organo di garanzia quale la Consob”. Parole nette, che non devono cadere nel vuoto. E soprattutto una grande soddisfazione per l’Italia dei Valori, nonostante l’ostruzionismo e la censura di gran parte dei media. Riteniamo l’azione di moral suasion di Napolitano anche una nostra vittoria, perché immediatamente successiva alla nostra lettera aperta. Ora Berlusconi non ha più alibi. Il ministero dello sviluppo economico è una cosa seria, non è una poltrona da offrire come se si stesse vendendo un frigorifero, come fece tempo fa con Emma Marcegaglia all’assemblea di Confindustria. Una scena pietosa, imbarazzante. “Chi dice di sì alzi la mano…nessuno dice sì?”. Che vergogna, che scena indegna di un Paese civile e democratico. Il ministero dello sviluppo economico non è neanche una merce politica di scambio per tenersi buono questo o quel partito. E’ un dicastero strategico, fondamentale per rilanciare l’economia e la produzione in un momento di crisi. Naturalmente non abbiamo la convinzione che Berlusconi ascolti Napolitano perché gli interessi del Paese non sono i suoi. Anzi, configgono. Il ministero dello Sviluppo Economico ha un ruolo fondamentale nell’assegnazione delle frequenze sul digitale terrestre ed il conflitto d’interessi del premier è evidente ed enorme. Ad aggiudicare i multiplex sul digitale terrestre che l'Italia deve assegnare per evitare la sanzione dell'Europa, infatti, sarà proprio questo ministero. E sky sarà la principale concorrente di Mediaset. L’interim di Berlusconi non è solo un impaccio alla ripresa perché manca un ministro a tempo pieno, ma anche una intollerabile violazione dei principi democratici e delle regole di concorrenza. Mi auguro che le parole di Napolitano non cadano nel vuoto, anche se non ne sono sicuro, visto che Berlusconi non ha mai mostrato rispetto per le istituzioni e le regole della democrazia. In ogni caso la nostra battaglia proseguirà, se necessario anche rivolgendoci all’Authority competente o all’Europa.

L’UDC VIETTI AL CSM?AGLI INCIUCI DICIAMO NO

 

Michele ViettiMichele Vietti

Michele Vietti vicepresidente del Csm? No grazie. Lasciamo Pd e Udc a spartirsi la torta. Parteciparvi sarebbe una sconfitta per la democrazia ed il trionfo di quella logica dell’inciucio che non appartiene e non apparterrà mai a Italia dei Valori. Mai come in questi giorni, alla luce delle cronache giudiziarie, che  vedono coinvolti anche settori importanti e significativi della magistratura, emerge con chiarezza la necessità di restituire al Consiglio superiore della Magistratura la dignità e l’autorevolezza che gli è propria, insieme all’improcrastinabile urgenza di tirarlo fuori dalle secche di una logica di spartizione partitica che è riuscita ad infangarlo. Per questo, Italia dei Valori, sin dal primo momento, ha invitato tutti i partiti a fare la nostra stessa scelta, ovvero quella di indicare nomi di giuristi di alto lignaggio, di assoluto prestigio e competenza, estranei alla vita di partito e alla militanza politica. Noi abbiamo fatto nomi e cognomi con trasparenza e alla luce del sole: Vittorio Grevi, Gustavo Zagrebelsky, Bruno Tinti e Francesco Saverio Borrelli. Dunque, con tutto il rispetto per persone e cose, Michele Vietti è un nome che respingiamo con decisione, non solo per le ragioni di cui sopra ma perché il suo profilo e cursus honorum corrisponde proprio a quell’uomo di mezzo, trasversale, bipartisan, in perfetto stile democristiano, che di certe logiche spartitorie e di una certa politica dei due forni, ne ha fatto una questione di stile e di vita. Michele Vietti è stato sottosegretario alla Giustizia nel governo Berlusconi II e sottosegretario all’Economia nel Berlusconi III. A questo, si aggiunga che è uno dei padri della depenalizzazione del falso in bilancio, leggina grazie alla quale il premier ha evitato una condanna ai processi All Iberian e Consolidato Fininvest perché “il fatto non costituisce più reato”. Si è fatto promotore del ripristino dell’immunità parlamentare, nel giorno in cui Marcello Dell’Utri veniva condannato a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. E’ l’autore del legittimo impedimento blocca processi per il premier a scadenza, in attesa di un lodo costituzionale. Circostanze, leggi e fatti che ci portano a bocciare con convinzione la sua candidatura. Quali garanzie di autonomia e indipendenza garantirebbe Michele Vietti? Per questo, noi respingiamo ai mittenti la sua candidatura.

NON LASCIAMO L’ITALIA NEI... “CASINI”

Pier Ferdinando CasiniPier Ferdinando Casini

Degli ultimi quindici anni di vita politica di questo Paese butterei via tutto o quasi. Butterei via senz’altro tutti gli anni in cui ha governato Silvio Berlusconi, salvando quel poco che c’è di salvabile, invece, dell’esperienza del governo dell’Ulivo. Non un granché per la verità, visto che, con l’esplosione che l’ha mandato in mille pezzi, non è finito solo una stagione di governo ma è sparita una intera coalizione, dispersa in una diaspora insanabile. C’è solo una cosa che salverei di questi anni ed è l’affermarsi del bipolarismo, anche se oggi non ha un bell’aspetto ed è ostaggio del berlusconismo, causa e ragione del suo cattivo stato di salute. Lo salverei perché il bipolarismo ha portato nel nostro paese il valore insostituibile della sana alternanza di governo, con la quale in democrazia si mettono in moto i virtuosi anticorpi ad ogni forma di controllo e sopraffazione, perché ha introdotto il principio sacrosanto della responsabilità di coalizione, che nasce intorno ad un leader e ad un programma da realizzare e non da stracciare il giorno dopo. Ecco perché sono convinto che il bipolarismo sia una esperienza non solo da salvare ma da conservare, così come sono convinto che, una volta tolto di mezzo Berlusconi, il nostro bipolarismo potrebbe finalmente essere normale e riuscire a godere di buona salute. Ci sarebbero due schieramenti e due leader che finalmente si confronterebbero ad armi pari sui contenuti, costretti a cercarsi il consenso non come ora grazie al controllo dell’informazione ma sull’offerta di proposte da fare al paese. Il problema, però, è che con questo Pd, che è ogni giorno di più la bella addormentata nel bosco, c’è il rischio serio che il bipolarismo non sopravviva a Berlusconi e che, all’era Berlusconi succederà quella di Casini. E non lo dico perché mi piace fare dietrologia filosofico-politica ma perché, da alcuni colloqui avuti in forma privata con illustri esponenti del Pd, mi risulta nei fatti. Il ragionamento che alcuni fanno in casa democratica è più o meno questo. Siccome siamo consapevoli che Pd, Sinistra radicale, Idv e Udc non potranno mai stare insieme, piuttosto che rispedire Casini nelle braccia di Berlusconi, siamo pronti a svendere il bipolarismo e ad aprire la strada a Casini, confezionando una legge elettorale che azzeri il sistema bipolare, introduca un sistema proporzionale dove ogni partito corre da solo e fa da ago della bilancia il giorno dopo le elezioni. Non esisterebbero più coalizioni, né candidati premier. Esisterebbero solo partiti che chiedono consenso sul simbolo e governi che nascerebbero il giorno dopo, non sui programmi ma in base al numero di poltrone offerte in cambio del sostegno, secondo quel detestabile sistema da prima repubblica che con tanta fatica abbiamo cancellato per sempre. Chiudere l’era Berlusconi aprendo quella di Casini sarebbe un delitto. Lasciare che Casini abbia la golden share dei futuri governi di questo paese, sarebbe un criminogeno passo indietro, nel giurassico della politica, talmente scellerato da poter essere a ragione annoverare tra i crimini contro l’umanità. Dopo vent’anni di Berlusconi, a questa stanca e povera Italia, almeno quest’altro pugno in faccia, che finirebbe per stenderla definitivamente, risparmiamoglielo.

GIU’ LE MANI DAL WEB!

No al bavaglio di InternetNo al bavaglio di Internet

Loro, i finiani, dicono di aver lavorato per la riduzione del danno ma che la legge sulle intercettazioni sia ora una legge accettabile è una colossale balla. Ci sono aspetti talmente odiosi in questo provvedimento che lo rendono del tutto inaccettabile e non c’è passo avanti o indietro che tenga. Il ddl intercettazioni è un gigantesco ed inesorabile passo indietro che ci riporta al paleolitico dell’informazione e al pleistocene della libertà. Ecco due nefandezze su tutte, per rispedirlo così come è al mittente: hanno mantenuto l’abrogazione dell’articolo 13 della cosiddetta legge Falcone, depotenziando la lotta alla criminalità organizzata e, con il comma 29 dell’articolo 1, hanno imposto una nefasta limitazione alla libertà del web, mai pensata prima e che non esiste in nessun altro paese del mondo. Il comma in questione, infatti, sottopone qualsiasi pagina web, che sia quella facente capo ad un grande gruppo editoriale o al blogger Mario Rossi di Gallarate, alle stesse regole dei giornali: le rettifiche andranno pubblicate entro 48 ore, con la stessa evidenza della notizia originale. Chi non lo fa, rischia una sanzione salatissima, fino a 12.500 euro che se per il gruppo Espresso spa, per fare un esempio sono bazzecole, per Mario Rossi sono un incubo. Tradotto, in parole povere: la libera circolazione di idee e notizie sensibili non solo saranno vietate sui mezzi di comunicazione del padrone, leggi Mediaset, o asservite al padrone, leggi Rai, ma non potranno più circolare sul web, libero spazio per libere menti. Di questo passo e con questo governo, pensieri, riflessioni, idee, denunce rimarranno li dove sono nel cassetto dei sogni e delle buone intenzioni. Ogni canale di comunicazione sarà inesorabilmente chiuso. Stiamo per diventare il primo e l’unico Paese al mondo nel quale un blogger rischia più di un giornalista ma ha meno libertà. Pretendere che un blogger proceda alla rettifica entro 48 ore dalla richiesta, esattamente come se fosse un giornalista,  sotto la minaccia di una pesantissima sanzione pecunaria, significa infatti dissuaderlo dall’occuparsi di temi suscettibili che sputtanano i poteri forti, politici ed economici. Di cosa, dunque, dovrei gioire o essere soddisfatto proprio non lo capisco. Dovrei forse gioire del fatto che la criminalità potrà continuare a compiere crimini? Oppure che questo governo di irresponsabili ha deciso di farsi beffa della sicurezza degli italiani? O del fatto che stanno compiendo un vero e proprio scempio, che imbavaglierà per sempre le nostre bocche, fino ad addormentare le nostre coscienze? Per questo, appoggio la lettera appello che alcuni dei più importanti giornalisti operanti anche su internet hanno rivolto alla presidente Giulia Bongiorno. L’accesso alla Rete sta diventando in centinaia di paesi al mondo un diritto fondamentale dell’uomo. Sarebbe paradossale che proprio l’Italia debba rinunciarvi per sempre. 

SI ALLA COMMISSIONE D’INCHIESTA SULLA P3

 

Dalla P2 alla P3Dalla P2 alla P3

Oggi il presidente del Pd, Rosy Bindi, durante una conferenza stampa, ha presentato la proposta di legge per l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulla nuova P3, mantenendo fede a quanto annunciato la settimana scorsa. Ebbene, lo voglio dire con chiarezza, io sono d’accordo con l’iniziativa di Rosy, pur sapendo che non tutti nel mio partito, a partire dal presidente Di Pietro, sono pienamente convinti della bontà dell’iniziativa. Io sono convinto, invece, che sia una strada opportuna e percorribile per una serie di ragioni sulle quali, però, vorrei il conforto della vostra opinione. Innanzitutto, già il fatto di proporla è una vittoria perché se la maggioranza non dovesse autorizzarla, sarebbe un’ammissione palese di colpa, la dimostrazione che vogliono insabbiare la verità. Ma se riuscissimo a portarla a casa, con una presidenza affidata a persona autorevole e di assoluta garanzia, e non certo a Niccolò Ghedini, sarebbe un vero colpaccio per l’opposizione. Non solo perché si rivelerebbe uno straordinario mezzo per raccontare il marcio che c’è in quel partito, dalle sue origini fino ai giorni nostri, ma perché sarebbe una spina nel fianco affilata dell’opposizione che tormenterebbe Berlusconi per i prossimi due anni e mezzo. Ricordo, qui, che grazie all’inchiesta della Commissione Anselmi, si arrivò ad una legge di scioglimento della P2 e alla previsione come reato della creazione di società segrete con finalità analoghe alla P2. E’ chiaro che tale commissione non dovrà e non potrà sostituirsi all’inchiesta della magistratura, cui spetta l’accertamento delle responsabilità penali ma emerge sempre più con forza la necessità di far luce sulle responsabilità politiche e morali nel Pdl, che ormai ha al suo interno una questione morale grande come una casa e che, con molta probabilità, sarà la causa della sua implosione. I politici del centrodestra coinvolti in questa nuova società segreta, una sorta di cupola affaristica che perseguiva finalità private manipolando la cosa pubblica, non sono poche mele marce nate lontano dall’albero maestro. Hanno ruoli di primissimo piano, siedono alla destra del padre padrone, sono coordinatori nazionali, sottosegretari, rappresentano il cuore e l’anima di questo partito corrotto e sgangherato. Dunque, perché no? Perché, almeno, non provarci, non provare a metterli con le spalle al muro? Voi cosa ne pensate?

VITTORIA! INTERCETTAZIONI RIMANDATE A SETTEMBRE

 

La protesta dei parlamentari IdV in aula contro il Ddl IntercettazioniLa protesta dei parlamentari IdV in aula contro il Ddl Intercettazioni

Nel pomeriggio arriverà la comunicazione ufficiale ma vi anticipo già da ora la grande novità dell’estate e ve lo annuncio con un gran senso di soddisfazione e di orgoglio: il ddl intercettazioni sarà rinviato a settembre. Ci possiamo concedere il lusso di cantare vittoria, anche se, come diceva qualcuno, abbiamo vinto la prima battaglia e non la guerra ma è già uno straordinario segnale. E’ la dimostrazione che quando di fronte a noi c’è una grande battaglia di democrazia ci dobbiamo credere fino in fondo, perché le buone ragioni dell’opposizione, anche se minoritarie, sono sempre vincenti. E’ la prova che, quando l’opposizione, la società civile, i sindacati, le associazioni uniti in piazza ai semplici cittadini, fanno fronte comune e gridano forte, ad una voce sola, il rifiuto ad  ogni forma di autoritarismo mascherato, ad ogni prevaricazione subdola e strisciante, ad ogni atto di arroganza becero del potente di turno per coprire le sue malefatte e la sua spregiudicatezza politica e morale, si deve combattere. E’ la prova che quando in gioco c’è la difesa delle più elementari libertà dell’uomo che sono sacre e inviolabili, si può vincere. Non è finita qui. Per ora, abbiamo portato a casa un risultato straordinario che ci rende orgogliosi e soddisfatti. Abbiamo vinto la prima grande battaglia di democrazia, costringendo il governo ad una clamorosa sconfitta. Siamo ad un passo dalla Caporetto del Governo, alla Waterloo del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, sconfitto e umiliato, che subisce l’onta di dover rinviare il provvedimento sulle intercettazioni, che voleva tanto e subito, costretto ad ingoiare un rospo gigante, circostanza per lui inusuale.  Con il ddl intercettazioni, che rimane quello che è, ovvero una colossale, gigantesca, enorme porcata – ricordo qui solo per inciso la vergognosa abolizione della norma Falcone e quella antiweb che fanno inorridire – ci rivediamo a settembre, augurandomi con tutto il cuore che il rinvio di oggi sia il primo passo verso l’archiviazione definitiva di questo ennesima legge scellerata del Governo.