novembre 2010

LA CORRUZIONE VOLA, IL GOVERNO FRENA

Secondo l’ultima stima di Trasparency International, l’Italia è scesa al 67° posto nella graduatoria mondiale sulla corruzione nella pubblica amministrazione. Da Tangentopoli in poi, a parte una breve parentesi, siamo andati sempre peggio. Quando Mani pulite muoveva i suoi primi passi, il giro di affari della corruzione italiana era di diecimila miliardi di lire l’anno, con un indebitamento pubblico tra i 150 e i 250 mila miliardi di lire. Negli anni sessanta il debito pubblico era inesistente. Negli anni ottanta cresce fino al 60% del prodotto interno lordo. Sale al 70% nel 1983. Tocca il 92% nei quattro anni di governo Craxi (1983-1987), per chiudere alla vigilia di Mani Pulite, nel 1992, al 118%. Dal 1993 al 1994 si registra infatti il picco di denunce dei delitti di corruzione. Dopo l’azione di Mani pulite, la corruzione diminuisce ma dal 2000 in poi torna ai livelli del 1991, quelli antecedenti all'emersione di Tangentopoli. Le leggi ad personam  di Silvio Berlusconi, taglio dei tempi di prescrizione per i reati economici, corruzione al falso in bilancio e i condoni fiscali hanno riportato la corruzione ai tempi d’oro. Tutte le proposte e i disegni di legge anticorruzione, anche quelle presentate da Italia dei Valori, sono impantanate nelle secche del Parlamento, ben chiuse nel cassetto e destinate a non venire alla luce per volere della maggioranza. Anche il disegno di legge d’iniziativa del Governo, tanto strombazzato in campagna elettorale e tirato fuori ogni volta che organismi internazionali segnalano la gravità della nostra situazione, è inchiodato in commissione. Ma non è tutto. Per  capire di che pasta è fatto questo governo e quanto abbia a cuore la lotta alla corruzione, basti pensare che hanno soppresso l’Alto Commissario Anticorruzione, presieduto da Achille Serra, un organismo alle dipendenze della presidenza del Consiglio. Non pensiate all’ennesimo ente inutile. Nonostante i pochi mezzi e le scarse risorse, questo organismo ha messo a segno una serie di successi quali l’indagine sullo stato della corruzione nella sanità in Calabria, l’ispezione alla Asl di Napoli 5, da cui emersero infiltrazioni mafiose e l’attivazione di un numero verde per consentire ai cittadini di denunciare casi di corruzione sotto garanzia dell’anonimato. L’organismo è stato sostituito con un Dipartimento alle dipendenze della Funzione pubblica, le cui risorse sono state ulteriormente ridotte di oltre due terzi. Risultati all’attivo di questo nuovo ente zero. Comprensibile d’altronde. A Singapore, l’ente anticorruzione conta circa 800 dipendenti, ha mezzi e risorse. Anche il Sol Levante ci dà lezione. Nessuna sorpresa. Questo, d’altronde, è il Parlamento delle impunità e degli impuniti.

SOLO I RICCHI ANDRANNO A SCUOLA

GelminiGelminiArticolo 34 della Costituzione: “i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”. Non è più così, non sarà più così in futuro. I ministri Tremonti e Gelmini, come scrive oggi la Repubblica, hanno decretato la fine dell’istituto delle borse di studio universitarie, nato nel 1946, negando di fatto un diritto sacrosanto garantito dalla Costituzione a tutti i cittadini. Il fondo per le borse di studio, ad ottobre di questo anno, per volere dell’ineffabili Giulio e Maria Stella, è passato da 246 milioni di euro a 25,7, con un taglio di circa il 90%. Hanno lasciato le briciole, quel tanto che basta per non perdere completamente la faccia. Nel 2012 sarà anche peggio: il fondo sarà tranciato di un’altra abbondante metà arrivando a scarsi 13 milioni di euro. Cosa vuol dire questo? Che dal prossimo anno, per otto studenti su dieci, meritevoli e con famiglie dal reddito basso – che sono sempre di più vista la crisi - non ci saranno più soldi, acuendo ancora di più le distanze tra Nord e sud Italia. Sì perché essendo il nostro sistema universitario molto regionalizzato, mentre alcune regioni del Nord come Piemonte, Toscana ed Emilia Romagna potranno garantire ancora tale diritto, le altre saranno brutalmente colpite. Alla faccia di un federalismo equo e solidale. Nasce così la scuola ai  tempi di “Berlusconi, Tremonti e Gelmini”, quella dove il merito non conta niente, dove la Costituzione è un libro per nostalgici, ed ogni principio e diritto sacro e inviolabile non segue più lo spirito dei padri costituenti del buon padre di famiglia che si prende cura dei più deboli ma il nuovo dio indiscusso, Re denaro, che a tutto vede e provvede. Ha fatto di tutto la Gelmini pur di assecondare le esigenze di cassa di Tremonti fregandosene del ruolo di ministro per l’Istruzione della Repubblica: ha tagliato i fondi alla scuola, ha ridotto il tempo pieno, ha fatto una riforma che riforma non è, ha cancellato le graduatorie di ricercatori e soppresso alcuni atenei. Proprio oggi, si alza forte nel Paese il lamento del rettore del Politecnico di Torino, un fiore all’occhiello della nostra istruzione universitaria, che rischia di finire in ginocchio per colpa dei tagli.  Non paga, supinamente ai voleri del ministro dell’Economia, cancella un diritto fondamentale che, dal 1946 ad oggi, ha accompagnato l’evoluzione democratica e scolastico di questo Paese. Molti degli scrittori, degli scienziati, degli artisti, dei medici che danno lustro oggi al nostro Paese non avrebbero mai potuto studiare senza borse di studio. Se questo è il Paese che vogliono, noi diciamo no. E chiediamo al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, massimo garante della Costituzione, di fermare queste mani scellerate.

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PAROLA D'ORDINE: RINNOVAMENTO

Stretta di mano Berlusconi-D'Alema nel 1995Stretta di mano Berlusconi-D'Alema nel 1995Venerdì prossimo prenderà il via “Prossima Fermata Italia”, la tre giorni organizzata a Firenze da Matteo Renzi, Pippo Civati e Deborah Serracchiani. Dell’iniziativa non mi interessa il tratto polemico tutto interno al PD che, detto con franchezza, riguarda loro e solo loro. Mi interessa, invece, l’affermazione di un principio di fondo che trovo pienamente condivisibile e non rinviabile: l’Italia è un paese di “inamovibili”, un paese dove chi arriva a detenere un ruolo di potere pubblico, vi rimane incollato per interi decenni. Sembra quasi un tratto culturale e fondativo della nostra società ed emerge in tutti i settori della vita pubblica. Dai baroni universitari ai politici ai gran commis di Stato, chi sale ai vertici tende a creare intorno a sé un sistema di “potere a vita” dove anche il successore viene scelto per cooptazione, quando non addirittura per scelte di tipo familistico. Il problema è che una gestione delle funzioni pubbliche basata sulla inamovibilità ha riflessi enormi sulla vita pubblica, sulla qualità delle stesse funzioni esercitate  e sul livello etico complessivo del paese. Non è una questione anagrafica. Non si tratta di un generico o qualunquistico “largo ai giovani”. L’importante è che si affermi un principio che considero di “igiene sociale”, quello per il quale le funzioni pubbliche apicali sono temporanee e l’alternanza nelle responsabilità è una ricchezza democratica. Chi fa il parlamentare, il ministro, il capo di un partito piuttosto che il presidente del consiglio lo fa per un periodo limitato di tempo, dopodiché lascia il posto ad altri. Non amo la facile demagogia, ma nell’esercizio di una funzione pubblica non c’è niente di peggiore dell’identificazione tra una persona e la funzione stessa. Il ricambio della classe dirigente è un valore in sé, perché anche il migliore statista al mondo, nel tempo, diventa ostaggio della sua storia, delle scelte compiute, delle persone frequentate, che pesano sulle sue azioni come palle al piede e lo fanno comunque correre più lentamente di chi, magari, ha meno esperienza, ma è libero da condizionamenti. Spero che il treno della modernizzazione nel paese faccia tanta strada e che anche a Firenze, il prossimo week end, faccia una fermata importante.

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LA CONGIURA DEL SILENZIO SULLE BUGIE DI CALDEROLI

video: 
Sulla vicenda Calderoli è in atto la congiura del silenzio. Nessun giornale, a parte Unità e il Fatto quotidiano, ne ha parlato. Nessuna trasmissione ha approfondito la questione. Nessun partito dell’opposizione ha cavalcato la nostra denuncia, anzi l'hanno scientificamente ignorata. Italia dei Valori ha le prove in mano per far cadere il Governo (leggi tutti i documenti). Ogni giorno le prove a carico di Calderoli diventano più pesanti, si arricchiscono di ulteriori documenti che certificano e dimostrano  le sue menzogne. Calderoli ha cancellato una legge per salvare 36 attivisti del suo partito da un’accusa gravissima, ha abusato del suo potere e mentito in diretta televisiva. Eppure, in questa povera Italia, dove la libertà di informazione e una politica autorevole sono una chimera, un comportamento che non ha uguali per gravità nella storia del Paese viene intenzionalmente tenuto nascosto ai cittadini. Anche gli altri partiti d’opposizione hanno scelto di calare un velo di silenzio sull'intera vicenda e viene quasi il sospetto che si riempiono la bocca con la richiesta di dimissioni del governo ma che in realtà, per paura del voto, non abbiano nessuna intenzione di mandarlo a casa per davvero. Il ministro Calderoli ha cancellato una norma per favorire i suoi. Ha poi accusato la preposta commissione di averlo fatto. La commissione ha smentito il ministro, dicendo che quella norma, la salva-legam, non c’era tra quelle da cancellare. Poi, quando noi lo abbiamo beccato con le mani nella marmellata, ha detto che non si poteva più tornare indietro, adducendo la scusa di non poter utilizzare la procedura di rettifica quando ad essere abrogate sono norme primarie, cioè leggi. Anche questa è una menzogna e ne abbiamo la prova. Solo due giorni prima lo stesso ministro aveva usato la procedura di rettifica negata per la norma salva legam per rettificare l'abrogazione di altre norme primarie, cioè leggi, che erano state cancellate per errore. Il ministro Calderoli si è opposto con tutte le sue forze alla rettifica abusando del suo potere di ministro solo per favorire 36 leghisti accusati di banda armata che, grazie alla sua manina fatata, si sono salvati da ogni accusa e andranno prosciolti. Un ministro della Repubblica ha mentito e manomesso una legge nell’esercizio delle sue funzioni. Ogni giudizio lo lascio a voi ma è grave che su questa vicenda sia scesa una soffocante cappa mediatica. E’ in atto la congiura del silenzio. Per questo chiedo a voi di far girare questo video nella rete, unico spazio di libera informazione sopravvissuto. Lo affido a voi, come un messaggio nella bottiglia. Mandiamo a casa questo governo di patetici satrapi e bugiardi patentati!

GOVERNO TECNICO? OGGI SERVE SOLO A SILVIO

BerlusconiBerlusconiL’idea di un governo tecnico non ci ha mai fatto impazzire. Lo ritenevamo, almeno fino ad oggi, il minore dei mali, necessario nel momento in cui non si riusciva a spezzare il sistema di potere di Berlusconi. Eravamo in una lotta di trincea dove Berlusconi se l’era sempre sfangata. Nelle ultime due settimane, però, tutto è cambiato. I fallimenti, politici ed economici, di questo governo sono venuti fuori, alla luce del sole. Dai rifiuti che sono tornati a riempire Napoli e la Campania alla mortificazione di Alitalia, passando per il terremoto dell’Aquila, il fallimento di questo governo è totale e drammatico e soprattutto impossibile da nascondere, come l’immondizia. A questo, si aggiunga l’abisso morale in cui è precipitato il presidente del Consiglio, lo squallore di dover vedere trasformati in “bordello di Stato” i palazzi della presidenza del Consiglio, teatro  di un via vai incessante di prostitute, portate su e giù a vagonate da poliziotti e carabinieri per i trastulli del sultano. Tutti i nodi sono venuti al pettine. Ebbene, di fronte a tutto questo, abbiamo il dovere di fermarci un istante e riflettere se la strategia che avevamo fino ad oggi pensato sia ancora la più efficace per battere Berlusconi. Io non credo. Berlusconi non sarà, mai, più debole di quanto lo è oggi. Mai più la sua politica apparirà fallimentare agli occhi degli italiani come appare oggi. Mai più  le sue parole risuoneranno come vane promesse quanto risuonano oggi. La scelta di fondo tra elezioni subito o governo tecnico sta tutta qui. Tra il fare una campagna elettorale oggi tutta incentrata sull’abisso morale ed umano del premier, sull’immagine di un uomo malato, debole e ricattato, di una maggioranza deflagrata, di un governo incapace ormai di tutto, se è vero che ieri è finito in minoranza al primo voto sulla Finanziaria, oppure fare una campagna elettorale tra otto o nove mesi, dandogli tutto il tempo di far dimenticare quanto accaduto in questi tre anni e consentendogli di impostare tutta la campagna elettorale sulla presunta illegalità e antidemocraticità del governo tecnico. Lo faremo giocare proprio sul suo campo, anche perché, diciamocelo con chiarezza, non è che il governo tecnico in cinque o sei mesi potrà fare nulla al di là della legge elettorale. Quanto a quest’ultima, che noi vogliamo davvero cambiare, per tornare a quella precedente, che era di molto migliore e basata sui collegi uninominali, basterebbe una settimana in parlamento. La proposta, infatti, c’è già e consta di un solo articolo e ci sarebbe tutto il tempo di approvarla prima che vengano sciolte le camere. Credo che tutte le opposizioni dovrebbero iniziare una seria riflessione su questo, a partire dai lettori di questo blog.

MOZIONE IDV A CALDEROLI RINVIATA. LA CONGIURA CONTINUA

Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia” diceva Pasolini e mai è stato vero quanto in questo momento. E’ quello che sta succedendo sulla vicenda Calderoli. Molti lettori hanno chiesto, in riferimento alla vicenda, perché non pensassimo di presentare una mozione di sfiducia. Noi lo avremmo fatto molto volentieri, se solo avessimo avuto l’appoggio delle altre opposizioni, viste le 60 firme richieste dal regolamento della Camera. Ma non ci siamo arresi e, dopo 10 giorni di studi, di ricerche di cavilli, siamo riusciti a trovare l’unica soluzione possibile: presentare, cioè, una mozione per il ritiro delle deleghe di Calderoli, che, in questo modo, rimarrebbe ministro del nulla. Siamo riusciti ad ottenere che quest’ultima fosse calendarizzata ed abbiamo sperato che per una volta, anche all’interno di questo governo dalla discutibile moralità, le cose potessero andare per il verso giusto. Ma ci sbagliavamo. E, colpo di scena, ieri la nostra mozione che inchiodava il ministro Calderoli alle sue responsabilità, ad ammettere di aver cancellato una legge per salvare 36 attivisti del suo partito da un’accusa gravissima, è scomparsa dal calendario. Motivo: il ministro è troppo impegnato con il Federalismo per venire in Aula. Non ci siamo fermati e abbiamo chiesto sostegno alle altre opposizioni, ma evidentemente anche per loro in questo momento il federalismo è troppo importante, o, più semplicemente, la paura del voto ha suggerito di mantenere il profilo basso su una vicenda che, se fosse andata fino in fondo, avrebbe buttato giù questo governo. Ora la mozione in questione slitterà ancora, non si sa bene di quanto, perché poi la discussione della Finanziaria sposterà ogni cosa in secondo piano, sempre che il governo non cada prima. Se, insomma, prima si aveva solo la sensazione che su questa vicenda fosse calato il complotto del silenzio, ora si hanno tutte le ragioni per ritenere ciò una certezza. A quasi tutti farebbe piacere che questa mozione non arrivasse mai in Aula, ma noi non abbiamo la minima intenzione di mollare e non lo faremo.  Confidate sul fatto che quanto prima avrete la prossima puntata di questa indecente e scandalosa congiura del silenzio.

 

SI VOLTA PAGINA. LA SFIDA CHE CI ATTENDE

 Il tatticismo esasperato è il tratto distintivo della crisi di questa maggioranza, sin dal suo inizio. Un tatticismo davvero intollerabile che ricade interamente sulle spalle di un paese che guarda sfinito e attonito. Uno spettacolo che si è ripetuto anche ieri. Ma non possiamo far finta di non vedere che di questa interminabile partita a scacchi tra Fini e Berlusconi, questa mossa, se non è l’ultima, di certo è la penultima. Il governo cadrà. E presto. Questione di giorni o di alcune settimane al massimo. Fini e Berlusconi non saranno mai più alleati tra di loro. Con ogni probabilità si creeranno le condizioni per un’alleanza elettorale ampia (una sorta di Comitato di Liberazione Nazionale) che sbarrerà per sempre la porta al rischio di un ritorno di Berlusconi al governo. Dopo, nascerà la terza repubblica. Una terza repubblica senza Berlusconi e quindi senza antiberlusconismo. Noi dobbiamo essere pronti a tutte queste sfide. A quella di farci concavi o convessi, se servirà, per dare vita a una breve fase di alleanze, anche innaturali, che servano a spazzare via non solo Berlusconi ma anche la sua vergognosa corte dei miracoli. Ai nostri elettori lo potremo spiegare perché stiamo lavorando per costruire la nuova Italia e l’approdo finale sarà un bipolarismo finalmente sano. L’altra sfida che dovremo accettare è quella di lasciare le sponde sicure della resistenza democratica al despota Berlusconi per trasformare le nostre idee e i nostri valori, che continueremo a difendere con intransigenza ed irriducibilità, in una politica nuova dove il confronto primario sarà di idee e di progetti e sarà giocato sulla capacità di saper proporre e realizzare una vera modernizzazione del Paese. L’unica cosa che ci è preclusa è di stare fermi e di continuare con i toni e i modi del passato. Nel momento in cui tutto cambia e tutto si sposta, e non c’è più Berlusconi dall’altra parte, continuare con la politica della clava contro tutto e tutti rischia di relegarci in un radicalismo minoritario. Dobbiamo aprire una fase nuova, posare la clava e prendere in mano malta e cazzuola, perché l’Italia ora ha bisogno di costruttori e di speranza. E noi dobbiamo avere solo una cosa da temere: la nostra paura di cambiare. Abbiamo un programma, abbiamo un leader, abbiamo idee e proposte che ci consentiranno di essere nelle responsabilità di governo anche più forti ed autorevoli di quanto non lo siamo stati in questa fase di resistenza democratica e costituzionale.  

PDL, IL GIURASSICO DEI DIRITTI CIVILI

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Hanno trasformato il forum nazionale della famiglia in un museo di preistoria e di paleontologia, esponendo e rivendicando come trofei idee fossilizzate risalenti al giurassico. E’ questa l’era zoologica governativa quando si parla di diritti civili e temi etici. I ministri e sottosegretari Sacconi, Roccella e Giovanardi ieri hanno dato il peggio di loro stessi. Neanche il miglior padre Torquemada avrebbe raggiunto vette così inusitate. Ricapitolando, ad uso di coloro che si siano persi le imperdibili “perle” ministeriali, ieri Giovanardi ha detto che i progressi della scienza e le biotecnologie possono togliere ai figli il diritto di nascere all'interno di una comunità d'amore con un’identità certa e materna. Praticamente  ha diviso il paese in famiglie di serie A, quelle naturali etero e basate sul matrimonio, e famiglie di serie B, quelle adottive o che hanno messo al mondo figli con la procreazione assistita, o peggio ancora, quelle omosessuali che non entrano neanche in classifica. Sacconi ha dato fiato alle trombe sostenendo che lo Stato darà aiuti solo alle famiglie naturali regolarmente sposate e che procreano, per poi fare una clamorosa marcia indietro per le sacrosante proteste di Italia dei Valori. La Roccella, infine, ha sostenuto che le biotecnologie vanno selezionate e governate. Meglio se, ovviamente, da lei che è selezionata, governata ed ispirata non da quello spirito laico che dovrebbe guidare la mano del legislatore ma da altri poteri. Messe tutte insieme sono esternazioni che fanno impressione, obbrobri ideologici da brivido freddo lungo la schiena. Un impressionante manifesto della razza, di stampo razzista e nazista, ideologico ma soprattutto spaventosamente anacronistico. Giovanardi, Sacconi e Roccella sembrano le tre scimmie, che non vedono i profondi mutamenti sociali davanti agli occhi di tutti, non sentono il grido che si alza forte nel paese e che chiede il rispetto dei diritti civili di tutti i cittadini, non parlano al cuore della gente ma rispondono ad altri interessi e poteri. Il problema è che la famiglia evocata dal governo è ben diversa e lontana da quella raccontata e descritta dalle testimonianze e dalle statistiche Istat, tanto per cominciare. Le forme familiari sono sempre più variegate. Oggi siamo di fronte a single con figli, coppie senza figli, coppie con figli non coniugate, coppie che scelgono di non sposarsi e fare figli, coppie omosessuali con figli, insomma una panorama diversificato e variopinto. Se a queste nuove famiglie, lo Stato laico negasse gli aiuti è come se non riconoscesse l’esistenza di un pezzo vivo reale e pulsante del nostro paese e violasse i sacrosanti diritti civili di questi cittadini. Ecco perché, insieme a Berlusconi, ci auguriamo che anche i Sacconi, i Roccella, i Giovanardi e tutti i dinosauri che animano il Pdl finiscano presto in quel museo di preistoria e di paleontologia dove vogliono rinchiudere a chiave il rispetto dei diritti civili di tutti i cittadini italiani.

L'ONOREVOLE STIPENDIO NON SI PIGNORA

ParlamentoParlamentoChe bello essere parlamentari. Eh sì. Poco lavoro ultimamente (da cinque o sei mesi, si lavora in media un giorno a settimana per colpa di una maggioranza vergognosa e irresponsabile che sta trasformando la sua crisi nella crisi del Paese), tanti privilegi. Lo dice uno che alla Camera vorrebbe lavorare di più, approvare leggi per il Paese, cancellare le storture, rispondere alle legittime richieste dei cittadini, dei lavoratori, delle imprese, delle famiglie. Di tutte le categorie sociali, insomma. A fronte di privilegi quasi feudali. Ne ho scoperto uno che grida vendetta: lo stipendio (sostanzioso) dei parlamentari a differenza di quello di qualsiasi altro lavoratore italiano, non può essere pignorato da eventuali creditori. Quindi se io fossi condannato a risarcire un danno e non volessi farlo, avrei buone possibilità di farla franca sfuggendo alla giustizia e ai miei creditori. Ad essere pignorabili, infatti, sono soltanto alcuni marginali rimborsi delle spese per trasporti e telefono. Il punto è che di questa pur limitata e insufficiente pignorabilità, nessuno sa niente. Le informazioni non sono reperibili da nessuna parte, la Camera non lo dice a quei creditori che tentano inutilmente di pignorare lo stipendio dei parlamentari. Così come non sono reperibili le informazioni su come e quando vengono pagati tali rimborsi ai parlamentari. L’ho scoperto causalmente in questi giorni e la cosa mi ha indignato profondamente perché questa tutela pone il parlamentare al di sopra della legge, al di sopra degli altri cittadini. Per questo Italia dei Valori presenterà una richiesta formale nel prossimo ufficio di presidenza della Camera (unico organo che ha competenza per decidere su queste materie) per abolire questo scandaloso privilegio di Casta, da signorotti feudali.

ONESTI SEMPRE, FESSI MAI

Luigi De MagistrisLuigi De MagistrisIl rinvio a giudizio di Luigi De Magistris per omissione di atti d’ufficio  da parte del tribunale di Salerno e il conseguente dibattito apertosi tra lui ed il collega ed amico Antonio Borghesi, credo impongano una seria riflessione sul nostro codice etico e sulla sua applicazione. Io l’ho fatto, ho riflettuto a lungo in questi giorni. Il punto è questo e credo vada affrontato apertamente: il codice etico di Italia dei Valori va tenuto così come è oppure va modificato? E ancora, va applicato con intransigenza o ci sono situazioni che meritano una riflessione in più? Ebbene, pronto anche a confrontarmi con le critiche che mi dovessero piovere addosso, ma assolutamente convinto, in piena onestà intellettuale, delle conclusioni cui sono giunto, ve le voglio illustrare. Sono innanzitutto convinto che il codice etico di IDV sia sacro e vada applicato alla lettera. L’errore peggiore che potremmo fare, a fronte di un caso come quello di Luigi, che ci fa sentire nella sua particolarità tutti i limiti di una norma così rigorosa ed inflessibile, è quello di abbassare l’asticella, e cioè di cambiare la regola e di darci uno standard etico meno forte ed incisivo. La seconda possibilità è quella di limitarci, puramente e semplicemente, così come chiede l’amico Borghesi, ad applicare la norma del codice etico, chiedendo a Luigi, in quanto rinviato a giudizio, di sospendersi dal partito e dal gruppo all’Europarlamento. Si tratta di una scelta che, evidentemente, dal punto di vista logico è ineccepibile ma, credo, in questo caso dietro alla logica si annidi una sostanziale ingiustizia. E spiego subito il perché. Se avessimo ragionato così dall’inizio, Di Pietro non avrebbe potuto fondare l’Idv per gli strascichi di Mani pulite, ovvero la gragnola di procedimenti penali cui è stato sottoposto e da cui poi è stato completamente scagionato. E’ per questo che la conclusione cui sono giunto è che per tutti coloro i quali, nel loro percorso professionale e pre-politico hanno combattuto in trincea per scardinare il sistema di connivenze e malaffare tra politica, mondo della finanza e criminalità organizzata, sia necessario un approfondimento in più. E’ evidente, infatti, che quando si lascia una trincea rovente per dedicarsi all’impegno politico ci può essere chi ha interesse a gettare schizzi di fango addosso. Proprio per avere tempo e modo di apprezzare la verità dei fatti, credo sia una questione di vera e propria giustizia sostanziale, limitatamente a questi casi, attendere l’esito della sentenza di primo grado. Non dico di quella sentenza definitiva che in Italia o non arriva mai o arriva dopo dieci anni ma certamente almeno quella di primo grado. Tanto più che chi come De Magistris non ha nulla da nascondere ha tutto l’interesse di correre dal suo giudice per definire quanto prima la propria totale estraneità ai fatti. Non si tratta di fare due pesi e due misure, ma di affermare, di fronte ai mille attacchi strumentali che, ogni giorno arrivano contro di noi da avversari politici e da una stampa di regime, una regola semplice semplice: onesti sempre, fessi mai.

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4 DICEMBRE 2010: “IDV INCONTRA L'ITALIA”

 Un panorama politico desolante. Non è solo il governo che sta dando pessima prova di sé. In questo momento di difficile crisi politica, tutti i partiti stando dando al paese un’immagine avvilente di se stessi. Di fronte ad un governo palesemente finito non c’è un briciolo di dibattito o confronto tra le forze politiche su un progetto per il Paese. Mi spiego. Il paese sta a pezzi, il governo non c’è più, cosa facciamo per tirarlo fuori da questa situazione a fronte di una crisi economica spaventosa? A questa domanda che Italia dei Valori si pone e pone al centro del confronto con gli altri partiti il silenzio è assordante. Eppure è responsabilità della politica cercare e trovare risposte, creare sinergie nei fatti e non a parole. Prevalgono solo egoismi, tatticismi, interessi personali, di bottega mentre il paese va a puttane, non in senso reale, come qualcuno fa, ma metaforico. Gianfranco Fini, leader di Fli, che tenta Umberto Bossi sussurrando che un governo senza Silvio è più facile. Bossi, leader del Carroccio, che rimarca il terreno: “si fa solo se lo decide Silvio” e poi sussurra  nelle orecchie di Gianfranco: “se accettate il Berlusconi bis ci sarebbe posto per un numero maggiore di ministri Fli”. Il Fli che annuncia di non partecipare al voto di fiducia sulla Finanziaria. Dall’altra parte, un Pd che fa di tutto pur di non contarsi e di evitare le urne, terrorizzato come è dai numeri.  Ed la solita Udc, che guarda di qua e di là, con Casini che dice: “Lavorare con chi? Con un uomo di buona volontà” ed invoca un po' più di senso della misura e di responsabilità, annuncia di lavorare positivamente, auspica che anche Berlusconi lavori per favorire una soluzione. Parole, parole, soltanto parole, chiacchiere senza distintivo e poi maneggi sottobanco. Sapete cosa penso? Che del prezzo che il paese sta pagando per tutto questo non frega proprio niente a nessuno. Ebbene, a noi sì, ce ne importa eccome. Italia dei Valori ha riunito, la settimana scorsa, i quadri dirigenti del partito e si è data appuntamento, per il prossimo 4 dicembre, realizzando quella che abbiamo chiamato “la giornata dell’ascolto”. Incontreremo e ci confronteremo con rappresentanti della società civile, del mondo imprenditoriale, del lavoro, del sindacato, della cultura, dello spettacolo, dell’associazionismo e del no profit. Passeremo una giornata intera ad ascoltare l’Italia vera e tracceremo le linee guida del nostro progetto per il Paese. Per noi la crisi si gestisce così. Ascoltando il Paese reale, quello che non organizza festini nei palazzi, che non è attaccato alla poltrona, ma che fatica ad arrivare alla fine del mese e guarda, preoccupato, al futuro dei suoi figli.

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GIU’ LE MANI DA SAVIANO E FAZIO!

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Il governo è morto e non aspetta che la sepoltura, l’era berlusconiana volge al desio, per la fortuna del Paese, c’è qualcuno, però, che non si rassegna a mollare la presa e non è solo Berlusconi. Mi riferisco alla sua mano lunga in Rai, Mauro Masi, che, evidentemente impaurito dal dover fare le valigie, spara le ultime cartucce. L’irriducibile direttore generale, il cui motto sembra essere “Non mollare mai”, dopo aver tentato in tutti i modi di ostacolare la messa in onda di  “Vieni via con me” ed aver addirittura rifiutato di esprimere commenti sulla prima puntata della trasmissione, ieri ha tentato una nuova carta. Evidentemente disturbato dall’annuncio della presenza di Fini e Bersani alla seconda puntata del programma, ha fatto in modo da inviare una nota di servizio al direttore di rete, Paolo Ruffini, evidenziando che la presenza dei politici nella trasmissione non era prevista nella scheda del programma. A togliere ogni dubbio, in chi dovesse averne, sul fatto che si tratti solo di un appiglio infondato, arriva la risposta del responsabile della trasmissione, capostruttura di Rai tre, Loris Mazzetti: “Esiste una lettera richiesta dai vertici aziendali e firmata da Ruffini - spiega - in cui si specifica che sarebbero stati ospiti della trasmissione rappresentanti della cultura, dello spettacolo e della politica. Dunque non abbiamo bluffato in nessun modo''. Nessuna scorrettezza, insomma. La verità è che Masi ha paura di Saviano e Fazio. Teme i programmi di qualità, la cultura e la libertà d'espressione e d’informazione. Il suo veto alla partecipazione di Bersani e Fini e' solo l'ultimo pretesto per mettere il bastone tra le ruote ad uno dei migliori programmi Rai degli ultimi anni. Il direttore generale pensi piuttosto allo sfascio dei conti dell'azienda, agli sprechi, alla marea di consulenze, alla faziosità di certa informazione ed al declino della qualità dei programmi. Ha pesantissime responsabilità e dovrebbe solo dimettersi.

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NON E' TEMPO DI REGIME

Bersani - Di PietroBersani - Di PietroE’ ufficialmente crisi. I ministri Ronchi e Urso ed i sottosegretari Menia e Buonfiglio si dimettono. Fli esce, come preannunciato da tempo, dal governo Berlusconi. Ora gli scenari possibili previsti dalla Costituzione sono due: un nuovo governo se c’è una maggioranza parlamentare oppure le elezioni per il rinnovo delle Camere. Che fare? Noi abbiamo una posizione netta e nota da tempo: elezioni subito oppure disponibilità a dare un appoggio esterno ad un governo di transizione e a tempo (90 giorni) per approvare una nuova legge elettorale. Posizione chiara, niente tatticismi, nessun retro pensiero, contro i giochi di palazzo. Non siamo interessati a poltrone e prebende. Questo modo di ragionare non ci appartiene e vorremmo estirparlo dalla politica italiana. In questo quadro politico disastrato da Berlusconi e soprattutto dal Berlusconismo, vera piaga per le istituzioni, è opportuno chiedersi come affrontare al meglio le elezioni. E’ da un anno circa che invito il centrosinistra a darsi una mossa, a lavorare ad una coalizione per l’alternativa di governo e ad un programma serio e innovativo per modernizzare l’Italia, partendo dal rilancio economico. Sono state, purtroppo, parole al ventoed oggi ci troviamo nella condizione di affrontare le elezioni senza aver ancora individuato l’alleanza. La scelta migliore sarebbe un nuovo centrosinistra, con asse Idv-Pd, aperto a tutte le forze progressiste capaci di assumersi responsabilità di governo. Se ci fossimo mossi per tempo saremmo andati alle elezioni con ottime possibilità di vittoria, anche per le pesantissime responsabilità di un governo travolto da scandali sessuali e di corruzione che nulla ha fatto per affrontare la crisi economica. Se ci fossimo mossi per tempo…ma non lo abbiamo fatto e c’è il  concreto rischio di andare al voto contro un Berlusconi ancora forte che controlla televisioni e giornali. Per questo si dovrebbe valutare anche l’ipotesi di uno schieramento ampio comprendente tutte le forze democratiche e costituzionali del Paese per impedire a Berlusconi di vincere e instaurare definitivamente il suo regime.

SUA MAESTA’ MARINA NEL REGNO DI BUNGA BUNGA

Marina BerlusconiMarina BerlusconiIn questa povera Italia scossa da venti di crisi c’è una notizia che fa davvero accapponare la pelle: la discesa in campo di Marina Berlusconi. E’ un ipotesi tra le tante, per carità. Fininvest ha già prontamente smentito la notizia – una smentita è una notizia data due volte -  ma, come si dice, a pensar male si fa peccato ma qualche volta ci si azzecca. Nel regno di Bunga bunga, dunque, la successione al trono sembra diventare dinastica, proiettando l’Italia… nel medioevo. Nel dibattito su chi sarà il successore di Silvio, con Angelino Alfano in pole position - altro brivido di terrore lungo la schiena - prende corpo l’idea di Marina, ovvero, il familismo al potere, nella più logica delle mentalità italiota del “tengo famiglia”, che in politica è da sempre di gran moda. Dai discendenti di Bettino Craxi, Bobo e Stefania che, nel pieno rispetto della par condicio, stanno uno a destra e uno a sinistra, a Renzo Bossi, il trota che a furia di cercarsi una strada nella vita l’ha trovata ricalcando le orme di babbo Umberto, l’Italia, non solo quella parlamentare, pullulla di “figli di”. Ma questa è un’altra storia, vecchia quanto il mondo. Tornando a Marina, finché papà Silvio la mette a capo della Mondadori o piuttosto dello shuttle di famiglia, fatti loro. Ma ritrovarsela presidente del Consiglio per successione dinastica, sono fatti anzi fattacci amarissimi per il Paese e per la democrazia. Si badi bene che nulla ho contro le donne, anzi se ce ne fossero di più al potere forse le cose non andrebbero così male. Nulla contro neanche l’inesperienza, anzi in qualche caso può avere un senso. Ma nel caso di Marina, la sua eventuale successione per via dinastica ed incoronazione mi ricorderebbe tanto quella di Carlo Magno che, il 25 dicembre dell’anno del signore 800 d.c., fu incoronato da Papa Leone III imperatore, titolo mai più usato in Occidente dall’abdicazione di Romolo Augustolo nel 476 dc. E pure lì, le analogie tra il padre di Carlo Magno, Pipino il breve, per ovvie ragioni metriche, ed il padre di Marina, Silvio Berlusconi, sono lapalissiane ed inquietanti. Ma allora, se successione dinastica ha da essere, mi domando perché Marina e non Piersilvio, oppure, Eleonora, Barbara e Luigi?  Forse perché figli di un dio minore, della reietta Veronica? Perché Marina ha l’immagine giusta e vincente e l’immagine, si sa, per Silvio è tutto. Ma siamo seri, per favore. Se di successioni al trono si deve parlare, riguardino gli affari loro e non quelli del Paese. Di beghe, a quanto si legge, non ne mancano a Silvio nelle divisioni dell’impero di famiglia. I figli di Veronica già scalpitano e bramano. Ci mancherebbe solo che Silvio, fatta fuori  Marina per ragioni dinastico-aziendali dalla Mondadori, ce la appioppi in politica. L’Italia ha già dato.

PERCHE' FINORA MARONI HA TACIUTO?

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Maroni ha ragione e anch’io penso che il ministro debba andare al programma di Fazio e Saviano. A spiegare. A chiarire, da leghista, quali siano i rapporti tra la Lega e la criminalità organizzata di cui ha parlato Saviano. A spiegare, da ministro dell’Interno, perché, nonostante le numerose denunce e inchieste, la Lega abbia sempre taciuto sugli affari delle mafie in Lombardia. Ed allora rivolgo un appello a Fazio e Saviano:  invitate per favore il ministro Maroni a ‘Vieni via con me’ e chiedetegli di Angelo Ciocca, consigliere regionale leghista. Noi sappiamo, attraverso i giornali, che Angelo Ciocca è in politica dal 1996, alle ultime regionali ha sbancato la sua circoscrizione pavese. Quasi 19mila preferenze per arrivare in Regione. Una parabola esemplare se non fosse per i suoi rapporti con Giuseppe Neri, boss della ‘ndrangheta lombarda, ma anche avvocato, massone e amico di Carlo Antonio Chiriaco, presidente dell’Asl di Pavia e ras della sanità pubblica. Il capo della ‘ndrangheta pavese con l’enfant prodige padano ha interessi comuni “avendolo coinvolto – scrivono i pm – in belle operazioni immobiliari”, tanto da volergli dare “a basso prezzo l’appartamentino di Medigliani”, a Pavia. Luogo dove, dopo Neri e Ciocca si incontrano di persona. Maroni non ha nulla da dire? E Maroni ci parli anche dello strano caso dell’ospedale San Paolo di Milano e del Pio Albergo Trivulzio, entrambi finiti sotto la lente della procura. Al S. Paolo di Milano da sempre le nomine vengono proposte dai colonnelli leghisti e approvate formalmente da Formigoni. Al S. Paolo, nel luglio scorso, si è suicidato Pasquale Libri, calabrese, dirigente nel settore appalti, indagato dalla Dda. Nel Pio Albergo Trivulzio, invece, avrebbe lavorato un’impresa legata alle cosche reggine grazie alla  mediazione di un politico del Carroccio. Forza e coraggio ministro Maroni, parliamo un po’ di queste cose. Già che c’è, nel caso, potrebbe anche raccontare la vera storia della banca CrediEuroNord, che in meno di quattro anni dilapida venti milioni di euro e coinvolge nel flop 3.500 risparmiatori che comprano azioni a 25 euro che scendono fino a 4. Ne ha di cose da raccontare Maroni, per questo ci auguriamo che vada in tv a spiegarle agli italiani.

SU BONDI E CALDEROLI FLI FA DON ABBONDIO

Parlamentari del gruppo Futuro e LibertàParlamentari del gruppo Futuro e LibertàLa difesa della legalità prescinde, o almeno, dovrebbe prescindere dal credo politico o religioso . E’, o almeno, dovrebbe essere una sorta di cromosoma in più nel Dna di ciascuno di noi, attivo e vigile, a maggior ragione se si ha l’onere e l’onore di rivestire un ruolo istituzionale. Fino a qualche tempo fa, c’eravamo solo noi a difendere la legalità, a chiedere che fosse condizione “sine qua non” in politica e non solo. Per questo, in tutti questi anni, ci siamo sempre presi, urbi et orbi, epiteti ed insulti di ogni colore e forma, tra cui il più gentile era “sporco giustizialista”. Ora, se l’illegalità si conferma ai primi posti nella hit parade di palazzo Chigi, la legalità sembra essere diventata un abito di gran moda per Fli, da indossare con disinvoltura, ad intermittenza, quando si vuole, qualche giorno si e qualche giorno no, a seconda del tempo, dell’umore, dell’abbinamento di colori, quasi fosse un accessorio divertente, a la page, e che dà quella certa allure in più. Futuro e Libertà, infatti, è notizia di oggi non voterà le mozioni di sfiducia nei confronti del ministro dei Mali culturali Sandro Bondi, e del ministro salva-legam Roberto Calderoli. Tanto per la cronaca, il ministro Sandro Bondi ha gravi responsabilità non solo per quanto riguarda il crollo della Casa dei Gladiatori di Pompei, ma per il degrado in cui versa il patrimonio culturale, architettonico e archeologico del nostro Paese. E’ il ministro dei Beni Culturali che passerà alla storia per il crollo di Pompei. E’ colui che, in tutti i consigli dei ministri non ha mai alzato la voce e protestato per gli ingenti tagli che il governo, per mano di Tremonti, ha effettuato al settore cultura. Ha assistito, molle ed inerme, all’irresponsabile sforbiciata ai fondi per la cultura, l’arte e l’immenso patrimonio storico ed architettonico italiano. Il ministro Calderoli ha fatto anche di peggio. Nella sua funzione di ministro per la semplificazione legislativa, ha cancellato una norma gravissima  per salvare 36 attivisti leghisti sul quale pendeva un processo per il reato di banda armata. Ha mentito in Parlamento, ha ignorato gli ordini di palazzo Chigi, abusando del suo potere di ministro. Ce ne è abbastanza, in tutte e due i casi, per sentire il dovere morale, civile e politico di votare a favore della mozione di sfiducia nei confronti di Bondi e Calderoli. Se non solo questi due casi evidenti di violazione del principio di legalità, cosa lo è? Il maltempo? La brutta annata per la raccolta dell’olio? La mayonese che impazzisce o il pane che non lievita per la troppa umidità nell’aria? Ma forse siamo troppo esigenti noi. Del resto, se ci hanno messo 15 anni a capire che Berlusconi era Berlusconi, votandogli nel frattempo tutte le leggi ad personam servite a salvargli la pellaccia, non possiamo certo pretendere che in quattro e quattrotto Fini e il Fli diventino cuor di leoni. Molto meglio fare il Don Abbondio, quello sì che aveva capito tutto nella vita. La mozione non s’ha daffare. Con buona pace della legalità.

AL VENETO NIENTE SOLDI SOLO PROMESSE

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Il governo delle chiacchiere e degli spot. Persino durante la gestione delle emergenze. Così come è stato per l’emergenza rifiuti in Campania e per il terremoto a L’Aquila, anche per le alluvioni l’esecutivo Berlusconi punta più agli spot che alla sostanza. Mentre imprese e cittadini attendono fatti. Il Veneto, è stato devastato da alluvioni e smottamenti, ma la regione non ha stanziato un centesimo per l’emergenza, affermando che doveva pensarci Roma. Lo Stato, dopo giorni di tentennamento, ha risposto: fondo di trecento milioni annunciato in pompa magna da Bossi e Berlusconi. Dove sono? In Veneto la maggioranza leghista e pdiellina si è venduta la pelle dell'orso e glorifica il governo che in pochi giorni ha messo a disposizione una somma così importante. Niente da dire, la somma è significativa. Peccato però che l'orso non sia stato catturato, perchè i 300 milioni ancora nessuno li ha visti. Ma non è tutto: il 30 novembre scadono i termini per il pagamento degli acconti Irpef e molte aziende venete sono in difficoltà, sia perché sono ferme e non guadagnano, sia perché a causa delle alluvioni hanno perso fisicamente i faldoni e i computer contenenti i dati. Questa perdita di contabilità si è aggiunta al disastro naturale. Di fronte a questa situazione sarebbe stato naturale approvare un decreto per prorogare le scadenze fiscali nei territori colpiti. Anche qui fino ad ora tante parole, ma nessun fatto concreto. Anche ieri c'è stato un consiglio dei ministri ma di un provvedimento per il Veneto nessuna traccia, ed intanto i giorni passano. Nel frattempo in aula stiamo approvando la legge finanziaria che avrebbe dovuto essere lo strumento principe per fare fatti e non chiacchere, visto che proprio lì si prendono tutti gli impegni di spesa e finanziari del paese. Ma anche lì non c’è stato nulla da parte di governo e maggioranza. Per questo, ieri, in Aula, abbiamo presentato un emendamento sulla sospensione del pagamento dei tributi. Bocciato. Irresponsabilmente bocciato. Eppure si trattava di una misura che in Veneto viene richiesta quotidianamenten a gran voce dalla Lega e dal Pdl. L’hanno chiesta, annunciata, invece non solo non l’hanno proposta, ma l’hanno addirittura bocciata quando è stata presentata da una forza di opposizione. In questo momento, in cui il governo è ballerino e la maggioranza sfaldata, non hanno avuto il coraggio di accogliere un emendamento dell’opposizione. E’ la dimostrazione più evidente che ai fatti preferiscono gli spot. Anche quando si tratta di tragedie.

LE VOLPI NEL POLLAIO DELLE AUTORITA’

ConsobConsobUn inverecondo gioco dell’oca. Un sistema di porte girevoli.  Un indecente giro di valzer. Il vecchio ma sempre verde gioco della sedia: un giro di musica e via, si lascia una sedia per occuparne un’altra appena lasciata libera. Non c’è altro modo per descrivere il vergognoso spettacolo offerto dal governo sulle nomine ai vertici di Consob, Antitrust e Authority per l’energia di questi ultimi giorni. Le autorità sono, o meglio, dovrebbero essere istituzioni di garanzia decisive per il funzionamento dei mercati. In tutte le democrazie, come ha scritto bene Massimo Giannini su la Repubblica, sono custodi dei principi di uguaglianza delle regole e dei bilanciamenti dei poteri. Chi le presiede deve avere rigorosissimi requisiti di autorevolezza, professionalità e, soprattutto, indipendenza. In tutte le democrazie, per accedere ad una di queste delicate funzioni, bisogna essere lontani da incarichi politici. In Italia no. Da noi, vale la regola opposta, poca autonomia e molta politica, autorevolezza e professionalità quanto basta, se non c’è fa lo stesso, indipendenza optional non richiesto. Giovedì scorso, in un’Aula entusiasta e tra cori di osanna da sinistra, destra e centro, con l’unica eccezione di IdV, il sottosegretario Vegas, viceministro di Tremonti, senatore di Forza Italia per due legislature e mezza, con vasta esperienza di finanza pubblica e poca di finanza privata, è stato nominato presidente della Consob, l’organo di vigilanza sulla Borsa e sui mercati finanziari, da 5 mesi senza presidente. Nulla da ridire sul piano personale a Vegas, ma non ci vengano a parlare di indipendenza. Sulla sua nomina si è consumata una vera e propria guerra tra bande all’ultimo sangue, tanto che il sottosegretario, ascoltato suo malgrado da orecchie indiscrete in Transatlantico, qualche giorno fa si era lasciato andare ad un amaro sfogo con chi gli chiedeva a che punto fosse la sua nomina: “hanno deciso che decideranno. Stanno superando davvero tutti i record italiani in tempi d’attesa”. Sì, perché mentre Vegas attendeva, nelle stanze dei bottoni di palazzo Chigi, grande burattinaio Gianni Letta, si stabilivano gli altri giri di valzer alle Autorità. Alessandro Ortis, che in questi anni ha gestito con grande autonomia e professionalità l’Autorità per l’energia, quel signore con il senso della misura il cui primo atto da presidente è stato la rinuncia all’auto blu, è stato fatto fuori. Al suo posto, arriva Antonio Catricalà, che lascia libera la poltrona dell’Antitrust. E chi arriva sulla poltrona dell’Antistrust? Già si dice che giungerà tal Antonio Pilati, attuale vicepresidente della stessa autorità, tra i cui meriti si annovera la legge Gasparri, quella piccola leggina ad aziendam che forse qualcuno ricorderà, servita a far grande Mediaset a danno della Rai. Dunque, l’autore della legge Gasparri sarà il nuovo presidente dell’organo che dovrebbe verificare l’applicazione della legge sul conflitto di interessi? Questa è una colossale presa per i fondelli. Non è tutto. Il nuovo quarto commissario, che mancava alla Consob, sarà Paolo Troiano, consigliere di Stato, vicesegretario generale di palazzo Chigi con Berlusconi nel 2001-2006, che, insieme a Pilati, ha scritto la legge Gasparri. Questa transumanza dei soliti noti da una poltrona all’altra, che da controllati diventano controllori, che da nominati passano a servitori dei nominanti, è inconcepibile, antidemocratica e incostituzionale. Per questo, Italia dei Valori si opporrà con tutte le sue forze. Noi chiediamo che le nomine avvengano alla luce del sole, che di discuta apertamente e liberamente in Parlamento di chi a fare cosa, e non che questo avvenga di nascosto, nelle segrete stanze dei bottoni. Lo diremo forte e chiaro, nei prossimi giorni quando, in Commissione Attività produttive, voteremo no alla nomina di Catricalà. Vogliano garanti, non volpi nel pollaio.

CARFAGNA, FINI E CASINI: ITALIA SOAP OPERA

Fini - Casini - CarfagnaFini - Casini - CarfagnaLa politica italiana, ormai, è ridotta ad una soap opera. Anche se hai perso cento puntate, ritrovi subito il filo. Gli attori  sono stereotipi e fanno sempre le stesse mosse. Dopo 29.999 puntate ti ritrovi sempre al via, come nel gioco del Monopoli. Il menù Italia di queste ultime settimane offre un’eroina e due eroi a prezzi stracciati. Se questo passa il convento, non ci resta che piangere. Mara Carfagna, salutata addirittura come la Giovanna d’Arco del centrodestra per aver semplicemente pestato i piedi per una questione di potere. Si è attaccata alle sottane del suo padre politico, Silvio Berlusconi, per spuntarla nella guerra tra bande che gestisce il Pdl in Campania, ovvero, mister Cosentino. Berlusconi prima ha detto a Mara “in Campania comandi tu”, poi, ahimè, si è rimangiato tutto dicendo  a Cosentino “no, comandi tu” e Mara ha pestato i piedi, minacciando le dimissioni. Stiamo parlando di quella stessa Mara che, riguardo alle vicende D’Addario, Ruby e Nadia, ha detto “non sono vere” e che, con il suo voto, ha contribuito a salvare mister Cosentino. Per questi meriti oggi, colei che, con disinvoltura e nonchalance, è passata, senza soluzione di continuità, dal concorso di Miss Italia alla poltrona di ministro della Repubblica, colei che più di tutti rappresenta il berluscharem al potere, ovvero come far carriera senza meriti, qualità particolari ma con la faccia e l’immagine giusta, è salutata da giornali e tv come la coraggiosa mondina che “col suo corpo sulle rotaie, ha fermato il vile sfruttator”, con buona pace delle eroiche mondine vercellesi che hanno reso grande il nostro Paese. Pier Ferdinando Casini, in Italia soap opera, è l’eterno fidanzato bello, ricco e capriccioso che punta ad un buon matrimonio di interesse, ovvero l’insostenibile leggerezza dell’essere al potere, che va dove lo porta la brezza di governo, chiude, apre, richiude e riapre la bottega dell’Udc a seconda delle ghiotte offerte di mercato. Ed infine, c’è lui, Gianfranco cuor di Leone, colui che ci ha messo 40 anni a capire che Mussolini era fascista e altri 15 per capire che Berlusconi era… Berlusconi. I treni passano e lui pretende di salirvi sopra con trent’anni di ritardo. Il centrodestra è messo proprio male se chi, fino a ieri, faceva parte della sua corte di nani e ballerine, nel vero senso della parola, ora vuole pestare i piedi e fare la morale al Re. Ma siamo messi male anche noi se qualcuno dalle parti del Pd ha pensato o pensa di costruire un’alternativa con questi eroi. Solo un ex socialdemocratico come Bersani poteva e può guardare a Casini e Fini come il sol dell’avvenire, senza capire che il futuro o lo scrivi da te o non hai futuro. Noi il nostro futuro ce lo scriviamo da soli. Non lasciamo che siano altri a scriverlo per noi.

ECOBALLE, FUFFA E CAMORRA

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Emergenza rifiuti? ‘Ghe pensi mi’. No, presidente, lasci perdere. Se questi sono i risultati non se ne occupi, per carità. L’Unione Europea è stata impietosa: ‘dopo due anni la situazione non e' molto diversa. I rifiuti sono per le strade, non c'e' ancora un piano di trattamento e gestione della
differenziata’. Le roboanti dichiarazioni di Berlusconi, che per due anni ha menato vanto di aver risolto l’emergenza, si sono rivelate per quel che sono: fuffa. Per chi non lo sapesse, al di là del significato metaforico, la parola fuffa indica quella specie di lanetta che si forma sui tessuti. Molto diversa dalla corposa sostanza dei rifiuti campani. Saviano scrive che i rifiuti illegali accumulati l’uno sull’altro, formerebbero una montagna alta 15mila metri, quasi due volte l’Everest, con una base di tre ettari.  La ‘monnezza’ è un problema ormai cronico in Campania, visto che l’emergenza inizia formalmente l’11 febbraio del 1994 e nessuno si aspetta che un colpo di bacchetta magica risolva il problema in una settimana. La colpa del governo è aver, anche in questo caso, fatto facile propaganda sulla pelle dei cittadini. Berlusconi non risolve i problemi, li nasconde, li occulta alle telecamere, nasconde, insomma, le ecoballe sotto il tappeto. Tutto rimane uguale, ma a sentir lui tutto cambia in meglio. Balle, anzi, eco-balle. Ieri il presidente della Repubblica è intervenuto sulla questione, affermando che non aveva ancora ricevuto il decreto  sulla raccolta dei rifiuti e i termovalorizzatori. Non solo chiacchiere, ma anche scorrettezza istituzionale. Dovuta forse alla guerra intestina al Pdl campano, che vede nella gestione dei termovalorizzatori un’occasione di lucro. C’è in ballo un affare da un miliardo di euro. Ed infatti litigano ferocemente. L’asse Carfagna – Caldoro vs Cosentino – Cirielli. I primi vorrebbero che la competenza sui termovalorizzatori fosse affidata alla regione, i secondi alle province. Una guerra tra bande che danneggia i cittadini, esposti a rischi sanitari enormi. Ed intanto la camorra continua a fare affari. Come sempre. La relazione conclusiva della commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, presidente il fisico Massimo Scalia, già nel 1998 affermava: La criminalità organizzata di stampo camorristico continua ad intervenire in maniera diretta sui traffici illeciti di rifiuti, lucrando notevoli somme di denaro: si tratta di  un'affermazione che ha avuto una corale evidenza nel corso delle audizioni e che quindi va assunta in questa relazione. Del resto, sono stati anche i collaboratori di giustizia a illustrare a questa
Commissione lo schema di intervento della camorra, nonché una versione storicizzata dei fatti. La criminalità organizzata si pone come terminale del traffico, nel senso che assicura il territorio ove smaltire illecitamente i rifiuti: può fare ciò perché è la camorra stessa a controllare e gestire ogni
metro quadro di ampie aree del territorio campano. In particolare la provincia di Caserta presenta zone controllate manu militari dalla criminalità organizzata, che addirittura organizza staffette per pattugliare le strade e attua attività di controllo sulle macchine non conosciute che transitano per
quelle vie. Oggi non è cambiato nulla.

ESCORT: ISPEZIONI AD PERSONAM

Inchiesta EscortInchiesta EscortLa legge è uguale per molti, ma non per tutti. Quando si tratta di coprire le malefatte del signore di Arcore, il ministero guidato da Fido Alfano si muove con sorprendente solerzia, alla faccia delle lungaggini burocratiche tipicamente italiane. E’ successo questo: il Fatto Quotidiano ha pubblicato delle intercettazioni telefoniche di Perla Genovesi (l'assistente parlamentare di un senatore di FI arrestata per traffico internazionale di droga che parlò anche dei festini che si sarebbero svolti nella residenza del premier). Il deputato del Pdl Manlio Contento ha chiesto, in un’interrogazione, ‘lumi’ sulla fuga di notizie. Prontissima la risposta del sottosegretario Caliendo, il quale ha spiegato che il Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria ha già provveduto a richiedere notizie. Il ministero di via Arenula, infatti, ha avviato ''l'istruttoria necessaria'' per fare chiarezza sulla fuga di notizie relativa alle intercettazioni riguardanti Perla Genovesi, e sul fatto che non sia stata chiesta alcuna autorizzazione a procedere per mettere sotto controllo le utenze dei parlamentari coinvolti nella vicenda. Contento dovrebbe sapere che nessun parlamentare è stato messo sotto controllo, e le conversazioni ascoltate incidentalmente nel corso dell’indagine sul traffico internazionale di droga sono state stralciate perché ritenute inutili. E comunque inutilizzabili a fini processuali. Vorremmo che la stessa celerità il ministero la adottasse per rispondere alle annose questioni della giustizia italiana e per dare risposte alle legittime richieste dei cittadini. Invece, con questo governo, ci troviamo di fronte non solo a leggi, ma anche ad istruttorie e ad ispezioni ‘ad personam’. La decisione del ministero della Giustizia di inviare gli ispettori alla procura di Palermo per verificare se vi siano state fughe di notizie è quasi surreale. Con tutti i problemi della giustizia italiana, infatti, ben altri dovrebbero essere le occupazioni del ministro. Ma quando c’è da fare gli interessi del capo, evidentemente, non c’è ragione che tenga. L’interrogazione, in sé, non è un misfatto politico, ma è l’ulteriore dimostrazione che il Pdl non si preoccupa di scoprire reati e perseguire i criminali, ma solo di occultare le notizie scomode e imbavagliare i giornalisti che le pubblicano. Siamo sconcertati da questo atteggiamento e soprattutto dall’agire politico di un Guardasigilli che lavora solo ed esclusivamente per risolvere i guai giudiziari del premier.

LA RUSSA COME D'ANNUNZIO? IN DECADENZA

La RussaLa Russa“La situazione è drammatica ma non seria”. Niente meglio di questa battuta di Ennio Flaiano fotografa la realtà italiana. In quale altro modo si può descrivere questo clima da fine impero? Quali altre parole si possono usare quando il ministro della Difesa in visita alle truppe in Afghanistan lancia volantini e si autocelebra? “Io come  D’Annunzio” ha detto. Da non crederci. Una pagliacciata che offende prima di tutto i nostri militari impegnati in un teatro di guerra pericolosissimo. I nostri soldati rischiano ogni giorno la vita e 34 sono morti, un ministro arriva e indossa la mimetica per la sua parata personale. Lancia volantini e si sente Vate come il poeta. E forse lo è davvero, perché quest’immagine così grottesca e caricaturale annuncia che è stato toccato il fondo e che un periodo politico sta finendo. E’ la decadenza che annuncia la fine. La decadenza di un governo che va avanti a colpi di spot e di immagini televisive. E’ emblematica la vicenda di Napoli. Mentre la città è sommersa dai rifiuti, Berlusconi sostiene di aver risolto l’emergenza. Ma questa è materia nota, ne abbiamo parlato a lungo anche noi in antri post. Che dire invece del neo ministro Paolo Romani? Ci son voluti mesi, interventi del Parlamento e della Presidenza della Repubblica per avere un nuovo ministro allo Sviluppo Economico e lui cosa fa? Si occupa dei ‘casi’ Ballarò e Vieni via con me. Continua a difendere gli interessi politici del Capo e quelli economici di Mediaset. Forse nessuno lo ha avvisato che è diventato ministro. E che dire della ‘parentopoli’ del ministro Bondi? Ha sistemato al ministero dei Beni Culturali l’ex marito della sua compagna, la deputata del Pdl Manuela Repetti, ed il figlio. E Pompei va in rovina, metafora del disastro. E si va avanti così, facendo finta di niente, coi telegiornali di regime che continuano a fare bei servizi sulla toelettatura dei cani e sui gatti che suonano il pianoforte. La realtà è diversa, la situazione economica e sociale è molto delicata. E, come se non bastasse, l’euro e le economie europee sono sotto attacco speculativo. Irlanda e Grecia sono già cadute e molti osservatori sono preoccupati per l’Italia. Mi chiedo: se finissimo nel mezzo di un attacco speculativo della finanza internazionale, saremmo in grado di reggere con questo governo? Ogni volta che penso a Berlusconi, che ai vertici internazionali fa la parte del buffone, e alla sua corte dei miracoli che guidano la nave mentre il mare è in tempesta mi vengono i brividi. Molti sostengono che la continuità di governo sia necessaria per affrontare un eventuale attacco speculativo. Io, al contrario, penso che questo governo, da Berlusconi ai vari Alfano, Gelmini, Bonaiuti, Bondi, La Russa, Carfagna e tutta la compagnia di giro non sia assolutamente capace di fare qualcosa di buono e che, se questa è la situazione, sia meglio andare al voto a dare all’Italia una guida autorevole.

TUTTO QUELLO CHE E' SUCCESSO E CHE NON VI HANNO RACCONTATO SUL DDL GELMINI

Basta parentopoliBasta parentopoliLa riforma Gelmini sull’Università è una colossale porcata. Una presa per i fondelli. Non riforma nulla, lascia tutto come è. E’ solo un gattopardiano specchietto per le allodole ad uso del governo e del ministro da spacciare per cosa buona e giusta in campagna elettorale. Lo ha capito Italia dei Valori e gli studenti che in questi giorni stanno dando vita ad una pacifica rivolta. In questa settimana, Italia dei Valori è salita sui tetti dell’università per ascoltare la voce degli studenti e ha dato battaglia in Parlamento per provare a cambiare sul serio le cose, per mettere una toppa a questo buco nero della riforma targata Maria Stella. Abbiamo presentato due emendamenti per tentare di spezzare il sistema perverso che soffoca le università e impedisce la crescita di futuri talenti per il Paese. Con il primo emendamento, abbiamo chiesto l’abolizione dei vitalizi degli ex parlamentari – proposta già avanzata in sede di discussione di bilancio dal collega Antonio Borghesi e già sonoramente bocciata da  tutte le forze politiche -  e che le risorse derivanti da tale abolizione fossero destinate al ripristino delle borse di studio studentesche cancellate dal ministro Gelmini. La Casta ha alzato, per la seconda volta, un muro alto ed impenetrabile, per difendere le sue prerogative ed immunità, per mantenere in vita un privilegio senza senso a danno delle future generazioni. Ex parlamentari, con magari una sola legislatura alle spalle, garantiti a vita, studenti meritevoli puniti: questo è stato il verdetto finale stabilito da Pdl, Fli, Pd e Lega, con l’unica eccezione dell’Udc che, all’ultimo momento, quando aveva chiaro che il nostro emendamento non sarebbe mai passato, ha votato a favore per salvare almeno la faccia. Ieri, siamo tornati alla carica e, con coraggio e determinazione, siamo tornati a sfidare la faccia di bronzo della Casta, quella che predica bene ma razzola male. Con il nostro emendamento anti-parentopoli, abbiamo cercato di scalfire il potere dei baroni universitari, quelli che si passano le cattedre di padre in figlio come fosse un bene di famiglia, quelli che si spartiscono le cattedre tra parenti ed affini, quelli che si fanno i concorsi dove “il figlio di” ha già vinto ancor prima di cominciare. Ci sono interi atenei in questo Paese, dal Nord al Sud, che sembrano gli alberi genealogici di grandi dinastie familiari, con buona pace del talento e del merito. Il Fli e la Lega, in un sussulto di onestà, hanno annunciato che avrebbero votato a favore del nostro emendamento anti-baroni. A quel punto, la maggioranza è andata nel pallone e ha chiesto l'accantonamento del nostro emendamento che verrà quindi ripresentato in Aula per il voto di martedì prossimo. Anche se l'Aula, a quel punto, è stata sospesa, le trattative sono proseguite e la maggioranza resasi conto che Lega e Fli non avevano nessuna intenzione di tornare indietro e che avrebbero votato il nostro emendamento, vista la malaparata, ha scelto il male minore ed ha deciso quindi di sostenere compattamente il nostro emendamento. Ma c'è un inghippo. Per non lasciare ad Italia dei Valori la vittoria politica di quella che sarebbe l'unica vera norma antibaroni contenuta nella riforma Gelmini, la presidente della Commissione ha annunciato che presenterà lei un emendamento identico al nostro che, in base al regolamento della Camera, verrà votato prima del nostro, precludendone di conseguenza l'esame del nostro. Una carognata, fatta con l'unico scopo di toglierci la dignità parlamentare della proposta, di renderci invisibili. Una carognata tale che persino la Lega si è inalberata, chiedendo addirittura al ministro Gelmini di accettare il nostro emendamento. Ma quello che proprio non ci saremmo mai aspettati è che ieri, in Aula, un solo gruppo è letteralmente sceso sulle barricate contro il nostro emendamento, il Partito Democratico, che, ieri in Aula, è stato l'unico ad avversare il nostro emendamento anti-baroni, cercando in ogni modo di convincere la maggioranza a non  votarlo. L'on. Nicolais del Pd ha letteralmente implorato Valentina Aprea del Pdl, relatrice del provvedimento, perché l’anti-baroni targato IDV non venisse discusso e votato e si è arreso solo di fronte alle rassicurazioni della relatrice che ha sussurrato: ”tranquillo, tanto alla fine questa riforma al Senato sarà stravolta”. Non aggiungo altro. Lascio a voi ogni altra considerazione. Non voglio aggiungere sale alle ferite già sanguinanti del centrosinistra.

IL PIANO PER IL SUD E' UNA BUFALA SENZA UN EURO. ECCO LE PROVE

 

Il ministro Raffaele Fitto, martedì scorso, durante la trasmissione Ballarò, lo ha annunciato in pompa magna: per il Sud il governo varerà a giorni un nuovo piano di 100 miliardi di euro. La campagna elettorale si avvicina e il Sud, si sa, è uno straordinario bacino di voti, così arrivano puntuali le promesse da marinaio di Berlusconi, strombazzate dai suoi adepti. Ma siccome poi ci accusano di essere la solita opposizione malfidata e menagrama, abbiamo atteso con pazienza la carta, quella che, dice un vecchio adagio, canta. E così oggi, in anteprima, vi mostriamo il decreto legislativo strombazzato dal ministro Fitto, varato proprio ieri dal Consiglio dei Ministri. Abracadabra, ecco il piano dei miracoli. La Campania soffoca sotto un mare di rifiuti? L'Abruzzo ancora piange le sue macerie? La Sicilia, la Sardegna, la Puglia, la Basilicata ed il Molise annaspano? Niente paura. Mago Merlino Berlusconi e Raffaele Fitto Perceval hanno preparato nel pentolone presidenziale, dove tutto entra e nulla esce, la pozione magica: un pizzico di infrastutture, un po' di giustizia, una manciata di talento, una spruzzatina di università e ricerca e la fregatura per il Sud è servita, con gioia e giubilo di Umberto Bossi Maga Magò. Fuor di metafora favolistica, lasciamo la parola alla carta. Cosa c'è dentro il nuovo Piano per il Sud varato oggi dal Consiglio dei Ministri? 100 miliardi di euro per finanziare nuovi investimenti per il Mezzogiorno? No, ed era prevedibile. Nello "Schema di attuazione del Piano nazionale per il Sud" si parla, di tante iniziative: infrastrutture per lo sviluppo, scelta di qualità e formazione professionale per la valorizzazione dei talenti, università e ricerca - e dire che già nel ddl Gelmini avevano dato in quanto a balle su questo - servizi pubblici locali, sicurezza e giustizia, riforma degli incentivi all’investiment e persino di Banca del Mezzogiorno. Insomma un bel libro di favole per il Sud, un entusiasmante ed esilarante libro dei sogni, ma delle risorse che dovrebbero finanziare tutto questo non c'è traccia alcuna, non un numero, non una parola, se non che la costruzione dei nuovi edifici scolastici dovrà essere finanziata con le risorse messe a disposizione dagli enti di previdenza ed assistenza. Robe da pazzi. Sulla costruzione dei nuovi edifici scolastici scorre un fiume di parole. Su questo punto, il documento parla chiaro, anzi chiarissimo, recita testuale: "le risorse necessarie alla realizzazione dei nuovi interventi (i nuovi edifici scolastici, ndr) potranno essere assicurate dagli investimenti coordinati degli enti di previdenza e di assistenza sociale, che individueranno le risorse necessarie allo scopo". Insomma, l'unico punto del documento dove si indica chiaro e tondo dove e come si dovranno reperiranno le risorse è quando si rimanda ad altri di reperirle. Favoloso. Abbiamo cercato come cani da tartufo soldi, sghei, cifre, stanziamenti, insomma quel denaro che sarà pure vile ma fa girare il mondo e l'economia. Abbiamo spulciato, letto e riletto riga per riga ma niente, nada, nisba. Di altri soldi non c'è traccia ed anche se, nella nota informativa di cui siamo entrati in possesso sulla delibera di programmazione del Cipe si legge che dovrà definire i criteri di riprogrammazione delle future risorse, l'unica cosa che si capisce è che si continuerà ad attingere ai già attinti e strattinti Fondi Fas, i famigerati fondi per le aree sottoutilizzate. Una vera novità strabiliante ed innovativa per questo Governo, non c'è che dire. Nella nota informativa si legge, infatti, "Riduzioni delle assegnazioni FAS 2007-2013. Vi risparmiamo, per carità cristiana, l'inutile tabella. Degli altri 95 miliardi e rotti di cui si parla non c’è traccia. Si blatera di una serie di interventi di carattere procedurale che non sappiamo se, come e quando saranno fatti. Aspettiamo di vedere cosa accadrà in seguito, ma il piano per il Sud strombazzato da Berlusconi rischia di non esistere o di esistere come l’ennesima bufala fatta da un governo inutile ormai arrivato, con tutta evidenza, alla fine dei suoi giorni.

WIKILEAKS E GLI ALIBI DELL’OPPOSIZIONE

WikiLeaksWikiLeaks“Incapace, vanitoso, inefficace”. E poi: “stanco per le feste selvagge, non dorme a sufficienza”. E ancora: “un leader politicamente e fisicamente debole”. Sono i giudizi tranchant su Silvio Berlusconi, che WikiLeaks ha messo in rete. Vado un po’ controcorrente rispetto al clima di queste ore, anzi di questi giorni. Non c’è nessuna rivelazione clamorosa, a mio avviso, solo ciò che è sotto gli occhi di tutti. Per arrivare a quelle conclusioni bastava un po’ di buonsenso, nulla più. In molti hanno atteso quasi messianicamente la pubblicazione dei documenti di WikiLeaks, nella speranza che fossero così scandalose da costringere Berlusconi alle dimissioni. Errore. Non dall’esterno, ma al proprio interno le forze dell’opposizione devono trovare la forza per far cadere politicamente Berlusconi. Altrimenti non saremmo molto diversi da lui e dal suo governo, che per tirarsi fuori dai guai ha avuto il coraggio di evocare un complotto internazionale ai suoi danni. Hanno messo sullo stesso piano il crollo di Pompei, l’emergenza rifiuti in Campania, l’inchiesta Finmeccanica e WikiLeaks. Roba da non credere. Può anche darsi che nei prossimi giorni su WikiLeaks esca di più e di peggio, ma non è questo il punto politico. Non oggi. Se in Italia ancora governa questo imbonitore televisivo nonostante i ripetuti fallimenti dobbiamo farci delle domande. E assumerci delle responsabilità. Non possiamo più continuare a dire che governa perché controllale tv e l’informazione. E’ senz’altro vero, ma è un’analisi incompleta. Ci sono anche altri fattori. Crogiolarsi nell’impossibilità di scalfire il suo controllo sui media è diventata un’abitudine, un alibi, un modo per deresponsabilizzarsi. Invece no, dobbiamo essere coraggiosi e dire la verità: il centrosinistra non ha saputo proporre ai cittadini un programma alternativo serio e credibile. E di certo non aiuta avanzare ogni giorno formule sempre più ardite di alleanza. Per spodestare il satrapo e tornare al governo, non si deve far contro sull’alchimia dei numeri, che non è una scienza esatta, ma su una proposta politica e programmatica seria e credibile. Continuare a sperare ancora in fattori esterni, in nuovi scandali, in altre rivelazioni sarebbe l’ennesimo errore.