giugno 2011

ARIA, ACQUA E LEGALITA': ORA BATTIQUORUM!

La Cassazione ha detto sì, ammettendo il ricorso presentato da Italia dei Valori sul nucleare. Qui trovate la memoria difensiva da noi presentata e che potete consultare affinché anche voi siate  informati. Dunque, si voterà per quattro referendum, quattro si per dire no a chi vuole negare acqua, aria e legalità. E’ un sì importantissimo che esprime un momento di democrazia. La legge del governo era una truffa, voleva scippare la possibilità di permettere ai cittadini di decidere quale futuro vogliono per quanto riguarda l'energia. Questa possibilità è una grande opportunità per il paese. La Germania avrebbe spento la sua ultima centrale mentre l'Italia avrebbe acceso la prima. Una follia contro la storia di una energia che ormai è vecchia, obsoleta, costosa, pericolosa. Ora, pancia a terra e avanti tutta! Mobilitiamoci, andiamo a votare in massa e convinciamo amici e conoscenti a disertare il mare il prossimo 12 e 13 giugno! I quesiti sono troppo importanti perché si riducano ad uno scontro tra maggioranza ed opposizione, tra centrodestra e centrosinistra. In gioco c’è la salute ed il rispetto di diritti inviolabili di tutti i cittadini, al di là del loro colore e appartenenza politica. E’ per questo che, ora che i fatti ci danno ragione, noi che abbiamo presentato e raccolto le firme per i referendum, con senso di responsabilità diciamo oggi che dobbiamo “s-berlusconizzare” e “de-depietrizzare” i referendum. Da oggi, invitiamo tutti i cittadini a non cadere nel tranello di chi dice che basta non andare a votare o che si vota a favore o contro il centrosinistra, o di chi vuol far credere che non andare a votare sia una rivincita alla sonora sconfitta delle amministrative. Continueremo a dare battaglia: in due settimane che mancano, partiremo con una grande campagna di informazione. Abbiamo chiesto e ottenuto dall’Agcom che l’informazione sui referendum sia ampliata e migliorata, che gli spot vadano in onda in orari più consoni ed una maggiore presenza dei temi referendari nei programmi di approfondimenti. Daremo battaglia perché tutti siano informati e perché tutti vadano a votare affinché l’aria, l’acqua e la legalità rimangano diritti e principi inviolabili.

2 GIUGNO, FESTA DI LIBERTA' E DEMOCRAZIA

2 Giugno, festa della Repubblica. Festa della democrazia e della libertà dei cittadini, di tutti gli italiani, del Nord e del Sud. Dalla Milano di Pisapia alla Napoli di De Magistris. Dell’Italia unita che il 29 e 30 maggio ha dato un chiaro segnale di cambiamento e che, spero, andrà a votare  il 12 e 13 giugno per le energie sicure, pulite e rinnovabili, contro il nucleare, per l’acqua pubblica, contro le speculazioni su questo bene comune, per la legalità e l’uguaglianza davanti alla legge e contro le prevaricazioni di chi vuole l’immunità per le proprie malefatte. E’ la festa di tutti e ci auguriamo che alle celebrazioni partecipi tutto il governo, compresi i leghisti e certi rottami storici che hanno nostalgia del fascismo. Una giornata simbolica che unisce tutti. O almeno dovrebbe. Non è retorica da quattro soldi la mia, purtroppo. Ci sono iniziative legislative preoccupanti, che vanno al di là delle semplici provocazioni. Due giorni fa il Pdl ha presentato una proposta di legge per riconoscere i combattenti di Salò, ieri un’altra per istituire la giornata della memoria delle vittime del sistema giudiziario. Il tentativo di equiparare partigiani e nazifascisti è vergognoso. Non si può mettere sullo stesso piano chi ha combattuto per la libertà con chi si è schierato per l’oppressore. Né si può istituire una giornata per le vittime della magistratura. Il perché è talmente ovvio che non serve spiegarlo. E’ avvilente che vogliano indire questa giornata ‘ad personam’ per Berlusconi, che non è certo vittima di errori giudiziari. Per non essere da meno noi domani dovremmo presentare una proposta di legge per istituire la giornata delle sciocchezze proposte dal Pdl. Battute a parte, è chiaro che il confronto con il Pdl in questo momento non è solo politico, ma soprattutto culturale. Dobbiamo impedire che il loro crollo politico coincida con una deriva culturale alimentata proprio dalle istituzioni. Berlusconi è alla fine del ciclo politico, ma, come un animale ferito, può ancora provocare molti danni. Partiti, movimenti, società civile, sono tutti impegnati ora per difendere la democrazia e le istituzioni dalla barbarie. E per guidare il cambiamento. In meglio

AGNELLINO ALFANO, L'ANGELINO DI SILVIO

"Berlusconi è bollito" dice un Bossi mai stato più saggio. E' evidente, ormai, che il presidente del Consiglio si sente il terreno tremare sotto ai piedi. Una situazione cui non è abituato, che lo fa andare fuori dai gangheri ancora più di quanto non faccia per sua indole. Che fa, dunque, il Cavaliere disperato perché vede il suo trono a rischio? Si mette a sparare a zero contro tutto e tutti, contro una Cassazione "politicizzata" che secondo le sue elucubrazioni starebbe tentando di dargli la spallata definitiva, contro i suoi candidati, contro la libertà di espressione ed opinione, contro quel Santoro che continua a mettere a nudo verità per Berlusconi troppo scomode. Ma a tutto questo siamo abituati. Quello che, devo dire, è stato sorprendente, per quanto sicuramente non in positivo, è stato l'ultimo coniglio estratto dal cappello magico dell'instancabile premier. La disperazione lo ha portato niente meno che a rispolverare la figura del segretario di partito, che si concretizza "democristianamente" nell'ormai ex guardasigilli Angelino Alfano.  Al deus ex machina, dice Berlusconi, "spetterà l'ultima parola sulle scelte partitiche strategiche, anche di governo". Un noto "signorsì", insomma, l'Agnellino nazionale, messo a fare da cuscinetto tra il padrone e il suo governo. Ora sarà l'Angelino a dettare gli ordini e salvare l'insalvabile, nella mente contorta di Berlusconi. Quello stesso Angelino che si è messo ai piedi del suo presidente tentando di sovvertire le basi costituzionali cui il Paese si è sempre attenuto, con le varie leggi ad personam. Quell'Angelino che non ha mai opposto resistenza alcuna alle richieste del suo padrone, ora sarà la guida politica di un Pdl ormai a pezzi. Per lui la giusta ricompensa per la totale devozione al capo. Per il partito nessuna svolta sostanziale, ma solo di facciata. Per il Paese un chiaro segno: Berlusconi è ormai all'angolo, reso ancora più folle dalla disperazione per la consapevolezza di essere alla fine.

12 E 13 GIUGNO: FACCIAMOGLI IL QUORUM!

 La Cassazione ha dato ragione alle nostre richieste, smontando la truffa del governo. Il voto del 12 e del 13 giugno è importante, perchè in gioco c'è il futuro dei nostri figli e la dignità del Paese. Non è una sfida tra partiti, tra centrodestra e centrosinistra. La posta in gioco è troppo alta per lasciarla in pasto alla giusta ma in questo caso inutile contrapposizione politica. E' un voto che stabilirà se l'acqua resterà o meno un bene comune, se si potrà evitare il rischio nucleare, se i cittadini sono tutti uguali davanti alla legge e se i potenti dovranno, o meno, essere giudicati per i propri crimini, in tribunale. E' un voto per i nostri figli, per le future generazioni, per lasciare loro un paese migliore.Il prossimo 10 giugno Italia dei Valori organizzerà e promuoverà manifestazioni in 4 piazze italiane: a Milano, in piazza Duomo, a Roma, in piazza del Popolo, a Napoli, in piazza Dante, a Palermo, in piazza Verdi. Artisti, cantanti, musicisti, si alterneranno sui palchi per dar vita ad una bella pagina di ritrovato entusiasmo e di democrazia. Non è importante dove, nè chi, ne come e di che colore saranno quelle piazze perchè per definizione gli spazi aperti non appartengono a nessuno se non a chi ha il cuore e il coraggio e la voglia di riempirle. Mobilitiamoci: facciamogli un quorum così! 

IL PRANZO DELLE BEFFE

Tag: Berlusconi , Bossi , Lega , Pdl

Obama - BerlusconiObama - BerlusconiIl futuro dell’Italia è appeso a un vertice. E ai ricatti della Lega. Siamo a questo ormai. Ma è un pranzo delle beffe. Ai danni degli italiani. Berlusconi non è più in grado di guidare il Paese. E’ un leader dimezzato governo è al capolinea, Berlusconi è un leader dimezzato in Italia e all’estero. In Italia non rappresenta più la maggioranza dei cittadini, e le ultime batoste elettorali lo hanno confermato. All’estero è evitato da tutti i capi di Stato. La su immagine all’estero è talmente screditata e offuscata che nessun uomo politico vuole farsi riprendere accanto a lui. Ricordate la faccia impietrita di Obama quando Berlusconi gli si è avvicinato? Bene. Altre parole non servono. Oggi è previsto il vertice Pdl Lega. In giornata si saprà di più. Ma cosa c’è da sapere’ cosa si possono inventare? La riforma fiscale? Ma per favore. I ministeri al Nord? Più che un ricatto leghista è una fesseria. Vogliono ‘costringere’ Tremonti ad allentare i cordoni della borsa? E sinora dov’era il superministro dell’Economia, a chi rispondeva? Il problema vero è che il governo non c’è e la coalizione che lo sostiene di fatto non esiste più. Il tutto mentre l’Italia sconta gli effetti di una pesante crisi economica. In queste condizioni non possiamo certo permetterci un governo a mezzo servizio. Altro che vertici e pranzi di Arcore. Qui serve una svolta vera, radicale. Si è già perso troppo tempo, col risultato di far impantanare e stangare sempre di più l’economia. Il centrosinistra deve essere pronto al voto e capace di presentare subito l’alternativa di governo agli italiani. Basta con le alchimie politiche, i tatticismi. Si riparta dall’asse Idv-Pd-Sel, già premiato dagli elettori, e si lavori sul programma. Non c’è tempo da perdere.

L’OTTIMISMO E’ IL SALE DELL’ALLEANZA

Berlusconi-BossiBerlusconi-BossiLa riforma fiscale no, la buffonata dei ministeri al nord si. Ormai non sanno più che pesci prendere. Dopo tre ore di intenso summit sono usciti con il verbo: va tutto bene madama la marchesa. Siamo ottimisti, l’alleanza con la Lega è solida. I ministeri? Riparte la carica, dovranno essere trasferiti. Ma quali? Non è dato sapere. Si sa solo che saranno alcuni uffici di rappresentanza “altamente operativi”. Come faccia un ufficio di rappresentanza ad essere altamente operativo dio solo lo sa, anzi, la lega solo lo sa. Il grande summit di Arcore ha deciso di non decidere. E’ stata solo l’ennesima buffonata. La riforma fiscale, quella annunciata e mai varata da 17 anni a questa parte, è stata di nuovo rinviata sine die. Ecco cosa hanno deciso ieri sera: “noi vogliamo tagliare le tasse, bisogna vedere se le condizioni lo consentono”. Come a dire, noi siamo animati da pie e buone intenzioni ma dobbiamo attendere gli eventi. Improvvisazione al governo, un governo che dovrebbe indicare la via d’uscita e invece pensa solo a sopravvivere il più a lungo possibile, unico vero intento dichiarato e perseguito con ostinazione e caparbietà. Bisogna varare una manovra da 40 miliardi, per quanto spalmata su tre anni, che chiederà sacrifici non indifferenti ai cittadini. C’è un paese in ginocchio, un’economia che ristagna e un tasso di disoccupazione che non conosce tregua e la ricetta del governo quale è? Incollati alle loro belle poltrone annunciano tante care e buone intenzioni. Ci fanno o ci sono? Entrambe le cose. Intanto c’è un paese in fermento, che si muove, che ragione e comincia a urlare: fino a quando potrete approfittare della nostra pazienza? Ancora per poco…

IL NORD NON BEVE PIU’ DALLE AMPOLLE DI PONTIDA

Raduno PontidaRaduno PontidaLa base leghista scalpita su Radio Padania dove va in onda la protesta. Gli imprenditori padani pure. La faccenda dei ministeri al nord si è rivelata un boomerang per il Carroccio. E’ come se l’ennesima sparata della Lega avesse toccato il nervo scoperto dei seguaci del Senatur. E’ un coro di no, di basta, di vade retro, vogliamo fatti, non propaganda. Forse, per la prima volta, a Pontida, anche il vento è cambiato. Gli imprenditori padani, piccoli e grandi imprenditori del profondo Nord, lo dicono forte e chiaro: “i problemi sono altri, non è la dislocazione geografica dei ministeri, ma quello di risolvere il problema di un paese fermo”. Sacrosante parole. Invece di risolvere il nodo epocale della pubblica amministrazione, ovvero ridurre gli sprechi e aumentarne l’efficienza, la Lega lancia l’ennesima chimera con l’obiettivo non dichiarato ma palese di fare qualcosa in vista del probabile voto tra un anno. Una volta, i palazzi del potere di Roma volevano ridurli, ora li vogliono per sé, nel disperato tentativo di accaparrarsi qualcosa da rivendere al popolo verde che stavolta verde è si ma di rabbia. Ma ahimè, l’incanto è finito. La festa è finita: il Nord non beve più l’acqua dalle ampolle sacre di Pontida. E’ di altro che il paese ha bisogno, specie al Nord che ormai ha capito il messaggio tutta propaganda e balle del Carroccio: liberalizzazioni, vere e non svendite di fatto, di infrastrutture e di quella riforma fiscale tanto predicata e mai messa in campo, questo è quello che non solo il Nord ma che tutto il paese chiede perché ne ha un bisogno disperato. Spira un vento nuovo, anche al Nord: è il segnale che cambiare si può.

CI HANNO SPACCATO… L’ITALIA

BerlusconiBerlusconiGoverno diviso, Italia spaccata. E immobile. Non bastavano le tradizionali divisioni politiche, che diventano a volte steccati insormontabili (destra –sinistra; laici-cattolici; moderati-progressisti e chi più ne ha più ne metta), oggi Berlusconi è riuscito nell’impresa di rappresentare anche in parlamento la storica contrapposizione Nord-Sud, mai del tutto superata. Era chiaro da tempo che i continui strappi di Bossi avrebbero provocato una reazione uguale e contraria. Infatti l’ex Pdl Micciché ha ufficializzato la nascita di Forza Sud. Affermando anche che l’appoggio al governo non è scontato. Questo significa che si allunga la lista dei ‘responsabili’ (o meglio disponibili) in vendita. Aumenta il numero delle contrattazioni da fare prima di ogni voto parlamentare. Triste dover ripetere sempre la solita solfa, ma questo governo inutile e dannoso sta disfacendo non solo il sistema economico e sociale italiano, ma anche l’assetto istituzionale del Paese. Mentre la crisi economica imperversa, la produzione è quasi ferma e già si parla di manovra correttiva da 40 miliardi, si preoccupano di una riforma fiscale fittizia dal sapore elettorale. O di un’altra vera priorità: nientemeno che lo spostamento dei ministeri al Nord. Buffonate e demagogia a buon mercato per recuperare i consensi in libera uscita. Ma non sarà facile. Gli italiani non sono sciocchi e il potere delle televisioni non basta più a nascondere la realtà. Se ne sono accorti persino i fedelissimi del Cavaliere, che si sono autodefiniti i ‘liberi schiavi di Berlusconi’. Hanno lanciato l’idea delle primarie perché si son resi conto che solo un passo indietro di Berlusconi può salvare il centrodestra dall’implosione totale e completa. Adesso se ne deve solo rendere conto lui stesso ed agire di conseguenza.

12 E 13 GIUGNO: 4 SI’ PER CAMBIARE L’ITALIA

 Dunque, quel pericoloso comunista che siede sul soglio di San Pietro ha detto che l’energia non deve danneggiare l’uomo e il creato. Robe da pazzi! Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica, arbiter elegantiarum delle istituzioni andrà a votare, mentre il presidente del consiglio diserterà le urne. Ognuno ha lo stile istituzionale che si dà. Quantomeno strano e bizzarro quello del presidente del Consiglio. L’Economist, quel brogliaccio comunista di chiara fama, a dieci anni dal famoso “unfit to lead Italy” ha dedicato al premier un’altra copertina con un titolo ancora più magniloquente “ha fottuto un intero paese”. Due fotografie, una di ieri e una di oggi, impietose per verità e giustizia che stabiliscono il traid d’union di 17 anni di berlusconismo: inefficienza, immobilismo, istitutizioni piegate all'interesse di un uomo solo. Una per tutte, la fantomatica accelerazione sul fisco annunciata dal presidente del Consiglio “riforma entro l’estate”. Mentre il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, un attimo dopo l’annuncio vuoto del premier, utile solo a infastidire ulteriormente gli italiani e ad arricchire il suo score personale di fanfarate, ha commentato lapidario e sarcastico: “io non devio di un centimetro”. La querelle sui ministeri al Nord è diventata roba da operetta, difficile da vendere per esaltare gli animi il prossimo 19 giugno sulla spianata di Pontida. Su questo quadro, penoso e patetico di un governo senza più spinta né mordente, si staglia la mobilitazione straordinaria in favore dei referendum, che avrà il suo clou questa sera a piazza del Popolo. Ma sono mille le piazze, le iniziative pacifiche, le invasioni pacifiche, le feste, le scacchiere umane e persino la corsa “nudi per quattro sì” che stanno riempiendo le strade del paese. Domenica 12 e lunedì 13 giugno, abbiamo una straordinaria opportunità: possiamo decidere, con quattro sì, di restituire dignità a questo paese, tutelare l’ambiente e disegnare un futuro migliore per i nostri figli. Non perdiamo questa straordinaria occasione di democrazia e libertà!

QUATTRO SI, ECCO PERCHE'

4 SI4 SIDiciamo quattro volte sì. Perché dire sì equivale a dire no a leggi che devasterebbero il nostro paese a livello ambientale ed etico.

Diciamo due volte Sì per dire no alla privatizzazione dell’acqua. Perché la gestione delle risorse comuni deve restare pubblica. Perché l’acqua, che è un bene indispensabile alla vita, non può dipendere dal profitto e dalle regole del mercato.

Diciamo Sì per dire no al nucleare. Perché abbiamo a cuore la salute nostra e dei nostri figli. Perché l’Italia che non è in grado di smaltire i rifiuti, come se la potrà mai cavare con le scorie nucleari? Perché il problema dell’eliminazione delle scorie non è mai stato risolto in nessuna parte del mondo.

Diciamo Sì per dire no ad una norma che rende premier e ministri intoccabili dalla legge. Perché la legge deve essere uguale per tutti. Perché chi va contro la legge deve pagare di fronte ad essa ed in nome di essa. Perché la giustizia deve essere prioritaria rispetto a tutto e soprattutto rispetto al potere e dunque chi è imputato deve dimettersi dal posto di governante.

Diciamo 4 volte sì perché abbiamo la possibilità di cambiare e migliorare questo paese. Non lasciamocela sfuggire.

BATTE FORTE IL CUORE PER IL BATTIQUORUM!

referendum 2011referendum 2011E’ batti quorum, in queste ore, nel vero senso della parola. Tra breve sapremo se siamo riusciti a gettare il cuore oltre l’ostacolo. Meglio non parlare, non dire, non fare pronostici anche se il 41 per cento di ieri sera alle ore 22, se messo a confronto con le percentuali dei referendum che sono passati negli scorsi anni, lascia presagire il meglio. Il Pdl tace. Parla solo la Lega che lancia messaggi chiari e univoci: è crisi. Ieri, Umberto Bossi, ha rotto il silenzio elettorale per invitare a non andare a votare ma nei piani alti del Pdl è caos, tutti contro tutti. Rilanciano sulla riforma del fisco, sapendo bene che non riusciranno mai a farla. Solite litanie, che sentiamo da 17 anni a questa parte ma che, evidentemente, non incantano più. Vanno ripetendo l’unico mantra per salvare la faccia: non è un test sul governo. Ora lo dicono persino loro. Non governano i loro. Zaia, governatore del Veneto, è andato a votare e ha espresso quattro sì. Sono sicuro che molti elettori leghisti hanno fatto altrettanto, così come molti altri elettori di centrodestra. Perché lo abbiamo detto e ripetuto fino alla fine e lo ripetiamo anche ora, mentre le urne sono ancora aperte: questa è una battaglia di civiltà, non di partito. Speriamo vada bene ma comunque vada è stato uno straordinaria pagina di democrazia, una partecipazione civile inaspettata e sorprendente. E’ stato straordinario leggere di una coppietta appena sposati che ha rinviato il viaggio di nozze per non mancare il voto. Così come il malato terminale che ha scelto per il futuro degli altri. Così come leggere sulla rete, su facebook delle file trovati ai seggi, il tam tam appassionato e civile per convincere anche i più restii ad andare a votare. Ora è il momento dell’attesa, fiduciosa ma prudente. E’ tanta la tensione. Per ora vince su tutto lo straordinario fermento della collettività civile.

L’ITALIA S’E’ DESTA! DEL REFERENDUM S’E’ CINTA LA TESTA

Antonio Di PietroAntonio Di PietroNon dirò che i referendum li abbiamo presentati noi quando tutti ci davano per matti. Non dirò che quando abbiamo presentato i quesiti referendari ci accusavano di fare un favore a Silvio. Non dirò che, un anno fa, avevamo capito che bisognava dare la parola ai cittadini. Non dirò che per primi avevamo intuito che sull’acqua, sul nucleare, sul legittimo impedimento il governo non scherzava. Non dirò che i militanti, gli iscritti e i simpatizzanti di Italia dei Valori, l’estate scorsa, giravano in lungo e largo l’Italia per raccogliere le firme. Non dirò che questi referendum sono i primi ad andare in porto dopo 16 anni, esattamente gli anni della discesa in campo di Silvio. Non dirò che Silvio deve dimettersi, visto che lo ripetiamo a nastro praticamente da tre anni perché ha fallito sulle politiche economiche, sulla politica estera, sul lavoro, sulla disoccupazione, sulle politiche per la famiglia, per i giovani, per la scuola, la ricerca e l’università. Dico soltanto che sono orgoglioso, felice e contento. Dico soltanto che ho avuto un legittimo godimento. Dico soltanto che è tempo di raccogliere i frutti che abbiamo seminato e sono frutti rigogliosi. Dico soltanto che è tempo di preparare e costruire il programma dell’alternativa. Dico soltanto che non dobbiamo dormire sugli allori. Dico soltanto che dobbiamo essere pronti. Dico soltanto che non c'è più tempo da perdere. Dico soltanto è tempo di iniziare un confronto serrato sul programma. Dico soltanto che non si governa un paese con le formule algebriche o le alchimie. Dico soltanto che un paese si governa sui programmi e sui contenuti. Tra dico e non dico, ho detto tutto.

ABOLIRE PROVINCE PER ABBASSARE TASSE

Venti anni. Sono venti anni almeno che l’abolizione delle province è nell’agenda di ogni forza politica. E’ stato uno dei punti forti della campagna elettorale del 2008. Tutti gli schieramenti erano d’accordo: aboliremo le province. Tutti a favore del taglio dei costi della politica. A parole. Nei fatti, oggi, il parlamento ha sancito, ancora una volta, la differenza tra chi ha mentito agli elettori e chi ha detto la verità. Il governo da un lato, Italia dei Valori dall’altro. Com’è naturale…In Aula ho ascoltato esimi colleghi difendere l’esistenza delle province. A volte persino con argomentazioni non del tutto pretestuose. D’altronde delle ragioni per non abolirle certi bravi politici le trovano sempre. Ma questo dibattito rischia di far perdere di vista la vera dimensione del problema, che è costruire una nuova architettura dello Stato. E questo si può fare solo con una vera riforma istituzionale, di cui l’abolizione delle province è un cardine. Riconosciuto peraltro anche dal Pdl, anche dalla Lega. Ma solo in campagna elettorale evidentemente. Il ministro Calderoli disse che l’abolizione delle province sarebbe stato inserito nel codice delle autonomie. Poi si ridimensionò e si passò alla soppressione di 17 province inutili (meglio di niente, un primo passo) poi a 7 (ma che ci state prendendo in giro?) poi a 3 (sì ci stanno prendendo in giro), poi a 0 (che faccia tosta). Le province costano un mucchio di soldi, che potrebbero essere destinati al rilancio dell’economia. Pensate che l’Italia è cresciuta proporzionalmente nell’ultimo anno meno di Haiti, l’isola devastata da un terremoto terrificante. Abolire le province, e sfoltire gli enti statati inutili, permetterebbe anche di varare una seria riforma fiscale, strutturale, con la possibilità di recuperare risorse e abbassare le tasse. Berlusconi e Tremonti da 17 anni, dal giorno della ‘discesa in campo’, promettono meno tasse per tutti. Basta, ci siamo stancati, non ci credono più neanche i più fedeli deputati del Pdl. Per abbassare le tasse e rilanciare l’economia si devono reperire risorse attraverso il taglio della spesa pubblica. Non tagli lineari o il taglio della spesa sociale, ma la sforbiciata netta ai costi della politica. Oggi il Pdl non ha voluto farlo. Anche di questo dovrà assumersi le responsabilità.

SCARICHIAMO BRUNETTA

Renato Brunetta è un pessimo ministro. Si sa, l’hanno capito tutti. La sua crociata antifannulloni, che nelle intenzioni era lodevole, si è risolta in un nulla di fatto. Anzi. In perfetta linea col suo capo, Brunetta si attiene alla politica degli annunci, degli spot privi di sostanza e gli italiani sono stufi. Oltre a questo, che di per sé basterebbe a renderlo poco credibile come ministro dell’Innovazione (ma de che?) il ministro è abituato ormai da tempo ad irrompere nel dibattito politico con frasi incendiarie. Accende gli animi con dichiarazioni inaccettabili ed offensive, indegne di un ministro della Repubblica. Non solo, indegne di un qualsiasi uomo politico, anche dell’ultimo consigliere circoscrizionale. In un Paese normale non gli sarebbe stato consentito di occupare la poltrona così a lungo, ma siamo nell’Italia di Berlusconi e certi comportamenti non sono solo tollerati, ma premiati. Ricchi premi e cotillon a chi la spara più grossa. E Brunetta è lanciatissimo in questa speciale gara. Ha offeso i precari definendoli ‘la parte peggiore dell’Italia’ e poi ha invitato i disoccupati a scaricare le cassette. Vola alto il ministro nell’affrontare l’emergenza occupazione…Noi lo invitiamo a dimettersi. Sappiamo che non lo farà, ma ci penseranno gli italiani a mandarlo a casa, presto, insieme ai suoi colleghi. Saranno i cittadini a scaricarlo perché è evidente che questo governo ha esaurito il suo ciclo politico. Il video di Brunetta che insulta i precari è l’immagine perfetta del declino di questo governo. Sono scene da fine impero. I politici che prima offendono e poi si trincerano dietro le scorte sono quelli che hanno chiuso, che non hanno più nulla da dire. Nel caso di Brunetta sarebbe auspicabile.

P1 P2 P3 P4 POVERA ITALIA…

Tag: bisignani , Letta , P2 , p4 , papa

Papa - BisignaniPapa - BisignaniP1 P2 P3 P4…Quante P ci dovranno ancora essere nella storia d’Italia prima che  le istituzioni si rendano impermeabili alle cosche speculative, alle cricche, alle corruzioni? Se continua così, con questo andazzo politico, ancora troppi anni. Ieri ho partecipato ad un convegno sull’economia e moderato da Oscar Giannino. C’erano, tra gli altri, Casini, Bocchino, Baldassarri. Ho proposto una leggina semplice semplice, ma, secondo me, efficacissima: chi è condannato in via definitiva per reati contro la pubblica amministrazione non potrà più farne parte né potrà avere cariche elettive o istituzionali. Siamo ad un punto di non ritorno, perché lo Stato è stato per tanti anni predato dalle cricche, che lo hanno dissanguato. Il conto alla fine lo pagano sempre gli stessi. Un sistema distorto e perverso che ha inquinato gravemente l’economia italiana, creando danni pesantissimi. Ora è il momento di fare scelte serie per rimettere in carreggiata l’Italia, prima che la prossima sbandata ci porti fuori dall’Europa. Bisogna avviare una lotta senza quartiere alla corruzione, che è un male dilagante. La vicenda torbida della P4 dimostra una volta di più quanto sia necessaria la vigilanza democratica. Ma non solo. Oggi, con ancora più forza dopo il voto referendario, i cittadini chiedono alla politica una vera operazione di pulizia al proprio interno. Se questo non accade non si può dare la responsabilità alla magistratura che indaga, come per troppo tempo ha tentato di fare una parte della destra. Alla luce di questa inchiesta è ancora più necessario difendere l’autonomia della magistratura e tutelare l’indipendenza del pubblico ministero. Se passasse la riforma della giustizia del Pdl, con la separazione delle carriere e la subordinazione del Pm all’esecutivo, scandali come questo della P4 non verrebbero a galla. Per questo non cederemo mai il passo ad una riforma che farebbe a pezzi la giustizia italiana.

NEL BLU DIPINTO DI BLU: DIAMOCI UN TAGLIO!

Auto bluAuto bluQualche giorno fa, sul Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia scriveva: “sono tre i pilastri dell’immobilismo nella società italiana: il privilegio, il corporativismo e la demagogia”. Ebbene, io credo che abbia sacrosanta ragione. Emblematico, nel primo pilastro che tiene in piedi l’immobilismo in Italia, ovvero il privilegio, il caso delle auto blu. Sembra picciol cosa ma non lo è, considerando i costi per le casse dello Stato e la tanta demagogia, altro pilastro di immobilismo, che si fa sopra l’argomento. Sono stati tanti i tentativi di abolirle, ridurle, gestirle in car sharing, ma le auto blu, simbolo emblematico della Casta, se escono dalla porta rientrano sempre dalla finestra. Secondo le rilevazioni fatte dal sito www.contribuenti.it, le auto blu ammonterebbero a 626.760 per un costo complessivo di 18.93 miliardi di euro l’anno. Secondo, invece, i dati forniti dal ministro Brunetta nella relazione al Parlamento sulla pubblica amministrazione sarebbero circa 90.000. La verità, come si dice, sta nel mezzo ma siano 600mila o 100 mila, anche se c’è una bella differenza, una cosa è certa: comunque sono tante, troppe, e costituiscono un inaccettabile privilegio, soprattutto se si paragonano i dati con gli altri paesi. Nella classifica generale dei paesi che usano le auto blu, l’Italia primeggia vergognosamente. Negli Stati Uniti d’America le auto di servizio sono 72.000, in Francia 63.000, in Inghilterra 56.000, in Germania 55.000, in Spagna 42.000, in Giappone 30.000, in Grecia 29.000 e, infine, in Portogallo 22.000. Roba da pazzi. Prendiamo la regione Sicilia dove macchine e chauffeur sono garantite a tutti: assessori, capi di gabinetto, dirigenti e segretari. 90 accessoriatissime berline a disposizione di tutti i papaveri e papere. Quanto costa il privilegio trinariciuto? 8,7 milioni di euro, uno sproposito, uno schiaffo in faccia ai cittadini siciliani e ai tanti problemi della regione. Eppure, esempi positivi ci sono. Come il caso della regione Marche, dove il presidente Spacca ha abolito le auto blu di netto. Ed è di ieri la notizia che anche De Magistris ha fatto lo stesso. Gli assessori della giunta regionale delle Marche e del comune di Napoli usano la propria macchina. Il governatore delle Marche, Spacca, arrivando all’inaugurazione dell’anno giudiziario con la sua brava ha detto: “fra tutte quelle auto blu sembravo un alieno”. L’alieno ha già fatto risparmiare alla regione 100mila euro.

PONTIDA NON E' UN PRATO MA UNA PALUDE

Tag: Bossi , Lega , Maroni , pontida

PontidaPontidaA Pontida non c’è un prato, c’è una palude. Quella in cui la dirigenza leghista ha deciso di lasciare il governo e tutta l’Italia. Grandi proclami hanno preceduto il raduno leghista, minacce, promesse di ferro e fiamme, pollici rivolti in giù. E cosa ne è scaturito? La classica richiesta di trasferire i ministri al Nord. Userei una pernacchia per commentare, se avessi lo stesso stile di Bossi, ma non è mio costume. Bossi ed i suoi hanno tradito le aspirazioni della loro base che chiedeva un distacco da Berlusconi e si sono dimostrati veri maestri nell’arte della politica di palazzo romana. Alzare i toni per lasciare tutto invariato. Anzi, se possibile, strappare qualcosa di più. Una poltrona, uno strapuntino, tutto fa brodo e gli appetiti leghisti non si placano mai. Bossi strepita ma alla fin fine è solo scena. E se ne stanno accorgendo anche gli elettori del Carroccio. In questo caos politico è meglio il voto che tirare a campare. L’Italia non può più permettersi un governo a mezzo servizio, c’è bisogno di misure strutturali per affrontare la crisi economica e l’emergenza lavoro. L’opposizione, però, non può pensare di avere a che fare con persone responsabili. Se Bossi e i suoi lo fossero, anche solo minimamente, non chiederebbero il trasferimento dei ministeri al Nord in questa fase. Avete presente i costi enormi? Ecco. Questo dovrebbe anche far capire a chi nel centrosinistra conta sull’aiuto di Bossi per far cadere Berlusconi, che non è un’ipotesi realistica. Dobbiamo pensarci noi. Il Paese è già pronto, il vento è evidentemente cambiato. Ma non bisogna illudersi di poter vincere senza sforzo e senza programmi. E poi, se si andasse al governo in quel modo, che senso avrebbe? Noi l’Italia la dobbiamo cambiare. Davvero.

GLI ALFIERI DELLA MERITOCRAZIA

P4P4Una pioggia di smentite. “Fatti poco rilevanti”. Solo un gesto di cavalleria”. “Lo conosco da 30 anni”. Una vicenda ridicola, già chiariti i dettagli”. “Al telefono ero ironica”. “Ricevo tutti i giorni chiamate così”. “Non ho mai chiesto un interessamento per la mia nomina”. “Ho già chiarito tutti i dettagli di questa vicenda ridicola”. “Ci stanno arrivando addosso troppi schizzi di fango”. I magistrati chiariranno gli aspetti dell’inchiesta P4 e le responsabilità, ove fossero accertate, di ciascuna delle persone coinvolte. Non entro, dunque, nel merito delle indagini ma mi preme fare due o tre considerazioni. Il sistema che soffoca il merito e controlla i gangli della nostra economia è sempre quello: pressioni, raccomandazioni, fino ad assunzioni facili, senza merito né competenza. Da Tangentopoli ad oggi, dalla maxi tangente Enimont, la madre di tutte le tangenti, nulla è cambiato: il sistema si è solo ingegnerizzato. Una neolaureata che, per ragioni del tutto personali, sarebbe stata assunta all’ufficio legale delle Poste spa, con un cv artatamente taroccato alla bisogna. Nessun merito, nessuna esperienza per un contratto a tempo indeterminato, una assicurazione a vita grazie a “conoscenze in alto”. Alla faccia dei tanti giovani, pieni di titoli e meriti e delle tante belle parole “di certa politica”, di chi definisce i precari “l’Italia peggiore”. Società che non reggono il confronto del mercato che avrebbero ottenuto la sopravvivenza grazie a commesse ottenute con buoni uffici. Alla faccia delle tante imprese e dei tanti imprenditori sani di questo paese che, nonostante i sacrifici, sono costretti a gettare la spugna. Appalti e contratti d’oro con enti pubblici, Eni, Poste, Enel e soprattutto la Rai, usata come un pozzo artesiano da cui attingere favori e prebende per amici e amichette, in cambio magari di un giretto in Maserati. I principali enti economici pubblici italiani usati come bidoni aspira-contratti per gli amici degli amici. Quegli enti pubblici che di fatto governano le nostre bollette degli italiani in regime di monopolio. Su questo scenario deprimente e, a tratti angosciante, dove è finita l’Italia migliore, quella che lavora davvero, produce, si impegna, studia, si specializza, rischia in prima persona? Io sogno un paese libero e liberato da chi lo soffoca, da chi gli impedisce di crescere e volare alto.

L’ARTE DELLA TOPPA PEGGIORE DEL BUCO

FiduciaFiduciaHa descritto un mondo che non c’è, mentre il paese reale ogni giorno manda in onda la sua protesta. Ha dato tutta la colpa all’eccessiva burocrazia, alla giustizia e all’evasione fiscale se la nostra economia non cresce come quella degli altri paesi europei. Ha parlato di una maggioranza coesa ma che in realtà non c’è, perché è rabberciata, comprata a suon di prebende e poltrone. Ha sostenuto che il suo governo è l’unico in grado di garantire la governabilità del Paese in un momento difficile. Peccato che siamo mesi, tanti, troppi, che non ci si occupa di un provvedimento serio in questo parlamento. E’ una settimana che discutiamo di spostare i ministeri al Nord, con la pantomima finale dello pseudo accordo raggiunto ieri in maggioranza, mentre il paese sta soffocando in una crisi senza precedenti. Ha annunciato un programmino, ino ino, senza futuro, né mordente, due o tre cosette giunto per sbarcare il lunario e sopravvivere qualche giorno in più: una riforma fiscale che non ci sarà mai, una riforma della giustizia che semmai dovesse conoscere la luce metterebbe in ginocchio la legalità in questo paese. Ha lanciato un osso di qua e uno di là, tanto per placare gli appetiti di chi si è venduto e non è stato ancora accontentato, per placare gli appetiti della Lega che abbaia, tanto, ma alla fine per ordine di Bossi non morde. Questo è il presidente del Consiglio andato oggi in onda a Montecitorio: un’assurda e patetica pantomima. Il problema non sono le incrinature tra Berlusconi e la Lega. Le spaccature tra i due maggiori partiti del centrodestra sono evidenti e non basteranno i giri e i ricami per ricucirle o metterci le toppe. Il problema è che Berlusconi e anche la Lega sono in rotta con il Paese. Tra elezioni amministrative e referendum hanno preso parecchie sberle e, come i pugili suonati, sono alle corde. Lo ha detto Bossi a Pontida: bisogna mandare giù i rospi perché se si va al voto oggi il centrosinistra vince. Chi dice che stare a palazzo Chigi non è un onore ma un grandissimo sacrificio, risparmi agli italiani ulteriori perdite di tempo. Mandateci a votare: l’alternativa c’è, lo ha detto Rosy Bindi oggi in Aula, e fa paura, aggiungo io!

CARO BERSANI, IDV NON CI STA A PETTINAR LE BAMBOLE

Sarò di parte, ma stavolta mi esce dal cuore: evviva Di Pietro! Il ruvido, brutalmente diretto, insopportabilmente sincero Di Pietro, oggetto di mille accuse, di un insopprimibile fastidio da parte di chi gli dovrebbe essere alleato. Questo Di Pietro è una delle più grandi risorse di cui il centrosinistra dispone, eppure sembra non volerlo comprendere e ed accettare mai fino in fondo.
Per due anni, in cui le altre opposizioni, all’inizio della legislatura, pensavano di fare con Berlusconi le grandi riforme per ammodernare il paese (sic!) ha condotto una battaglia solitaria per dimostrare il vero volto di un politico senza scrupoli e, soprattutto, senza alcun interesse per il destino del paese. Ed oggi, per fortuna, tutti sono sulle nostre posizioni. Ha raccolto, nell’indifferenza quando non nell’ostilità dichiarata di tutta l’opposizione, grazie all’impegno di decine di migliaia di attivisti e simpatizzanti di IDV, i milioni di firme per quei referendum che hanno contribuito ad affossare politicamente un governo incapace. Ed oggi, per fortuna, tutte le opposizioni rivendicano quei referendum.
Ora Di Pietro avrà ancora una volta il torto di avere ragione prima degli altri e cioè di aver capito che l’ultimo tratto che manca per mandare a casa Berlusconi e aprire la strada ad una alternativa democratica lo si realizza soltanto costruendo l’alternativa di governo, fondata su un programma chiaro ed inequivoco, su una leadership riconosciuta da tutti, su un insieme di forze vincolate da un patto di lealtà. E che questo va fatto non fra un anno o due ma ora e subito!!!
Il paese, col voto amministrativo e referendario, ha fatto al centrosinistra un’apertura di credito. Se non la ricambiamo oggi stesso assumendoci la responsabilità di costruire un’alternativa forte e coesa saremo travolti dalla nostra incapacità. Ed allora, ed ancora una volta, evviva Di Pietro, che dopo averlo chiesto decine di volte in privato, in mancanza di alcuna risposta, ha avuto il coraggio di dire pubblicamente, in diretta TV, che il PD ha l’onore e l’onere di convocare subito i partiti che devono dare vita alla coalizione di centrosinistra, perché ad oggi l’alternativa non c’è, il programma non c’è ed il leader nemmeno. Ma cosa credono, che gli italiani siano così fessi da non averlo capito? Che se nessuno lo dice nessuno se ne accorge? Cosa credono, che mentre il centrosinistra cincischia gli italiani stanno a pettinar le bambole? Bisogna cominciare a capire che in politica dire la verità fa bene e confrontarsi con i problemi fa bene se poi c’è la volontà di risolverli. Per parte nostra ne siamo certi e per questo, da oggi in poi, in ogni sede pubblica ed ufficiale, nelle aule del parlamento ed in diretta TV continueremo a chiedere ora e subito un centrosinistra unito. Perché noi vogliamo costruire e non c’è più tempo da perdere.

INTERCETTA​ZIONI, FANGO E MARMELLATA

No Legge BavaglioNo Legge BavaglioUna volta, quando i politici, i manager, i grand commis venivano beccati con le mani nella marmellata, avevano il buon gusto di farsi da parte. Alcuni addirittura si vergognavano davvero, altri, furbi e scaltri, ricomparivano dopo anni sotto altre spoglie, dopo un periodo di ‘purificazione’. E già questo era un problema che ha causato danni al Paese. Ma oggi? Oggi è peggio, se vengono beccati con le mani nel barattolo, la bocca sporca, la camicia macchiata, aggrediscono, dicono che vogliono coprirli di fango. Non è fango, belli, è marmellata. E’ la marmellata del potere occulto, delle tangenti, delle interferenze indebite, della ragnatela di organizzazioni che arrivano dove non dovrebbero e che condizionano la vita economica e sociale del Paese. Che infettano anche l’informazione e la cultura. Questi signori, di fronte a tutto quanto sta uscendo sui giornali, non hanno la dignità di dimettersi, di spiegare, di andare spontaneamente dai magistrati. No, loro dicono che il problema non è il reato, non è il malcostume, il problema è, udite udite, la pubblicazione delle intercettazioni. E per questo si attivano e subito propongono una legge. Noi ci schieriamo senza se e senza ma:nessun bavaglio all’informazione e nessun aiuto ai criminali. Le intercettazioni sono uno strumento di indagine indispensabile e i cittadini hanno tutto il diritto di essere informati sulla condotta e sulle malefatte di chi governa. E’ assurdo che il centrodestra pensi ad una legge sulle intercettazioni quando le priorità del Paese sono ben altre, a partire dalla crisi economica e sociale che sta attanagliando l’Italia. Mentre le imprese chiudono e si bruciano ogni giorno posti di lavoro, Berlusconi impone ai suoi sherpa di lavorare ad una legge che favorisce solo la Casta, i mafiosi ed i criminali. Siamo sconcertati di fronte a tanta arrogante irresponsabilità e non arretreremo di un solo passo.

IL GOVERNO BATTE CASSA SULLA PELLE DELLE DONNE: NOI DICIAMO NO!

 In questo Paese, il lavoro femminile vive ancora condizioni profondamente ingiuste e diseguali. Dai sussurri e grida del palazzo, smentite e poi ribadite, sembra il Governo abbia l’intenzione di aumentare l’età pensionabile delle donne. Le ragioni che spingerebbero il Governo a varare tale sono dettate dall’esigenza di fare cassa, ovvero, per liberare risorse da destinare all’abbattimento del debito pubblico. Ebbene, se l’intenzione è quella di fare cassa sulla pelle delle donne io dico no. Sono convinto anche io per primo che un ragionamento sull’innalzamento della pensione delle donne non sia un tabù e che vada affrontato ma con dei se e dei ma chiari e grandi come una casa. Le donne sono chiamate a ricoprire nella società il doppio ruolo di lavoratrici e madri in condizioni non favorevolissime, anzi. In Italia, infatti, il sistema del welfare non è supportato da una rete di servizi, strumenti e agevolazioni che favorisce le lavoratrici madri e le famiglie. Il nostro welfare, e non certo svelo una novità per nessuno, si regge su un impianto di tipo familistico: la famiglia, i nonni sono il vero sostegno per le donne che sono impegnate nella difficile concertazione tra famiglia e lavoro. Dunque, se il progetto del governo dovesse andare in porto, di fatto, le donne sarebbero scippate di una sorta di tesoretto che verrebbe impiegato non per favorire politiche atte a favorire e agevolare il doppio ruolo di madri-lavoratrici ma solo ed esclusivamente per l’abbattimento del debito pubblico. Ebbene, se così fosse, ci troveremmo di fronte ad un vero e proprio furto, una vigliaccata inaccettabile sulla pelle delle donne al solo scopo di fare cassa. Così facendo, avremmo perso la straordinaria occasione di costruire un welfare su misure per le donne, per le famiglie e la società, al pari degli altri paesi europei. Ecco quello che penso io: i soldi che da questa operazione dovessero risparmiarsi dovrebbero essere reinvestiti per costruire un welfare di stampo europeo, come esiste in tutti i paesi occidentali, garantendo servizi, asili nido, scuole a tempo pieno, detrazioni fiscali per collaboratori domestici, il part-time come un diritto e non come una concessione, introducendo sgravi fiscali per il datore di lavoro: insomma, una serie di operazioni necessarie per mettere le donne nelle condizioni di poter svolgere al meglio il doppio ruolo che sono chiamate a svolgere. Un governo serio i soldi per fare cassa dovrebbe andarli a cercare da altre parti, dove pullulano un mare di sprechi e costi inutili: dai costi della politica, dal dimezzamento del numero dei parlamentari, i vitalizi, dal  taglio delle province, enti inutili e auto blu, dalle prebende, privilegi e poltrone che non hanno altro scopo che ingrassare la Casta. Pensare di fare cassa sulla pelle delle donne non è solo un furto ma un insulto: per questo, lancio il mio appello perché tutte le donne si ribellino a tale piano: fermiamoli, se non ora quando?

L’INCANTATORE DI SERPENTI NON INCANTA

BerlusconiBerlusconiLo psichiatra non serve solo a Tremonti, come ha stigmatizzato l’onorevole sottosegretario Crosetto a proposito della manovra finanziaria. Chi ne ha bisogno, e di corsa, è il premier Silvio Berlusconi. E non per le ragioni note, Ruby rubacuori, l’ego ipertrofico, l’ossessione per i giudici, per i comunisti mangia bambini e sfila quattrini ai ricchi, ma per il fatto che non si arrende all’idea che l’opposizione ha le palle, che ha maturato un certo grado di consapevolezza politica. Al matrimonio della ministra Carfagna, ha annunciato: “Parlerò io stesso con tutte le opposizioni e comincerò a chiamare ogni giorno i direttori dei giornali. Dobbiamo comunicare quello che stiamo facendo, dimostrare a tutti che non stiamo qui a scaldare la sedia”. Di cosa vuole venirci a parlare? Di riforme da avviare nei prossimi 18 mesi, ed è una proposta, dice il premier, rivolta con forte spirito costruttivo. Il terreno parlamentare, in effetti, è fertile per un dialogo sì ma a senso unico: il presidente del Consiglio se la canterà e se la suonerà. Non solo, infatti, in piena vicenda P4, è tornato alla carica con una legge sulle intercettazioni che prevede addirittura il carcere per i giornalisti, che depotenzia l’azione della magistratura e che di fatto cancella uno strumento prezioso per le indagini e la scoperta di reati, ma martedì pomeriggio, arriverà in Aula la cosiddetta norma Pini, dal nome del leghista, servitor cortese, che l’ha fatta sua e che è stata inserita nella legge comunitaria, nella speranza che vista l’estraneità di materia nessuno se ne accorgesse. Di cosa si tratta? Di una piccola norma che inasprisce in sostanza la responsabilità civile dei magistrati, realizzata con un allargamento a dismisura della responsabilità, talmente largo e vasto, che anche una soffiata di naso potrebbe essere fatale per chi ha il vizio di perseguire i reati. Non so per chi ci abbia preso. Forse per baluba, intontiti o peggio ancora. Da martedì saranno barricate. Fuori e dentro il Parlamento.

IDV NON PREPARA NESSUNA SVOLTA CENTRISTA

Antonio Di PietroAntonio Di PietroDopo l’intervento di Antonio Di Pietro alla Camera, dove sollecitava il Pd ad assumersi l’onore e l’onere di imprimere una svolta alla coalizione di centrosinistra, sono stati spesi fiumi di parole, di inchiostro, spesso velenoso. C’è chi, in due eventi del tutto casuali, l’intervento di Di Pietro e l’avvicinamento in Aula di Berlusconi, ha voluto forzatamente cercare un nesso, che non c’era e non c’è. Piroette, cambio di rotta, riassestamento, spostamento della linea politica: così è stato definito il suo intervento. Un mare di falsità, di miopia spesso condita da pregiudizio. Comprendo bene che molti dei nostri elettori possano essersi sentiti smarriti, anche se credo, anzi sono convinto, che essi siano molto più avanti di quanto non lo siano i giornali. Voglio rassicurarli: la nostra non è una svolta centrista. Io per primo non voglio trovarmi fianco a fianco con Casini. Credo che a nessuno appaia come una novità che a noi le ideologie non ci interessano. Vogliamo continuare ad essere quello che siamo stati fino ad oggi: un soggetto politico generalista che si rivolge potenzialmente a tutto l’elettorato. Ma pare che questo a qualcuno non piaccia o non faccia comodo. Io ribadisco un concetto che vorrei fosse chiaro a  tutti: quella che è stata definita una sferzata al Pd da parte del leader del mio partito, era un appello accorato a trovarci ora, subito, su una coalizione solida, un leader e un programma. Era ed è un atto d’amore verso la coalizione, verso il Paese, verso quell’idea di alternativa, scaturita forte e chiara dalle amministrative e ancor più dai referendum. Coloro che hanno permesso la vittoria di Pisapia a Milano, di De Magistris a Napoli e coloro che hanno votato ai referendum, non sono tutti di centrosinistra. Mi spiego. Se ci fossero le politiche molti di questi elettori non voterebbero per il centrosinistra. Dobbiamo invece cogliere il messaggio che ci mandano, quello cioè di essere pronti a rimettere in discussione le loro appartenenze di schieramento a fronte di proposte serie, chiare e nette. E’ qui il bandolo della matassa. Nel caso poi dei referendum, 10 milioni di elettori del Pdl hanno bocciato le proposte del governo. Ebbene, noi, proprio noi, che siamo i più convinti antiberlusconiani, siamo convinti che, di fronte a questo messaggio straordinario, che dimostra chiaramente la fine di Berlusconi e del berlusconismo, per liberarsi di lui bisogna già progettare “il dopo” con una proposta politica che sia in grado di attrarre anche il consenso elettorale di una parte di elettori delusi che ha votato centrodestra. Come? Pensare di farlo rifacendosi a basi ideologiche è sbagliato. Quando Vendola parla di sinistra, come se fosse in sé un valore assoluto, la cosa ci lascia indifferenti. I vecchi arnesi ideologici non servono più a niente in questo contesto economico e di relazioni internazionali. Per questo ci poniamo tre obiettivi; vogliamo essere un partito generalista che si rivolge potenzialmente a tutto l'elettorato; vogliamo agire non sulla base di un'ideologia ma su tre valori di riferimento, libertà, legalità e solidarietà; vogliamo fare proposte concrete per risolvere i problemi del Paese e attuare quelle riforme strutturali di cui l’Italia ha bisogno. Riforme che non si faranno in una legislatura: per questo è fondamentale ritrovare delle fondamenta di comune convivenza a prescindere dal cambio di governo. Questo è però possibile solo dopo Berlusconi, che ha impedito il dialogo inquinando la politica con un uso privatistico e col conflitto d'interessi. Quanto al Pd, nessuno ha voluto o vuole cercare lo scontro. Noi vogliamo essere leali alleati. Lasciatemi però dire che è quanto meno bizzarro che quando noi attaccavamo duramente Berlusconi ci dicevano che eravamo un problema perché spaventavamo l'elettorato moderato. Adesso che vogliamo anche noi rappresentare una parte di quell’elettorato ci dicono che lo devono fare solo loro. Io invito gli amici del Pd a cogliere quanto c'è di positivo in questo: se c'è più di un partito che vuole intercettare voti dall'altra parte dello steccato è solamente un fatto positivo, così si vincono le elezioni. Mi auguro che, passato il risentimento iniziale, prevalga la posizione positiva e, soprattutto, costruttiva. Noi, con senso di responsabilità, abbiamo posto un problema oggettivo, ovvero, la mancanza di una coalizione, di un leader e un programma. Se il primo partito di centrosinistra, risponde che la coalizione si farà quando la vorranno loro, mi pare che non dia una prova di forza, ma di debolezza e di imbarazzo. Loro sono la nave, noi un rimorchiatore piccolo ma agile che vuole contribuire a portare il centrosinistra fuori dalle acque basse del porto per cominciare il viaggio in mare aperto. E’ un delitto sognarlo?

LE DONNE NON SI PRENDONO PER I FONDELLI

Ieri Montecitorio ha approvato in maniera bipartisan il ddl sulle quote rosa nei cda. Oggi, il ministro Tremonti presenta una manovra economica che contiene l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne per fare cassa e raggiungere il pareggio di bilancio. Questa, a casa mia, si chiama sonora presa per i fondelli delle donne italiane. Capiamoci, la legge sulle quote rosa nei cda, è un provvedimento importante che, ahimè, si impone in un paese come il nostro dove la parità e le pari opportunità rappresentano ancora un problema culturale. Ben vengano, dunque, interventi normativi che garantiscono la presenza di donne negli organi di amministrazione, anche se quello che serve davvero, e al più presto possibile, è quella trasformazione culturale della nostra società che veda la presenza delle donne come un fatto assolutamente essenziale e necessario per la nostra democrazia. Le quote di genere, in tutti i settori, non sono un fine ma un mezzo verso la parità di risultato, tramite il quale sperare di realizzare un progetto politico e sociale globale di piena parità tra uomini e donne. Detto questo, non si può con una mano dare, seppure poche briciole che certo sono meglio di niente, e con l’altra togliere il pane alle donne. Perché è esattamente questo quello che il governo sta facendo. Con una mano dà il contentino con l’altra la legnata. Mi riferisco alla decisione di innalzare l’età pensionabile delle donne senza che vi sia una concertazione con i sindacati e le forze politiche su dove e come rinvestire i soldi che da tale innalzamento si ricaverebbero. Tremonti vuole innalzare l’età della pensione per le donne solo per ricavare soldi per ripianare i debiti. Noi diciamo che l’età della pensione delle donne può anche venire innalzata ma solo a patto che i soldi che se ne ricaverebbero vengano reinvestiti per le donne. Che senso ha fare una legge per garantire quote rosa nei cda se le donne non possono permettersi oggi in Italia neanche di sognare una carriera se decidono di mettere su famiglia? Favorirle con strutture, assistenza, asili nido, sgravi fiscali per la famiglia, scuole a tempo pieno, durante la loro carriera professionale e di madri, significa non avere più bisogno di stabilire per legge quote di genere. Significa mettere le donne davvero nelle condizioni di poter fare carriera, senza troppe rinunce.